SOLO 3 ITALIANI SU 10 SONO FAVOREVOLI ALL’AUTONOMIA REGIONALE VOLUTA DALLA LEGA: I TIMORI PIÙ FREQUENTI SONO LA CRESCITA DELLA BUROCRAZIA E L’AUMENTO DEL DIVARIO TRA REGIONI RICCHE E POVERE
NEL GOVERNO I PIÙ SCETTICI SONO GLI ELETTORI DI FORZA ITALIA, I PIÙ CONTRARI VOTANO M5S …SULLA RIFORMA RESTA IL DIVARIO TRA UN NORD PIU’ POSSIBILISTA E UN SUD MOLTO PREOCCUPATO
L’autonomia differenziata è un concetto che si riferisce alla possibilità di alcune regioni di avere maggiore indipendenza rispetto alle decisioni centrali del governo nazionale. In realtà in Italia esistono regioni a statuto speciale che godono già di un livello di autonomia stabilito dalla Costituzione. Queste amministrazioni hanno ottenuto il loro status speciale come riconoscimento di particolari esigenze storiche, culturali o geografiche.
Con la proposta del ministro agli affari regionali Roberto Calderoli ci si riferisce invece alla possibilità che anche le regioni a statuto ordinario possano ottenere una maggiore autonomia attraverso un processo negoziale. La varietà territoriale del nostro Paese, passando dalle montagne al mare attraverso le colline, i laghi, le pianure, gli appennini, i vulcani, le isole, offre all’autonomia differenziata l’opportunità di rispondere meglio alle esigenze locali attraverso leggi e politiche mirate.
Tuttavia questo dibattito suscita delle opinioni contrastanti che ad oggi rimangono cristallizzate nei sondaggi tra un 33,8% di coloro che si dichiarano favorevoli, perché sostengono che possa portare ad un miglioramento dei servizi erogati, e un 41,2% identificati come fortemente scettici, perché temono che si possano accentuare quelle diseguaglianze tra le regioni – che già esistono – minando l’unità nazionale. Su questa linea i più favorevoli si ritrovano concentrati nel nord Italia mentre dal centro al sud fino alle isole i contrari alla proposta risultano in grande maggioranza.
Tra chi non condivide si riconoscono anche coloro che sono convinti che un sistema maggiormente decentralizzato possa aumentare la burocrazia e i costi amministrativi, rendendo ancora più complessi e costosi i coordinamenti tra le varie regioni e il governo centrale. Addirittura in alcune situazioni affiora il sospetto che l’autonomia differenziata possa permettere ai governi locali di adottare delle politiche che non rispecchino gli interessi o i valori della popolazione nel suo complesso, ma solo alcuni nuclei di interesse.
La quota di coloro che non hanno saputo o voluto rispondere è intorno al 25%. Questo significa che un cittadino su 4 potrebbe non avere informazioni sufficienti sui vantaggi o sugli svantaggi dell’autonomia differenziata, il che potrebbe portare a preoccupazioni basate su malintesi o informazioni incomplete.
Le indicazioni politiche fornite dai leader di partito guidano anche i giudizi degli elettori: se gli elettori della Lega di Matteo Salvini e di Fratelli d’Italia trovano in maggioranza importanti vantaggi nella possibile applicazione dell’autonomia differenziata a livello regionale, gli azzurri di Forza Italia sono più incerti dividendosi tra chi indica maggiori benefici (42,2%) e chi proietta la possibilità di danni (40%).
I partiti di centro sinistra guardano con molto scetticismo all’idea di una maggiore autonomia regionale ad eccezione di Azione di Carlo Calenda che, con il 53% delle preferenze si schiera sui vantaggi della proposta Nel complesso il 36,4% degli italiani intravede maggiori svantaggi, mentre il 34% ne intuisce i vantaggi. Sullo sfondo esiste anche il timore che una maggiore autonomia possa sfociare in un aumento del nazionalismo regionale minando ulteriormente l’unità del Paese.
Per un cittadino su 3 (31,3%) questo argomento potrebbe essere uno dei fattori di rischio per la stabilità del governo. Le motivazioni di coloro che si dichiarano contrari all’autonomia differenziata si alzano a gran voce nel grido che chiama in causa la disparità tra sud e nord. Ed è la dimensione e la modalità del fenomeno che cattura l’attenzione, proprio sui servizi con al centro una delle voci più sentite dalla popolazione, ovvero quella della sanità. Questo richiamo aumenta il suo volume da nord verso sud insieme a scuola, istruzione e servizi come principali voci.
Alessandra Ghisleri
per “la Stampa”
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