L’UCRAINA E’ IN DIFFICOLTA’: LE MUNIZIONI SCARSEGGIANO, GLI UOMINI SONO INSUFFICIENTI, I SOLDI AMERICANI TARDANO E L’EUROPA TRACCHEGGIA
L’ANALISI DI CLAUDIO BERTOLOTTI (ISPI)
A pochi giorni dall’anniversario della notte in cui la sua vita è
cambiata per sempre – quel 24 febbraio 2022, quando da Mosca partì l’ordine di attaccare l’Ucraina ed eliminare il presidente – Volodymyr Zelensky deve prendere atto di trovarsi nel momento più difficile della guerra e della sua presidenza. Di fronte a una Russia sempre più spudorata, dopo l’evidente omicidio di Stato di Alexei Navalny, e ancora forte dal punto di vista economico e militare, Kiev fa i conti con un’amara realtà: questi quasi due anni di guerra di logoramento e attrito sono andati a vantaggio di Mosca, che dal punto di vista quantitativo – armi, munizioni, truppe – ha sempre avuto il coltello dalla parte del manico, dovendo l’Ucraina contare in tutto e per tutto sul sostengo e sulla generosità dell’Occidente. Un sostengo e una generosità che da tempo iniziano a dare segni di cedimento, con l’avvicinarsi delle elezioni americane e sotto le spinte contraddittorie di un’Europa in cerca d’identità.
È in questo scenario che Zelensky ripete un concetto non nuovo, ma con una drammaticità diversa: i ritardi nelle consegne di armi da parte degli alleati occidentali all’Ucraina stanno aprendo le porte all’avanzata russa sul campo di battaglia, rendendo il combattimento “molto difficile” lungo le parti della linea del fronte dove le forze del Cremlino hanno preso la città strategica di Avdiivka lo scorso fine settimana. Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, intanto, ha rivendicato un nuovo successo militare: le forze russe avrebbero riconquistato Krynky, una testa di ponte ucraina sul lato occupato da Mosca del fiume Dnipro.
Come scrive il New York Times, centinaia di soldati ucraini potrebbero essere stati catturati dall’avanzata delle unità russe o scomparsi durante la caotica da Avdiivka. Le stime sul numero di ucraini catturati o dispersi variano e un conteggio preciso potrebbe non essere possibile finché l’Ucraina non consoliderà nuove linee difensive fuori città. Ma due soldati a conoscenza della ritirata, citati dal Nyt, hanno stimato che tra gli 850 e i 1.000 soldati sarebbero stati catturati o risultano dispersi. I funzionari occidentali hanno affermato che il range sembrava accurato. Sarebbe una perdita devastante, in grado di infliggere un duro colpo al morale già indebolito delle truppe ucraine. Un problema in più per Zelensky, accanto alla lenta erosione del sostegno occidentale. I Paesi europei stanno faticando a trovare abbastanza forniture da inviare a Kiev, mentre il nuovo pacchetto di aiuti Usa da 60 miliardi di dollari è bloccato al Congresso a causa della battaglia politica tra repubblicani e democratici: tutto ciò – è abbastanza chiaro – fa il gioco del presidente russo Vladimir Putin.
Avdiivka non sarebbe andata perduta se l’Ucraina “avesse ricevuto tutte le munizioni di artiglieria di cui avevamo bisogno per difenderla”: è lo sfogo del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba intervistato da Christiane Amanpour della Cnn. Ai soldati ucraini “va riconosciuto il merito” di aver resistito alla Russia e di aver sacrificato la propria vita in prima linea, ha aggiunto Kuleba. “Ma il motivo per cui devono sacrificarsi e morire è perché qualcuno sta ancora discutendo” sulle armi. “Rispetto la politica interna e non interferirò in essa, ma voglio solo che tutti ricordino che ogni giorno di dibattito in un posto significa un’altra morte in un altro posto”, ha precisato Kuleba.
Zelenskyj, nel suo discorso video quotidiano di lunedì scorso, ha detto che la Russia ha accumulato truppe in alcuni punti della linea del fronte lunga 1.500 chilometri, apparentemente con l’obiettivo di avventarsi su qualsiasi debolezza difensiva percepita. Mosca sta “approfittando dei ritardi negli aiuti all’Ucraina”, ha detto il presidente dopo aver visitato il posto di comando nell’area di Kupiansk, nella regione nord-orientale di Kharkiv, aggiungendo che le truppe ucraine avvertono fortemente la carenza di artiglieria, sistemi di difesa aerea e armi a lungo raggio.
Per Claudio Bertolotti, direttore di Start Insight e associate research fellow di Ispi, è il caso di dire che i nodi stanno venendo al pettine. “La grande capacità ucraina di mobilitare reparti militari, addestrarli e schierarli sul terreno di cui siamo stati testimoni nel corso degli ultimi due anni si basava – e si basa tutt’ora – sulla capacità occidentale di dare sostegno in termini di equipaggiamento e addestramento. Oggi, con il rischio che venga meno il supporto da parte del principale sostenitore di Kiev, cioè gli Stati Uniti, e a fronte di una poco consistente capacità di aiuto da parte dell’Unione europea, l’Ucraina si trova di fatto con gli arsenali quasi vuoti, non tanto dal punto di vista degli equipaggiamenti (che sono sempre stati insufficienti per garantire una efficace resistenza nei confronti della Russia) quanto dal punto di vista delle munizioni. La capacità militare ucraina dipende da quanto i suoi soldati sono in grado di sparare non soltanto in azioni offensive (che ormai l’Ucraina non fa più da tempo) ma anche in funzione di attività difensive: difendere i propri soldati oggi non è più possibile, perché le munizioni sono centellinate e vengono tenute in riserva per un’eventuale quanto possibile controffensiva russa che potrebbe realizzarsi in primavera”.
Dall’altro lato, c’è una Russia che, avendo riconvertito la sua economia in un’economia di guerra e potendo contare sui rapporti con tutto il mondo non occidentale – continua a mantenere un vantaggio tattico e quantitativo in una guerra che ormai da oltre un anno e mezzo è diventata di attrito e logoramento. Il peggio del peggio per un Paese come l’Ucraina, molto più piccolo del gigante russo e dipendente dalle possibilità e dagli umori dell’Occidente.
“La Russia sta raccogliendo i frutti di un anno e mezzo circa di guerra di attrito e logoramento”, commenta Bertolotti. “Sul piano temporale, dal punto di vista quantitativo, il vantaggio di Mosca è evidente: ha più armi, più uomini, più munizioni e ha un retroterra strategico fondamentale. Sostanzialmente, ha accesso a tutto ciò che il mercato offre indipendentemente da quelle che sono le sanzioni occidentali”. Di fatto, la Russia ha le porte aperte sul mercato globale: ha rapporti con la Cina, l’India e gli altri Brics, oltre che con ‘Stati canaglia’ come l’Iran e la Corea del Nord, al cui dittatore (Kim Jong Un) Putin ha appena regalato una limousine.
Alla carenza di sistemi d’arma e munizioni si aggiunge, per l’Ucraina, il problema fondamentale della mancanza di truppe da inviare al fronte. “Purtroppo – spiega il direttore di Start Insight – i soldati ucraini da mandare al fronte sono finiti, per due ragioni. Da un lato, la guerra di attrito ha portato un elevato tasso di perdite sul campo, sia per gli attaccanti che per i difensori. Dall’altro lato, chi è al fronte oggi è al fronte da quasi due anni: sono poche le unità che sono state effettivamente disimpegnate per periodi di riposo, e l’età media dei soldati al fronte è molto elevata. Questo a fronte di un obbligo alla coscrizione imposto dal governo Zelensky, che però ha ottenuto anche un effetto indesiderato: la fuga da parte dei più giovani, che di fatto renderà la chiamata alle armi più debole di quanto sembrerebbe sulla carta”.
La settimana scorsa Zelensky ha firmato le leggi che prorogano il periodo di legge marziale e mobilitazione generale in Ucraina di altri 90 giorni, fino al 13 maggio 2024. Si è trattato della decima proroga dall’inizio della guerra, uno sforzo che metterebbe alla prova qualunque leadership. Quella di Zelensky sta mostrando segni di difficoltà, e non da oggi. La manifestazione più evidente si è avuta un paio di settimane fa, con il cambio dei vertici militari: fuori Valery Zaluzhny, dentro Oleksandr Syrsky, il nuovo comandante in capo delle forze armate ucraine.
§Ne è convinto Bertolotti: “Il fatto che Zelensky si stia indebolendo si è manifestato nella scelta politica di procedere a un cambio dei vertici militari, portando di fatto alla sostituzione di un comandante particolarmente apprezzato dalle sue truppe e dagli alleati occidentali, anche in virtù della sua visione squisitamente occidentale dal punto di vista operativo e tattico, con un successore che invece proviene da una scuola di più vecchia generazione”. Da un punto di vista di formazione militare, infatti, Zaluzhny “è legato alla dottrina sovietica, post-sovietica e russa, che privilegia il sacrificio delle truppe rispetto alla forza di manovra e al risparmio delle truppe stesse in caso di confronto diretto”. Si tratta di due approcci molto diversi – spiega l’esperto di strategia militari – che di fatto potrebbero anche indebolire la forte convinzione e l’appoggio morale delle truppe ucraine nei confronti del proprio vertice militare. Tutto questo si inserisce in un momento in cui Zelensky ha perso una parte del proprio sostegno popolare: anche questa potrebbe essere letta come una mossa per rafforzarsi, presentendo una novità, un cambio di strategia, nuove facce e nuovi simboli ai propri cittadini, che poi sono anche gli elettori che lo devono sostenere politicamente.
(da agenzie)
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