MATTARELLA CELEBRA IL 4 NOVEMBRE: “AMOR DI PATRIA NON E’ NAZIONALISMO ESTREMO”
LUNGA INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA: “NESSUNO STATO, DA SOLO, CE LA FA”
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deposto questa mattina all’Altare della Patria a Roma una corona d’alloro al sacello del milite ignoto in occasione della ricorrenza del 4 novembre e della vittoria della Grande Guerra. Alla cerimonia stanno partecipando anche la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, il Capo di Stato maggiore della Difesa Claudio Graziano, il capo della polizia Franco Gabrielli.
In occasione del Centenario della Grande Guerra e della feste delle forze armate, Sergio Mattarella concede una lunga intervista a Marzio Breda sul Corriere della Sera, in cui invita a distinguere fra “amor di Patria” ed “estremismo nazionalista”, invita alla cooperazione fra le democrazie perchè “nessuno Stato ce la farà da solo”.
“Oggi possiamo dirlo con ancora maggior forza: l’amor di patria non coincide con l’estremismo nazionalista. L’amor di patria viene da più lontano, dal Risorgimento” […] Il patriottismo fu “un impegno di libertà , per affrancarsi dal dominio imposto con la forza: allora da Stati stranieri. Dopo la Grande guerra fu una parte politica a comprimere la libertà di tutti. In questo risiede il profondo legame tra Risorgimento e Resistenza. Per adoperare parole del presidente Giovanni Gronchi, ‘una coscienza nazionale che si rinnova, che attinge ai valori supremi spirituali e storici che la Patria sintetizza, che rende imperiosa l’esigenza dell’autonomia e dell’indipendenza verso ogni egemonia dei più fortì. L’amor di patria oggi è inscindibile con i principi della nostra Costituzione, che ne sono il prodotto e il compimento”.
Mattarella sottolinea che “la Grande guerra costituisce un monito perenne all’umanità ” e rileva:
“Occorre la forza della ragione per riesaminare e comprendere perchè la fine della guerra non generò una vera pace, perchè si sviluppò ulteriore volontà di potenza, perchè il nazionalismo esasperato alimentò smanie espansioniste e di sopraffazione, persino l’odio etnico. Le democrazie hanno bisogno di un ordine internazionale che assicuri cooperazione e pace, altrimenti la forza dei loro stessi presupposti etici, a partire dall’inviolabilità dei diritti umani, rischia di diventare fragile di fronte all’esaltazione del potere statuale sulla persona e sulle comunità “.
Richiamo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sull’importanza della cooperazione internazionale:
“Non torneremo agli anni Venti o agli anni Trenta. Non temo la ricomparsa degli stessi spettri del passato, pur guardando con preoccupazione a pulsioni di egoismi e supremazie di interessi contro quelli degli altri: sarei allarmato da un clima in cui, più che concorrenza, si sviluppassero contrasti, poi contrapposizioni, quindi ostilità , ponendosi su una china di cui sarebbe ignoto ma inquietante il punto finale. Ma l’Europa si è consolidata nella coscienza degli europei, molto più di quanto non dicano le polemiche legate alle necessarie, faticose decisioni comuni nell’ambito degli organismi dell’Unione Europea. L’interdipendenza tra i Paesi nasce anzitutto dallo sviluppo delle libertà , delle opportunità , delle risorse tecniche, economiche, culturali, civili che siamo riusciti a costruire in questi decenni di pace e di collaborazione. La libertà di movimento e di commercio, le medesime regole ormai consolidate in tanti settori economici e sociali, le innumerevoli iniziative e realtà comuni tra imprese, le sempre più strette collaborazioni nella ricerca e nelle professioni hanno prodotto un tessuto connettivo ormai indissolubile”. […] “A volte questa interdipendenza appare a taluno come un vincolo, e questo determina reazioni. Per questo, di fronte a una crisi, a un’insufficiente capacità di governo dei processi globali, si cerca nel focolare domestico la protezione dagli effetti dell’interdipendenza. Ma nessuno Stato, da solo, può affrontare la nuova dimensione sempre più globale. Ne uscirebbe emarginato e perdente. Soprattutto i giovani lo hanno compreso. Sono cresciute giovani generazioni che si sentono italiane ed europee e lo stesso è avvenuto in ogni Paese dell’Unione e questo rappresenta il più forte antidoto ad antistorici passi indietro”
(da agenzie)
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