POLITICA DA CIRCO BARNUM, QUANDO FRATELLI D’ITALIA VOLEVA IL SALARIO MINIMO: “FONDAMENTALE CONTRO LO SFRUTTAMENTO, NON E’ VERO CHE FA DIMINUIRE GLI STIPENDI”
MELONI SPUTTANATA DALLA PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA ALLA CAMERA NEL 2019 DAI SUOI PARLAMENTARI… QUANDO ERA ALL’OPPOSIZIONE DICEVA TUTTO IL CONTRARIO DI ADESSO
Il salario minimo per legge è “fondamentale” per arginare “il lavoro sottopagato” e i casi di “sfruttamento”. E non è vero, come sostengono alcuni sindacati, che livellerebbe al ribasso gli stipendi di chi oggi è coperto dalla contrattazione collettiva.
Chi lo dice? Non Elly Schlein, non Giuseppe Conte, nemmeno Nicola Fratoianni. Ma il partito di Giorgia Meloni.
Tutto il contrario di quanto sostiene la premier adesso, da ultimo negli “Appunti di Giorgia”, pubblicati via social ieri per stroncare la proposta delle opposizioni, che sarà discussa domani a Palazzo Chigi. A smentire la presidente del Consiglio è appunto Fratelli d’Italia. O meglio, una vecchia proposta di legge presentata da FdI alla Camere nel 2019. La prima firma è quella di Walter Rizzetto, deputato semplice all’epoca e oggi promosso a presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio. Insomma, è l’uomo che alla Camera da mesi sta gestendo la pratica salario minimo, quasi sempre cassando le richieste delle minoranze.
“Provvedimento necessario”
È curioso allora spulciare la pdl di quattro anni fa, perché si scopre che le tesi di FdI sono quasi del tutto sovrapponibili con quanto domani pomeriggio, alle 17, chiederanno Conte, Schlein e Calenda nella Sala Verde di Chigi. La grande obiezione di Meloni, formulata di nuovo ieri nel filmato social, è che il salario minimo sarebbe “controproducente” perché un tetto minimo potrebbe produrre l’effetto opposto a quello sperato, schiacciando i salari oggi più alti verso la soglia base. Obiezione condivisa da un pezzo di sindacato (vedi la Cisl). Ecco, FdI nelle premesse di quella proposta di legge confutava questa tesi seccamente. Si legge testuale: “Non si ritiene condivisibile la tesi espressa da alcune organizzazioni sindacali, le quali affermano che l’istituto in questione avrebbe effetti negativi, poiché porrebbe le basi per una diminuzione dei salari nel medio termine. Riconoscere un salario minimo, invece, è un provvedimento necessario per sostenere i lavoratori più marginali e riconoscere il lavoro come strumento di dignità, in coerenza con i fondamentali princìpi della Repubblica”. Vanno contrastati, scriveva FdI, “fenomeni di sfruttamento che sarebbero arginati con l’istituzione per legge del salario minimo orario nazionale”. Pari pari quello che vanno ripetendo in queste ore dal Pd ai 5 Stelle ad Azione.
Un “valido complemento”
E ancora: “Laddove la contrattazione è forte, un salario minimo può essere un valido complemento. In Belgio, Francia, Olanda e Spagna, ad esempio, coesistono la copertura dei contratti collettivi e il salario minimo nazionale”. Altro che “specchietto per le allodole”, come lo bolla oggi la premier. Agli articoli 2 e 3 della proposta di legge di FdI difatti si prevedeva “l’istituzione del ‘salario minimo orario nazionale’ da riconoscere a tutte le categorie di lavoratori e di lavoratrici per i quali la retribuzione minima non sia individuata dai contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero qualora tali contratti stabiliscano un corrispettivo minimo orario inferiore”. E “i CCNL che prevedono importi salariali inferiori al salario minimo orario nazionale sono sottoposti a nuova contrattazione al fine di adeguarli al medesimo salario”. È esattamente lo stesso schema della proposta di legge comune delle opposizioni, firmata anche da Verdi, Sinistra e +Europa. L’unica differenza è che il testo del campo largo fissa già una soglia minima a 9 euro l’ora, mentre FdI nel 2019 voleva affidare il compito a una commissione di esperti “per la determinazione dell’importo”. Chissà se qualcuno dell’opposizione porterà questa proposta domani a Palazzo Chigi, per dire a Meloni: “Ma non eri d’accordo con noi?”
(da La Repubblica)
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