REGIONALI PIEMONTE: CHIAMPARINO A UN PASSO DALL’IMPRESA, HA RAGGIUNTO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA
POTREBBE ESSERE DECISIVO L’ELETTORATO GRILLINO CHE VUOLE DARE UNA LEZIONE A SALVINI… E IL CAPITANO NON CI METTE LA FACCIA, NEL TIMORE DI UNA SCONFITTA
A Torino lo chiamano “Chiappendino”. È quell’asse che si è creato tra la sindaca cinquestelle Chiara Appendino e il governatore del Pd Sergio Chiamparino.
Normale collaborazione istituzionale, nessun intrigo politico o accordo sottobanco, ma tra i due è maturata in questi anni una certa sintonia, che sarebbe difficile da riprodurre se a presiedere la Regione Piemonte arrivasse il candidato del centrodestra Alberto Cirio.
Ecco allora che a cinque giorni dal voto per le elezioni regionali (oltre che per le europee e circa 800 comuni piemontesi), il “Chiappendino” potrebbe essere uno dei fattori in grado di decidere una competizione che appare sempre di più come un testa a testa tra il candidato del centrodestra e quello del centrosinistra.
I Cinquestelle e la stessa sindaca ovviamente smentiscono questa possibilità , ma a Palazzo Civico circolano insistentemente voci che vedrebbero l’ala sinistra del Movimento, quella più vicina alla Appendino, orientata a optare per il voto disgiunto sulla scheda per le regionali: lista M5S e Chiamparino presidente.
Una scelta dettata dal fatto che il loro candidato Governatore, Giorgio Bertola, appare decisamente staccato dai primi due.
Mentre invece il Presidente uscente del Pd è rientrato giorno dopo giorno sempre più in corsa per la riconferma, a dispetto di quella che fino a poche settimane fa appariva come una marcia trionfale per Cirio.
Pare che quest’ultimo sia stato avvisato per tempo dalla sondaggista Alessandra Ghisleri: “Per il momento sei ancora in testa, ma se cambia il quadro nazionale può succedere di tutto”.
E il quadro nazionale, in effetti, si è particolarmente intorbidito, con lo scontro aperto tra i due alleati di governo, un Salvini che assume posizioni sempre più radicali, Forza Italia (partito di cui Cirio è espressione) praticamente dissolta, mentre per contro il Pd di Zingaretti sembra riacquistare pian piano fiducia.
I fattori che possono contribuire a realizzare quello che lo stesso Chiamparino fino a qualche tempo fa definiva “il miracolo di Gianduja”, cioè la sua riconferma alla presidenza della Regione, sono diversi.
Innanzitutto, il suo consenso personale, misurato da tutti i sondaggi (prima del black-out imposto per legge) ben al di sopra di quello delle liste che lo sostengono. Per Cirio vale invece il discorso inverso, con la coalizione che appare più forte di lui.
Non è un dato trascurabile, in una regione in cui nelle precedenti tornate trecentomila voti, se non di più, sono stati attribuiti ai soli candidati a Presidente, senza indicazione per i simboli di partito.
Quindi, le scelte degli elettori cinquestelle: in una fase di radicalizzazione dello scontro con la Lega, non appare strano che essi possano voler punire lo scomodo alleato a Roma, mantenendo un tutto sommato accomodante status quo in Regione.
Anzi, se Chiamparino — come appare probabile, in caso di vittoria — non avesse la maggioranza in Consiglio, potrebbe a quel punto intraprendere la strada del dialogo con i grillini, sulla scia di quanto sta già in parte facendo Nicola Zingaretti nel Lazio.
I Cinquestelle assumerebbero così un ruolo centrale, che non possono aspettarsi invece dalle urne.
Infine, i voti dati ormai definitivamente in uscita dal M5S. Quelli cioè che avevano consentito l’elezione della Appendino e oggi sono delusi dalla sua amministrazione e dalle mosse del Movimento a livello nazionale, non ultima proprio l’alleanza con la Lega.
Un assaggio di ciò si è avuto ieri, all’assemblea dei movimenti e comitati vicini alla sinistra radicale, che in buon parte avevano visto nel Movimento un interlocutore. Il clima nei confronti della sindaca e dei suoi è adesso totalmente cambiato e negli interventi di ieri più volte si è affacciato il confronto tra l’attuale gestione e quella precedente del Pd.
Un giudizio non certo lusinghiero per entrambi. Alcuni di quei movimenti, che a Torino sono tradizionalmente radicati, si mostrano possibilisti di fronte a un sostegno diretto per Chiamparino, rafforzando il fronte sinistro della sua coalizione.
Di fronte a questa situazione, crescono le voci di malcontento in casa leghista.
Prima fra tutte, quella del sottosegretario Giancarlo Giorgetti. È noto che Cirio non fosse la sua prima scelta, avendo lavorato invece a suo tempo alla candidatura dell’imprenditore Paolo Damilano, e oggi rimprovera a Salvini di aver sacrificato la casella del Piemonte a favore di Forza Italia, pur di mantenere unita la coalizione a sostegno dei candidati leghisti in molti comuni.
Lo stesso vicepremier è rimasto molto contrariato dalla piazza semivuota che lo ha accolto a Torino il 27 aprile scorso, quando ancora l’eco delle contestazioni nei suoi confronti non era così forte. Tanto che medita di chiudere la campagna a Novi Ligure (dove è candidato sindaco un leghista), anzichè nel capoluogo.
E lì dovrebbe raggiungerlo Cirio, che sulle card che pubblicizzano l’evento allestiti dalla sezione locale del Carroccio non è nemmeno menzionato.
A risultare determinante per la vittoria finale sarà la tenuta della Lega nelle valli. Se qui gli elettori trasferiranno il proprio voto alle europee per il “Capitano” (che si preannuncia fortissimo) automaticamente anche su Cirio, il candidato del centrodestra potrà riuscire ad affermarsi, anche a discapito di un risultato che si preannuncia più complicato nel capoluogo. Ma se la periferia dovesse tradire, per Chiamparino le chances di vittoria diventerebbero sorprendentemente alte.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply