PER OTTENERE LA CANDIDATURA DEL LEGHISTA ALBERTO STEFANI COME DELFINO DI LUCA ZAIA, MATTEO SALVINI HA PROMESSO DI LASCIARE LA LOMBARDIA AL “PARTITO CON IL MAGGIOR PESO ELETTORALE”. CIOÈ FRATELLI D’ITALIA, CHE GIÀ SCALDA I MOTORI IN VISTA DEL 2027
IL NOME SAREBBE GIÀ STATO SELEZIONATO: ETTORE PRANDINI, POTENTE PRESIDENTE DELLA COLDIRETTI E VICINO ALL’EX COGNATO D’ITALIA FRANCESCO LOLLOBRIGIDA MA INVISO AL CLAN LA RUSSA, CHE COMANDA SOTTO LA MADUNINA … IN VENETO LA LEGA CORRERÀ SENZA IL NOME DI ZAIA
Il nome di Luca Zaia, a quanto si apprende, non comparirà sul simbolo della Lega in occasione delle elezioni Regionali in Veneto. Come confermano diverse fonti questo è uno dei punti dell’accordo che ha portato ieri all’ufficializzazione di Alberto Stefani come candidato del centrodestra a presidente della Regione, finora governata proprio da Zaia.
Fino a ieri pomeriggio, spiegano altre fonti, era previsto che nel simbolo della Lega ci fossero sia il nome di Zaia sia quello del
leader Matteo Salvini. Per Zaia finora si è parlato di una candidatura da capolista della Lega, ma ancora manca l’ufficialità.
Matteo Salvini ai suoi la mette giù così, travestendo l’operazione da capolavoro diplomatico: abbiamo tenuto il Veneto subito, per la Lombardia ci sarà tempo. Come dire: meglio l’uovo oggi che la gallina domani. Ma la Lega lombarda frigge. Il segretario regionale, Max Romeo, si sente per tutto il giorno con il governatore del Pirellone, Attilio Fontana, e ripete a tutti: io non ci penso proprio a mollare.
Cronaca di uno psicodramma. Si deve partire dalla fine, dalla dichiarazione che Salvini dirama alle 20.07, cesellata a tu per tu con Giorgia Meloni, nel chiuso di Palazzo Chigi, dopo il Cdm. Nel titolo il vicepremier dice una cosa («Il Veneto non coinvolge la Lombardia»), nel testo certifica l’esatto opposto.
Conferma, di fatto, che il Carroccio è pronto a cedere la sua regione simbolo: «Il candidato presidente in Lombardia sarà annunciato al momento opportuno – annota il ministro dei Trasporti – riconoscendo il diritto di individuare il candidato presidente, da scegliere con la coalizione, al partito con il più recente maggior peso elettorale in Lombardia precedente le elezioni».
Tradotto: poco prima del voto del post Fontana, si vedrà in base ai sondaggi quale partito avrà più consensi in regione. E a quel partito spetterà l’indicazione del candidato
I Fratelli, visto lo scarto con la Lega, sono convinti di avere la regione in tasca. Hanno già scelto il nome: Ettore Prandini, confermano fonti di primo piano, il potente presidente della Coldiretti. In teoria un civico, nei fatti un uomo vicinissimo ai vertici di FdI, a partire dal ministro Francesco Lollobrigida, capodelegazione del partito della fiamma al governo.
Basta alla Lega lombarda? Pare di no. Anche perché tra chi potrebbe aspirare al Pirellone in quota Carroccio c’è proprio Romeo, che ha battuto al congresso regionale di un anno fa il candidato di Salvini, Luca Toccalini. E che dunque ha maturato una sua autonomia.
Lo si è visto anche ieri. La dichiarazione siglata a sera da Salvini avrebbe dovuto essere firmata da Romeo, all’inizio. Ma il capo dei leghisti lombardi ha risposto picche.
Costringendo il vicepremier a intestarsi la mossa. Con il rischio di attirarsi le critiche di un pezzo di partito.
Al netto dell’intesa finale sui tre nomi che correranno in Campania, Puglia e Veneto, è stato un vertice teso, quello di Palazzo Chigi. Incentrato formalmente sulla manovra finanziaria, alla presenza del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Ma con una coda, lunghissima, tutta sulle regionali d’autunno.
In Veneto FdI otterrà 6 assessorati pesanti, come la sanità e il bilancio.
Oppure 5, con la presidenza del consiglio regionale. Ma lo
scoglio vero è stata la Lombardia.
Da tempo Meloni ha chiesto a Salvini di mettere per iscritto che il Pirellone sarebbe finito nel paniere di FdI. La trattativa è andata avanti anche ieri, nel chiuso di Chigi, davanti ad Antonio Tajani e Maurizio Lupi. La prima bozza di nota del centrodestra prevedeva una postilla, che avrebbe riconosciuto ai Fratelli il diritto a chiedere un «riequilibrio territoriale». Salvini si è impuntato.
Anche perché nel frattempo proprio Romeo ripeteva, prima in tv, poi ai cronisti fuori Montecitorio, che «la Lombardia non è sul tavolo di questa trattativa», che se ne riparlerà «fra tre anni», quando si sceglierà «il candidato migliore».
Alla fine è toccato a Salvini intestarsi la mossa. Con una dichiarazione separata. E senza mettere per iscritto che il rinnovo dei vertici del Pirellone avverrà davvero, come sostiene Romeo, nel 2028. Il pressing di FdI è fortissimo: anticipare il voto, accorparlo alle Politiche della primavera del ‘27, assegnando all’uscente Fontana un seggio al Senato. Ma è un finale che per la Lega lombarda non è affatto scontato
(da agenzie)
Leave a Reply