PD E PDL CONTI IN ROSSO: CASSE VUOTE E TIMORE DI DOVER LICENZIARE I DIPENDENTI
PREVISTO UN ADDIO GRADUALE, MA LE SEDI LOCALI VENGONO DISMESSE
Mentre sui principii guida Pd e Pdl sono d’accordo tra di loro e col presidente del Consiglio, ad una cosa non possono e non vogliono rinunciare: ad una applicazione «graduale» della nuova normativa.
E su questo si batteranno. Pur avendo incassato negli ultimi 19 anni una quantità enorme di denaro pubblico, i due partiti principali sono entrambi in «rosso».
Dati ufficiali non se ne conoscono. Ma fatti eloquenti sì.
Recentemente dalla sede nazionale del Pdl è partita una raffica di lettere di disdetta di tutte le sedi periferiche in affitto.
Una disdetta «lineare» destinata a recuperare risorse.
Tanto più che prima delle elezioni Politiche, Silvio Berlusconi per sopperire a casse di partito svuotate, si è dovuto esporre con una cifra di tutto rilievo: 15 milioni di euro.
Anche il Pd non naviga in buone acque, come riconosce Antonio Misiani, il tesoriere del Pd stimato anche fuori dal partito: «Abbiamo incassato nel 2012 29 milioni di rimborsi e per il 2013 avremmo dovuto prenderne 24-25, perchè da più di un anno stiamo facendo uno sforzo intenso di riduzione delle spese, circa il 25%, dopo che l’anno scorso è stato deciso il dimezzamento dei rimborsi».
In questo quadro la parola-chiave si chiama «gradualità »: la propone proprio Misiani, va benissimo al Pdl e, a quanto pare, sarebbe stata recepita nella bozza di Ddl preparata a palazzo Chigi e distribuita ai ministri: prima di entrare a regime, si prevede un rodaggio graduale fino al 2016.
Contromisura per evitare il licenziamento di una parte degli attuali dipendenti dei partiti.
Sul resto continuano ad essere in campo diverse opzioni, come ha riconosciuto il presidente del Consiglio Letta.
Ma il via libera dei partiti, confermato dal vicepremier Angelino Alfano («un grande risultato» l’intesa in Cdm) non significa che non possano presentarsi in Parlamento obiezioni motivate. Sostiene Pino Pisicchio, presidente del Gruppo misto: «Nessuno si illuda che gli italiani faranno per i partiti ciò che fanno con l’otto per mille con le opere di bene. Nel 1993 Amato provò a sperimentare questa formula, ma la partecipazione non fu entusiasta e il principio fu dismesso».
E anche sulla gradualità nell’applicazione della nuova normativa, Pisicchio non segue la corrente: «Quali che possano essere le scelte finali, la legge parta da oggi e non a babbo morto».
Altro punto sul quale il Pd finora ha resistito è stato il riconoscimento della personalità giuridica dei partiti, «e invece – sostiene Gregorio Gitti, uno degli autori della bozza governativa – è essenziale trasformare i partiti in associazioni riconosciute e perciò sottoposte a stringenti vincoli statutari di democrazia interna e di trasparenza dei conti».
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
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