UNA CAMBIALE CHIAMATA MANOVRA: I SOLDI SONO SOLO SULLA CARTA, I CONTI A RISCHIO
A PARTE LE TASSE E I TAGLI A MINISTERI ED ENTI LOCALI, IL RESTO DELLA MANOVRA SONO SOLO SPERANZA E PALLE MEDIATICHE
Altro giorno, altra manovra, altro buco.
L’intesa dentro il governo diventa un emendamento al decreto di Ferragosto (ora in Senato).
E così si conoscono ufficialmente le novità e i primi numeri: addio al contributo di solidarietà per i redditi alti, meno tagli ai Comuni, niente intervento sulle pensioni, più tasse sulle imprese.
Tutto qui.
In attesa delle tabelle definitive che dimostreranno se dopo queste correzioni la manovra vale ancora 49 miliardi, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti assicura che “i saldi resteranno assolutamente invariati”.
A considerare i provvedimenti qualche dubbio è lecito.
I soldi previsti dal contributo di solidarietà (3,8 miliardi) arriveranno dalla lotta all’evasione.
Ma non è la stessa cosa: prima c’era un aumento dell’Irpef dall’esito prevedibile, ora la stima di un gettito che forse arriverà e forse no.
Il governo promette più severità : carcere per chi evade più di 3 milioni di euro, possibilità per i Comuni di pubblicare le dichiarazioni dei redditi (e già hanno fatto sapere che si rifiuteranno di farlo) , una sorta di autocertificazione in cui il contribuente deve dichiarare i suoi rapporti con le banche.
Secondo l’ottimistica relazione tecnica all’emendamento del governo “è ragionevole ritenere che l’inasprimento del sistema sanzionatorio penale-tributario rappresenti un chiaro intervento con finalità dissuasive di comportamenti evasivi”, capace quindi di portare nelle casse pubbliche 1,1 miliardi in tre anni.
Ma il fatto che sia “ragionevole” non implica che succeda.
Nella Prima Repubblica il gettito della lotta all’evasione non veniva mai usato come copertura di spesa o come risparmio, ma al massimo per finanziare “fondi negativi”, di solito destinati agli investimenti.
Tradotto: venivano previste voci di spesa che si attivavano solo se arrivavano i soldi dalla lotta all’evasione.
Niente gettito, niente uscite.
Nella versione della manovra emersa ieri, invece, i soldi sottratti agli evasori servono a risanare il bilancio.
Se non arrivano, c’è un buco.
Idem per la presunta stretta sulle società di comodo, quelle che non hanno un’attività imprenditoriale ma servono solo a singoli individui per pagare meno tasse.
Per il governo l’aumento dell’Ires su queste scatole societarie dovrebbe fruttare 714 milioni in tre anni, ma i tecnici della Confindustria sono molto perplessi, visto che gli strumenti per tassare questi schermi fiscali già c’erano, ma non hanno mai funzionato molto.
Ed è tutto da dimostrare che dichiarare i rapporti dei contribuenti con le banche generi 1,5 miliardi di euro.
I tagli agli enti locali non sono affatto azzerati, come annuncia Tremonti, ma viene ridotta la parte di competenza della manovra di Ferragosto.
Con il risultato che Formigoni, presidente della Lombardia, dice che ora il “federalismo è seppellito definitivamente”.
E i ministeri, che speravano di beneficiare dal gettito della Robin Hood Tax (finito tutto ai Comuni ) per non dover tagliare 6 miliardi (e le tredicesime ai dipendenti), sono disperati: “Se quelle cifre non saranno ripristinate sarà difficile andare avanti”, dice il ministro della Difesa Ignazio La Russa.
Finisce così il pasticcio della manovra estiva? Neanche per idea.
Lo ammette lo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: “Il ritocco dell’Iva è una clausola di salvaguardia per garantire che la manovra vada in porto e il pareggio di bilancio nel 2013”, dice da un vertice sulla Libia a Parigi.
La manovra, anche nella versione attuale, ha due grossi problemi: le incertezze sul gettito dalla lotta all’evasione e le stime di crescita del Pil su cui il governo l’ha impostata.
Visto che l’Italia crescerà nel 2011 solo lo 0,8 anzichè l’1,1 previsto e nel 2012 lo 0,7 invece che l’1,8 per cento, c’è già un buco da 15 miliardi da coprire, se si vuole raggiungere davvero il pareggio di bilancio del 2013.
E non va dimenticato che quasi metà della manovra, circa 20 miliardi, vengono da un taglio delle agevolazioni fiscali (cioè un aumento delle tasse) tutto da definire.
E il cui impatto negativo sulla crescita non è stato ancora considerato.
Ma a breve, approvata questa manovra, ci sarà da fare la legge di stabilità , la ex Finanziaria, che delinea il bilancio dello Stato per l’anno successivo.
A quel punto il governo quasi certamente dovrà ricorrere all’aumento dell’Iva, specie se i mercati reagiranno male al caos di questi giorni.
L’inasprimento dell’imposta sui consumi “si può attuare da un momento all’altro”, dice Berlusconi alludendo al fatto che il governo si è attribuito il potere di alzare le tasse con un semplice atto amministrativo (un decreto della Presidenza del Consiglio, su proposta del Tesoro) senza passare dal Parlamento o dal Quirinale.
Peccato che sarebbe contrario all’articolo 23 della Costituzione: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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