LA MELONI STA PENSANDO DAVVERO DI PORTARE L’ITALIA A ELEZIONI ANTICIPATE NEL 2026 : NON C’ENTRANO SOLO GLI SCAZZI CON SALVINI, MA LA CONSAPEVOLEZZA, TRA DAZI E INFLAZIONE, DI UN PROSSIMO FUTURO ECONOMICO ITALIANO MOLTO INCERTO
E PRIMA CHE SOPRAGGIUNGA UN CROLLO DI CONSENSI, MEGLIO COGLIERE IL MOMENTO PROPIZIO, DA QUI ALLA PRIMAVERA 2026, PER CONSOLIDARE IL GOVERNO (SEMPRE CHE MATTARELLA DECIDA DI SCIOGLIERE LE CAMERE) … ALTRA ROGNA PER GIORGIA E’ IL FUTURO DI FORZA ITALIA: I PARLAMENTARI CHE FANNO CAPO A MARINA BERLUSCONI SCALPITANO DA UN PEZZO PER UN GOVERNO PIU’ LIBERAL ED EUROPEISTA. MA UN SOSTITUTO DELL’INETTO TAJANI NON SI TROVA
La testolina di Giorgia Meloni, e del suo fido braccio destro Fazzolari, sta seriamente coltivando l’idea di trascinare l’Italia a elezioni anticipate nel 2026, anticipando di un anno la fine della legislatura).
A spingerla a un passo così audace non c’è solo il conflitto quotidiano, divenuto sempre più rovente, con il suo esagitato vicepremier, Matteo Salvini.
Non c’è solo la consapevolezza di aver raggiunto ormai l’apice del consenso elettorale (Fratelli d’Italia ormai oscilla tra il 25 e il 30% ma non riesce ad andare oltre). E, nello stesso tempo, la certezza che non troverà mai più un’opposizione così disgregata e litigiosa.
A dare un’accelerata alla pazza idea di far saltare il banco e andare alle urne c’è il timore (eufemismo) per la situazione economica del Paese che, nei prossimi mesi, andrà quasi sicuramente a peggiorare.
I dazi by Trump non faranno che far lievitare l’inflazione e potrebbero esserci ripercussioni anche sul Pil e sull’occupazione (oggi la Meloni festeggia i dati “record” sugli occupati, ma con la guerra commerciale innescata dal trumpismo rischiano di saltare aziende e molti posti di lavoro).
La nebulosa di incertezza che grava sull’Italia rinsalda la convinzione che sia meglio capitalizzare adesso, in un momento in cui l’opposizione è sfarinata e latitante, e non aspettare la fine della legislatura (2027) quando, a causa di una recessione, gli equilibri potrebbero essere totalmente cambiati a suo sfavore.
Con un voto anticipato a stretto giro, Fratelli d’Italia è convinta di portare a casa almeno un 27%, Forza Italia si attesterebbe tra il 10 e l’11% e una Lega intorno al 9 diventerebbe sempre meno determinante e sempre più obbligata a stare nella coalizione di centrodestra
Fuori da quel perimetro, Salvini non ha sbocchi politici: con chi si allea? Con Conte e Schlein? Con Calenda e Renzi? Con Forza Nuova e Casapound? Dopo lo strappo, ritornerà a capo chino all’ovile meloniano.
Ma un forte stimolo arriva anche dal fatto che, aprendo le urne il prossimo anno, sarà nel 2029 un governo by Meloni a gestire il voto dei parlamentari (e l’Underdog Giorgia fra due anni festeggerà i suoi primi cinquat’anni, cioè l’età necessaria per salire sul Colle più alto. E, come ben sappiamo, non c’è un politico che non sogni di diventare presidente della Repubblica…).
A titillare l’inquietudine di Giorgia Meloni c’è anche il rapporto sempre più complesso con Marina e Pier Silvio Berlusconi. I parlamentari di Forza Italia vicini alla Cavaliera scalpitano perché si riconoscono sempre meno, loro liberali e europeisti, in una maggioranza a trazione trumpiana eurocritica.
Andare al voto a breve, per la Meloni, significherebbe mettere in cassaforte Forza Italia così com’è oggi, annacquata dalla guida flebile di un Tajani, accondiscendente “servo di scena”, di un governo che, in sostanza, è diventato un monocolore targato Fratelli d’Italia.
Aspettare la fine della legislatura, invece, la Melona corre il rischio di trovarsi accanto una Forza Italia diversa, profondamente “ristrutturata” nella leadership e nelle posizioni politiche grazie all’impronta della “Family” di Arcore, proprietaria del simbolo e gran finanziatrice del partito.
Il valore delle fideiussioni a carico dei figli di Berlusconi, concesse a suo tempo da Silvio e rinnovate negli anni per tenere a galla Forza Italia, è passato da 90 a 104 milioni.
La fragile Cavaliera, lentissima nel prendere decisioni, coltiva il sogno di riportare Forza Italia a quella dimensione vagheggiata (a parole) dall’adorato Papi Silvio: un partito liberale, moderato, europeista e “moderno” sui diritti civili (molto cari alla Rampolla).
Per farlo, come abbiamo più volte scritto, bisogna prima rispedire in Ciociaria quel merluzzo lesso di Antonio Tajani, ormai ridotto ad accondiscendente “servo di scena” della Ducetta, e di piazzare alla guida del partito una personalità di spessore, dotata di leadership.
L’identikit del possibile leader, in realtà, l’aveva individuato anni fa un malconcio Silvio Berlusconi, delusissimo per il trattamentgo ricevuto dal suo ex ministro dei Giovani, alias Meloni Giorgia, e portava al nome di Guido Crosetto, il democristiano piemontese che l’aveva mollato per fondare con l'”Ingrata” e La Russa, Fratelli d’Italia. All’attuale ministro della Difesa, il Cav avrebbe affidato volentieri la guida di Forza Italia, e arrivò a prospettarglielo in un incontro faccia a faccia ad Arcore
Una proposta che lo “Shreck piemontese”, fu ben felice di accettare. Ma l’emozione durò pochissimo: mezz’ora dopo aver varcato l’uscita di Villa San Martino, sulla strada del ritorno a casa, Crosetto fu raggiunto da una telefonata del Cav.: “Caro Guido, come non detto…”.
A fargli cambiare idea furono le altre due presenze all’incontro: la moglie morganatica del “Sire di Arcore”, Marta Fascina e il mitologico Antonio Angelucci, all’epoca parlamentare di Forza Italia.
(da Dagoreport)
Leave a Reply