MILLE COMUNI ALLE URNE: OCCHI PUNTATI SU GENOVA, PARMA, PALERMO E TARANTO
NOVE MILIONI DI CITTADINI, 25 CAPOLUOGHI, 64.000 CANDIDATI… TUTTE LE SFIDE PRINCIPALI
Nove milioni di cittadini, mille comuni di cui 25 capoluoghi, un esercito di 64mila candidati. Allontanato dal dibattito nazionale – per ora – lo scenario del voto anticipato, gli occhi si sono spostati sulle elezioni comunali dell’11 giugno.
Non per caso: naufragato il patto a 4 sulla legge elettorale, che avrebbe aperto la strada al voto a settembre, le elezioni nei 1005 Comuni hanno il sapore di un test utile a capire gli umori degli italiani.
Lo stesso Renzi, dopo la rottura sul “tedesco”, ha rimandato ogni decisione alla prossima settimana. Perchè dalle urne potranno arrivare “suggerimenti” su quale strategia assumere nell’ultima fase, di assestamento, di una legislatura che resta in piedi sì, ma con equilibri precari.
Equilibri che a volte si rispecchiano e a volte si discostano molto dalle realtà locali. Dove il Pd corre in alcuni casi in alleanza con gli scissionisti di Articolo 1 (come a l’Aquila), in altri a braccetto con Alleanza Popolare (Palermo).
La città della Lanterna è osservata speciale: a Genova il centrodestra punta al colpaccio dopo aver già espugnato la Regione, anche grazie alle divisioni del Movimento 5 Stelle.
Grillini in difficoltà anche a Parma dove l’effetto Pizzarotti potrebbe garantirgli la riconferma.
Le sfide più importanti saranno quindi Genova, Parma, Palermo e Taranto.
Nel capoluogo ligure, città natale di Beppe Grillo, i Cinquestelle non sono tra i favoriti. E, per certi versi, se la sono cercata. La vincitrice delle Comunarie Marika Cassimatis, sconfessata dal leader, si presenta al voto da indipendente. Ed è in buona compagnia: perchè a correre per la poltrona di sindaco ci sarà anche Paolo Putti, altro fuoriuscito M5S che punta però allo stesso bacino elettorale dei 5 Stelle. C’è poi il candidato ufficiale Luca Pirondini, le cui pretese di diventare il primo cittadino non sono poi molte (ma c’è chi ancora crede nella possibile rimonta).
Chi invece spera nel colpaccio è Marco Bucci, candidato del centrodestra ed espressione del modello Toti risultato vincente alle Regionali. Dovrà però vedersela con Gianni Crivello, espressione del centrosinistra e dato in vantaggio nei sondaggi.
A Parma invece la scena è tutta per i 5 Stelle (ed ex).
La città ducale, da fiore all’occhiello, potrebbe trasformarsi nella nemesi M5S. La fucina che ha forgiato il primo sindaco della rivoluzione grillina, a sentire i sondaggi, dovrebbe riconfermare Federico Pizzarotti. È lui ‘uomo da battere per gli altri 10 candidati chiamati ad arginare l’Effetto Parma, nome della lista del primo cittadino che, in caso di vittoria, già pensa tra qualche anno al debutto sulla scena politica nazionale. Il suo ex partito gli oppone l’ex sindacalista Daniele Ghirarduzzi. Ma il favorito tra i non favoriti è il candidato del centrosinistra Paolo Scarpa. Il centrodestra punta invece sulla leghista Laura Cavandoli, sostenuta anche da Forza Italia, un’alleanza che come spesso accade si scopre salda sul piano locale a fronte di una incomunicabilità su quello nazionale.
Palermo si presenta come un cocktail di contraddizioni.
L’attuale sindaco Leoluca Orlando si appresta a diventare sindaco per la quinta volta in circa trent’anni. Alle ultime elezioni però aveva vinto senza il sostegno del Partito Democratico – che aveva puntato su Fabrizio Ferrandelli, candidato anche a questo giro ma con il sostegno di Forza Italia, dei cuffariani e dell’Udc di Lorenzo Cesa. Questa volta i dem appoggiano il sindaco uscente ma senza simbolo del Pd. Al suo posto ci sarà quello dei Democratici e Popolari, listone nato dalla fusione con gli alfaniani di Alleanza Popolare. Una lista delle larghe intese, per Palermo.
Non è finita: a sostegno di Orlando ci saranno anche i bersaniani di Articolo 1 – Mdp. Poche chance, pare, per Ugo Forello, candidato del Movimento 5 Stelle che a Palermo è già incappato in alcune polemiche come le firme false, faide intestine e critiche per la gestione dello stesso Forello nell’associazione antimafia Addiopizzo.
I grillini sperano di mettere le mani su due città importanti come Taranto e Trapani. Nella prima, recentemente visitata da Beppe Grillo (con la solita capatina pre-elettorale nel quartiere Tamburi) nel suo tour a sostegno dei candidati a sindaco, il consenso dei 5 Stelle è in crescita.
Terra martoriata dall’inquinamento Ilva, i grillini puntano a rubare voti soprattutto al Pd, da tempo in emorragia di consensi nella città dell’acciaio a causa delle passate amministrazioni e per le politiche del Governo Renzi nella gestione del disastro ambientale e sanitario della città .
Tuttavia anche in questo caso pesano i dissidi tra i meetup grillini. Il candidato ufficiale resta però Francesco Nevoli e dovrà vedersela con Rinaldo Melucci, del PD: volto nuovo del partito (un outsider) già presidente di un consorzio di agenzie marittime. Anche nella città pugliese c’è l’imbarazzo della scelta tra i candidati: sono ben dieci.
Anche su Trapani le aspettative grilline sono alte, ma i rumors più recenti smorzano le attese. Come Palermo, però, un risultato importante sarebbe un ottimo viatico in vista delle regionali del 5 novembre.
D’altronde la Sicilia è da sempre la regione più grillina d’Italia: sono già sette le realtà con amministrazioni a 5 Stelle. Dopo l’obbligo di soggiorno disposto dalla Dda di Palermo per Antonio D’Alì, i grillini possono sperare nell’effetto giudiziario provocato dall’inchiesta Mare Monstrum, che ha svelato un quadro di commistione tra interessi politici e imprenditoriali su più livelli istituzionali. Non solo nazionali (vedi dimissioni di Simona Vicari da sottosegretario e l’indagine a carico del governatore Crocetta per concorso in corruzione) ma soprattutto locali: uno dei personaggi chiave dell’inchiesta su un presunto giro di tangenti intorno al trasporto marittimo locale per conto dell’armatore Ettore Morace è Girolamo Fazio, già sindaco di Trapani dal 2001 al 2012. E pensare che proprio Fazio e D’Alì, un tempo alleati, erano i due principali contendenti per la poltrona di sindaco. Il Partito Democratico dal canto suo punta su Pietro Savona, mentre i grillini hanno scelto Marcello Maltese.
A Nord le città più attenzionate sono Verona e Padova, in orbita centrodestra.
Nella prima l’attuale sindaco Flavio Tosi, ex Lega e oggi leader di Fare!, spera di lasciare la città in mani “familiari”. Non come avviene nelle dinastie, di padre in figlio, ma di fidanzato in fidanzata.
La candidata favorita è infatti la senatrice Patrizia Bisinella, attuale compagna di Tosi che ha seguito non solo nella vita personale ma anche in quella parlamentare, lasciando il gruppo della Lega a Palazzo Madama e confluita in Fare!. A fronteggiarla ci sarà il candidato leghista Federico Sboarina, espressione del centrodestra unito, dal Carroccio a Forza Italia per finire con Idea di Gaetano Quagliariello (anche se due forzisti di peso come i fratelli Giorgetti hanno scelto Bisinella). Anche lo schieramento di centrosinistra non è compatto: Salemi ha vinto le primarie e conta sulla lista del Pd e su due civiche, ma il capogruppo uscente dei Dem, Michele Bertucco, si è a sua volta candidato (in tutto sono nove gli aspiranti sindaci). Alessandro Gennari è il nome dei 5 Stelle, le sue chance sono davvero poche.
Il voto di Padova dovrebbe essere, secondo i sondaggi ma anche secondo quanto si aspettano i ‘protagonisti’ in campo, solo il primo tempo della partita.
Salvo sorprese, infatti, sarà il ballottaggio a decidere se a palazzo Moroni tornerà il leghista Massimo Bitonci o se ci sarà la ‘rivincita’ del centrosinistra con l’imprenditore Sergio Giordani, ex presidente della squadra di calcio della città quando giocava in serie A.
Dopo la caduta a fine 2016 di Bitonci, complice la rottura con una parte di Forza Italia, il centrodestra ha lavorato per riunire le fila: Lega e forzisti hanno ritrovato un accordo con l’obiettivo di riportare l’ex capogruppo del Carroccio in Senato (ed ex sindaco della vicina Cittadella) nell’ufficio di sindaco. Giordani, colpito da un ictus il 4 maggio ma tornato subito in pista, è espressione di una coalizione di molto allargata: a lanciarlo, senza primarie, è stato il Pd, ma attorno ci sono da un lato bersaniani di lungo corso, come l’ex sindaco Flavio Zanonato, e dall’altro esponenti tradizionalmente di centrodestra, come Giustina Destro, ex primo cittadino ed ex deputato di Forza Italia. Gli outsider sono Arturo Lorenzoni, docente universitario a capo di ‘Coalizione Civica’, e il candidato M55 Simone Borile. Proprio i voti di Lorenzoni potrebbero riversarsi un buona parte su Giordani al ballottaggio: il professore e la sua civica di sinistra sono accreditati di un 10% dei consensi che dovrebbe portare sostanzialmente in parità Bitonci e Giordani, rendendo la sfida del 25 giugno incerta.
Tra gli altri Comuni chiamati al voto spicca infine Rignano sull’Arno, città di Matteo Renzi. Qui corre per la riconferma Daniele Lorenzini, fuoriuscito dal Partito Democratico anche per i suoi contrasti con il padre dell’ex premier, Tiziano, indagato nell’inchiesta Consip per traffico illecito di influenze.
Nella città natale di Renzi lo scandalo sul più grande appalto d’Europa (Fm4) ha irrigidito, e molto, il clima elettorale. Lo stesso Lorenzini è stato chiamato dal pm romano Palazzi e da quello napoletano Woodcock ai quali ha dichiarato come Tiziano Renzi gli avesse confidato di sapere di un’indagine a suo carico a Napoli (l’inchiesta Consip nasce dalla procura partenopea) e di temere per un possibile arresto. Il Pd gli oppone l’attuale vicesindaca Eva Uccella. Saranno loro a contendersi la roccaforte renziana.
(da “Huffingtonpost”)
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