NEL M5S CRESCE IL FRONTE DI CHI VUOLE SGANCIARSI DALLA LEGA
L’APPIATTIMENTO SULLE POSIZIONI SOVRANISTE PORTA ALLA SCONFITTA… SE SALVANO SALVINI DAI GIUDICI ALLE EUROPEE RISCHIO TRACOLLO
Sara Marcozzi, sconfitta e finita terza nella competizione abruzzese, non fa autocritica ma preferisce soffermarsi sul dato negativo di Pd e di Forza Italia e parlare di «sconfitta della democrazia».
Eppure i 5 Stelle ottengono l’ennesimo insuccesso alle Regionali. Si difendono spiegando che non è corretto paragonare i voti presi alle ultime Politiche con quelli di questo voto. Nel 2108 portarono a casa 300 mila voti, con il 39,85 per cento. Ora sono 116 mila, quasi un terzo. Competizioni diverse, d’accordo. Ma anche il parallelo con le Regionali del 2014 è negativo: perchè allora la percentuale fu del 21,35 per cento, con 143 mila voti presi. Cioè 27 mila in più di ora. Anche la percentuale oggi cala di più di un punto, al 20,16.
Ipotesi alleanze
Cinque anni, dunque, non sono bastati a far crescere il Movimento e a nulla sono servite le escursioni di tutta la classe dirigente nazionale a dar manforte alla Marcozzi. E dunque ora per il Movimento è tempo di riflettere. E di ragionare su un modello di voto locale che non li premia: presentarsi con una sola lista e pochi candidati, soprattutto al Centro Sud, è penalizzante rispetto agli altri candidati.
Per questo l’europarlamentare Laura Ferrara, probabile candidata in Calabria, annuncia: «Stiamo ragionando sull’alleanza con liste civiche». Ma anche il mancato radicamento sul territorio, con una classe dirigente locale non adeguata, è un fattore non irrilevante dei mancati successi.
C’è, naturalmente, un tema più nazionale.
Gianluigi Paragone minimizza: «Il voto delle amministrative è marginale e si prendono in considerazione aspetti della quotidianità . E’ un voto che riguarda soprattutto la sanità ».
Ben diversa l’analisi di Elena Fattori: «Spostarsi a destra non paga. Abbiamo lasciato troppo spazio a Salvini, alle sue modalità comunicative. E gli elettori hanno scelto l’originale».
E lo spiega bene il deputato Giorgio Trizzino. Con un j’accuse violentissimo contro la Lega, sospettava di voler svuotare il Movimento: «Il governo del cambiamento è un’intuizione che potrebbe ricordare le “convergenze parallele” di Aldo Moro. Ma mentre Moro puntava a una geniale operazione di inclusione sociale e politica in nome di una idea grande della democrazia e della giustizia sociale, la Lega di Salvini, forte del consenso imprenditoriale del nord e di vaste fasce di popolazione del centro e del sud e della propria struttura organizzativa, ha puntato scientificamente fin dal primo momento a indebolire ideologicamente e politicamente il movimento 5S, con il chiaro obiettivo di usarlo fino in fondo prima di gettarlo via».
Con l’imposizione dei temi “razziali” e della sicurezza, dice Trizzino, si è «compromessa l’identità plurale, sociale e tollerante del Movimento M5S».
Il governo con la Lega, dunque, e la permanenza al potere, con tutto il carico di compromessi, avrebbero logorato il bacino di consensi e la «purezza» ideale dei 5 Stelle.
Inseguire la Lega nella deriva sovranista, spostandosi a destra, ha eroso quel capitale di trasversalismo e di novità che era la forza del Movimento.
Ora il crollo dei consensi può portare solo a due risultati: un rinnovamento della classe dirigente anche nazionale o un inasprimento dei toni contro l’alleato, magari a cominciare da un voto favorevole all’autorizzazione a procedere per Salvini.
Ma è un percorso stretto, che può portare alla caduta del governo e al ritorno a un Movimento d’opposizione.
(da “Il Corriere della Sera”)
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