RENZI: “LASCERO’ DOPO NUOVO GOVERNO, PD ALL’OPPOSIZIONE”
MA E’ SCONTRO NEL PARTITO: “VIA SUBITO”
“Lascio la guida del Pd, doveroso aprire una pagina nuova”. Il segretario dem Matteo Renzi parla al Nazareno, dopo la netta sconfitta delle politiche. Ma precisa subito che resterà in carica fino alla composizione delle Camere e alla nascita del nuovo governo.
Una pesante ipoteca sul futuro del partito.
Significa che sarà proprio l’attuale segretario a guidare le consultazioni al Colle. Renzi avverte: “Saremo all’opposizione, il Pd non sarà mai il partito-stampella di un governo di forze anti-sistema”.
E ancora: “Da Di Maio e Salvini ci dividono tre elementi chiavi: il loro anti-europeismo, la loro anti-politica e l’odio verbale che hanno avuto contro i militanti democratici”, quindi, “nessun inciucio, il vostro governo lo farete senza di noi. Provate se ne siete capaci, noi faremo il tifo per l’Italia”.
Rivendica i successi del governo di centrosinistra: “Siamo orgogliosi dei nostri risultati, ora riconsegnamo le chiavi convinti che di aver contribuito a creare un Paese migliore. Il nostro errore è stato non votare nel 2017”.
Pone anche paletti per la scelta del prossimo segretario dem: “Non deve essere espressione di caminetti ristretti” e chiede nuovamente le primarie. “Poi cosa farò io? Il senatore semplice”.
In pratica dimissioni sì, ma congelate. Fino al nuovo governo. O a nuove elezioni. Tanto che nel partito esplode il malcontento.
Espresso subito da un veterano, il capogruppo dem al Senato Luigi Zanda: “La decisione di Matteo Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo. Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide di darle, si danno senza manovre. Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più segretari”.
Stessa posizione di un’altra big storica del partito, Anna Finocchiaro: “Le dimissioni si danno, non si annunciano”. E Cuperlo: “Da Renzi, coazione a ripetere gli errori. Chiedo l’immediata convocazione della direzione”. Dal fronte renziano, intervengono Ascani e Anzaldi.
La prima dice: “Zanda vuole inciuci e caminetti o vuole candidarsi a segretario”. Il secondo: “Da Zanda polemica senza senso”.
Poi scende in campo Andrea Orlando, ministro della giustizia ancora in carica. E le sue sono parole durissime: “Di fronte alla sconfitta più grave della storia della sinistra italiana del dopoguerra mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità da parte di un segretario che, eletto con il 70% al congresso, ha potuto definire, in modo pressochè solitario, la linea politica, gli organigrammi e le candidature. Invece siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all’individuazione di responsabilità esterne. Lo stesso gruppo dirigente che ci ha condotto alla sconfitta oggi si riserva il compito di affrontare, senza nessuna autocritica, questa travagliatissima fase per il Pd e per il Paese. Noi siamo, tanto quanto Renzi, contro i caminetti ma anche contro i bunker.” Alessandro Di Battista, dal Movimento 5 Stelle, fiuta subito l’aria di tempesta: “Un discorso così strampalato non l’ho mai ascoltato, Renzi è veramente in confusione e non se ne rende nemmeno conto, pur di non dimettersi realmente è disposto a frantumare quel che resta del Pd e cosa pensa il Pd?”
L’addio alla segreteria dem di Matteo Renzi (era stato eletto l’8 dicembre 2013 con il 67,5% dei voti) stamani sembrava questioni di minuti poi la sua prima uscita pubblica di commento al voto è slittata fino al tardo pomeriggio, dopo essere stato per ore chiuso nel suo ufficio insieme ai fedelissimi e aver deciso la strategia
(da “La Repubblica”)
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