LA POLITOLOGA FLAVIA TESTIVO: “SULLA SVEZIA ROCCELLA SBAGLIA, MENO FEMMINICIDI CHE IN ITALIA E PIU’ PARITA’ UOMO-DONNA
“NEL PAESE SCANDINAVO 0,25 DONNE UCCISE OGNI 100.000, IN ITALIA 0,32 E L’EDUCAZIONE SESSUALE A SCUOLA E’ FONDAMENTALE PER RIDURRE LE VIOLENZE”
“La ministra Roccella dice una cosa inesatta quando afferma che i femminicidi non calano con l’educazione sessuo-affettiva e, in ogni caso, sposta l’attenzione su un altro Paese senza guardare a un’emergenza che riguarda anche l’Italia. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili la Svezia ha un tasso di omicidi di donne da parte di partner o familiari più basso rispetto all’Italia. In Svezia sono 0,25 ogni 100mila donne, in Italia 0,32. Inoltre, secondo i dati dell’United nations office on drugs and crime, tra il 2014 e il 2022 nell’Europa del Nord, quindi Svezia inclusa, il tasso di femminicidi è diminuito, mentre in Italia, come dimostrato dai dati Istat, il numero di donne uccise resta sostanzialmente stabile da diversi anni. La ministra quindi tira in ballo dati poco credibili, dimenticando che la piaga dei femminicidi è un problema più nel nostro Paese che in Svezia. E lo fa soltanto per opporsi di principio all’educazione sessuo-affettiva nelle scuole, che comporterebbe tantissimi benefici in termini di parità di genere, come ribadito più volte anche dall’Oms”.
La politologa Flavia Restivo, 29 anni, fondatrice di “Italy Needs Sex Education”, autrice del saggio “Gli svedesi lo fanno meglio” (Rizzoli) non crede alla fondatezza della tesi della ministra. A ragion veduta: ha studiato con attenzione il Paese che ha incluso l’educazione sessuale a scuola già dal lontano 1955.
La ministra Roccella sostiene che non c’è una correlazione tra educazione sessuale e violenza contro le donne. Ha ragione?
“No. È importante ricordare che i confronti internazionali sui femminicidi utilizzano quasi sempre la metrica di omicidi da partner o familiari, perché il movente di genere, cioè la classificazione diretta del femminicidio, non viene rilevato in maniera uniforme nei diversi Paesi. Proprio per questo la misura Eurostat del 2020 è quella più attendibile e comparabile: in quel dato ufficiale, la Svezia registra un tasso più basso dell’Italia. Mi
sembra davvero sbagliato continuare a dire che non esistono effetti positivi dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole. Soprattutto oggi, poco prima della manifestazione contro la violenza di genere e alla vigilia della giornata internazionale. Non siamo solo noi femministe a dirlo: le linee guida dell’Oms promuovono l’educazione alla sessualità come un diritto fondamentale, da integrare nei programmi scolastici fin da piccoli. E anche il parlamento Europeo ha approvato risoluzioni che promuovono la salute sessuale e riproduttiva come diritto”
Ma in Svezia l’educazione sessuale ha funzionato o no?
“Prima di tutto è un Paese che non conosce più il gender gap dal punto di vista lavorativo e familiare. Il divario di genere si è praticamente azzerato. E alla ministra della Pari Opportunità questo dato dovrebbe interessare. Secondo il Global Gender Gap Report 2025 la Svezia ha colmato il divario di genere dell’81,7%, e si trova al sesto posto nel mondo. Il nostro dato nazionale non è affatto incoraggiante: l’Italia, infatti, compare solo all’ottantacinquesimo. Inoltre dal punto dell’educazione sessuale gli effetti positivi sono diversi e palesi: la quasi totale assenza di malattie sessualmente trasmissibili tra i giovanissimi in Svezia, mentre in Italia è stato registrato un nuovo boom. E una diminuzione delle gravidanze indesiderate, grazie a una grande cultura della contraccezione e a una maggiore accessibilità al diritto all’aborto”.
Perché allora non diminuiscono le denunce per violenze di genere?
“È molto semplice. Se aumentano le denunce di violenza non vuol dire che aumenta la violenza. Aumenta semmai la cultura della denuncia e del consenso. Un maggior numero di denunce è un dato da considerare positivo. Non dobbiamo essere felici se le denunce sono poche, è semplicistico. La Svezia è sì un Paese dove le denunce di violenza sono più numerose, ma ciò avviene in un contesto culturale in cui la consapevolezza, il riconoscimento e il reporting della violenza sono molto più sviluppati che altrove”.
Roccella però si sofferma sui femminicidi…
“Lo ripetiamo ormai da anni: l’eliminazione di una donna è solo la punta dell’iceberg. La ministra non riesce a prendere in considerazione gli altri tipi di violenza: violenza economica, manipolazione, il catcalling, le molestie verbali, la vittimizzazione secondaria. In Italia le donne non si sentono libere di occupare lo stesso spazio che occupano gli uomini. Consiglio a Roccella di essere un’osservatrice più attenta in questo senso e di mettersi nei panni delle donne”.
Roccella sembra preoccuparsi della crisi della natalità nel nostro Paese. La Svezia ha anche un’attenzione particolare alle politiche per la famiglia?
“La ministra ama parlare di natalità e invita gli italiani a fare figli ma il suo governo non mette in atto politiche di genere adeguate relative alla famiglia. Anche in questo caso “gli svedesi lo fanno meglio”. Basta l’esempio concreto del congedo parentale: in Svezia un neo papà può prendersi 90 giorni di congedo. In Italia
sono solo dieci”.
Si fa confusione, da quando il dibattito si è acceso, tra educazione sessuale e affettiva. Come rispondere a chi teme che si “insegni a fare sesso ai bambini”?
“Dovrebbe iniziare alla scuola dell’infanzia. Parlare di questi temi da quando si è più piccoli, senza che diventino un tabù, con esperti ed esperte, non con insegnanti di religione o persone poco preparate scelte a caso. Serve una professionalità. Ogni fase di età ha il suo tema e il suo linguaggio. Quando si è molto piccoli si parlerà di consenso, di privacy. E poi crescendo si affrontano argomenti come l’affettività e la sessualità, soprattutto nel senso di prevenzione. È ottuso pensare che l’educazione a scuola spinga i bambini o i ragazzi ad avere relazioni sessuali precoci”.
(da Repubblica)
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