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STUPEFACENTI, UNO SU VENTI LI HA USATI: 200.000 VITTIME NEL 2010

IL RAPPORTO ANNUALE UNODC METTE IN ALLARME

Dati sempre molto preoccupanti nella relazione della struttura Onu.
Un fatturato di 300 miliardi di dollari: il secondo business mondiale dopo quello del sesso.
Il mondo diviso sulle misure da prendere: continuare lo scontro frontale (denso di sconfitte) o avviare la depenalizzazione delle droghe leggere
Una persona su venti nel mondo ha usato droghe nel 2010. Magari una sola volta.
Per curiosità , per gioco: ha ceduto e l’ha provata.
E’ un dato; ma anche una tendenza che impallidisce rispetto ai 200 mila morti per stupefacenti che l’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine organizzato, denuncia nel suo rapporto annuale appena uscito.
Parlare di droga in questi mesi di crisi finanziaria planetaria, di dubbi sul nostro futuro povero di idee e di prospettive, non è facile.
Perchè significa sollevare nuove angosce in un mondo dominato dall’incertezza. Significa gettare altra benzina su un incendio che sta bruciando lentamente interi Stati e spesso vaste regioni della terra.
Territori assediati da una criminalità  feroce e decisa, con quasi mezzo milione di vittime l’anno, la maggioranza delle quali civili innocenti.
Ma il fatturato che sfiora ormai i 300 miliardi di dollari piazza il traffico clandestino di stupefacenti al secondo posto, dopo il turismo sessuale, nella scala del grandi business mondiali. Più delle armi e del petrolio.
Parlare della voce economica che più condiziona gli Stati del mondo, le banche e i grandi istituti finanziari, è quindi un obbligo per chi cerca di capire e spiegare fenomeni che vediamo solo in termini di morti ammazzati e violenze indiscriminate. Affrontare il grande tema della droga vuol dire anche registrare cambiamenti e umori e segnalare tendenze con cui il pianeta deve fare i conti.
La stessa guerra al traffico degli stupefacenti, che impegna da mezzo secolo la comunità  internazionale con montagne di quattrini e migliaia di agenti e soldati, sta mostrando le sue crepe e solleva un ampio dibattito.
A tal punto che nel vertice di Cartagena (Colombia) dell’aprile scorso, tra i paesi che aderiscono al Mercosur (il mercato economico del Centro e Sud America), il primo punto all’ordine del giorno era proprio il fallimento di uno scontro (quello contro i “cartelli” dei trafficanti) che produce più sconfitte che vittorie.
Il Guatemala, seguito da altri paesi latino americani, ha posto il problema. Ha chiesto di rivedere la politica antidroga seguita dall’Onu e dalla comunità  internazionale. Avviando la depenalizzazione delle droghe leggere per contrastare, con più efficacia, quelle che costituiscono la piaga degli stupefacenti: la pasta base della coca e le droghe sintetiche fabbricate nei laboratori clandestini in Asia e in Messico.
Ma le richieste per una svolta nella guerra alla droga sono state accolte con freddezza. Il presidente Barack Obama si è detto contrario ad un cambio di rotta e ha invitato gli altri Stati a raddoppiare gli sforzi.
Il fatto stesso che il tema stupefacenti sia stato posto in testa alle priorità  economiche e sociali degli Stati dimostra comunque che qualcosa sta cambiando.
Almeno nella percezione del fenomeno e nella necessità  di affrontarlo con un approccio più razionale.
Alcuni Stati, come l’Urugay, assediati dalla diffusione delle droghe pesanti, letali e più a buon mercato, hanno deciso di legalizzare l’uso delle droghe leggere; lo scopo è affidare allo Stato il controllo e la distribuzione degli stupefacenti.
Altri, come l’Honduras e il Salvador rischiano di diventare narco-Stati.
Si trovano a fare i conti con centinaia di bande, spesso giovanili, che dettano legge e con cui sono costretti a siglare accordi. L’Africa occidentale si conferma come l’hub del traffico internazionale.
Condiziona gli equilibri geopolitici della regione e vede sempre più spesso cambi di regime dovuti a colpi di Stato.
L’Asia centro meridionale è diventata il centro dei laboratori più o meno clandestini per la produzione delle droghe sintetiche.
Le correnti e i flussi di traffico cambiano a seconda delle richieste e delle condizioni economiche.
Se l’Afghanistan e la Birmania primeggiano di nuovo nella produzione del papavero di oppio, il Messico vanta quasi il monopolio del commercio di cocaina e marijuana. La Russia denuncia un’impennata nella diffusione dell’eroina e delle pastiglie dello sballo, come metanfetamina e ecstasy.
Senza dimenticare le variabili dei singoli Stati che cercano alternative. Per frenare le devastazioni di intere generazioni o per motivi ancestrali ed etici.
Come la battaglia del presidente della Bolivia Evo Morales per depennare le foglie di coca dalla black list degli stupefacenti e i tentativi dello Stato della California di liberalizzare la vendita e l’uso della marijuana.
Un esperimento simile a quello adottato da decenni dall’Olanda.
Che vanta, a suo vantaggio, una cultura e una tradizione nel campo che risalgono nel tempo.
Un dato è comunque certo: il paese dei mulini a vento riesce a conciliare la sua storica tolleranza e la difesa delle libertà  con le conseguenze sul piano sociale.
Sopraffatta dall’ondata di turisti che i weekend ingolfano le frontiere alla ricerca di uno spinello, l’Olanda ha deciso di limitare l’accesso ai coffee shop ai soli residenti, escludendo gli stranieri.
Ma per il resto, la politica liberista sembra funzionare.
La criminalità  è sotto controllo, la droga distribuita non è un business clandestino che alimenta l’illegalità . Anzi, si pagano anche le tasse.
Certo, è un esempio unico nel mondo.
Nel resto del Pianeta droga significa montagne di denaro nero, riciclaggio, criminalità  organizzata, guerra tra bande, violenze brutali, corruzioni, minacce, rappresaglie, narcoterritori, raffiche di omicidi.
Un fiume che contagia Stati e aree geografiche, che attira gli interessi di potenti organizzazioni. Compresi i vari fronti di al Qaeda.
Uno sguardo sul mondo.
La produzione di droghe e le conseguenze sulla salute restano stabili nel 2012, osserva il rapporto dell’Unodc.
L’oppio ha raddoppiato la sua presenza sul mercato, piazzando l’Afghanistan di nuovo al primo posto tra i paesi produttori.
Raddoppiata anche la produzione di droghe sintetiche. Circa 230 milioni di persone, il 5 per cento della popolazione mondiale adulta ( tra i 15 e i 64 anni), hanno fatto uso di stupefacenti.
Di questi 27 milioni, circa lo 0,6 per cento, sono tossicodipendenti dall’eroina e dalla cocaina: uno ogni 200 abitanti.
L’eroina.
La novità  che spicca nel rapporto 2011 è il conclamato ritorno dell’eroina. Chi ha vissuto negli anni 70 del secolo scorso ricorda ancora la strage di migliaia di ragazzi e ragazze che si ritrovarono prigionieri della “Regina delle droghe”: ridotti a larve, incapaci di reagire ad un’illusione assassina.
La crescita esponenziale delle comunità  di recupero, la battaglia per la prevenzione sanitaria con le carovane di pulmini di pronta assistenza che giravano (e girano) per strade e piazze distribuendo siringhe pulite e ritirando quelle usate, sono stati gli unici strumenti con cui i paesi hanno affrontato la strage.
Non fu tutto inutile: moltissimi vennero strappati all’eroina e riuscirono a salvarsi; altri scoprirono di essere stati infettati dal virus dell’Hiv – per l’abitudine malsana di scambiarsi la stessa siringa e spesso condividere il buco; si ritrovarono non solo dipendenti da una droga subdola e pericolosa ma afflitti da diversi tumori che ebbero strada facile nell’aggredire fisici debilitati dagli stupefacenti.
Sembrava un brutto sogno. Invece, l’eroina si è riaffacciata sul mercato quaranta anni dopo.
Oppio.
La produzione del papavero da oppio ha raggiunto le 7.000 tonnellate. In Afghanistan è aumentata del 61 per cento.
E’ passata dalle 3.600 tonnellate nel 2010 alle 5.800 del 2011. Il paese centro asiatico si conferma come il maggior produttore al mondo, seguito dalla Birmania. Qui la coltivazione ha avuto un’impennata del 14 per cento.
Cocaina.
Tra i 13,3 milioni e i 19,7 milioni di persone fanno abitualmente uso della polvere bianca. Circa tra lo 0,3 e lo 0,4 della popolazione mondiale di età  compresa tra i 15 e i 64 anni.
Il Nord America, l’Europa e l’Australia continuano ad essere i mercati più appetibili. Negli Usa si registra un calo del consumo del 3 per cento, mentre in Europa rimane stabile. In Australia e in Sud America ci sono invece una maggiore richiesta e un aumento nell’uso.
Un leggero incremento è registrato anche in Africa e in Asia, sebbene il numero degli assuntori resti basso.
Il calo consistente della produzione di foglie di coca in Colombia è stato compensato dall’aumento delle piantagioni in Bolivia e in Perù.
Entrambi i paesi sono tornati ad essere i principali luoghi di produzione e di partenza delle partite di coca destinate agli Usa e all’Europa.
Droghe chimiche.
Resta stabile il mercato delle amfetamine o prodotti stimolanti. Ma nel 2010 si è assistito ad un incremento di Metanfetamina in Centro America e nel Sud est asiatico. Il sequestro di 45 tonnellate di “speed” o “ice”, come viene chiamata comunemente la metanfetamina, nel 2010, rispetto alle 21,5 tonnellate del 2008, è un indicatore eloquente.
In Europa c’è stato più che il raddoppio di sequestri di “ecstasy”: da 595 chili intercettati nel 2009 si è passati a 1,3 tonnellate nel 2010. L’Mdma è considerata la pillola più venduta di tutto il mercato degli stupefacenti nel vecchio Continente.
Marijuana e hashish
Ne fanno uso abitualmente tra i 119   e i 224 milioni di abitanti della Terra. L’Europa resta il più importante fruitore dell’hashish proveniente dal Marocco, sebbene si registri un leggero decremento.
Secondo le relazioni di tutti gli Stati europei è cresciuto il numero di piantagioni fatte in casa.
Questo potrebbe spiegare il maggior uso di erba rispetto all’hashish. Anche su questo prodotto l’Afghanistan fa la parte del leone.
Il prezzo è raddoppiato rispetto all’oppio: la marijuana costa 9.000 dollari il quintale rispetto ai 4.500 dollari della pasta di papavero da oppio.

Daniele Mastrogiacomo
(da “La Repubblica“)

This entry was posted on giovedì, Giugno 28th, 2012 at 04:48 and is filed under emergenza. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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