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LA BANCA D’ITALIA SEPPELLISCE LE FREGNACCE DI SALVINI E MELONI SUL MES

IN NOVE PUNTI SMONTATE TUTTE LE BALLE SOVRANISTE

Nell’inutile e tardivo dibattito sul MES scende in campo anche la Banca d’Italia.
La settimana scorsa il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha spiegato alla Commissione Bilancio della Camera il senso della riforma del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità .
Chi non avesse assistito all’audizione o non volesse leggersi la relazione (tecnica, ma in italiano) ha ora la possibilità  di leggersi le FAQ sul Fondo salva stati redatte — in italiano e in forma non tecnica — da Bankitalia.
Nove punti, chiari e semplici, che affrontano i principali temi del dibattito politico sul MES. Come ad esempio la ristrutturazione automatica del MES («la riforma non prevede nè annuncia un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani, non affida al MES compiti di sorveglianza macroeconomica» scrive Bankitalia).
A partire dalla domanda fondamentale: è vero che il MES non serve all’Italia e che anzi addirittura la danneggia? La risposta è la seguente:
Il MES non è un organismo inutile e, certo, non danneggia il nostro paese; serve all’Italia tanto quanto a ciascun altro paese dell’area dell’euro.
Il MES attenua i rischi di contagio connessi con eventuali crisi di un paese dell’area dell’euro, rischi che in passato si sono materializzati e hanno avuto gravi ripercussioni sul nostro paese (come è accaduto, ad esempio, a partire dal 2010 con la crisi della Grecia). La presenza del MES riduce la probabilità  di un default sovrano, almeno per i paesi le cui difficoltà  sono temporanee e possono essere risolte con prestiti o linee di credito (per gli altri non cambia nulla).
La riforma introduce la possibilità  per il MES di fare da backstop per il Fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie. E su questa possibilità  il governo Conte 1, per voce dell’ex ministro degli Affari Europei Paolo Savona, era d’accordo. Ma Bankitalia risponde anche alle obiezioni di Giorgia Meloni che nei giorni scorsi ha iniziato a dire che se l’Italia continua a stare dentro al MES farà  più fatica a finanziare il proprio debito pubblico perchè i mercati avranno paura di una possibile ristrutturazione del debito.
Naturalmente la Meloni non dice che già  oggi l’Italia ha a disposizione diversi strumenti che le consentono di ristrutturare il debito in maniera autonoma. E la Banca Centrale aggiunge: «il rifinanziamento dell’elevato debito pubblico del nostro paese può avvenire in maniera più ordinata e a costi più contenuti se le condizioni sui mercati finanziari restano distese».
Ma, sostengono dalle parti di Fratelli d’Italia, con il MES è più facile che il nostro Paese vada in default. Tutto per colpa delle “clausole in cauda venenum” come Matteo Salvini ha definito le CACs. Bankitalia spiega che la riforma delle CACs   (collective action clauses) ha lo scopo «di rendere più ordinata un’eventuale ristrutturazione del debito, riducendo i costi connessi con l’incertezza sulle modalità  e sui tempi della sua realizzazione, che danneggiano sia il paese debitore sia i suoi creditori».
Continua Palazzo Koch aggiungendo che la modifica ora proposta «non aumenta la probabilità  di insolvenza ma riduce l’incertezza relativa al suo esito» ribadendo «che la probabilità  di un default dipende in primo luogo dalle politiche economiche messe in atto dai paesi».
Tradotto: non è il MES che aumenta le probabilità  di un default ma le politiche economiche messe in atto dai governi, sulle quali il Trattato non ha alcun potere.
Anche in questo caso la risposta di Bankitalia è molto chiara: «la riforma non prevede nè annuncia un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani» esattamente come previsto dal Trattato oggi in vigore. In questo senso quindi la riforma del MES non introduce le tanto temute condizioni peggiorative ed anche il rischio di un coinvolgimento del settore privato (ovvero la storia che prenderanno i risparmi degli italiani per salvare lo stato italiano) nella ristrutturazione del debito «rimane strettamente circoscritto a casi eccezionali».
Con la bozza di riforma del MES le condizioni per l’accesso ai finanziamenti del «rimarrebbero sostanzialmente inalterate». Le verifiche sul debito e sulla capacità  di ripagare il prestito da parte del Fondo «sono clausole a tutela delle risorse del MES, di cui l’Italia è il terzo principale finanziatore».
Un paese che non rispetta tutti i parametri di Maastricht potrebbe accedere alla linea di credito “a condizionalità  rafforzata” (Enhanced Conditions Credit Line, ECCL) per la quale vengono richieste misure correttive. Per quanto riguarda la concessione di una linea di credito PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line) che già  esisteva «non sarebbe più richiesta la firma di un Memorandum of Understanding: la linea di credito verrebbe concessa a fronte di una lettera di intenti del paese richiedente».
Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità  di prestito ammonta a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone oltre 14 (pari al 17% delle quote del Fondo). Lucia Borgonzoni ed altri esponenti della Lega sostengono che con questa riforma ad un certo punto il MES potrebbe chiedere all’Italia di versare il restante del capitale sottoscritto “entro sette giorni”.
Bankitalia spiega che «già  nel trattato in vigore il versamento di ulteriore capitale entro sette giorni è previsto solo in condizioni di assoluta emergenza, e cioè nel caso in cui il MES dovesse rischiare di trovarsi in default nei confronti dei suoi creditori».
Vale a dire: se il Fondo salva stati dovesse rischiare di non riuscire a ripagare i suoi debiti (e ricordiamo che è il MES che presta denaro) allora tutti i paesi membri dovrebbero intervenire.
Ma, come ha detto Visco in audizione, questa possibilità  oltre ad essere remota configura uno scenario così disastroso per l’Eurozona che il dover versare o meno quei soldi nel fondo sarebbe l’ultimo problema per l’Italia (o la Germania o la Francia e così via).
Vale la pena ricordare che la decisione di richiedere ulteriori versamenti di capitale spetta al Consiglio dei Governatori (ovvero i ministri delle Finanze dei paesi membri del MES) e che segue le usuali procedure di voto quindi l’Italia avrebbe diritto di veto.

(da “NextQuotidiano”)

This entry was posted on giovedì, Dicembre 12th, 2019 at 14:34 and is filed under Europa. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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