SAVIANO: “IL VESUVIO DEVASTATO DALLE FIAMME? QUESTI ROGHI SONO UNA MINACCIA AI SINDACI”
“LA REGIA DEGLI INCENDI DOLOSI SPESSO E’ UNICA, L’OBIETTIVO E’ FARE PRESSIONE PER OTTENERE APPALTI”
La colonna di fumo, ancora una volta, si vede da lontano. Un fronte di fuoco di tre chilometri, 500 ettari di vegetazione già distrutti, la paura degli abitanti di Terzigno che, alle pendici del Vesuvio in fiamme hanno passato l’ennesima notte in strada con il cuore in gola. Brucia da venerdì la Riserva integrale del Tirone, bosco e pineta, mentre il ministro Musumeci firma la mobilitazione straordinaria della Protezione civile, la politica chiede «più prevenzione» e il sindaco di Terzigno ricorda «gli incendi del 2017 dove vi fu la mano criminale, quindi devo sospettare che anche adesso ci sia il dolo». Va a quel disastro, e all’inchiesta che ne seguì, anche la memoria del giornalista e scrittore Roberto Saviano: «La storia ci racconta che sì, in genere quando ci sono diversi incendi ravvicinati la regia è unica».
Dietro i roghi c’è la mano dell’uomo? Si tratta di incendi di origine dolosa?
«Sembrerebbe di sì. Stanno capendo se si tratta di incuria o di un progetto preciso, di sicuro bisognerebbe smettere di usare una volta e per tutte la parola piromani, perché si tratta di figure patologiche, che hanno un disturbo del comportamento per cui danno fuoco alle cose. Non c’entra niente qui. Bisogna invece capire cosa stia davvero accadendo».
Cosa sta accadendo
«Innanzi tutto bisogna comprendere che l’Ente Vesuvio è un ente legato al territorio, di cui fanno parte le amministrazioni dei vari paesi, 13 comuni in tutto, da Boscoreale a Terzigno, da Trecase a Ottaviano. Questo conta. Perché significa che c’è un diretto rapporto tra il Vesuvio e le amministrazioni locali. L’Ente Vesuvio non è qualcosa di distaccato dai comuni. Bisogna capire ancora bene come sono avvenuti questi roghi, ma ad ascoltare la dinamica che hanno riferito i vigili del fuoco sembrano assolutamente di natura dolosa. Ci vorrà e ancora tempo per capire le dinamiche».
Pensa che la regia degli incendi sia unica?
«La storia ci racconta che sì, in genere quando ci sono diversi incendi ravvicinati la regia è unica».
Quale può essere il movente?
«Gli incendi sul Vesuvio non vengono fatti per poter costruire, ovviamente. Qualcuno potrebbe pensare che siano roghi fatti per poter poi gestire gli appalti per il rimboschimento, ma anche questa è un’ipotesi che trovo irreale, sarebbe molto facilmente tracciabile. L’altra ipotesi che circola ancora è che bruciano per creare spazi per nuove discariche abusive, ma non mi convince. Continuano a esserci delle zone completamente utilizzate come discarica, ma bruciare per poter rendere discarica nuove aree
attirerebbe l’attenzione».
Allora chi sono gli incendiari del Vesuvio?
«Confermato il rogo doloso, la risposta è semplice: sono roghi estorsivi. Bruciano il Vesuvio per mandare messaggi a tutti i sindaci e assessori dell’Ente Vesuvio. E i politici locali lo sanno bene. Qualcuno sono certo che immagina esattamente chi potrebbe essere. Il messaggio è evidente: Sono arrivati i soldi del Pnrr, voi li avete dati solo ai vostri amici e ve li siete mangiati quindi si brucia il Vesuvio fin quando non arrivano anche a noi».
Per ottenere cosa?
«Nulla nell’immediato, sono pressioni che si fanno ai comuni, sono messaggi: Bruciamo il vulcano, mettiamo l’elemento turistico principale, più importante del territorio, a rischio. Voi sapete come metterlo in protezione».
Cioè?
«Dare gli appalti a chi di dovere. Questo è il messaggio che esce da quelle fiamme. Prima del duemila si bruciava per rendere la terra edificabile, ora il contrario. Bruciano laddove credono che per esempio una giunta a loro avversa o dei loro rivali siano pronti a rendere quel territorio edificabile. Quindi quando c’è una zona, un luogo che sta per diventare edificabile loro bruciano per poter bloccare l’edificabilità e non avere per
esempio concorrenza. E spesso è stato così».
Anche nel 2017 si era sviluppato un vasto incendio doloso alle pendici del Vesuvio, in un’area dove erano previsti abbattimenti. La procura di Torre Annunziata aprì un’inchiesta.
«L’inchiesta di Torre Annunziata non portò in realtà a un risultato, ma le indagini furono molto interessanti perché mostrarono di fatto l’utilizzo del fuoco a uso estorsivo. Non si riuscì a comprendere l’esatto motivo, ma erano moltissime le ragioni per cui le minacce con il fuoco furono utilizzate per evitare abbattimenti, perché si volevano ottenere nuove lottizzazioni. L’unico risultato, anche se non supportato da sentenza, di quell’indagine fu dimostrare per la prima volta la connessione tra il fuoco e le minacce ai Comuni. Il Vesuvio, bruciarlo e metterlo in pericolo insomma è utilizzato per ottenere affari in città».
(da agenzie)
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