RENZI E LA NUOVA FASE DELLA “COALIZIONE COMPATIBILE” DA PISAPIA A CALENDA
LE CONDIZIONI DI PISAPIA SONO PESANTI: “DISCONTINUITA’ E PRIMARIE DI COALIZIONE”
Adesso Matteo Renzi prova a cambiare schema. Radicalmente: “Non voglio sentir più parlare di legge elettorale, siamo in una fase nuova”.
Una fase che ruota attorno alla prospettiva del 2018 e al recupero una parola antica, coalizioni, come prevede la legge del Senato, mentre alla Camera c’è un listone unico. Da Giuliano Pisapia a Carlo Calenda.
Al netto di incidenti parlamentari: “Non saremo noi a staccare la spina a Gentiloni — dice un fedelissimo — ma è evidente che questa maggioranza è logora. Si balla”. Ma la fase nuova è già un’incognita.
Proprio col ministro dello Sviluppo Economico, c’è stata una telefonata, dopo il fallimento del patto a quattro alla Camera.
La prima, partita dal cellulare dell’ex premier, dopo settimane – anzi mesi – di gelo personale e di aperto conflitto politico sulla durata della legislatura e sullo strapotere dei “tecnici” nel governo Gentiloni.
Ambienti vicini al ministro parlano di un confronto umanamente sereno, ma “franco e schietto” sul piano politico: “Se c’è un accordo sulla fine della legislatura — il senso del ragionamento di Calenda — si può ricominciare a parlare di contenuti economici”.
Per il segretario del Pd la fase nuova è innanzitutto un bagno di realtà .
La presa d’atto di un’operazione, quella franata nel voto segreto, costosissima in termini politici. Oltre alla sonora sconfitta parlamentare, c’è un rapporto incrinato coi padri nobili del Pd, e non solo: Prodi, Veltroni, Napolitano, tutto un mondo della sinistra scandalizzata da una manovra che snaturava il Pd, con la sua storia di vocazione riformista e maggioritaria.
Parte da qui, dalla impellente necessità di un recupero di immagine, il tentativo di ricostruire una coalizione possibile. Al centro e a sinistra.
O meglio, con quella parte di centro e quella parte di sinistra considerati “compatibili”, e utili ad asfaltare gli altri.
Calenda per asfaltare Alfano, Pisapia per asfaltare D’Alema e Bersani (perchè è bene ricordare che al Senato lo sbarramento è all’8 per cento).
Il ministro, per ora, ha tenuto il confronto sul piano del governo, nè ha cambiato idea su una eventuale candidatura rispetto a quello che più volte ha dichiarato in queste settimane: “Non mi candido, torno al privato”.
Sia come sia l’operazione rivela l’animus del segretario del Pd. Su Alfano, partner fedele di governo, dopo il fallimento della legge elettorale Renzi è pronto a scaricargli addosso, al primo cenno polemico, un intero alfabeto di attacchi violenti, dalla lettera P come Poste, dove lavora il fratello non proprio gratis, alla S di Shalabayeva, che resta una macchia non stinta sull’operato dell’allora ministro dell’Interno.
Anche sul frote Giuliano Pisapia il grande corteggiamento, per ora, non ha prodotto fatti nuovi: “Sono per il massimo dell’unità — ha detto l’ex sindaco di Milano a Rainews – ma non si può fare un’apertura dopo mesi e mesi in cui abbiamo cercato un’alleanza di centrosinistra e, soprattutto dopo una sconfitta come quella di ieri, che presupponeva coalizioni diverse”.
Insomma, non così. Ma soprattutto Pisapia ha invocato una “discontinuità ” rispetto alle politiche di questi anni e posto una condizione pesante: “Renzi faccia le primarie se davvero vuole la coalizione di centrosinistra, poi vediamo chi le vince”.
Al momento non è in discussione la sua iniziativa del 1° luglio a Roma, in piazza, per lanciare un “nuovo centrosinistra” fuori dal Pd, con Bersani gli altri.
Anche se al Nazareno è in atto un lavoro per farla saltare: “Se fanno l’iniziativa assieme Pisapia e Bersani — dice un renziano di rango — a quel punto non la riprendi più. Diventa complicato separarli, dire uno sì l’altro no. E il punto fermo è che Bersani e gli altri Matteo li vorrebbe cancellare dal Parlamento”.
Un approccio che non favorisce l’alleanza, neanche con Pisapia.
La fase nuova ha limiti antichi, perchè le forzature di queste settimane hanno lasciato tracce profonde. E non è detto che nessuno, ma proprio nessuno, dentro il Pd prenda uno straccio di iniziativa sulla legge elettorale da martedì, quando torna in commissione.
In fondo, se coalizione ha da essere, si può fare anche una legge elettorale che la preveda in modo più “armonico” rispetto all’attuale.
(da “Huffingtonpost”)
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