“OH, MATTI’ VIE QUA. FATTE ABBRACCIA’…”: KHATY SECK, MADRE E ALLENATRICE DI ORIGINI SENEGALESI DI MATTIA FURLANI, ORO MONDIALE NEL SALTO IN LUNGO, È LA MIGLIORE RISPOSTA A VANNACCI E AI SUOI FEDELISSIMI
GRAMELLINI: “CI SARÀ SEMPRE (MA SEMPRE MENO) QUALCHE EX GENERALE A CUI DARÀ FASTIDIO IL COLORE DELLA SUA PELLE E CHE DIRÀ CHE I “VERI ITALIANI” HANNO CARATTERISTICHE SOMATICHE E CROMATICHE DIVERSE, STABILITE UNA VOLTA PER TUTTE DA LUI”
“Rimetti il numero, perché è possibile la sanzione”. La voce di Khaty Seck, madre e allenatrice, scandisce l’ultimo consiglio a Mattia Furlani che, per la gioia di aver vinto l’oro nel salto in lungo ai Mondiali di atletica, s’è sfilato il pettorale e l’ha mostrato in segno di trionfo.
Da regolamento, deve averlo addosso anche al termine della competizione, non può cederlo né toglierlo, né gli è permesso di stropicciarlo perché deve restare integro e sempre ben visibile, non può essere alterato.
È molto più di un segno distintivo oppure di un ‘semplice’ oggetto che rientra nel corredo tecnico. Una eventuale e accertata situazione di difformità può comportare sanzioni
sportive, disciplinari o, nei casi più gravi, anche penali. Ecco perché la mamma-coach, lucidissima, gli suggerisce di fare attenzione a quel dettaglio, a ricomporsi. Lo redarguisce bonariamente prima di dirgli: “Oh, Matti’… vieni vieni. Fatti abbraccia’…”
Sarebbe sbagliato ridurre un fenomeno come Mattia Furlani a trattato sociologico. Ci sarà sempre (ma sempre meno) qualche ex generale a cui darà fastidio il colore della sua pelle e che dirà che i «veri italiani» hanno caratteristiche somatiche e cromatiche diverse, stabilite una volta per tutte da lui.
Viviamo in un Paese ben strano, dove un telecronista è stato massacrato sui social per avere definito Sinner italiano (quale è), e un cantante stonato che frequenta pregiudicati ha irriso il presunto fanatismo di chi tifa per «un purosangue italiano che ha l’accento di Adolf Hitler» (diamo una notizia allo stonato: quell’accento lo avevano anche Goethe e Thomas Mann).
Le storie di successo come Mattia non nascondono i problemi dell’integrazione, però indicano soluzioni. Più ancora di quel salto che non finiva mai, mi ha colpito il video in cui Furlani mostra la sua famiglia, moderna e al tempo stesso eterna: il padre Marcello con l’aria da burbero buono, la fidanzata dai modi timidi e volitivi, la sorella e il fratello che parlano romanesco peggio di lui, la cognata coreana. Ma prima di tutto e di tutti lei, la Mamma.
Quella di Mattia viene dal Senegal, si chiama Kathy e, oltre che da madre, gli fa da allenatrice e da manager. Basta darle
un’occhiata per capire chi ha le chiavi di casa. La nuova Italia funziona quando funziona come quella vecchia: agli ordini dell’unica istituzione che non potrà mai essere sottoposta a referendum (anche perché li vincerebbe tutti).
(da Corriere della Sera)
Leave a Reply