L’IRA DI BERLUSCONI E DEI MINISTRI: “MISURE DA SOCIALISMO REALE”
RIVOLTA NEL PDL CONTRO TREMONTI PER I TAGLI AI DICASTERI…LEGA IRRITATA PER I TAGLI AI COMUNI
La manovra – la terza in tre settimane – matura in un blitz al Senato tutto targato Tremonti.
Che manda su tutte le furie i colleghi ministri, irrita l’area più liberale del Pdl e piace poco o nulla al presidente del Consiglio Berlusconi.
Convinto che la lotta all’evasione impostata così è “roba che neanche Visco”, che lui sostiene di non aver autorizzato.
Non in questa formulazione da “socialismo reale”, per dirla con uno dei suoi più stretti collaboratori.
Il fatto è che il Cavaliere – impegnato al vertice sulla Libia a Parigi – si ritrova a dover difendere ventre a terra il giro di vite per il pareggio dei conti nel 2013.
Il decreto sarà approvato a breve, garantisce comunque al presidente Ue Barroso e ai partner europei. Ma a Roma il quadro resta critico, come gli riferisce ora dopo ora Gianni Letta.
E i conti continuano a non tornare. Il Quirinale segue l’evolversi della situazione con attenzione, in stretto contato col presidente del Senato Schifani, e non senza apprensione.
Le ragioni della preoccupazione espressa dal presidente Napolitano al Meeting di Cl, due settimane fa, non sono venute meno. Attraverso le lenti del Colle, quell'”angoscioso presente” di cui ha parlato a Rimini il capo dello Stato sembra proseguire.
A questo punto Berlusconi si riserva di intervenire con nuove correzione, di riprendere in mano la situazione, se occorrerà .
Soprattutto, come anticipa lasciando l’Eliseo, con quella “clausola di salvaguardia”, il decreto che aumenti l’Iva di 1-2 punti.
Un provvedimento della presidenza del Consiglio, sottolinea quasi all’indirizzo del ministro dell’Economia, non del governo.
A preoccupare il premier è la tenuta politica della maggioranza.
A pesare e parecchio a fine giornata è il silenzio della Lega.
I ministri del Carroccio tacciano dopo la presentazione in commissione degli emendamenti Tremonti.
Trapela tuttavia la forte irritazione di Roberto Maroni per quei tagli ai comuni che, dopo il “caminetto” di Arcore, sarebbero dovuti passare da 6 a 3 miliardi: restano invece pesanti, lo sconto finale è solo di 1,8 miliardi.
A sera inoltrata, il ministro dell’Economia è ancora al tavolo con Sacconi e Calderoli per una cena che diventa occasione di chiarimento. L’ennesimo.
In mattinata, il minivertice di Gianni Letta con lo stesso Calderoli e Maroni non era bastato a calmare i leghisti già sul piede di guerra.
Tremonti, d’altronde, aveva fatto di testa sua.
Tornato a Roma da Lorenzago, si era chiuso coi soli tecnici di via XX Settembre e aveva riscritto il decreto poi portato in commissione al Senato. Pacchetto chiuso.
I saldi tengono, assicura.
Mancano all’appello almeno 3 miliardi, gli rinfaccia D’Alia dalle file dell’Udc.
Sospetto che attraversa anche i ranghi della maggioranza, mentre i ministri entrano in fibrillazione: i 6 miliardi di tagli ai dicasteri restano per intero.
“Difficile andare avanti” sbotta il responsabile della Difesa La Russa, “insoddisfatto” si dirà anche Altero Matteoli dalle Infrastrutture.
Il ministro dello Sviluppo Paolo Romani prima di protestare attende adesso il provvedimento che spalmerà quei colpi di forbici tra i dicasteri.
Sono ore in cui fuori dal Palazzo monta la protesta, gli imprenditori in testa.
A Parigi, un Berlusconi innervosito dagli sviluppi dell’inchiesta Tarantini, coi soliti fendenti a pm e sinistra fa scendere a suo modo il sipario su un’altra giornata nera.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply