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PONTE SULLO STRETTO, IL GRANDE BLUFF DEI 100.000 POSTI DI LAVORO

LE CIFRE DI SALVINI SONO GONFIATE… INTERVISTA AL PROF. DOMENICO MARINO

Tempi di realizzazione chimerici e dati sull’occupazione sovradimensionati. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini è certo che l’estate prossima potrà festeggiare l’avvio del cantiere per la costruzione del Ponte sullo Stretto.
Al meeting di Comunione e Liberazione lo annuncia a chiare lettere: “L’anno prossimo di questi tempi i cantieri del Ponte sullo Stretto saranno aperti, qui da Rimini dallo stand del Mit potrete vedere le telecamere puntate sui cantieri”, ha detto ieri il vicepremier leghista dal palco. Il decreto per far partire i lavori per l’opera, che definisce l’assetto della società Stretto di Messina Spa e riavvia le attività di programmazione e progettazione, ha ricevuto l’ok definitivo in Parlamento lo scorso 24 maggio.
Pochi giorni fa il segretario della Lega ha anche pronosticato un alto numero di occupati legato alla costruzione dell’infrastruttura, indicando la fantasiosa cifra di “100mila posti di lavoro”.
In realtà questo numero è assolutamente gonfiato secondo il professor Domenico Marino, docente di Politica economica ed Economia dell’innovazione all’Università Mediterranea di Reggio Calabria.
A Marino – che è anche è anche co-autore del dossier di Kyoto Club, Lipu e WWF ‘Lo Stretto di Messina e le ombre sul rilancio del ponte’, e sull’infrastruttura ha pubblicato un libro, dal titolo ‘L’insostenibile leggerezza del Ponte’ – abbiamo chiesto se il disegno e le promesse da Salvini siano davvero realizzabili.
L’incognita dei tempi di realizzazione del ponte
“Se si tratta di fare semplicemente un’inaugurazione, probabilmente si potrà fare – ha spiegato Marino a Fanpage.it – Non sarebbe neanche una cosa nuova, perché tra il 2009 e il 2010, è stata simbolicamente posta la prima pietra del ponte quando sono stati affidati i cantieri per la variante ferroviaria di Cannitello, che poi ha prodotto un ecomostro che ancora deturpa il litorale calabrese, perché l’opera non è stata mai completata, e si sono spesi quasi 20 milioni di euro, con l’unico risultato di danneggiare l’ambiente”.
“Ma nel giro di un anno è altamente improbabile, quasi impossibile, che si riescano a ultimare tutte quelle procedure che permettono di avviare davvero i lavori. Il primo problema è il progetto definitivo del 2011, quello che è stato approvato dal Consiglio di Amministrazione della Società Stretto di Messina S.p.A. e che si vorrebbe far resuscitare: da allora è cambiata la normativa antisismica, e quindi è in gran parte da rifare. Poi ci sarebbe un’altra questione, non di poco conto, che può dare origine a contenziosi giuridici infiniti, e cioè la mancanza della Valutazione di Impatto Ambientale, perché la procedura è rimasta incompleta e va rifatta: quando la la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale si è riunita non ha deciso perché la maggior parte delle prescrizioni che erano state date non erano state ottemperate. Per rifare la procedura di VIA ci vuole più di un anno. Già questo ci dice che l’ipotesi di aprire i cantieri tra un anno è abbastanza remota”.
“Poi ci sono altri problemi giuridici: il primo è che si vuole far rivivere anche l’appalto vinto da WeBuild, e questo è controverso per due ragioni. Intanto il costo dell’opera negli anni è quadruplicato, e ai sensi della normativa nazionale ed europea bisogna ricorrere a nuova procedura di gara, perché l’appalto originario per la realizzazione del ponte era del valore di 4 miliardi di euro, poi portati a 6 sulla base degli indici di costo ISTAT, e ora sarebbe di 13-14 miliardi di euro secondo quanto dice Salvini, un importo di quattro volte superiore. L’Unione europea impone di rifare il bando di gara quando l’importo dell’opera supera del 50% il valore originario dell’opera messa a bando. Questo renderebbe di per sé impossibile affidare direttamente a WeBuild l’appalto”.
“Un altro problema giuridico riguarda proprio WeBuild, perché il consorzio è entrato in contenzioso con lo Stato. Quindi risulta alquanto anomalo che un’impresa che ha un contenzioso aperto con lo Stato poi possa gestire un appalto per conto dello Stato. Queste illegittimità di fondo potrebbero essere fatte valere da chiunque abbia l’interesse di non vedere realizzata l’opera. Penso a una persona che ha subito un esproprio per la costruzione del ponte o alle associazioni ambientaliste, che potrebbero far valere le proprie ragioni in tribunale”, ci ha detto Domenico Marino al telefono.
“Ma c’è anche un altro aspetto. In teoria il ponte potrebbe essere completato in 4 anni, ammettendo per assurdo che tutto fili liscio e che tutto si realizzi secondo i tempi annunciati da Salvini. Ma il risultato sarebbe che noi avremmo il ponte ma non sapremmo come salirci sopra, perché il progetto riguarda solo l’impalcato. Tutte le opere necessarie a portare le automobili e i treni sul ponte, a 60 metri di altezza, non sono state ancora neanche progettate. Per cui si dovrebbe fare tutta la procedura per esempio per costruire gli svincoli, serve la progettazione di massima, definitiva ed esecutiva, poi queste opere vanno messe a bando e infine vanno fatti gli espropri. In Calabria si prevede di fare gli svincoli tra Gioia Tauro e Palmi, ma di tutto questo non esiste nulla. Nessuno sembra averci pensato, e allora ci sono due ipotesi: o non hanno proprio considerato il problema, ma sarebbe da dilettanti; oppure nessuno sostanzialmente crede che il ponte possa davvero essere realizzato”.
Impossibile adesso fare una stima definitiva dei costi
Ma se anche tutti questi ostacoli di cui abbiamo parlato venissero aggirati, che garanzie abbiamo del fatto che i costi alla fine non supereranno la soglia di quei 14 miliardi di cui parla Salvini? Secondo il professore garanzie non ce ne sono.
“Quando parliamo di 13,5 miliardi stiamo parlando solo dell’impalcato. A questo bisognerebbe sommare anche le spese per fare gli svincoli. Ma sulle cifre del ponte c’è stata un’escalation: nel 2006 il consorzio guidato da Salini-Impregilo, oggi WeBuild, ha vinto il bando di gara per 4 miliardi di euro, e di fronte alle critiche sul fatto che questa cifra non era realistica veniva risposto che in realtà era più che sufficiente. Ora, guardando le cose con gli occhi del 2023, per quanto possa esserci stata un’inflazione elevata, e non c’è stata se non nell’ultimo anno, per quanto i costi dal 2006 possano essere lievitati, sicuramente non possono essere aumentati del 400%. Al massimo potrebbero essere lievitati del 50-60%. Quindi o erano sbagliati i costi previsti nel 2006, o è stata fatta una stima per eccesso oggi”, ha spiegato il professore.
“Ma in realtà nessuno può sapere davvero quanto costerà questo ponte finché non ci sarà il progetto esecutivo. Qualunque ingegnere anche appena laureato sa che per stimare il costo di un’opera, secondo il Codice degli appalti, è necessario prima il progetto di fattibilità tecnica ed economica (ex progetto preliminare), poi il progetto definitivo e infine il progetto esecutivo, che spiega punto per punto, bullone per bullone, quello che deve essere fatto. Ad oggi non abbiamo neanche un progetto definitivo approvato perché come dicevamo non abbiamo la VIA sono cambiate le norme antisismiche e quindi le strutture dovranno subire delle modifiche rispetto a quelle che erano state progettate originariamente tra il 2006 e il 2010. Oggi si dice quindi che l’infrastruttura costerà 14 miliardi, ma potrebbero servire anche 24 miliardi. Senza il progetto esecutivo si possono fare solo delle stime di massima”
Reggio Calabria e Messina non saranno più vicine
Secondo il professor Domenico Marino con il ponte non ci sarebbero vantaggi per la mobilità, in termini di riduzione dei tempi di percorrenza del tratto Messina-Reggio Calabria. Anzi, stando ai calcoli del professore, quel tragitto potrebbe addirittura allungarsi. “Come tutti sanno, escludendo i picchi di flusso di agosto, se oggi parto dal centro di Reggio per raggiungere quello di Messina ci impiego mediamente 45-60 minuti, utilizzando il trasporto navale. Con il ponte dovrei partire da Reggio Calabria, arrivare tra Palmi e Gioia Tauro, una distanza percorribile con 20-25 minuti di macchina, prendere lo svincolo per salire sul ponte, attraversarlo e poi entrare a Messina. Sicuramente questo mi porterebbe via più di un’ora. Quindi un cittadino di Reggio o di Messina non avrebbe nessun vantaggio in termini di tempo nell’utilizzo del ponte”.
Il ministero dei Trasporti alla fine di maggio ha diffuso un documento di Faq (Frequently asked questions) sull’opera, smentendo alcune presunte fake news. Una di questa era relativa proprio ai tempi di percorrenza: il dicastero guidato da Salvini scriveva che il tempo medio di attraversamento attuale dello Stretto oggi è di 40-60 minuti, paragonabile al tempo di viaggio che un’automobile impiega per percorrere circa 100 km. Insieme agli interventi programmati dal PNRR sulle reti di trasporto, secondo il ministero, il ponte permetterebbe di ridurre i tempi di viaggio complessivi di oltre il 50% per gli spostamenti ferroviari e di circa il 70% per gli spostamenti stradali.
“Non è così, è falso, perché il tempo medio di attraversamento dello Stretto, cioè il tempo di navigazione, oggi è di 20-25 minuti. Può esserci una minima variazione in base alle condizioni del mare. Basta guardare gli orari sul sito delle Ferrovie dello Stato e dei traghetti Caronte che fanno la tratta Messina-Villa San Giovanni. Dopodiché naturalmente ci sono anche i tempi morti, che però non superano i 20 minuti. È chiaro che se il calcolo si fa con la situazione che c’era vent’anni fa, quando i treni dovevano salire sulle navi per poi essere scaricati dopo l’attracco, probabilmente i tempi di cui parla il ministero sono corretti. Ma ora non è più così, i passeggeri scendono dal treno a Villa San Giovanni, prendono il mezzo veloce, e poi risalgono sul treno a Messina. Per quanto riguarda invece le automobili le stime del ministero dei Trasporto sono proprio sbagliate. Con un investimento di 100 milioni di euro noi potremmo avere un trasporto moderno nello Stretto, ma con inquinamento zero, superando tutti i limiti dell’attraversamento attuale. Sulle lunghe distanze, per i cittadini in transito che arrivano per esempio dal Nord, potrebbe esserci un vantaggio di 10 minuti. Ma non è un beneficio che giustifica 14 miliardi di investimento”
Dati sull’occupazione gonfiati: il ponte non garantirà 100mila posti di lavoro
Matteo Salvini ha assicurato che il ponte “porterà 100mila posti di lavoro”. Lo ha dichiarato alla Versiliana lo scorso 12 agosto. L’economista però ha smascherato la propaganda del governo, spiegando che la stima di 100.000 posti lavoro creati non si riferisce all’opera a regime, ma Salvini allude in realtà alle ula (unità lavorative anno) impiegate nei lavori di costruzione. Secondo Marino la nuova occupazione creata potrà durare al massimo una decina di anni. Ma una volta completata l’opera questi lavoratori torneranno a essere disoccupati.
“I politici come al solito sono abituati a enfatizzare le cifre, senza approfondirne il significato. Nel progetto definitivo del ponte, l’unico che abbiamo a disposizione, sono previste 40mila ula, che non sono posti di lavoro, ma unità di lavoro equivalenti. Ma queste 40mila ula non sono posti di lavoro definitivi, sono solo posti di lavoro temporanei che servono unicamente alla costruzione dell’opera. Ma anche in questo caso, quando si parla di ula, non si fa riferimento alla Calabria e alla Sicilia”.
“L’impalcato, che è la parte più consistente secondo il progetto definitivo, verrebbe costruito altrove. La gran parte delle lavorazioni sarebbero al di fuori delle due Regioni. Quello che interesserebbe la Calabria è il movimento terra, perché per costruire due torri di 400 metri bisogna sventrare una montagna. Ma questa è la parte meno importante dal punto di vista economico, e meno remunerata. Da noi rimarrebbero quindi le lavorazioni secondarie e quelle necessarie a mettere su l’impalcato, che però sarà per lo più realizzato da imprese specializzate che porteranno la loro manodopera da fuori. L’80% della manodopera sarebbe esterna. Quindi l’impatto occupazionale su queste Regioni non sarebbe elevato”.
“A regime, probabilmente, il ponte porterà invece a una riduzione dei posti di lavoro. Perché nell’ipotesi in cui si dovesse ridurre il traffico navale, la riduzione dei posti di lavoro nel settore non verrebbe compensata dai posti creati a regime dal ponte, che saranno sostanzialmente quelli legati alla gestione dei pedaggi e alle manutenzioni, che costituirebbero una vera e propria tassa che calabresi e siciliani dovrebbero pagare ogni anno. Un’opera lunga tra i 3.200 e i 3.300 metri è un’opera che ha bisogno di una manutenzione costante”.
Non è vero che costerebbe di più non fare il ponte che farlo
La tesi del ministero è che a questo punto costa più non fare l’opera, piuttosto che farla. Nelle Faq del Mit si ricorda che la mancata realizzazione del ponte ha già comportato e potrebbe ulteriormente comportare il pagamento di ingenti penali e indennizzi, dovuti ai contenziosi fra lo Stato e gli aggiudicatari dei contratti di appalto caducati.
“Dire che pagheremmo di più non facendo l’opera è potenzialmente vero ma abbastanza improbabile, nel senso che WeBuild ha aperto un contenzioso con lo Stato, ma questo è sicuramente inferiore a 1 miliardo. Se parliamo di quasi 14 miliardi per la realizzazione dell’infrastruttura è assolutamente incomparabile l’eventuale indennizzo che si dovrebbe pagare. Un’affermazione del genere poteva avere forse un senso quando il costo dell’opera si aggirava intorno ai 4 miliardi”, ha detto Domenico Marino.
(da Fanpage)

This entry was posted on sabato, Agosto 26th, 2023 at 20:09 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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