RESA DI CONTI IN VENETO TRA SALVINI E ZAIA: IL LEADER LEGHISTA INTIMA AL GOVERNATORE DI NON FARE UNA SUA LISTA (STIMATA SOPRA IL 40%) E DI CANDIDARSI COME CAPOLISTA DEL CARROCCIO
IL NO DEL “DOGE”, PICCATO PER LO STOP AL TERZO MANDATO: “SALVINI NON HA FATTO NULLA PER DIFENDERLO”, SI LAMENTANO I FEDELISSIMI DEL GOVERNATORE
A casa sua, nella Marca, lo paragonano a Maradona. «È come se il Napoli negli anni Ottanta non avesse fatto giocare Diego. E noi dovremmo rinunciare alla lista di Luca Zaia che cinque anni fa ha preso più voti di tutti?», si è sfogato col Gazzettino Giuseppe Fantuz, il segretario della sezione di Gaiarine, in provincia di Treviso.
Base in subbuglio, comitati di autoconvocati.
Il Veneto profondo spinge per la lista del governatore uscente alle prossime elezioni regionali d’autunno. Giorgia Meloni non la vuole. Ma anche Matteo Salvini è contrario. Teme che una lista personale possa togliere troppi voti alla Lega. Il «partito» di Zaia è stimato sopra al 40 per cento, secondo alcuni sondaggi interni. La Lega tra il 10 e il 12. Col rischio di essere superati da Forza Italia. Perciò il leader del Carroccio ha fatto sapere che non se ne parla: «Luca» dovrà accontentarsi di fare il capolista della Lega.
Ma il governatore, piccato per lo stop al terzo mandato, («Salvini non ha fatto nulla per difenderlo», si lamentano i suoi), ha già fatto trapelare che non intende più ubbidire.
E tra i motivi addotti per la resistenza ci sono proprio le richieste che arrivano dal territorio.
Nel 2020 la Lega si fermò al 17 per cento. La lista Zaia volò al 44,6. E anche stavolta uno schieramento personale potrebbe dragare i voti dei moderati che non se la sentono di mettere la croce sull’insegna leghista. Gli avversari, al contrario, temono che un successo troppo esteso possa mettere in ombra il futuro
governatore. Zaia ha fatto il Doge negli ultimi quindici anni. Non sono abbastanza? Perché insiste?
Chi ha parlato con Zaia negli ultimi mesi sa che ha fatto l’impossibile per ottenere un nuovo mandato. «Ha una passione sfrenata per il Veneto…», lo giustifica un amico. «Non mollerà». E quindi è facile immaginare che le prossime settimane saranno nel segno di un duello tra lui e Salvini, come del resto è stato in questi anni. Una partita a scacchi sotterranea, silenziosa, discreta, da democristiani.
Che ora, per la prima volta, potrebbe però esplodere pubblicamente. Del resto non è un mistero che Zaia non sia propriamente in sintonia con Salvini, col vicepremier che l’ha sempre ritenuto un avversario ingombrante, un amministratore in buoni rapporti istituzionali anche con molti del campo avverso.
L’altro giorno Zaia ha fatto gli auguri di buon compleanno al presidente Mattarella, a cui a maggio, durante la visita a Venezia del capo dello Stato, aveva donato il leone di San Marco in vetro di Murano. L’ha definito «una persona di riferimento per umanità, capacità di ascoltare e comprendere».
Si dice che per lui sia già pronta una poltrona da ministro. «Luca sarà valorizzato», ha dichiarato pubblicamente Salvini. Zaia non si tirerebbe indietro. Ma prima ci sono le elezioni. E se la vittoria del centrodestra è scontata, meno chiaro è al momento come arrivarci. Chi sarà il candidato presidente? Gli assi di Fratelli d’Italia sono due: il bellunese Luca De Carlo, 52 anni e il veneziano Raffaele Speranzon, 53. Entrambi sono senatori. Nel campo leghista il favorito è Alberto Stefani. Ha 32 anni, ma è deputato da quando ne aveva venticinque, è anche vicesegretario
della Lega (il più giovane di sempre), un enfant prodige espressione di Salvini, ma gradito anche al «partito» di Zaia.
È il presidente della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale e ha già fatto il sindaco del suo Comune, Borgoricco. Culturalmente è affine a Zaia per senso della moderazione e stile politico.
Gli altri nomi che circolano sono quelli del sindaco di Treviso, Mario Conte, e di Elisa De Berti, avvocata, già sindaca di Isola Rizza, nel Veronese, e attuale vicepresidente in Regione. La numero due di Zaia.
Chi la spunterà? Difficile dirlo.
Zaia ha fatto sapere che lui non c’entra con le manovre in corso.
Non vuole che si pensi che voglia dire la sua anche nella scelta del successore. Chiede solo di poter correre con la sua lista.
(da ilfattoquotidiano.it)
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