MELONIADI 2026: LO SPORT E’ CONTORNO DI AFFARI E CEMENTO
ANNUNCIATI A COSTO ZERO PER LE OLIMPIADI DI CORTINA SPENDEREMO 7 MILIARDI
Scandalose, insostenibili, costosissime Olimpiadi. Quando il 6 febbraio 2026 verrà acceso il braciere nello stadio di San Siro a Milano, il sipario non si alzerà solo su un evento sportivo planetario, ma anche su uno spettacolo molto poco edificante di
spese folli e sprechi, promesse di rispetto ambientale non mantenute, opere pubbliche e colate di cemento, menzogne, affari e ideologia. È il Circo Bianco del Coni e del Cio che controllano lo sport e i suoi interessi, è un grande appuntamento diventato simbolo dell’orgoglio nazionale meloniano che ci costerà miliardi, è l’allegra giostra delle opere pubbliche, con una ressa di ministri, sindaci e governatori che vi sono saliti sopra e intendono restarci fino allo stordimento. È un’abbuffata collettiva frutto della sbornia olimpica, occasione irripetibile con il bottino assicurato, il che non significa che i fatti siano soltanto di rilievo penale, come si sta scoprendo nella Milano dei grattacieli. In molti casi basta la politica.
Con una incredibile e vergognosa operazione-fotocopia della storia, a distanza di cento anni dal “Manifesto degli intellettuali del Fascismo”, pubblicato il 21 aprile 1925 su Il Popolo d’Italia, la stessa definizione che racchiude l’essenza del regime diventa il brand del Comitato Organizzatore dei XXV Giochi Invernali. “Il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana…”, scriveva il filosofo-ideologo Giovanni Gentile, raccogliendo le firme di 250 uomini di cultura nell’anno delle “leggi fascistissime”, dieci mesi dopo l’omicidio Matteotti. “Vogliamo rappresentare il Nuovo Spirito Italiano radicato nella tradizione, ma proiettato verso il futuro, uno spirito vibrante e dinamico” annuncia Fondazione Milano Cortina, presentando il progetto al mondo. È la stessa espressione che troviamo nel
testamento di Benito Mussolini, scritto sei giorni prima di essere ucciso dai partigiani.
Un secolo dopo, non si tratterà di una sovrapposizione perfetta di identità, eppure non si può catalogare la sincronia terminologica come una semplice bizzarria o coincidenza. È semplicemente inquietante. Non tutte le parole sono innocenti. Quegli stessi termini vengono messi in bocca dagli organizzatori perfino a un ignaro campione del tennis come Jannik Sinner, diventato primo testimonial, che in una lettera-appello ai suoi coetanei scrive: “Saremo i colori di un suggestivo affresco che racconterà l’Italia… racconteremo insieme il nuovo Spirito Italiano, vibrante e dinamico”.
Una montagna di soldi, edito da PaperFirst (362 pagine, 18 euro), dal 14 ottobre in libreria e in tutti gli store online, prende avvio dalla retorica dello sport che fa l’occhiolino a Palazzo Chigi. Continua attraversando le inchieste giudiziarie milanesi, gli appalti truccati, i raccomandati, i giochi di potere in Fondazione Milano Cortina a colpi di spioni, il dominio assoluto del Cio sugli sponsor e la guerra del governo contro la Procura meneghina, colpevole di voler indagare su una società che si dice privata, anche se è composta solo da enti pubblici ed è finanziata dal denaro degli italiani. L’indagine giornalistica è anche un viaggio nei disastri ambientali compiuti nei fragilissimi territori montani di Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, frutto di Olimpiadi diffuse che hanno moltiplicato i costi e lo scialo di denaro, in nome della monocultura del turismo, dello sci senza
neve e dell’assalto alla montagna. Tutto è cominciato da tre bugie. La prima: le sedi per le gare sono già esistenti e richiedono solo un modesto restyling. La seconda: “La nostra filosofia di moderazione e responsabilità finanziaria darà vita a Giochi Invernali di cui tutti potranno essere orgogliosi”. Talmente orgogliosi e moderati che la spesa pubblica per le sole sedi di gara si è gonfiata dai 204 milioni di euro iniziali alla cifra di 945 milioni di euro.
La semplice organizzazione, che sarebbe dovuta costare 1 miliardo e mezzo di euro grazie a risorse esclusivamente private, è schizzata a 2 miliardi di euro, con quasi 400 milioni di soldi già stanziati dal governo Meloni per ripianare in anticipo i debiti. La terza rassicurazione (“Non sono necessarie nuove infrastrutture di trasporto”) è annegata in un fiume di cemento da 5 miliardi di euro per strade, ponti, ferrovie e parcheggi, con opere per un valore di 3 miliardi che non saranno pronte per le Olimpiadi. Tutto a spese dei contribuenti.
Le gare e le medaglie sono solo una dimensione sovrastrutturale delle Olimpiadi. Lo sport è sudore e fatica, sorrisi e lacrime. Lo sport è bello, ma la ragione profonda – il movente dello scandalo Milano Cortina 2026 – è una banalissima storia di soldi. È il merchandising della montagna che diventa modello di sviluppo e fabbrica del consenso.
Basta prendere una bella cartolina con i campanili e gli chalet, i boschi e i pendii innevati di Anterselva, Predazzo, Tesero, Bormio, Livigno e Cortina. Basta farne un collage con le rocce
dolomitiche, le periferie metropolitane di Milano e le pietre millenarie dell’Arena di Verona.
Un pizzico di richiamo identitario allo spirito italiano e il gioco è fatto. È il Belpaese che dice di sì a tutto. All’ingordigia e allo scempio del paesaggio, allo strapotere di Simico che gestisce gli appalti e utilizza scorciatoie che non tollerano valutazioni di impatto ambientale, all’abbattimento meticoloso di un bosco a Cortina così da costruire una pista da bob per pochi intimi, diventata simbolo dello spreco e dell’ossessione del potere.
Sotto gli occhi degli ambientalisti costretti all’impotenza, i campioni di questo saccheggio sono i signori dello sport e gli impareggiabili, sfacciati, protagonisti della politica nostrana. A loro, una medaglia non gliela toglierà nessuno.
(da il Fatto Quotidiano)
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