INTERVISTA A DEBORAH, LA RAGAZZA CALPESTATA A TERRA DALL’AGENTE A ROMA DURANTE GLI SCONTRI
“SONO ANDATA AL CORTEO A VOLTO SCOPERTO CON ZAINETTO E PANINO, CHE SENSO HA MANGANELLARE ANCHE CHI NON FA NULLA DI MALE?”
“Ho il braccio ancora gonfio, vedi? E anche qui, dietro la spalla, un’altra manganellata”. La ragazza della foto è seduta sul gradino di un marciapiede davanti al Teatro Rossi Aperto di Pisa, centro storico, zona universitaria.
Mattina di ieri. Scarpe Doc Martens, fili di stoffa ai polsi, occhi verdi.
Ha parcheggiato la sua bicicletta vicino a un muro, tra una lezione e l’altra: «Studio Scienze per la Pace, è una laurea triennale».
Deborah Angrisani è la ragazza dell’immagine diventata simbolo degli scontri di sabato a Roma.
È la giovane finita a terra che l’amico (Andrea Coltelli, 20 anni, viareggino) cerca di proteggere e che invece un poliziotto calpesta come hanno mostrato le foto di Repubblica.it prima e il video di Servizio Pubblico poi.
Deborah ha 22 anni, è di Trento, mamma infermiera, papà finanziere, un fratello. Vive a Pisa per studiare: «Mi piacerebbe lavorare negli aiuti umanitari».
Cominciamo dalla foto scattata fra piazza Barberini e via del Tritone…
«Quella maledetta immagine…»
Perchè maledetta?
«Perchè ha concentrato l’attenzione su un’idea quasi romantica della manifestazione facendo passare in secondo piano perchè eravamo lì: per il diritto alla casa, al reddito, alla dignità ».
Andrea che ti fa da scudo per proteggerti dalla polizia, non cancella il clima intorno. Si vede chiaramente il piede del poliziotto che ti calpesta.
«Il gesto di Andrea è stato un gesto spontaneo, di solidarietà come ne ho visti tanti altri in piazza. Un attimo prima ero corsa da lui perchè l’avevo visto sanguinante. Gli ho urlato: “Andre, scappa, scappa”, e ho cercato di mettergli la mia sciarpa sulla ferita. È stato disumano quello che ha fatto la polizia, ero terrorizzata dalla violenza che era sotto i miei occhi. Volevamo allontanarci, ma la piazza era chiusa da ogni parte dalle forze dell’ordine. Ci hanno manganellato da dietro, mentre scappavamo, io sono inciampata o mi hanno spinto… nemmeno ricordo».
Nelle immagini tu sei per terra e un poliziotto ti sale sopra.
«Lì per lì pensavo fosse stato un calcio, il giorno dopo a casa ho visto le foto di Repubblica. it e ho capito meglio cosa mi aveva fatto ».
Cosa provi per lui?
«Niente, proprio niente».
Il capo della polizia Alessandro Pansa, lo ha definito “un cretino”. Lui si è presentato ieri in questura.
«Lo ringrazio per essersi presentato, spero che lo facciano altri che hanno picchiato. C’era un uso diffuso della violenza da parte delle forze dell’ordine, altri ragazzi sono stati picchiati. Il poliziotto che mi ha calpestato non lo posso perdonare, ma voglio dire che non può essere il solo a pagare. È sotto gli occhi di tutti quello che è successo, c’erano giornalisti fotografi, telecamere. Ricordo che mentre ero a terra qualcuno che riprendeva mi gridava: “Girati che non ti si vede…”. Ecco, siamo arrivati a questo?».
In piazza c’era anche chi ha tirato bottiglie e torce, chi aveva bastoni e caschi, a volto coperto.
«Li ho visti quelli con i caschi, ma non so chi fossero perchè si siano messi davanti al corteo e abbiano rovinato il clima. Io sono andata alla manifestazione a volto scoperto, con il mio zainetto con dentro una merenda e un panino. E sono tornata cambiata da Roma».
In che senso?
«Che non posso dimenticare quello che ho visto, sento ancora la paura. Ripeto, eravamo disarmati e a volto scoperto: ci hanno inseguito e picchiato. Ho visto proprio partire la seconda carica, i manganelli alzati. Quando ero a terra gridavo: “Basta, basta”, ho provato anche a fare un segno di pace con le dita ».
Poi cosa è successo?
«Andrea ha preso altre manganellate, il sangue gli colava dalla testa. Un poliziotto ci ha fatto alzare. Appena in piedi l’ho guardato e gli ho detto: “Ma cosa fate?”. Un altro accanto a lui, quello che in una foto si vede con i baffi e con una mano in avanti, ci ha urlato: “Siete della gente di merda”. Mi hanno colpito tanto anche i commenti spietati che ho letto sui social network contro noi manifestanti, ci hanno dato dei sovversivi… Io sono pacifista, contro la violenza».
Avevi partecipato ad altri cortei in passato?
«Una volta contro il nucleare, un’altra contro un inceneritore che volevano costruire a Trento, ma erano cose piccole. Questa è stata la mia prima grande manifestazione».
Siete andati al pronto soccorso a farvi medicare?
«Due signori hanno visto Andrea che sanguinava e ci hanno detto: “Prendete un taxi, ve lo paghiamo noi”. Invece due tassisti hanno rifiutato di farci salire, non volevano rogne, uno ha detto: “E se questo sviene?”. Così abbiamo preso la metro per andare al pronto soccorso…».
Squilla il cellulare, è Andrea.
«Ci siamo conosciuti all’università anche lui faceva Scienze per la Pace, ma poi ha smesso. A Roma siamo andati in una quindicina prendendo un pullman in affitto con un po’ di movimenti della zona».
Andrea arriva sul lungarno pisano a bordo di una Panda scassata. Ha un cerotto sulla fronte.
«Mi hanno dato dei punti, mi sta curando mamma che fa l’infermiera. Ci hanno caricato mentre scappavamo, in terra feriti eravamo in tanti».
Vive a Viareggio dove concentra la sua attività nelle “Brigate sociali antisfratto”, gruppo che riunisce alcune sigle dell’area antagonista. In via Matteotti c’è una casa occupata: «Era vuota, del Comune, il movimento ci ha messo cinque famiglie che avevano avuto gli sfratti esecutivi, lo vedi quanti bambini giocano in cortile? Ci sono troppe ingiustizie, gli ultimi non si possono abbandonare e noi li aiutiamo così… ».
Laura Montanari
(da “La Repubblica“)
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