LE RIFORME SONO A RISCHIO: RENZI VEDE BERLUSCONI
DOPO QUELLO DEL NAZARENO NUOVO INCONTRO A PALAZZO CHIGI… SE DIVENTA TERZO PARTITO, FORZA ITALIA POTREBBE NON VOLERE PIÙ L’ITALICUM
Atto secondo. Ieri sera intorno alle nove. A Palazzo Chigi per cena, nell’appartamento privato del premier.
Con Renzi c’è il fido Lorenzo Guerini, l’uomo delle trattative più difficili, lo stesso che andò a prendere l’ex Cavaliere all’arrivo nella sede del Nazareno a gennaio.
Con Berlusconi ci sono sia Denis Verdini, lo sherpa che ha il compito di tenere contatti e patti tra i due, sia Gianni Letta, l’ambasciatore tradizionale di B. presente anche al Nazareno tre mesi fa, al primo vertice tra i due.
La notizia si sparge poco prima, ma i due sanno di vedersi già da domenica. Ed è per questo che Silvio Berlusconi anticipa di un giorno il suo rientro a Roma, all’ora di pranzo.
La versione ufficiale diramata dai suoi fedelissimi riferisce solo del “lavoro sulle liste per le Europee”, all’inizio di una settimana scandita dall’epurazione di Paolo Bonaiuti da Forza Italia.
In realtà , una volta a Palazzo Grazioli, per l’ex Cavaliere comincia una lunga giornata di contatti. Il solito Gianni Letta è incaricato di seguire la partita delle nomine che si sta giocando nel governo.
La conferma del nuovo vertice arriva nel pomeriggio: “Allora vi vedete alle ventuno, quando le nomine sono annunciate”.
Nel cerchio magico di B. spiegano così l’accelerazione: “Nessuna sorpresa, l’incontro era deciso da tempo. Solo che uno (Renzi, ndr) aveva sempre da fare, l’altro rischiava (Berlusconi, ndr) l’arresto”.
In teoria la decisione del tribunale di sorveglianza ancora non c’è e così Berlusconi ha ottenuto quello che voleva da tempo: incontrare il premier e ottenere una nuova legittimazione da padre della patria.
Motivo ufficiale del secondo colloquio tra i due, al riparo dei flash e delle telecamere, sono infatti le riforme.
Perchè con la dissoluzione di Forza Italia in atto, il patto del Nazareno è a rischio, e con esso la riforma del Senato e soprattutto l’Italicum, contro cui la minoranza Pd sta combattendo una battaglia senza quartiere.
Le riforme sono state argomento toccato anche nell’incontro tra il presidente del Consiglio e Napolitano, ieri a ora di pranzo.
A rischio soprattutto l’Italicum: una legge fatta in un patto di Pd e Fi, con tanto di ballottaggio tra i due partiti principali, potrebbe non avere più senso se le europee confermano che Grillo supera di molto Fi.
Insomma, spiegano al Quirinale, a rischio è l’intero quadro politico.
Dal cerchio magico di B. la prospettiva è però unilaterale: “Il presidente vuol capire fino a che punto le divisioni nel Pd impediranno il cammino delle riforme. Ovviamente si parlerà anche del Senato, questo qui come è uscito dal testo di Renzi non ci piace”.
Dallo stretto entourage del premier, invece, la spiegazione è molto più piana: “Berlusconi ci ha chiesto un incontro e lo facciamo”.
In realtà , spiegano, Renzi si era dimostrato disponibile da giorni. E poi, ancora: “Prima delle nomine non poteva farsi, adesso sì”. Perchè, come dice il premier ai suoi, altrimenti si sarebbe detto che le trattava direttamente con l’ex Cavaliere.
Quello che Renzi va a vedere, in realtà , è se l’alleato Silvio è ancora in grado di garantirgli i risultati trattati a gennaio.
Il sottosegretario di Palazzo Chigi, Graziano Delrio, non a caso, parla di “manutenzione perchè c’era un certo nervosismo di Berlusconi”. Chiaro riferimento alle vicende giudiziarie. I berlusconiani usano un termine simile, “tagliando”. Sennò l’unico orizzonte diventa il voto. Magari anche a giugno. Riforme, riforme, riforme. Anche se da giorni Berlusconi ha la testa solo per la decisione dei magistrati di Milano sui servizi sociali da scontare per condanna Mediaset. La questione ovviamente ha fatto capolino a tavola.
E alla fine , dopo due ore e passa di colloquio, tra una portata e l’altra i due arrivano all’unica conclusione possibile, con il quadro dato: ognuno deve cercare di tenere a bada i suoi in attese del risultato delle europee.
Più che un accordo sembra una tregua. Da varare alla prova dei fatti: intanto c’è il voto sulla riforma del Senato, che Renzi deve portare a casa senza se e senza ma in prima lettura a Palazzo Madama entro il 25 maggio.
E l’Italicum è sempre più lontano.
Fabrizio D’Esposito e Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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