L’ULTIMO AZZARDO DI MACRON: LECORNU VARA IL GOVERNO CON POCHI POLITICI E MOLTI TECNICI MA RESTA APPESO AL VOTO DEI SOCIALISTI
L’OBIETTIVO E’ PRESENTARE LA LEGGE DI BILANCIO ENTRO DOMANI, MA SE LA SINISTRA MODERATA NON OTTERRA’ “LA SOSPENSIONE CHIARA E CERTA DELLA RIFORMA DELLE PENSIONI”, IL SEGRETARIO DEL PD OLIVIER FAURE HA GIÀ GARANTITO CHE ANCHE I SOCIALISTI VOTERANNO CONTRO LECORNU, FACENDO CROLLARE IL QUARTO GOVERNO FRANCESE IN UN ANNO E MEZZO
Il governo Lecornu bis ha una lista di ministri, è questo è già un successo insperato visto come si erano messe le cose ieri pomeriggio, quando la seconda avventura sembrava destinata a finire prima di cominciare.
Molta società civile, molti volti nuovi, pochi baroni dei partiti, e i quattro membri dei Républicains che hanno accettato di fare parte della squadra (tra loro Rachida Dati alla Cultura) sono stati subito messi fuori dalla direzione del partito gollista. È il governo più tecnico che la Francia, refrattaria anche solo all’espressione, possa concedersi.
Prendendo di petto il trauma di otto giorni fa (governo nato e morto in 13 ore), Sébastien Lecornu ieri sera è andato all’Eliseo, è rimasto a parlare a lungo con il presidente Emmanuel Macron ed è riuscito a comporre l’esecutivo prima che il capo dello Stato
partisse per l’Egitto. Anche il primo governo Lecornu era nato una domenica sera, il 5 ottobre, e il lunedì mattina il premier era stato costretto a dimettersi.
Stavolta l’esecutivo dovrebbe durare di più, almeno una settimana. Non molto per la seconda economia — in crisi — dell’Unione europea, ma in questo modo l’obiettivo minimo di varare il progetto di bilancio sembra più vicino.
La Costituzione francese impone che il Parlamento abbia 70 giorni a disposizione per esaminare il piano prima del 31 dicembre: se verrà presentato entro domani, magari dopo il vaglio del Consiglio dei ministri convocato per lo stesso giorno, i termini sarebbero rispettati.
E a quel punto Lecornu potrebbe anche sperare di resistere qualche mese.
Non sarà facile, perché nei prossimi giorni, forse già prima di venerdì, potrebbero essere votate le mozioni di censura già annunciate dalle ali estreme, il Rassemblement national di Marine Le Pen (destra) e la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon (sinistra).
E se la sinistra moderata non avrà ottenuto ciò che pretende —«una sospensione chiara e certa della riforma delle pensioni» —, il segretario Olivier Faure ha già garantito che anche i socialisti voteranno contro Lecornu, facendo crollare il quarto governo francese in un anno e mezzo (Barnier, Bayrou, Lecornu e Lecornu bis), e accompagnando così il Paese al voto anticipato per l’Assemblea nazionale che, sempre secondo Faure, «resta
l’ipotesi più probabile».
Per adesso comunque si respira, anche perché l’uomo che con i suoi capricci (spontanei o messi in scena) aveva fatto deragliare tutto la volta scorsa, il potente Bruno Retailleau dei Républicains, lascia il ministero dell’Interno e il governo, sostituito da Laurent Nuñez, dal 2022 a oggi prefetto di Parigi.
L’altro «tecnico» più importante, soprattutto in questa fase, è Jean-Pierre Farandou, quarant’anni alla Sncf (le ferrovie di Stato francesi) fino a diventarne il presidente.
Sessantotto anni, ormai obbligato a lasciare il posto per limiti di età, Farandou è stato protagonista di lunghe trattative con i sindacati dei ferrovieri che hanno portato allo svuotamento almeno per loro, di fatto, della contestata riforma delle pensioni.
Un aspetto che potrebbe rivelarsi un segnale di peso rivolto ai socialisti, dai quali ormai dipende la sopravvivenza del neonato governo. Altro segnale di cambiamento e di attenzione alla società civile l’arrivo alla Transizione ecologica di Monique Barbut, presidente del Wwf France.
Il premier Lecornu si è rivolto ai francesi con uno stringato messaggio notturno su X: «È stato nominato un governo di missione con il compito di dare un bilancio alla Francia entro la fine dell’anno. Ringrazio le donne e gli uomini che si impegnano in questo governo in piena libertà, al di là degli interessi personali e di parte. Conta solo l’interesse del Paese».
/da agenzie)
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