RENZI – ORFINI: SU MARINO SI ROMPE IL PATTO DELLA PLAYSTATION
LA MINACCIA DI RENZI SI TRAMUTA IN UN PETARDO BAGNATO… IL PREMIER STA SOLO USANDO ARMI DI DISTRAZIONE DI MASSA
Il Patto della PlayStation tra i due Matteo del Pd si schianta sul Campidoglio. Quell’immagine del segretario e del presidente dem seduti uno a fianco all’altro a giocare in attesa del voto delle regionali è stata scattata poco più di due settimane fa al Nazareno.
Ma l’improvvisa sterzata del premier contro il sindaco di Roma Ignazio Marino, senza aver neppure avvertito Orfini preventivamente, sta dividendo seriamente i due Matteo. Orfini da dicembre è stato scelto da Renzi come commissario del Pd romano, ha sempre difeso Marino come “baluardo contro mafia e malaffare”, in accordo col premier-segretario, e ora non ha alcuna intenzione di fare retromarcia, cancellando questi sette mesi di lavoro spesi per “rigenerare il Pd romano”.
Non è solo una questione di puntiglio.
Orfini, per la prima volta da molti mesi, non condivide la linea di Renzi.
E così coglie l’occasione della conferenza stampa per presentare la festa dell’Unità di Roma che parte il 18 giugno e durerà fino a fine luglio — una durata monstrum – per sottoporsi volentieri al fuoco di fila domande dei cronisti.
Il commissario elogia il lavoro svolto in questi mesi anche dal Campidoglio (“Piano di rientro chiuso con un anno di anticipo”), poi ricorda che Marino “sarà assolutamente ancora sindaco” il 21 giugno, quando è prevista la sua serata alla festa Pd.
Poi ricorda al premier “quello che anche lui ha sostenuto in tutti questi mesi” e cioè che “Marino e Zingaretti sono un baluardo contro le mafie”.
E anche un altro punto non irrilevante: “Stiamo tutti fronteggiando una campagna contro la destra e il M5s che chiedono le dimissioni del sindaco, una richiesta ir-ri-ce-vi-bi-le”.
Il tono resta monocorde, ma i contenuti col passare dei minuti si fanno sempre più affilati.
Sintomo di un fastidio covato per tutta la giornata di martedì e per tutta la notte.
“Da Renzi è arrivato uno stimolo a fare di più? Bene, dopo aver fermato questa campagna di delegittimazione e dopo che sarà stato escluso lo scioglimento del Comune, ci porremo il tema di un salto di qualità dell’amministrazione. Non solo Ignazio, ma nessuno di noi sarà tranquillo finchè non si saranno risolti tutti i problemi della città ”.
Nel momento più duro per Renzi, con la buona scuola a rischio di saltare e la minoranza bersaniana che vive da mesi nel Pd da separata in casa, Orfini mette sul tavolo tutto il peso del sostegno che finora ha garantito al premier-segretario.
E infila una frase durissima: “Marino non va via perchè lo dice il presidente del Consiglio, è stato scelto dagli elettori Pd con le primarie e poi dal voto degli elettori romani. Il suo dovere è quello di governare”.
Orfini insiste, toccando uno dei talloni d’Achille di Renzi, la mancata legittimazione elettorale: “Il Pd non molla il sindaco. E se il segretario gli chiede se se la sente di andare avanti, io credo che questa sfida vada raccolta”.
Una difesa totale, il commissario si pone come scudo umano a difesa del sindaco chirurgo.
Dopo queste parole, se Renzi insisterà dovrà anche mettere in conto le dimissioni di Orfini da commissario.
E il salto verso il voto a Roma con un Pd ancora più nel caos. Senza contare il risvolto politico nazionale di una rottura con Orfini e con la sua area dei Turchi che, fino ad ora, ha garantito una copertura a sinistra al renzismo.
Nella testa di chi ha ascoltato il presidente dem restano le parole “richiesta irricevibile”, accostate alla richiesta di dimissioni del sindaco.
Una risposta apparentemente diretta ai grillini e alle altre opposizioni, ma in realtà diretta a palazzo Chigi.
Orfini infatti rimanda al mittente la richiesta di un cambio di passo della giunta “entro una settimana”.
E rimanda questo “salto di qualità ”, che passerebbe anche da un nuovo e ancor più radicale rimpasto, “a quando sarà chiaro che avremo fermato questa campagna di delegittimazione e scongiurato il commissariamento del Comune”.
Di rimpasto, del resto, ce n’è già stato uno nello scorso dicembre, con l’ingresso in giunta del magistrato Alfonso Sabella come assessore alla Legalità .
E’ l’unico nome citato da Orfini. Per ribadire che ora non c’è spazio per i dubbi e soprattutto per il fuoco amico.
In Campidoglio, le parole del commissario arrivano come un toccasana.
E del resto Marino, a dimettersi non ci ha pensato neppure per un istante. E stavolta la minaccia di Renzi rischia di trasformarsi in un petardo bagnato.
(da “Huffingtonpost“)
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