TRUMP NON HA CAVATO URANIO DAL BUCO: GLI STATI UNITI HANNO DISTRUTTO I SITI NUCLEARI IRANIANI DI FORDOW, NATANZ E ISFAHAN… MA ERANO VUOTI
I 408 CHILI DI URANIO ARRICCHITO AL 60% SONO STATI PORTATI VIA PRIMA DEL RAID. DUE GIORNI PRIMA DELL’ATTACCO AMERICANO, I SATELLITI DEL MOSSAD HANNO VISTO 16 CAMION ALL’INGRESSO DI FORDOW. I MEZZI PROBABILMENTE STAVANO PORTANDO VIA IL MATERIALE (PERCHÉ ATTACCARE, SE ERA INUTILE?)
Il guscio è stato rotto, ma dentro era vuoto. Nei tre siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan — bombardati da Israele, poi dagli Stati Uniti e ieri di nuovo da Israele — non c’erano i 408,6 chili di uranio arricchito al 60 per cento che a maggio hanno spaventato l’Agenzia atomica delle Nazioni Unite.
Se con quel materiale la Repubblica islamica ha intenzione di costruire la bomba, come sostengono Netanyahu e Trump, allora la minaccia è tuttora presente. I jet di Israele, le bombe americane da 13 tonnellate, i missili Tomahawk, hanno devastato gli impianti, in superficie e sottoterra, con un livello di danneggiamento quantificabile solo col tempo, ma i pasdaran hanno spostato l’uranio in località segrete. Ragione sufficiente, per Israele, per dichiarare ancora aperta la caccia al tesoro radioattivo dell’Iran.
Si è capito subito dopo l’attacco statunitense. Mentre Trump parlava di «distruzione totale» degli obiettivi e di «danni monumentali», esaltando la spettacolarità della missione a lungo raggio dei bombardieri B-2 Spirit, l’intelligence si mostrava cauti. Al New York Times una fonte qualificata ha detto che il governo Usa non sa dove sia stoccato l’uranio arricchito.
E anche il vicepresidente J.D.Vance, in tv, ammetteva: delle preziose e pericolose riserve trasferite prima del raid «dovremo discutere con gli iraniani». Ieri un’altra conferma dal direttore dell’Agenzia atomica.
Ma dove si trova? E come lo Stato ebraico intende neutralizzare quella scorta di uranio che, secondo gli esperti di armamenti nucleari, il regime iraniano nei laboratori di Fordow avrebbe potuto arricchire al 90 per cento (la soglia per fare la bomba) in appena tre settimane?
«Abbiamo una pista interessante su dove si possono trovare quei 400 chili», sostiene Netanyahu, alludendo a informazioni di intelligence che il Mossad non esiterà a sfruttare per tracciare le scorte, controllarle e, eventualmente, intervenire. Coi satelliti hanno visto la fila dei 16 camion all’ingresso di Fordow due giorni prima dell’attacco americano, si può presumere che abbiano seguiti fino a destinazione. Se siano stati utilizzati quei tir per portar via l’uranio non è chiaro: bastano mezzi più piccoli, essendo sotto forma di polvere e contenuto in cilindri metallici. Così come rimane avvolto nel mistero il «sito nucleare sotterraneo da 10 mila metri quadrati, costruito dentro una montagna vicino a Natanz», di cui parlano gli iraniani. «Quasi certamente esistono laboratori segreti di cui niente sappiamo», afferma il professor Jeffrey Lewis, del Middlebury Institute di Monterey, studioso del programma di non proliferazione nucleare.
Oltre alla rete di spionaggio, per la caccia di Israele potrà forse contare sull’aiuto di uno speciale velivolo americano: il WC-135 Constant Phoenix. È un aereo adattato per annusare la radioattività nell’aria, gli ultimi modelli sono in grado di rilevare tracce minime. Chi si occupa del monitoraggio del traffico aereo su fonti aperte sostiene che un WC-135 sia da un mese fermo in Arabia Saudita, presenza accreditata anche dal canale russo Topwar. Conferme ufficiali, tuttavia, non ce ne sono.
Va detto che il tesoro radioattivo dell’Iran non è solo l’uranio arricchito al 60 per cento: nell’ultimo report di maggio, l’Aiea ha quantificato in 274 chili quello arricchito al 20 per cento, in 5,5 tonnellate le scorte al 5 per cento, in 2,2 tonnellate quelle sotto al 2 per cento.
Non è esattamente quel che emerge dal report dell’Aiea, che segnala l’aumento anomalo della produzione di uranio arricchito al 60 per cento (166 chili in più in tre mesi), e per la prima volta in 20 anni censura l’Iran per violazione del Trattato di non proliferazione nucleare, ma, allo stesso tempo, non contieneelementi e prove dell’effettiva costruzione di una bomba.
(da La Repubblica)
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