“NON VADO IN RAPPRESENTANZA DELL’EUROPA”: GIORGIA MELONI È COSTRETTA A PRECISARE CHE IL SUO VIAGGIO NEGLI STATI UNITI NON SERVIRÀ A TRATTARE SUI DAZI
DOPO LA SPUTTANESCION IN MONDOVISIONE DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO, CHE HA DOVUTO RINCULARE DOPO AVER PARLATO DI LEADER CHE LO CHIAMANO PER “BACIARGLI IL CULO”, CHE VA A FARE LA PREMIER A WASHINGTON?
Per Giorgia Meloni non poteva esserci una notizia a sorpresa migliore di questa.
Il «sollievo» che filtra, in serata, da Palazzo Chigi è quasi un grido di gioia che scompiglia piani e strategie. La premier viene raggiunta dall’annuncio della sospensione, per novanta giorni, dei dazi americani mentre si sta recando al Quirinale, alla cena di gala in onore di re Carlo III e della regina Camilla.
Meloni non nasconde quanto questo epilogo, seppur momentaneo, le tolga un peso dallo stomaco, in vista della missione a Washington del 17 aprile. E nessuno – né i suoi consiglieri né i ministri – fino a poche ore prima era in grado di prevedere la giravolta di Donald Trump. L’umoralità e il tatticismo esasperato del presidente americano rendono difficile capire cosa farà l’indomani.
Ognuno, nella maggioranza, interpreta a proprio favore la mossa del presidente americano. Matteo Salvini che per settimane aveva addirittura vantato come «un’opportunità» le tariffe Usa, ieri sera è stato quasi costretto a una dichiarazione dal sapore omeopatico: «La frenata sui dazi era l’auspicio di Elon Musk quando è intervenuto al congresso della Lega, sabato scorso. È un segnale importante da guardare con attenzione».
Secondo un’indiscrezione non smentita, ma neanche confermata ufficialmente, ci sarebbe stato un contatto diretto tra Meloni e Trump, tra lunedì e martedì. Ovviamente non era aria di dare per vera questa voce nel giorno in cui il tycoon si fa beffe dei «leader di tutto il mondo che mi chiamano e mi baciano il culo, perché
vogliono trattare sui dazi».
Una frase che si commenta da sola e che aveva complicato di molto la preparazione della visita alla Casa Bianca di Meloni, che fino a ieri era previsto avvenisse in una data non felicissima, appena 48 ore dopo dall’entrata in vigore del primo elenco di controdazi dell’Unione europea, a loro volta congelati.
Se l’annuncio di Trump non fosse arrivato, la giornata di ieri sarebbe stata scritta in un tutt’altro modo, con le opposizioni che hanno cavalcato per ore quella brutta frase del leader Usa e con le accuse, arrivate dalla Francia, di offrire una sponda al repubblicano per spaccare l’Ue.
Meloni già non era stata felicitata dal fatto che da Bruxelles avessero lasciato filtrare che la premier italiana non aveva mai ricevuto un mandato della Commissione per trattare con Trump. Un aspetto che, a sentire i suoi consiglieri, lei vorrebbe precisare meglio: «Sarà un bilaterale, parleremo di investimenti, di Ucraina, certamente di dazi. Ma non vado in rappresentanza dell’Europa».
Un cortocircuito che si è amplificato quando il ministro francese dell’Industria e dell’energia Marc Ferracci, rispondendo su Meloni, ha messo in risalto il «rischio» di cadere nella strategia trumpiana di «dividere gli europei» mentre al contrario – ha sostenuto – «dobbiamo restare uniti, perché l’Europa è forte solo se è unita». Frasi che hanno fatto scivolare Roma e Parigi sulla soglia di un incidente diplomatico, scongiurato solo dalla smentita arrivata dall’Eliseo.
Di sicuro a Trump Meloni offrirà come patto negoziale la possibilità di lavorare per far saltare il Green Deal, le norme Ue per la transizione ecologica ed energetica che stanno favorendo le auto elettriche cinesi, e che limiterebbero le aziende americane, mentre il presidente Usa vuole che gli europei comprino più gas a stelle e strisce e a un prezzo più elevato.
(da La Stampa)
Leave a Reply