MIGRANTI, L’ACCORDO IMPOSSIBILE: E ALLA FINE TORNERANNO TUTTI IN ITALIA
UN VIAVAI DI NAVI CON L’ALBANIA: DAL SOCCORSO AL RIMPATRIO, ECCO COSA ACCADREBBE
Si preannuncia un viavai di navi tra Italia e Albania dalla prossima primavera se, come ha annunciato Giorgia Meloni, l’accordo con il premier Edi Rama approderà realmente alla realizzazione di due centri per ospitare migranti salvati dal Mediterraneo da navi italiani. Anzi, per la verità – apprendiamo oggi proprio dal premier Rama – il centro sarà uno solo, all’interno del Paese, destinato ad ospitare per un tempo massimo di 30 giorni i richiedenti asilo destinati al rimpatrio con procedure accelerate di frontiera. Perché in realtà, quello al porto di Shengjie, sarà niente altro che un hotspot per smistare i migranti che, appunto, saranno costretti a fare avanti e indietro, così come tutto il personale tecnico, avvocati, giudici, funzionari che saranno coinvolti nella procedura.
Insomma per capire che anche questo accordo, che solo sulla carta dovrebbe consentire all’Italia di smistare in Albania 36.000 migranti l’anno, si rivelerà un flop lo spiega la procedura che l’Italia sarà costretta ad eseguire ad ogni soccorso in mare. Proviamo a simulare le diverse fasi.
Il soccorso
Quando un mezzo militare italiano sarà chiamato a soccorrere un’imbarcazione di migranti, ovviamente prenderà a bordo tutti gli occupanti di quella barca. Sulla nave militare – è stato spiegato – non verrà fatta alcuna cernita dei migranti nè alcuna preidentificazione. Ma, allo stesso tempo, la premier Meloni ha sottolineato che in Albania verranno portati solo uomini maggiorenni. Il che significa che il mezzo militare, direttamente dal luogo del soccorso, si dirigerà verso l’Albania dove farà sbarcare solo gli uomini. Donne, minori e persone fragili invece rimarranno a bordo e verranno dunque subito portati in Italia. Ed ecco il primo viaggio.
L’identificazione
Nell’hotspot a Shengjie, dunque, avverranno le operazioni di identificazione e fotosegnalamento dei migranti. Solo qui si appureranno le nazionalità e si raccoglieranno le richieste di asilo e dunque avverrà la distinzione tra chi arriva da un Paese considerato sicuro (che secondo il decreto Cutro l’Italia può trattenere per espletare le procedure accelerate di frontiera e l’eventuale rimpatrio) e chi invece arriva da Paesi non sicuri. Questi ultimi, a norma di legge, non possono essere trattenuti. Nè evidentemente (l’accordo lo precisa) possono rimanere su suolo albanese e dunque l’Italia dovrà provvedere, subito, a portarli in Italia dove la loro richiesta di asilo verrà processata secondo la via ordinaria. E siamo al secondo viaggio.
Il trattenimento
Coloro che invece saranno trattenuti dovranno affrontare l’iter delle procedure accelerate di frontiera: dunque verranno fermati con provvedimento di un questore (probabilmente quello di Bari) ma dovranno poter parlare con un difensore (anche qui probabilmente del foro di Bari) e attendere che il provvedimento sia convalidato da un giudice (di Bari?) che potrebbe anche volerli sentire. Quindi ad ogni provvedimento di trattenimento si paventa (a spese dell’Italia) un nuovo viaggio andata e ritorno di personale italiano in Albania.
E che succederà se (come avvenuto finora dal caso Apostolico in poi) i giudici non dovessero convalidare il trattenimento dei richiedenti asilo disposto dal questore? Naturalmente, non appena un giudice dovesse liberare un migrante, bisognerà subito portarlo in Italia. Il protocollo firmato specifica infatti che nessun migrante potrà in nessun caso essere lasciato libero in territorio albanese. E dunque, un altro viaggio.
Il rimpatrio
Per coloro che invece, entro i 30 giorni di tempo previsti dalla procedura, dovessero essere espulsi si dovrà immediatamente provvedere al viaggio di rimpatrio verso il Paese d’origine. E qui, inutile dirlo, gli unici che verosimilmente si riuscirà a riportare a casa saranno i tunisini visto che con nessun altro Paese l’Italia ha accordi di rimpatrio e dunque non è in condizione di metterli su un aereo e rispedirli indietro. Ma al migrante espulso dal centro albanese non potrà essere dato il solito foglio di via che gli impone di lasciare il Paese entro sette giorni. Occorrerà prima portarlo in Italia. E alla fine è comunque questo il destino che attenderà la maggior parte dei migranti che verranno portati in Albania. Basta un numero: quest’anno sono 4.000 in tutto i migranti che l’Italia è riuscita a rimpatriare e di questi circa 2500 sono i tunisini. E nulla lascia prevedere che improvvisamente nel 2024 l’Italia sarà in grado di rimandare a casa i 36.000 migranti che sulla carta l’Albania è disposta ad ospitare temporaneamente. Insomma, niente altro che il solito bluff
(da La Repubblica)
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