SI FERMA L’ITALICUM: RINVIATO A OTTOBRE
RENZI HA FINITO DI CORRERE
I tempi si allungano. E a farne le spese potrebbe essere la nuova legge elettorale, sacrificata sull’altare della riforma costituzionale.
Tutto il cronoprogramma immaginato da Palazzo Chigi rischia di saltare, insieme alla promessa di Renzi di vedere approvato l’Italicum prima dell’estate almeno in commissione.
Lo sa bene il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Con Anna Finocchiaro, la presidente della commissione affari costituzionali di Palazzo Madama e con il capogruppo dem Luigi Zanda ne hanno discusso a lungo ieri mattina.
«Dobbiamo accelerare al massimo per far posto alla legge elettorale — ha chiesto Boschi — Almeno cerchiamo di incardinarla prima della pausa estiva». Obiettivo quasi impossibile da centrare.
In Forza Italia lo scontro tra i favorevoli al patto delle riforme con il Nazareno (Verdini, Romani e Toti) e l’ala dura decisa a fare saltare tutto (Brunetta, Minzolini) è sempre più acceso.
La riforma Boschi? Per il Mattinale vicino a Brunetta è «una cosa che non esiste al mondo».
Tutto è appeso all’assemblea forzista di giovedì, nella quale Berlusconi tenterà di convincere i ribelli a desistere.
Non a caso la riunione di oggi dei senatori del Pd è saltata: è rinviata a giovedì pomeriggio, dopo quella di Fi.
Nell’incontro della mattina a Palazzo Chigi la task force democratica, d’intesa con il capogruppo forzista Romani e relatore della Lega, Roberto Calderoli, decide di procedere in commissione solo sui punti condivisi.
Il resto, le questioni più spinose e i nodi — a partire dall’elezione dei nuovi senatori fino all’immunità — vengono accantonati in attesa di capire cosa accadrà nelle file berlusconiane.
Ma questa dilazione sulla riforma costituzionale mette a rischio l’Italicum.
Se la commissione finirà il suo esame non prima della fine della prossima settimana, in aula il Ddl Boschi arriverà soltanto a metà luglio (qualcuno indica persino il 21 del mese). A quel punto addio riforma elettorale, visto che la commissione affari costituzionali dovrà esaminare anche i decreti in scadenza. Come ammette un senatore dem, «l’Italicum sarà un frutto autunnale».
Lo slittamento, oltre al danno d’immagine per Renzi, porta con sè un pericolo. Se la partita resta aperta troppo a lungo, tutto può essere rimesso in discussione, che è proprio la scommessa di chi punta a stravolgere l’impianto concordato tra il segretario-premier e l’ex Cavaliere.
Non a caso l’Ncd ha suggerito a Renzi di legare in un accordo politico le due riforme, ovvero il superamento del Senato in Camera delle autonomie e il modello elettorale, concordando subito le modifiche all’Italicum. Gaetano Quagliariello, che segue per Alfano il dossier riforme, è convinto che non si possa rinunciare al passo doppio: «È impensabile immaginare un via libera al nuovo Senato se prima non ci sarà un’intesa nella maggioranza su quanto va cambiato nella legge elettorale».
Renzi, fedele all’impegno che le riforme si fanno con tutte le forze politiche, offre intanto ai 5Stelle un pacchetto di proposte sulla legge elettorale.
Lo fa con una lettera, che tatticamente serve a evitare l’accusa di sottrarsi al confronto avendo un patto blindato con Berlusconi.
Ma il prezzo da pagare è, di fatto, un ulteriore allungamento dei tempi sull’Italicum. «Le riforme devono avere più interlocutori possibili — ricorda Zanda — è importante quindi che anche i grillini siano della partita ». I 5Stelle si stanno dimostrando insolitamente dialoganti. Questo non vuol dire che Renzi sarà presente di persona al prossimo incontro come gli ha chiesto Luigi Di Maio, il vice presidente grillino della Camera.
Nell’attesa che Forza Italia si chiarisca le idee, i relatori del Ddl Boschi, insieme con il governo, stanno comunque facendo di tutto per non trovarsi impreparati all’appuntamento.
Il lavoro di mediazione sulle questioni più intricate è a buon punto. Non solo sul Senato elettivo — che i Dem sono convinti non abbia nessuna possibilità di resuscitare in aula nonostante i dissidenti della stessa maggioranza — ma anche sul nodo dell’immunità da concedere a i nuovi senatori.
La Corte costituzionale in via riservata ha fatto sapere di non considerare opportuna l’assegnazione della competenza sulle autorizzazioni a procedere.
La palla è quindi tornata alla politica. L’ipotesi su cui si sta cercando un compromesso è quella della «insindacabilità », ovvero i senatori saranno coperti da una immunità depotenziata che varrà solo per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni.
L’altro scoglio è quello relativo all’elezione del capo dello Stato: i ribelli forzisti hanno infatti sollevato l’obiezione che un solo partito potrebbe monopolizzare la candidatura al Quirinale, grazie a un’assemblea parlamentare dominata con il premio di maggioranza. Una modifica suggerita dal dem Francesco Sanna prevede che al parlamento in seduta comune si aggiungano anche i 73 eurodeputati italiani eletti con il proporzionale.
Ma ci sono anche altri emendamenti per riequilibrare il plenum per l’elezione del capo dello Stato presentati a Palazzo Madama da Miguel Gotor e da altri senatori della corrente dem Area riformista.
Prevedono di aumentare la quota dei grandi elettori per regione, ma anche una diminuzione del numero dei deputati.
Potrebbero essere ritirati in commissione, così da evitare la bocciatura, per essere ripresentati in aula. Nella riunione della mattina tra Boschi, Zanda e Finocchiaro all’ordine del giorno c’è anche il rischio di agguati in aula che vedano l’asse tra i dissidenti democratici di Chiti e Casson con i “falchi” forzisti di Augusto Minzolini e l’apporto dei 5Stelle.
Conti alla mano il pericolo è stato ridimensionato: «Resterà comunque la stragrande maggioranza dei senatori a favore del Senato così come lo ha ridisegnato il governo, se ne faranno una ragione ».
Bei e Casadio
(da “La Repubblica“)
Leave a Reply