QUANDO DONALD TRUMP, PER GIUSTIFICARE LO STOP AGLI AIUTI MILITARI ALL’UCRAINA, SOSTIENE CHE NON PUÒ DARE ARMI A KIEV PERCHÉ GLI SERVONO NEGLI USA, DICE UNA STRONZATA: L’INDUSTRIA BELLICA AMERICANA È IN GRADO DI COPRIRE IL FABBISOGNO DI ENTRAMBI
PER ESEMPIO, IL PATRIOT, IL SISTEMA ANTI-MISSILE CHE HA SALVATO MILIONI DI CIVILI IN UCRAINA HA BISOGNO DI MISSILI PAC3: LE FABBRICHE USA NE PRODUCONO 500 ALL’ANNO (650 DAL 2025). QUELLI DIRETTI A KIEV, BLOCCATI, ERANO 30… IN DUE SETTIMANE E MEZZO SAREBBERO STATI GIÀ PRODOTTI ALTRETTANTI NUOVI
America First, non possiamo continuare a dare armi a chiunque
nel mondo»: lo slogan di Donald Trump è notissimo e alimenta sfiducia in tutti gli alleati, storici o recenti. Ma veramente il Pentagono è così a corto di equipaggiamenti da bloccare la consegna dei piccoli quantitativi per l’Ucraina?
L’analisi dei dati mette a nudo come la motivazione fornita dall’amministrazione Usa sia priva di rilevanza militare, ma si tratti di una decisione esclusivamente politica.Partiamo dalle munizioni da 155 millimetri, la componente meno tecnologica ma allo stesso tempo più impellente per l’artiglieria di Kiev.
Lo stock fermato alla frontiera polacca è di 8.500 proiettili: le industrie Usa li producono in meno di cinque giorni. Ne costruiscono 55 mila al mese ed entro il prossimo gennaio 2026 diventeranno 100 mila
E i missili Patriot Pac3, gli unici disponibili in Occidente per cercare di abbattere gli ordigni balistici scagliati a centinaia dai russi sulle città ucraine?
Ne sono stati “congelati” trenta diretti all’Ucraina. Ma lo scorso anno la Lockheed ha dichiarato di averne completati 500, che saliranno a 650 durante il 2025: in due settimane e mezzo la cessione a Kiev sarebbe stata compensata dai nuovi arrivi.
Ancora più paradossale il “niet” del Pentagono ai pochi missili Aim, usati dai caccia F-16 e dai semoventi antiaerei: i media hanno detto che si trattava dei vecchi Sparrow destinati alla rottamazione. Ma se anche fossero stati i moderni Amraam il numero di 40 è irrilevante: gli impianti degli States ne sfornano 900 l’anno, che saliranno a 1.200 nel 2026.
Nonostante il consumo di missili delle batterie e delle squadriglie statunitensi intervenute al fianco di Israele durante la Guerra dei Dodici Giorni con l’Iran, siamo davanti a quantitativi
insignificanti per la macchina militare americana.
La paralisi degli aiuti bellici è stata così improvvisa e maldestramente giustificata da creare imbarazzo persino nel Partito repubblicano e nello staff di Trump, tanto da far ipotizzare che sia stata ordinata dal sottosegretario alla Difesa Elbridge Colby all’insaputa della Casa Bianca: una scelta comunque poi avallata dalla portavoce della presidenza.
Se non ci sarà un ripensamento, la situazione per gli ucraini sarà comunque difficile, aprendo una breccia nella protezione dai bombardamenti russi. A rendere più grave il quadro c’è una convinzione: oggi gli europei non sono in grado di supplire al blocco americano. Indubbiamente, i piccoli numeri oggetto dell’attuale frenata possono essere rimpiazzati in fretta attingendo dalle scorte dei vari Paesi, ma se lo stop di Washington dovesse proseguire, allora emergerà la debolezza industriale del Vecchio Continente.
La fabbrica per costruire Patriot in Germania sarà inaugurata solo nel settembre 2026 e i ritmi di consegna dei missili Aster 30 per i Samp-T italo-francesi o degli intercettori per gli Iris-T tedeschi resteranno bassi ancora per parecchi mesi
Gli annunci della Commissione di Bruxelles che profetizzavano 1,7 milioni di proiettili da 155 millimetri assemblati entro la fine del 2024 sono lontani dalla realtà: si stima non sia stata raggiunta neppure la metà.
Sull’Europa pesa la disattenzione dedicata alla difesa prima del 2022, quando gli investimenti in armi contraeree e cannoni parevano insensati.
(da La Repubblica
Leave a Reply