PORTE CHIUSE AL COLOSSEO: UNO SCHIAFFO PLANETARIO CON RESA MINISTERIALE
PERCHE’ “L’UOMO DEL FARE” NON LO TIENE APERTO LUI, DURANTE LA NOTTE DEI MUSEI? PER UNA VOLTA FAREBBE QUALCOSA DAVVERO
I musei italiani aprono per una notte e il più importante di tutti, il più visitato (5 milioni e 400mila persone l’anno), il Colosseo, resta chiuso. Una beffa.
E un danno, per la Capitale e per il Paese, di fronte al quale il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, alza le mani: «Non ho strumenti per intervenire, e posso solo lanciare un appello…».
Già , un appello, cioè una resa che da sola dimostra quanto i nostri monumenti, a partire dai 420 musei statali, che tutti riempendosi la bocca definiscono “il più grande patrimonio nazionale”, in realtà sono in ostaggio di un corporativismo sfrenato e di una mancanza di organizzazione che mescola l’impotenza della politica e della pubblica amministrazione con uno straripante potere di veto dei sindacati, anche i più piccoli.
La Notte dei Musei, il 17 maggio, è un’occasione straordinaria non tanto per aprire i luoghi del Bello fuori dagli orari ordinari, in questo caso dalle 20 alle 24, ma quanto per avvicinare di più cittadini e turisti a ciò che rende unica l’Italia nel mondo e alla nostra storia.
Il Colosseo resta fuori dalla partita solo perchè un accordo sindacale, uno dei tanti accordi firmati dai rappresentanti dello Stato in ginocchio, prevede l’adesione volontaria di almeno un terzo dei dipendenti interni dell’Anfiteatro Flavio.
E tra i custodi cinque volontari, solo cinque, pronti a lavorare fuori orario con relativi straordinari, non si trovano e non possono essere sostituiti.
Un museo non è un’azienda, certo, ma chi ne ha la responsabilità , in questo caso il ministero dei Beni Culturali, deve anche avere il diritto-dovere di poterlo proteggere e valorizzare, come dice la legge, in condizioni normali, e non sotto il ricatto permanente del «qui comando io».
D’altra parte, il ministro Franceschini in pochi giorni ha fatto il bis in termini di resa di fronte all’inevitabile: già il Primo Maggio aveva tentato, inutilmente, di convincere le organizzazioni sindacali a consentire l’apertura del Colosseo.
E se al ministro va riconosciuta almeno la limpidezza della sua auto-denuncia di impotenza, altri commenti dal versante politico sembrano dettati su misura per trasformare lo scandalo di un Paese anormale in una barzelletta da Italia del bar dello Sport.
Come le parole del sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, che parte lancia in resta per chiedere di sostituire i custodi con i condannati ai lavori socialmente utili (ma in quale legge o in quale provvedimento amministrativo ha letto questa possibilità ?), come il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che volteggia invocando il «sacrificio di cinque persone».
O come l’ex deputato Stefano Pedica, membro della direzione regionale del Pd, che ne approfitta per fare uno spot gratuito al suo senso civico: «Sono pronto a fare il custode volontario».
Chissà , forse e nonostante tutto il Colosseo aprirà la notte del 17 maggio: ma il senso di vergogna, di avvilimento, che si prova di fronte a tanta scelleratezza, quello non si spegnerà , nè di notte nè di giorno.
Antonio Galdo
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