VALDITARA AVEVA NEGATO LA CARTA DOCENTE DA 500 EURO AI PRECARI IGNORANDO UNA DIRETTIVA EUROPEA: MINISTERO CONDANNATO A PAGARNE 2.000 A OGNI INSEGNANTE PER SPESE LEGALI
ALLA FINE SI ARRIVERA’ A 1 MILIARDO E MEZZO PAGATO DAGLI ITALIANI … INTERVENGA LA CORTE DEI CONTI, PAGHINO I COMPONENTI DEL GOVERNO DI TASCA LORO
Per i risarcimenti legali connessi alla Carta docente, la carta da 500 euro per l’aggiornamento
professionale degli insegnanti che domani sarà sbloccata, il governo sarà costretto a pagare una cifra maggiore rispetto a quella che avrebbe speso se avesse da subito allargato la platea ai docenti precari.
Come sappiamo, la Carta è stata allargata recentemente anche ai docenti con supplenza al 30 giugno. Fino all’anno scorso la Carta veniva infatti riconosciuta anche ai supplenti, ma solo a quelli con contratto annuale, cioè esclusivamente a quelli con incarico fino al 31 agosto. Rimaneva fuori però la maggioranza della platea dei precari, cioè quelli con contratto fino al termine delle
attività didattiche, cioè appunto fino al 30 giugno. E le nuove norme, entrate in vigore con il decreto Scuola, non risolvono il problema delle controversie legali aperte.
I sindacati della scuola si sono sempre battuti contro quella che è apparsa come un’assurda discriminazione, che ha portato anche a decine di migliaia di ricorsi. Questi contenziosi sono stati tutti vinti nei tribunali dai precari, che ora hanno diritto al risarcimento delle spese legali e naturalmente ai 500 euro della Carta. Nonostante i ritardi che si sono registrati nell’esecuzione delle sentenze – perché in molti casi i docenti non sono stati ancora risarciti – la quota che ora lo Stato dovrà sborsare, per aver violato la normativa europea sulla parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale di ruolo, è più alta delle risorse che avrebbe dovuto impiegare includendo da subito tutti i docenti.
In pratica, per ogni Carta docente da 500 euro non riconosciuta, il ministero è stato quasi sempre condannato anche a risarcire spese legali per circa 2000 euro. Negli ultimi tre anni i costi sarebbero arrivati a un miliardo di euro, e questa cifra sarebbe destinata a salire, fino a toccare potenzialmente un miliardo e mezzo di euro. Un evidente spreco di denaro pubblico.
Per questo la deputata di Avs ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Istruzione Valditara. Secondo le informazioni in possesso della parlamentare, dall’entrata in vigore dell’attuale governo, nell’ottobre 2022, il contenzioso in materia di lavoro scolastico ha conosciuto un incremento esponenziale, “fino ad assumere i tratti di un vero e proprio fenomeno strutturale”, recita il testo dell’interrogazione. Il valore di tutti i contenziosi potrebbe arrivare secondo le stime a oltre un miliardo e mezzo di
euro.
“La causa principale risiederebbe nella mancata attuazione delle direttive europee in tema di parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale di ruolo (direttiva 1999/70/CE e clausola 4 dell’accordo quadro CES-UNICE-CEEP sul lavoro a tempo determinato) e nella persistente disapplicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenze CGUE C-331/17, C-494/17; C-450/21 e altre). Le conseguenti vertenze, che si sarebbero quasi sempre risolte con esiti sfavorevoli al Ministero dell’Istruzione e del Merito, avrebbero generato un ingente spreco di risorse pubbliche e un impatto finanziario devastante per le casse dello Stato”.
“Se le cifre dovessero essere confermate, si parla di circa 110.000 ricorrenti per il diniego della carta docenti ai precari in violazione del diritto UE. Il recente intervento normativo, che attraverso il Decreto 127/2025, ha esteso il bonus da 500 euro anche agli insegnanti non di ruolo con incarichi annuali, non sana il pregresso e lascia esclusi i supplenti con almeno 150 giorni di servizio, in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Cassazione”.
“Sembrerebbe siano circa 30.000 i ricorrenti sulla disparità di trattamento retributivo tra docenti di ruolo e docenti a termine, mentre sarebbero circa 70.000 i ricorrenti per l’equiparazione economica e giuridica al personale stabile, in violazione della clausola 4 della direttiva 1999/70/CE”.
“Poi si parla di circa 110.000 persone che avrebbero promosso ricorso o avrebbero intenzione di ricorrere per la mancata monetizzazione dei giorni di ferie non fruiti, in contrasto con il principio europeo di effettività dei diritti del lavoratore;
il totale stimato di questi contenziosi, dall’ottobre 2022 all’ottobre 2025, sarebbe di circa 1,53 miliardi di euro: una cifra enorme. Inoltre, con numeri minori, nell’ultimo periodo si registrerebbero sempre più vertenze su ricostruzioni di carriera e riconoscimento del servizio pre-ruolo, mancato pagamento degli arretrati per supplenze brevi, differenze contributive e previdenziali, responsabilità amministrativa per danno erariale derivante da soccombenze seriali. Un quadro che, se confermato, dipinge una situazione allarmante per il Ministero dell’istruzione e del merito”, si legge nel testo a firma Piccolotti, che domanda al ministro quali azioni intenda intraprendere per diminuire il numero di contenziosi in ambito scolastico.
Piccolotti (Avs): “Valditara sommerso di ricorsi”
“Il Ministero di Valditara è sommerso di ricorsi e carte bollate. Sono ricorsi di docenti a cui il Ministero stesso si rifiuta di riconoscere trattamenti economici e diritti che secondo i tribunali sono dovuti. La causa principale dei ricorsi risiede nella mancata attuazione delle direttive europee in tema di parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale di ruolo, e nella persistente disapplicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Il ministro del governo Meloni si è ostinato su questa strada per tre anni nonostante la pioggia di ricorsi per la carta docente, per le ferie non godute che non vengono pagate e per l’equiparazione economica e giuridica al personale stabile. Il risultato di questa ostinazione? Per ogni carta del docente da 500 euro non riconosciuta, ad esempio, il Ministero viene quasi sempre condannato anche a risarcire spese legali per circa 2000 euro. Una montagna di costi che paiono essere già arrivati in 3
anni ad un miliardo di euro e che lieviteranno ancora, pare almeno fino ad un miliardo e mezzo”, ha sottolineato Piccolotti.
“E quel che è peggio è che il recente intervento normativo proprio su questo punto non sana il pregresso e lascia esclusi i supplenti con almeno 150 giorni di servizio, in contrasto con la giurisprudenza di Cassazione. Queste risorse pubbliche potrebbero essere meglio impiegate per stabilizzare gli stessi precari o per finanziare gli aumenti contrattuali, quegli aumenti che scandalosamente non sono stati adeguati all’inflazione crescente. Per questo abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro per sapere se i dati in nostro possesso sono giusti e affinché ci spieghi quali iniziative urgenti intenda assumere per ridurre i contenziosi, tutelare i lavoratori precari e mettere fine a uno spreco enorme di denaro pubblico”.
(da Fanpage)
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