VINCE IL BULLISMO: 352 SI, 207 NO, SOLO 36 DISSIDENTI PD HANNO LE PALLE
ALTRI 50 PD DA DISSIDENTI A DISSENTERICI: SI SOTTOMETTONO AL CAPOGANG ALTRIMENTI GLI PORTAVA VIA IL PALLONE
Il governo ha ottenuto alla Camera la prima fiducia, quella sull’articolo 1 della riforma della legge elettorale, con 352 voti favorevoli, 207 contrari e un astenuto.
Numeri alla mano, alla maggioranza che sostiene il governo Renzi ( che parte, sulla carta, da 396 voti) mancano 44 voti, ma vanno considerate alcune assenze giustificate. Il margine dunque resta elevato per l’esecutivo anche se pesa la rottura in atto nel Pd: ben 36 deputati della corrente dem di Area riformista non hanno votato.
Si consuma così lo strappo tra Renzi e una parte della minoranza Pd che ha ritenuto ingiustificata l’apposizione della questione di fiducia da parte del premier.
Il voto sancisce anche una spaccatura all’interno di ‘Area riformista’, con 50 deputati che hanno firmato un documento favorevole alla fiducia pur considerandola “un errore” da parte del premier.
Ieri sera invece, al termine di una discussione durata oltre quattro ore e mezza dell’area più vasta della minoranza Pd, Roberto Speranza, capogruppo dimissionario e guida della componente, aveva confermato il suo non voto, escludendo in modo netto ogni ombra di scissione dal Pd.
Nel partito la ferita sembra sempre più difficile da sanare.
Tra coloro che non hanno votato ci sono nomi che hanno fatto la storia del partito: l’ex premier Enrico Letta, l’ex presidente del partito Rosy Bindi, l’ex segretario Guglielmo Epifani, i candidati alle ultime primarie Gianni Cuperlo e Pippo Civati.
“Io non esco dal Pd, bisogna tornare al Pd. Il gesto improprio di mettere la fiducia lo ha fatto Renzi, non io”. L’ex segretario Pd Bersani ha espresso tutta la sua amarezza nei confronti del premier e dell’attuale dirigenza del partito: “Si ricordano degli ex leader per chiedere loro lealtà solo quando si tratta di votare queste fiducie, non quando rimuovono dalla commissione o non ti invitano alle feste”.
Respinge così al mittente l’appello alla responsabilità arrivato in queste ore dai vertici Pd. “No, non credo si andrà subito a votare se passa l’Italicum, ma è chiaro che d’ora in poi Renzi avrà il Parlamento nella sua disponibilità “.
Il malessere nel partito è diffuso.
Se Guglielmo Epifani e Alfredo D’Attorre hanno annunciato direttamente in aula prendendo la parola la non partecipazione al voto, altri hanno annunciato che si adegueranno non senza qualche mal di pancia.
Come nel caso dei prodiani Sandra Zampa, vice presidente Pd, e Franco Monaco, che hanno annunciato il loro sì alla fiducia solo “per mera disciplina”.
Mal di pancia non mancano anche in altri gruppi che sostengono la maggioranza: il vice segretario nazionale dell’Udc, Giusepe De Mita, ha annunciato che non parteciperà al voto di fiducia.
Stessa decisione presa da Nunzia De Girolamo, ex capogruppo Ap, che lascerà l’aula: “Le regole del gioco si scrivono e votano insieme senza abuso nè forzature”.
Sel, molto critica sulla scelta di chiedere la fiducia, ha partecipato alle votazioni con una fascia nera al braccio in segno di lutto.
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