SCAJOLA, IL LATITANTE E LA PISTA CHE ARRIVA IN VATICANO
UN MANAGER COLLEGATO AL GIRO DI MATACENA E’ INQUISITO PER RICETTAZIONE ALLO IOR
C’è un personaggio che fa da tramite tra l’indagine calabrese su Claudio Scajola e altri, e lo Ior, la banca vaticana.
Si tratta di Giovanni Morzenti, perquisito nei giorni scorsi dalla procura di Reggio Calabria e negli anni scorsi al centro di un processo per corruzione insieme a un ufficiale della Guardia di Finanza.
Morzenti è stato condannato a 6 anni in secondo grado, poi la Cassazione ha rinviato il processo alla Corte d’appello di Torino.
Però è anche l’uomo indagato per ricettazione dalla procura di Roma insieme al monsignor Bonicelli, ex arcivescovo di Siena.
Il periodo su cui indagano i pm romani è lo stesso di interesse dei colleghi calabresi, tanto che dalla capitale hanno disposto ulteriori approfondimenti. Qualora ci fossero contatti con personaggi presenti nell’inchiesta di Scajola, le carte saranno inviate a Reggio, dove si scoprono nuovi dettagli.
I pm stanno cercando di capire dove si trovi l’hotel chiamato al telefono da Scajola e dalla moglie di Matacena, Chiara Rizzo, “K”, per non far capire il luogo di incontro. Come pure cercano di chiarire l’appunto segnato dall’ex ministro su una lettera, trovata durante le perquisizioni, dell’ex presidente libanese Gemayel che riguardava il trasferimento in Libano di Amedeo Matacena.
Alla fine della lettera ci sarebbe un appunto scritto a mano dall’ex ministro.
Qui avrebbe espresso due concetti: che il reato di concorso esterno non è punito e che Matacena si trovava lì per motivi umanitari.
Anche questo sarà oggetto di contestazione nell’interrogatorio di Scajola fissato per venerdì prossimo.
Ieri invece è stata interrogata dal gip la madre di Amedeo Matacena, Raffaella De Carolis, finita ai domiciliari. La donna ha detto di non sapere nulla nè delle attività delle società del figlio nè della nomina di nuovi amministratori.
Sulla latitanza del figlio ha detto di averlo più volte spinto a rientrare in Italia. Durante la giornata di ieri è stato sentito anche Antonio Chillemi, commercialista finito ai domiciliari.
Al gip ha spiegato che i suoi “Rapporti con i Matacena risalgono al 1968 quando lavoravo in una società del padre di Amedeo come commercialista. Poi sono andato in pensione ma quando è morto il papa di Amedeo, ho dato una mano.”
Intanto nell’inchiesta di Reggio sarebbero stati iscritti altri nomi nel registro degli indagati, notizia che a fine serata viene smentita dalla Dia.
A fare chiarezza sulla gestione delle scorte da parte di Scajola invece sarà in Viminale che ha inviato ieri un’ispettore a Imperia.
Interviene sul caso anche il Copasir, che cercherà di capire i rapporti tenuti da Scajola ad alti livelli come pure gli atti segreti che avrebbe potuto avere tra le mani quando era a capo del Comitato per la sicurezza nel 2006.
Lucio Musolino e Valeria Pacell
(da “il Fatto Quotidiano“)
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