LA TRINCEA DI BRUNETTA: “IO NON MI DIMETTOâ€
MA NEL PARTITO E’ TUTTI CONTRO TUTTI
«Io dimettermi? Ah ah ah…» Riattacca il telefono ridendo, il capogruppo forzista Renato Brunetta quando gli viene chiesto se dopo il siluramento di Berlusconi, mai così plateale, così brutale, avesse intenzione di farsi da parte, accontentando così i suoi tanti detrattori nel partito.
«Ne riparliamo mercoledì in assemblea, con tutti, alla presenza del presidente», avverte lui col tono per nulla contrito
Raccontano che il leader, ad Arcore, sia fuori dalla grazia di Dio. «Proprio ora mi fa saltare tutto per aria? Non basta Fitto? »
Un avvicendamento alla guida del gruppo ormai lo ha messo nel conto. Ma la pratica è rimandata all’indomani dell’elezione del presidente della Repubblica.
Solo allora i sostenitori di Mariastella Gelmini usciranno allo scoperto, prima avrebbe l’effetto del detonatore. Berlusconi ha meditato ore prima di fustigare con quella nota il pur fedelissimo Renato. Che già era stato richiamato all’ordine tre giorni fa, quando il capogruppo si era scatenato in una guerriglia parlamentare contro la riforma del bicameralismo. «Così non va», lo aveva avvertito Berlusconi al telefono.
Poi è seguito lo scontro quasi fisico tra lo stesso capogruppo e Verdini a Palazzo Grazioli. Ieri il big bang.
La goccia che fa traboccare il vaso, solo l’ultima, l’intervista di ieri al Corriere e le dichiarazioni al Gr1.
Indomito, Brunetta minaccia il premier Renzi: «Sarà guerra, prima del Quirinale si andrà ai materassi », e ancora, «Renzi fannullone, perchè aspetta il 20 febbraio per fare i decreti fiscali che gli italiani aspettano e blocca il Parlamento per due riforme del tutto inutili?» Gli chiedono: «Berlusconi d’accordo con lei?» E lui: «Assolutamente sì».
Insomma, mentre Verdini e Romani tessono la trama degli accordi con Palazzo Chigi per conto del capo, il capogruppo taglia e trancia.
«Adesso basta» è sbottato ieri Berlusconi, che a differenza delle altre volte non ha nemmeno chiamato Brunetta, mentre Verdini e altri si sfogavano con lui al telefono («Non possiamo avere due linee, così siamo finiti »).
La dichiarazione del leader è di fuoco. «Leggo un’ultima agenzia con dichiarazioni dell’on. Brunetta che, a suo dire, io condividerei. È esattamente il contrario. Non sono d’accordo sui giudizi espressi da Brunetta e neppure sulla sua abitudine di attaccare personalmente gli avversari politici. Chiedo a Brunetta di cambiare atteggiamento ».
Se non è un «dimissionamento » del capogruppo, poco ci manca.
Anche perchè Berlusconi era già intervenuto un paio d’ore prima per rassicurare Renzi: «Abbiamo preso degli impegni che intendiamo rispettare. E questo vale anche per i tempi e le procedure. Stia tranquillo perciò Renzi, nessuna guerra sulle riforme. Nel partito tutti rispettino le decisioni prese».
Un uno-due in grado di affondare chiunque, ma non Brunetta, a quanto pare.
Lui replica per iscritto e tiene il punto, provocatorio: «Per antica consuetudine, tutte le mie analisi e tutte le mie dichiarazioni sono sempre state concordate con Berlusconi, anche quando lui cambiava parere».
E poi: «Per quanto riguarda gli attacchi personali, è mio dovere rispondere a quelli altrui, cosa che continuo a fare con pieno plauso del presidente ».
L’affondo del capo non era stato l’unico della giornata, per altro.
Nelle stesse ore un documento di fuoco viene preparato dall’altro capogruppo (al Senato) Romani e – raccontano – dall’altro sponsor del Nazareno, Denis Verdini.
Inviato per la sottoscrizione e a tutti i parlamentari: «La differenza di opinioni non può spingersi a danneggiare il nostro movimento ed il presidente Berlusconi avvalorando un presunto sostegno di Fi o l’esistenza di fantomatici e oscuri interessi» si legge tra l’altro.
I quaranta fittiani si rifiutano di sottoscriverlo.
Scatta l’ora della resa dei conti, dentro quel frullatore impazzito che è ormai Forza Italia, nel momento peggiore.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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