SALVINI SI SENTE ACCERCHIATO E HA PAURA DELLA BATOSTA ELETTORALE
SERVONO NOMI FORTI, MA I GOVERNATORI SI SONO CHIAMATI FUORI. E LA SUGGESTIONE VANNACCI CAPOLISTA RISCHIA DI SPACCARE IL PARTITO
Solo i leader possono risolvere l’incastro delle regionali, ma sarà complicato anche per loro. Oggi la premier e i suoi vice si vedranno per il Consiglio dei ministri
Certo, la vigilia dell’incontro tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani non è serena. Il leader della Lega evita di fare i nomi degli alleati, ma allude significativamente.
Il ministro dei Trasporti parla ai pesi massimi del suo partito e in qualche modo denuncia la tracotanza di Fratelli d’Italia «non possono pretendere di imporre i loro candidati dappertutto». La premier viene citata indirettamente, attraverso un paragone: «Berlusconi sapeva essere generoso, il suo era il primo partito, ma non lo faceva pesare nei territori, dimostrando di essere un leader di coalizione. La sua grandezza non dipendeva da quanta gente piazzasse, ma dalla sua qualità umana».
I toni di Salvini sono bassi, ma qui e là emergono spigolature: «Non bisogna penalizzare i territori», dice, riferendosi alla decisioni prese a Roma e non a livello locale. In ogni caso «la Lega resta sempre collaborativa, ma occorre rispetto reciproco nella coalizione».
Matteo Salvini trasforma il Consiglio federale della Lega in un sorta di “gabinetto di guerra” e avverte i suoi: «Le Europee saranno fondamentali, c’è il rischio della polarizzazione del voto: bisogna darsi da fare». Lo spettro è l’affermazione degli alleati nel centrodestra, FdI in testa, ma anche Forza Italia, con la Lega che nel 2019 aveva preso il 34,3 per cento ridotta a poco più di un quarto.
Salvini è preoccupato: per le Europee servirebbero candidati forti, ma sa che i tre governatori leghisti, Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana, gli hanno risposto picche. Mentre il corteggiatissimo generale Roberto Vannacci ieri è stato l’unico citato dal segretario della Lega ma, come il vicepremier pare sia stato costretto ad ammettere, «non ha detto ancora sì».
Sulle Regionali, la trattativa con FdI e Forza Italia resta in stallo. Salvini ribadisce la posizione sui governatori uscenti che andrebbero «tutti ricandidati», ma è costretto ad ammettere che sulla riconferma di Christian Solinas in Sardegna è ancora tutto fermo.
Salvini, insomma, resta stretto tra due fuochi. Da una parte il segretario nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, che per le Regionali chiede la «conferma di Bardi in Basilicata e di Cirio in Piemonte: in Sardegna FI non presenterà candidati» e per le Europee apre alla sua candidatura: «Non escludo di farlo», dice.
Dall’altra Giorgia Meloni, che non cede sull’isola, anche se la deputata di FdI Ylenia Lucaselli assicura che «i leader troveranno un accordo come sempre». Il numero uno della Lega si accontenta per ora dell’aumento degli iscritti «superiore al 10%», ma sollecita «il massimo impegno affinché i prossimi mesi siano ancora più positivi».
Sostiene che «il gruppo Identità e democrazia, oggi formato da sessanta europarlamentari, secondo i sondaggi può arrivare ad averne almeno cento». Aggiunge che per la Lega «il centrodestra unito è un valore in Italia e non solo. Per noi la compattezza è fondamentale anche in Europa», ma poi, pur non citando Tajani non rinuncia a sottolineare che «chi divide dicendo no a Marine Le Pen fa il gioco della sinistra». […] Al capogruppo della Lega in Senato Massimliano Romeo, alla fine, non resta che lasciare via Bellerio con un laconico: «Andrà bene, una quadra si troverà di sicuro». Ma la quadra per ora è ancora lontana.
(da La Stampa)
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