LA POLITOLOGA RUSSA EKATERINA SCHULMANN, DAL 2022 IN ESILIO IN GERMANIA: “LA MAGGIORANZA DEI RUSSI PREFERISCE I NEGOZIATI AL PROSEGUIMENTO DELLE OSTILITÀ”
“È PERICOLOSO PER IL PRESIDENTE APPARIRE COME L’UNICO OSTACOLO TRA LA NAZIONE E UNA PACE DESIDERABILE. ALLE ÉLITE È STATO FATTO CREDERE CHE AVREBBERO FATTO SOLDI CON LE LORO IMPRESE. ALLE PERSONE COMUNI È STATO DETTO CHE AVREBBERO GUADAGNATO FIRMANDO CONTRATTI PER ANDARE A COMBATTERE. MA IN REALTÀ C’ERANO SOLO PERDITE”
Le pare sostenibile l’andamento della guerra per la Russia o avverte tensioni?
«Nulla è scontato, siamo in uno scenario dagli esiti incerti», risponde la politologa russa Ekaterina Schulmann, dal 2022 in esilio in Germania.
«In gennaio si raggiungerà il numero impresso nella mente di tutti coloro che hanno frequentato una scuola sovietica o russa: 1.418 giorni, la durata della Grande Guerra Patriottica contro la
Germania. Ma allora, circa due anni dopo l’inizio, era già chiaro chi stesse vincendo».
L’incertezza inizia a pesare sull’opinione pubblica russa?
«Forse è dalla metà del 2023, con la presa di Bakhmut che questa guerra non ha più avuto vere svolte. In questo periodo i cittadini e la classe dirigente russa hanno attraversato varie fasi.
La prima è stata lo choc. L’invasione è stata una sorpresa totale per tutti, anche per le élite. C’era chi credeva che avremmo preso Kiev in tre giorni, chi temeva una catastrofe quando l’Occidente si è mobilitato e furono imposte le sanzioni».
Come cambiò l’atmosfera quando si vide che invece teneva?
«Lo choc fu sostituito da quella che ora definirei un’euforia malsana. Ci si è sentiti onnipotenti.
Il messaggio delle autorità era che non sarebbe stata una campagna rapida e trionfale, ma che una guerra su vasta scala sarebbe stata buona per la Russia.
Alle élite fu detto che avrebbero fatto soldi, perché ci sarebbero state opportunità per le loro imprese. Che c’erano da prendere le attività abbandonate dagli stranieri».
E alle persone comuni?
«Che avrebbero guadagnato firmando contratti per andare a combattere. In realtà c’erano solo perdite: avevamo conquistato territori pieni di macerie e di ossa, che hanno bisogno di investimenti enormi per tornare anche solo approssimativamente abitabili.
Ma per una lunga fase del 2023 e 2024 il complesso militare-industriale si è rilanciato. I burocrati lavoravano per essere notati e promossi. Erano strazianti, ma lo sforzo di guerra ha sostenuto l’intero Paese».
Ora la Russia è quasi in recessione.
«Quella luna di miele ha iniziato a esaurirsi già durante il 2024. Come dice la mia collega Tatiana Stanovaya, Vladimir Putin era
frustrato perché al fronte vinceva sempre e poi non accadeva mai nulla. È subentrata la stanchezza della guerra, l’idea che non la stiamo perdendo, ma si è arenata. Già alla fine del 2024 è comparsa nei sondaggi una maggioranza che preferiva i negoziati al proseguimento delle ostilità.
Poi sono arrivate l’inflazione e le aziende che, per non licenziare, mettevano i dipendenti in ferie non pagate. In più, una nuova stretta di controlli anche sulle tecnologie. E i russi al loro comfort ci tengono. Magari disprezzano i diritti umani e la loro dignità di cittadini, ma sono gelosi del proprio benessere».
A quel punto cosa è successo?
«Le repressioni contro le élite sono iniziate dopo le presidenziali del 2024. Sotto forma di lotta alla corruzione, sono stati colpiti alti burocrati e le loro famiglie.
E la destabilizzazione delle élite, la stanchezza di guerra e gli effetti negativi di questa determinano l’atmosfera attuale. La
Russia ha raggiunto i limiti della propria capacità di adattarsi».
Putin lo capisce?
«Anche lui potrebbe avvertire la tensione nel Paese. Non c’è ancora la percezione che il leader sia un peso e un fattore di rischio. Ma la direzione di marcia è pericolosa per il sistema. Ed è pericoloso per il presidente apparire come l’unico ostacolo tra la nazione e una pace desiderabile».
(da agenzie)
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