Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
QUALCHE MOTIVO PER NON VOTARE SILVIO BERLUSCONI (E I SUOI PRESTANOMI)
Il vecchio è ormai andato: tutti lo sanno ma solo i suoi avversari lo dicono. 
Il vecchio non è più in grado di gestire la cosa pubblica.
Il vecchio spara boiate a rotta di collo.
Non è più gestibile nemmeno dai suoi più stretti collaboratori.
Se non fosse così potente, il vecchio sarebbe uno di quei nonni un po’ rinco a cui tutti dicono di sì tanto non fanno male a nessuno.
Ma il vecchio è ricco e potente e ogni suo desiderio diventa un ordine.
E ogni suo ordine diventa realtà .
Il vecchio fa vergognare.
Il vecchio fa abbassare lo sguardo, ammutoliti, ogni volta che il mondo parla dell’Italia.
Il vecchio mette sotto i tacchi (alti) il nostro orgoglio nazionale.
Il vecchio se ne frega di tutti noi.
Il vecchio dice una cosa e poi l’esatto contrario.
Il vecchio ci prende in giro come nessuno l’ha mai fatto.
Il vecchio è un vecchio porco.
Il vecchio crede a qualsiasi fesseria gli raccontano.
Il vecchio crede che anche gli altri debbano credere alle stesse fesserie.
Il vecchio fa promesse impossibili.
E quelle possibili non le rispetta.
Il vecchio si accompagna con brutta gente.
Il vecchio si trucca troppo.
Il vecchio non è di destra.
Non è di sinistra.
Non è niente.
Il vecchio non sa cosa significhino patria e patriottismo.
Il vecchio pretende che cantiamo tutti quanti quell’orrenda canzoncina. L’unico inno che lo commuove.
Il vecchio si fa evidentemente i cazzi suoi e tutto il resto non conta.
Il vecchio si attacca al telefono e non la smette più.
Il vecchio ha una figlia che, forse, vuole seguire le sue orme.
La scala valoriale del vecchio è la seguente: se stesso, la propria azienda, la propria famiglia.
Punto: tutto il resto non conta.
Il vecchio accetta solo risposte affermative.
Il vecchio racconta vecchie barzellette zozze che non fanno ridere.
Il vecchio si crede onnipotente.
Il vecchio è ridicolo.
E la sua ridicolaggine coinvolge tutti noi.
Il vecchio si crede politicamente immortale.
Dimostriamogli che non è vero.
Perchè il vecchio è vecchio.
E ha fatto il suo tempo.
Filippo Rossi
(da “Il Futurista“)
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER CHIUDE LA CAMPAGNA ELETTORALE A LATINA E VIENE CONTESTATO…”ABBIAMO CONSIGLIATO A CHI AVEVA FIGLIE MINORENNI DI NON FARLE USCIRE DI CASA”…”DI GIORGI CANDIDATO SINDACO DEL PDL? NO CANDIDATO DEL MOF, IL MERCATO ORTOFRUTTICOLO DI FONDI, QUELLO INFILTRATO DALLA CAMORRA”
Il cavaliere sceso nell’agro pontino? Perchè ha paura.
Ma di chi o di cosa? Semplice: dell’esperimento fascio comunista, del tentativo di scompaginare menti e persone per andare oltre blocchi ideologici e valoriali.
E concentrarsi sul bene di una città . E poi di un paese.
Il premio Strega Antonio Pennacchi, intervistato dal Corriere della Sera, spiega, rigorosamente a modo suo, il perchè di questa scommessa, che lo vede ispiratore assoluto della lista Pennacchi per Latina- Futuro e Libertà , in compagnia di intellettuali, giornalisti, contro il candidato del Pdl.
«Non sono sceso in campo in prima persona perchè pluri infartuato», risponde a chi gli chiedeva come mai non fosse candidato lui al posto di Filippo Cosignani.
In quanto, spiega, fare il sindaco «significa morì, devi litigare 4-5 volte al giorno, meglio che faccio lo scrittore».
Quanto al premier catapultatosi a Latina, Pennacchi lo aggancia al timore del Pdl di perdere, «e stavolta perderanno, sarebbe pure ora, sono vent’anni che Berlusconi mette paura a noi, anche se non fa niente».
Il riferimento è alla variante di valico, alla Salerno-Reggio, e attacca: «Lui è capace solo di andare con le signorine».
Se è andato a sentire il suo comizio? «Per carità , sotto elezioni ci vuole aplomb, ad ogni modo abbiamo consigliato a tutti quelli che hanno figlie minorenni di tenerle chiuse a casa».
E non risparmia fendenti sul candidato del Pdl Di Giorgi: «Quello mica è l’aspirante sindaco di Latina, ma il candidato del Mof, il mercato ortofrutticolo di Fondi, comune sospettato di infiltrazioni camorristiche. Io non posso votare uno del senatore Fazzone».
Capito?
(da “Il Futurista“)
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
OGGI SILVIO SFILA COME UNA MAJORETTE PER LA FESTA DEL MILAN E LUNEDI SARA’ PRESENTE AL PROCESSO MILLS PER ASSICURARSI IL DOMINIO MEDIATICO… NEL FRATTEMPO AGGIUNGE ALTRI POSTI A TAVOLA: RIMPASTO IN ARRIVO CON NUOVE POLTRONE ANCHE PER LA LEGA… ALTRO CHE COMICHE FINALI
È un megaspot quello che sta organizzando il Cavaliere per tirare il rush finale a Letizia Moratti, un piano
che può contare su una “coincidenza” straordinaria: la festa del Milan a piazza Duomo.
Oggi pomeriggio, giornata in teoria di silenzio elettorale, a partire dalle cinque l’intero centro cittadino si trasformerà infatti in una grande kermesse rossonera per celebrare il “trionfo” del “presidente che ha più vinto nella storia del calcio”.
La festa del Diavolo si sarebbe dovuta tenere inizialmente dopo la partita del Milan con il Cagliari a San Siro, ma Berlusconi ha chiesto di anticipare tutto per sfruttare meglio i Tg della sera.
E in piazza Duomo verranno allestiti dei megaschermi che celebreranno i 25 anni di Milan berlusconiano.
Non è nemmeno escluso che il premier – se riuscirà a convincere gli uomini della sicurezza – salga sul pullman scoperto per il city tour con i campioni d’Italia.
La kermesse calcistico-politica consentirà a Berlusconi di bucare il video a dispetto della par condicio, ma non è l’unica arma segreta che il Cavaliere intende sfruttare per saturare fino all’ultimo giorno utile la campagna elettorale. Domenica infatti andrà a votare alla scuola Dante Alighieri di via Scrosati e, come già successo numerose altre volte, sarà un’altra occasione per violare l’obbligo del silenzio.
Ma non è finita.
Perchè dopo il candidato-presidente del Milan e il candidato-al-seggio, la terza occasione di parlare il Cavaliere se la regalerà lunedì, a urne ancora aperte, come candidato-imputato.
È già prevista udienza al processo Mills e Berlusconi conta di sfruttare l’effetto-comizio contro i pm che lo inquisiscono.
Un diluvio di dichiarazioni, che va a sommarsi alla congestione di interviste televisive di quest’ultima settimana.
Il tutto nella convinzione che “a Milano non ci possiamo permettere di andare al ballottaggio, la partita va chiusa subito al primo turno”.
Un timore che si è acuito dopo la lettura dei sondaggi, che hanno certificato l’erosione di consenso del sindaco uscente per il colpo basso rifilato a Pisapia. Tanto che ora i due candidati sarebbero alla pari.
Nel Pdl si spera quindi che le divisioni nel campo del centrosinistra possano regalare alla Moratti la vittoria al primo turno.
E non solo per la presenza della lista cinque stelle di Beppe Grillo.
“Se vince Pisapia – riflette Giorgio Stracquadanio, uno degli spin del sindaco – è la vittoria della linea Vendola-Bindi e una grande sconfitta della segreteria Bersani. Anche a una parte del Pd conviene far vincere Moratti”.
L’altra partita aperta è quella di Napoli, anche se Lettieri stacca notevolmente i due inseguitori di sinistra.
Il ballottaggio è praticamente certo e a quel punto il Pdl spera in un confronto con il prefetto del Pd: “Morcone è in risalita su De Magistris – confida Nicola Cosentino al termine del comizio di Berlusconi alla fiera d’Oltremare – e per noi non è una notizia negativa”.
In ogni caso il coordinatore del Pdl è sicuro che al ballottaggio la partita si chiuderà senza troppi sforzi: “Il terzo polo sarà un fiasco e l’Udc farà votare Lettieri al secondo turno. Cos’altro possono fare? Casini già governa con noi in provincia e in regione!”.
L’unico cruccio dei napoletani è il no della Lega alla moratoria per le demolizioni delle case abusive.
Incontrando i maggiorenti del partito Berlusconi li ha rassicurati: “Tranquilli, con la lega andrà tutto a posto”.
Un ottimismo fondato anche su un’operazione segreta grazie alla quale il premier è convinto di riuscire ad addolcire la pillola per il Carroccio.
Dopo le amministrative Berlusconi intende infatti mettere mano al governo, offrendo un altro ministero a Umberto Bossi.
“Un ministero andrà a loro, siamo già d’accordo – ha spiegato il Cavaliere – ma non dovete preoccuparvi. Ho deciso che nominerò ministro un uomo del Sud per compensare la presenza del leghista”.
Anzi, “se la Lega insisterà per portare un ministero al Nord, ne poteremo uno anche a Napoli”.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
NEL PDL GIRA LA SENSAZIONE CHE MOLTI LEGHISTI DISERTERANNO A MILANO LE URNE PER TRASCINARE AL BALLOTTAGGIO LADY MESTIZIA… IN QUELLE DUE SETTIMANE SI APRIREBBE UNA CRISI CHE AUMENTEREBBE IL POTERE DI RICATTO DEL CARROCCIO….E PER LA PRIMA VOLTA ANCHE COMUNIONE E LIBERAZIONE NON INVITA A VOTARE PDL
Ma siamo proprio sicuri che i leghisti milanesi, turandosi il naso, si recheranno compatti alle urne per votare Letizia Moratti?
Lo sapremo fra quarantotto ore.
Nel frattempo il dubbio serpeggia fra i clan rivali di un Pdl trascinato a forza su posizioni estremiste da Berlusconi, non appena intuito il rischio di rompersi l’osso del collo proprio nella sua capitale; a presidio della quale s’è ritrovato una sindachessa più fragile e impopolare del previsto.
Le perplessità di Umberto Bossi sulla ricandidatura della Moratti furono sempre dichiarate in pubblico.
E nei giorni scorsi sono state ribadite con un duplice avvertimento al partner di governo: sia ben chiaro che, presentandosi capolista a Palazzo Marino, Berlusconi ha scelto di legarsi mani e piedi alla sorte di lady Mestizia; dunque il mancato conseguimento di quota 50% al primo turno, determinerebbe una “situazione difficile”.
La Lega, con ragione, descrive il ballottaggio a Milano come una grave incognita; non solo per l’incertezza del suo esito, ma anche per il deterioramento nei rapporti interni alla coalizione che ne conseguirebbe.
Nel frattempo, il candidato del Carroccio alla carica di vicesindaco, Matteo Salvini, accusa la Moratti di avere indirizzato un messaggio fuorviante ai milanesi con il suo attacco a Pisapia, e, peggio ancora, di aver “detto una bugia”. Pesante.
Se ci aggiungiamo le critiche di Calderoli al condono edilizio promesso da Berlusconi ai napoletani, e le ripetute attestazioni di stima al presidente Napolitano con cui la Lega ha voluto distinguersi dal premier, ne emerge uno smarcamento plateale.
Una somma di indizi tale da caricare di significati premonitori le parole pronunciate da Roberto Maroni a Gallarate, dove la Lega ha deciso di presentarsi da sola in contrapposizione al Pdl: “Correndo da soli torniamo alle origini. Questo è un esperimento interessante di ritorno al futuro”.
Ritorno al futuro? Il calcolo della Lega è evidente.
Confida di usufruire a tempo debito della crisi del berlusconismo, incassando pure in Lombardia e in Piemonte un massiccio travaso di elettori come già avvenuto in Veneto.
Così raggiungerebbe il suo vero obiettivo: diventare il partito di maggioranza relativa del Nord Italia.
Il trauma di una mancata vittoria della Moratti al primo turno delle elezioni milanesi, se gestito da Bossi con la dovuta enfasi, potrebbe accelerare questo processo.
Da qui il sospetto, niente più che un sospetto: i dirigenti del Carroccio non starebbero facendo tutto il necessario per vincere l’ostilità culturale della loro base milanese nei confronti della Moratti.
Sensazione che innervosisce assai il Pdl milanese, già allarmato da un’altra circostanza: per la prima volta da molti anni, Comunione e Liberazione non ha dato un’esplicita indicazione di voto ai suoi militanti.
È questo insieme di fattori che sta determinando la sconcertante inversione di ruoli in atto fra i due partiti della destra italiana: oggi la Lega riesce a presentare di sè, con disinvolta messinscena, una fisionomia moderata; approfittando dell’estremismo di Berlusconi che modifica i connotati del Pdl strattonandolo fin sulle posizioni estremistiche dei Lassini, dei Sallusti e delle Santanchè.
Assecondate infine maldestramente dalla Moratti.
Con la sua astuta presa di distanze dalla campagna forsennata contro i magistrati e il presidente della Repubblica, il partito di Bossi (che pure in passato sparò sui medesimi bersagli) intravede un nuovo spazio da occupare e mira a offrirsi come alternativa ragionevole per l’elettorato conservatore del Nord.
Tremonti se ne compiace in silenzio.
E pure Formigoni cerca uno spazio autonomo, profittando delle difficoltà della Moratti e di La Russa.
Gli stessi clan affaristici milanesi finora subalterni a Berlusconi si guardano intorno preoccupati, in cerca di nuovi protettori per il dopo.
La rottura già sfiorata sulla guerra di Libia, ma soprattutto lo sconcerto determinato nell’opinione pubblica di destra dal fallimento della politica di contenimento del flusso migratorio dei nordafricani, potrebbero sollecitare il gruppo dirigente leghista a forzare i tempi.
Bossi è prudente. Subodora il prossimo disfacimento della galassia berlusconiana, ma l’esperienza lo induce a non sottovalutare le risorse e la capacità di ricatto del suo partner.
Da stratega navigato dell’antipolitica, inoltre, sa bene che per raccogliere l’eredità del berlusconismo non gli gioverebbe il ruolo del sicario.
Meglio attendere che il Cavaliere finisca di farsi male da sè.
A meno che un eventuale fallimento della Moratti gli consenta di presentare il conto in anticipo.
Gad Lerner
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
INSIEME A BOLOGNA SOGNANDO UN RISULTATO A DUE CIFRE…E SUI BALLOTTAGGI NON SI SBILANCIANO….ESORDIO ELETTORALE DEL TERZO POLO ED E’ GIA BATTESIMO DEL FUOCO…DETERMINANTI AI BALLOTTAGGI
Primo test, col sogno della doppia cifra, per lanciare la sfida al Pdl su scala nazionale. 
Ma prima ancora prova di sopravvivenza per la componente di Futuro e libertà , che sulla tenuta in queste amministrative post-strappo si gioca anche la compattezza del gruppo parlamentare.
Non è passato giorno senza che Berlusconi – ieri compreso da Napoli-non li abbia`presi di mira.
Ieri i due leader «Gianfranco e Pier» si sono presentati insieme, uno al fianco dell`altro.
Maniche di camicia, alla chiusura della campagna nella loro città , Bologna, in sostegno di Stefano Aldrovandi.
Caffè insieme in centro e poi a piedi fino al conservatorio.
Va detto che i tre partiti che compongono il nuovo polo si sono presentati compatti nei 13 più grandi centri, ma in altri hanno dato vita in solitaria a talune alchimie.
Del tipo Udc con Pdl aCrotone (con la ormai ex centrista DorinaBianchi) o Flicon la Lega a Gallarate, ma anche l`Api di Rutelli col Pd, a Savona.
In ogni caso, i tre hanno un obiettivo comune, da Napoli a Torino, da Milano a Cagliari: trarre profitto elettorale dallo scontro a colpi bassissimi tra i due poli. Rutelli ne è convinto: «I toni di questa campagna produrranno voti per noi». Perchè, per dirla con Fini, «il bipolarismo non può essere solo delegittimazione e palate di fango».
Equidistanza dai poli, ma all`attacco soprattutto dei berluscones, i terzopolisti. «Il Pdl ormai è la Santanchè, la metafora del Pdl è la Santanchè, le idee del Pdl sono le sue, ovvero quelle più estreme» dice Casini.
«Il gesto compiuto dalla Moratti è il segno che da loro la linea la dà la Santanchè, la forza moderata è la Lega e tra i due partiti ne vedremo delle belle da martedi».
Ma da martedì sarà interessante capire anche con chi si schiererà il nuovo polo, invista dei ballottaggi.
A Milano, per esempio? «Se andremo ai ballottaggi valuteremo» taglia corto, piuttosto vago, il leader Udc, che però esclude un sostegno a Pisapia, perchè «non è il candidato giusto».
Quasi a lasciar presagire libertà di coscienza per i loro elettori, dato che con«l`estremista» Moratti comunque non si schiererebbero.
Fini al suo fianco è d`accordo: «Le intese si fanno con coloro che condividono un obiettivo: non ha senso chiederci con chi, semmai va chiesto per che cosa».
Sia l`uno che l`altro prendono le distanze da Berlusconi e dalla sua campagna.
«Vergognoso fermare l`abbattimento delle case abusive» attacca il centrista. Il capo di Fli mena fendenti: «Berlusconi è stato bravissimo a far si che non si parlasse dei problemi delle città su cui dovrebbe rendere conto, dato che per 8 degli ultimi 10 anni l`inquilino di Palazzo Chigi è stato lui: grida al complotto per spostare l`attenzione dai problemi reali».
A conti fatti, secondo il presidente della Camera, ha ragione Bossi: il Carroccio ormai ha davvero in mano il Paese, con la complicità del Pdl.
È il momento di dire basta alla politica alla «ok Corral», al «derby permanente» conclude Fini citando Napolitano: «Al capo dello Stato tutti plaudono, ma per fare subito dopo esattamente il contrario».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
IL SOLITO RITO BERLUSCONIANO DEL “GHE PENSI MI” REGGERA’ ANCORA O GLI ITALIANI SCARICHERANNO L’IMBONITORE MEDIATICO?…SU QUESTO QUESITO SI GIOCHERA’ IL DESTINO DELLE AMMMINISTRATIVE E DEL GOVERNO
Ieri il premier è intervenuto per telefono a una manifestazione dell’Alleanza di Centro a Reggio Calabria.
Ha assicurato: che Pionati avrà il suo sottosegretariato; che dopo la promozione al ministero delle Infrastrutture di Aurelio Misiti e a quello dell’Economia di Antonio Gentile, la prossima sarà quella al ministero del Lavoro di Giuseppe Galati; che infine «ci saranno tre calabresi che lavoreranno per la loro regione nel governo».
Quattro giorni prima, a Olbia per sponsorizzare un candidato, il suo amico ortopedico Settimo Nizzi, aveva garantito che il sottosegretario sarà un potente del luogo, Mauro Pili.
I Responsabili lamentano di non aver avuto quanto era stato concordato? Silvio cita Sciascia: «È giusto, ciascuno avrà il suo».
Si consuma il sommo Rito, quella di promessa per tutti.
Gianfranco Fini, sostiene che il presidente del Consiglio cadrà non per via giudiziaria, ma perchè «non ha mantenuto le promesse».
Tesi che varrebbe in tutti i Paesi europei, escluso l’Italia.
Concetto rigorosamente politico, ma che non si adatta al nostro elettorato, altrimenti il premier sarebbe già dovuto fuggire su un barcone per raggiungere da clandestino Tripoli e il suo compagno di merende Gheddafi.
Purtroppo quando il Cavaliere promette, molti italiani che lo ascoltano sentono come di aver udito la parola di uno sciamano, e non si domandano se la cosa avverrà anche, oppure no.
Il mezzo è, più che mai, il messaggio, i toni, i modi, il rapporto tra le parole e le diverse piazze.
Berlusconi è a Napoli, dove assai sentito è il problema del condono per le case abusive?
Annuncia «fermerò le demolizioni fino alla fine dell’anno».
Gli domandano del problema del caro traghetti a Olbia? Mette la sua mano sul fuoco, «deve essere risolto, e se ve lo dico io consideratelo già fatto», interverrà «chiamando la Tirrenia a ripristinare la linea e intervenendo come stato sui costi dei carburanti».
Gli chiedono dei fondi per la Olbia-Sassari, della statale 125 Olbia-Arzachena-Palau, della stazione ferroviaria?
«Saranno trovati, giuro; lo dico io a Tremonti».
È a Crotone, città assai disamorata dalla politica, e s’impegna: «Dimezzerò il numero dei parlamentari».
Solo in tal modo si può spiegare come mai l’uditorio continui a prendere dopo tanti anni per buona la promessa: perchè è personalizzata.
Esiste, sì, un format smaccato, il logorìo degli anni, la ripetizione; ma è anche vero che il Capo lo adatta.
La seduzione, diceva Renè Girard, non serve a riportare alla realtà , serve proprio per esorcizzare il peso della realtà .
È il meccanismo del «ripulirò Napoli dalla monnezza in un mese», del «meno tasse per tutti», del «risolvo in quarantott’ore il problema degli sbarchi a Lampedusa».
Certo – rispetto al «meno tasse per tutti», al «miracolo italiano», al contratto con gli italiani in tv da Vespa («prometto che se non avrò realizzato almeno quattro dei cinque punti non mi ricandiderò più») – la promessa odierna ha perso ogni residua grandezza.
Ma la tecnica del Cavaliere fin dalla «discesa in campo» è sempre stata mescolare promesse epocali e piccoli orticelli.
Per esempio «con Letizia Moratti triplicheremo gli anziani assistiti in città », oppure «abbiamo in mente i progetti delle due linee della metropolitana”, lo intervista Radio Kiss Kiss, emittente molto ascoltata dai tifosi del Napoli dove Silvio giura, «ad Allegri piace Hamsik, ma non credo che De Laurentiis sia intenzionato a cedere una star. Escludo dunque questa possibilità . Dò garanzie ai napoletani».
E poi di nuovo, a giro, la promessa: «Supereremo il divario nell’occupazione tra nord e sud».
È come se la Promessa sottendesse l’irrealtà , non la realizzazione; il Sogno, non la psicopatologia della vita quotidiana.
E l’ubiquità del Capo, “prometto ad Alessandro Nannini di andare a Siena se arriverà al ballottaggio”, a Coppola «sarò a Torino al secondo turno», a Lettieri «giurò che mi avrai al tuo fianco a Napoli»…
«Sono un uomo di mare», raccontò una volta il Cavaliere accennando ai tanti porti in cui era approdato, fin da sedicenne chansonnier.
Forse per questo ha abituato gli italiani alle sue promesse da marinaio.
Fino a quando?
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
IMBARAZZO A PALAZZO MARINO: PARTE LA CACCIA A CHI HA CONFEZIONATO IL FALSO DOSSIER SU PISAPIA CHE POTREBBE COSTARE CARO ALLA RICONFERMA DELLA MORATTI… INTERPELLATI PSICOLOGI E MONITORATA LA BASE: MORATTI BRUCIATA NEL RUSH FINALE
Sono quattro righe, evidenziate in grassetto e con tanto di sottolineatura, a scattare
l’istantanea finale.
Una bocciatura che racconta quanto l’attacco a freddo sferrato da Letizia Moratti a Giuliano Pisapia possa trasformarsi in un boomerang per il sindaco: «Un unico, fatale, momento di debolezza, proprio alla conclusione del confronto», viene definito in un documento riservato redatto da Alessandra Ghisleri, la sondaggista di fiducia del premier.
Perchè «l’accusa è stata una mossa per nulla attinente al momento e alla circostanza — continua l’analisi — ma, soprattutto, per nulla coerente con l’aplomb e con lo stile che contraddistingue e caratterizza il personaggio Letizia Moratti».
Solo quaranta secondi.
Capaci, però, di ribaltare il giudizio sui due candidati.
E di lasciare un segno in un campione di elettori di «centrodestra e indecisi», ma anche «nella memoria dell’opinione pubblica».
Per «una battuta impropria e fuori luogo», addio all’immagine di signora moderata.
Nonostante i giudizi gelidi dei “suoi”, lei va avanti. Nessuna marcia indietro.
Anzi. Lo ribadisce a tutti quelli con cui parla, Letizia Moratti.
A cominciare dal suo staff: una cerchia di spin doctor, comunicatori e consiglieri che fin dall’inizio si sono detti sorpresi.
È di fronte a loro che, ieri, si è presentata alla riunione quotidiana in cui si discute la strategia: «È stata una mia decisione, non volevo coinvolgere nessuno», avrebbe esordito lei.
Perchè nessuno, ora, giura di essere stato avvertito.
E nessuno si assume la paternità dell’operazione di «killeraggio mediatico», come l’ha definita Pisapia.
A Palazzo Marino è in corso la caccia alla “manina” che ha confezionato il dossier.
Uno scaricabarile in piena regola, condito dal gelo più o meno esibito.
Chi può essere stato a suggerirle un’uscita simile?
L’identikit descrive qualcuno di cui Moratti si fida, magari un filo politico che porterebbe direttamente ai “falchi” del Pdl. A Roma.
Si va avanti: lei ha deciso così.
Cercando di assorbire il colpo che anche l’analisi di Euromedia Research racconta.
Il gruppo ha studiato le reazioni di un campione di elettori di centrodestra e di indecisi al confronto tv tra i due avversari.
Una «diagnosi completa», con tanto di psicologi.
Talking group, lo definiscono.
E sarà per l’appartenenza politica che i giudizi sono eccellenti per Moratti: viene definita «ferma, coerente, fredda, determinata, sicura».
Praticamente perfetta, a differenza del suo avversario, «generico, vago, poco incisivo».
Ma Pisapia riesce «a guadagnare un’opportunità di “rivalsa” dallo scivolone finale del sindaco».
Non a caso il voto viene diviso in due momenti. «Fino all’ultimo minuto del dibattito», Moratti prenderebbe 7 e Pisapia 5,5.
«Dopo l’ultimo minuto», il crollo: Moratti 5, Pisapia 6,5.
Anche la conclusione è chiara: «Il dibattito resterà sicuramente impresso nella memoria dell’opinione pubblica, principalmente per la ridondanza che i media potranno dare nei giorni a venire, a ridosso del voto, a una battuta impropria e fuori luogo. Che risulta ancora più inspiegabile alla luce di un dibattito che ha visto per tutta la sua durata un sindaco posato, cortese e corretto».
(da “La Repubblica“)
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
“IL DEMANIO SARA’ COSTRETTO A COMPRARSI LE STRUTTURE REALIZZATE SUL SUOLO PUBBLICO”…IL GOVERNO, DOPO LE CRITICHE DELLA UE, COSTRETTO A RIDURRE LA CONCESSIONE, RISPETTO AI 90 ANNI INIZIALMENTE PREVISTI
“E’ un bene che sia tramontata l’ipotesi del diritto di superficie per 90 anni per le spiagge date in concessione a privati, ma è un altro il rischio nascosto nel decreto sviluppo: scadute le future concessioni, il Demanio sarà costretto a “comprare” le strutture edificate sul suolo pubblico”.
La denuncia viene da Fai e Wwf a poche ore dalla firma del capo dello Stato sul decreto che contiene le norme sulle nuove concessioni a fini turistici sul litorale demaniale.
Il governo, dopo le polemiche dei giorni scorsi, è stato costretto a modificare il termine delle concessioni, riducendo drasticamente a vent’anni la durata di 90 anni inizialmente prevista.
Il diritto di superficie quasi secolare era stato istituito a garanzia della programmazione e della certezza degli investimenti degli operatori privati.
Ma quella sorta di concessione “a vita” era stata giudicata dall’Ue “non conforme” alla disciplina del mercato comune, che prevede in casi simili tempi ragionevolmente ridotti, ed aveva sollevato anche le perplessità del Quirinale.
Il Colle aveva chiesto che il termine fosse riconsiderato.
Così il testo è stato modificato e il termine di 20 anni dovrebbe comparire nell’ultima versione del decreto.
Fai e Wwf temono però che questo non basti e chiedono che si ritorni al diritto di concessione oggi in vigore.
“L’inghippo – sostengono le due associazioni – della trasformazione del diritto
di concessione in diritto di superficie mette a rischio cementificazione le spiagge. Si vuole infatti separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo”.
Oggi come oggi, questo rischio era escluso perchè, tramite la concessione, gli immobili, anche se realizzati da privati, rimanevano in uso per il tempo della concessione, ma erano del demanio.
“In concreto – proseguono Fai e Wwf – questo significa che con l’introduzione del diritto di superficie se lo Stato vorrà le spiagge libere da infrastrutture, una volta scaduto il termine dei vent’anni, dovrà pagare ai privati il valore degli immobili realizzati perchè questi saranno a tutti gli effetti di loro proprietà e quindi potranno essere venduti o ereditati”.
“In via teorica – concludono Wwf e Fai – , anche se poco applicata, lo Stato oggi può revocare le concessioni in caso di violazioni; cosa che non sarà più possibile con il diritto di superficie”.
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Maggio 14th, 2011 Riccardo Fucile
GUIDA LA SOCIETA’ SYNTEC DALLA SUA FONDAZIONE NEL 2000, MA CONTA PERDITE PER 200 MILIONI DI EURO, SEMPRE RIPIANATI DAL MARITO…FORSE FAREBBE MEGLIO A NON SFOGGIARE LE SUE PRESUNTE COMPETENZE MANAGERIALI, VISTI I RISULTATI
“È presidente e maggiore azionista di Syntek capital group, società d’investimento attiva
nel settore delle telecomunicazioni e dei media con sede a Monaco di Baviera”.
Correva l’anno 2001 e Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti si raccontava così sul sito Internet del ministero dell’Istruzione.
Lei, donna manager, “donna del fare”, chiamata al governo da Silvio Berlusconi, sfoggiava orgogliosa l’ultimo traguardo raggiunto in carriera.
A un decennio di distanza, nella sua pagina online del Comune di Milano, la sindaca Moratti conferma: è ancora lei il socio principale nonchè presidente dell’advisory board di Syntek.
Solo che nel frattempo è successo di tutto.
Il gruppo fondato nel 2000 dalla moglie del petroliere Gian Marco Moratti si è trasformato in un buco senza fondo che ha inghiottito centinaia di milioni di perdite.
Quasi peggio dell’Inter, gran passione dell’altro Moratti, Massimo.
Anche lì i bilanci sono da tempo in rosso profondo, ma almeno la squadra ha fatto man bassa di trofei.
Nel regno di Letizia, invece, si perdono quattrini e basta. E poi tocca al marito staccare l’assegno per far fronte al passivo.
Negli ultimi cinque anni l’avventura Syntek è costata una somma non inferiore ai 200 milioni di euro.
I conti sballati della società con sede in Baviera hanno mandato a picco i bilanci della Securfin holdings, la società di famiglia di Gianmarco e Letizia Moratti.
La stessa a cui fanno capo una serie di proprietà immobiliari in Italia e all’estero (Stati Uniti e Gran Bretagna), compresa la casa del sindaco in pieno centro di Milano e il castello di Cigognola, nell’Oltrepo Pavese.
Securfin holdings ha perso 11 milioni nel 2006, addirittura 112 milioni l’anno successivo, poi 45 milioni nel 2008 e altri 20 nel 2009, ultimo dato disponibile. Dal bilancio emerge che la holding targata Moratti vanta crediti per oltre 180 milioni nei confronti di una finanziaria olandese, la Golden.e, a sua volta esposta verso Syntek.
Ma le probabilità di recuperare questi prestiti sono talmente ridotte che sono state iscritte all’attivo a valore zero.
Insomma, una situazione disastrosa.
Mica male per una signora che ama sfoggiare le sue competenze manageriali. Proprio lei, l’erede dei Brichetto, una dinastia di assicuratori partiti da Genova alla fine dell’Ottocento.
Certo, impegnata a fare il sindaco, forse Letizia Moratti avrà trovato poco tempo da dedicare alla sua Syntek.
È un fatto, comunque, che nel suo ruolo di maggiore azionista e presidente dell’advisory board avrebbe comunque dovuto dare un occhio alla gestione aziendale e alla scelta degli investimenti.
A quanto sembra gli affari sono andati a rotoli sin da principio.
L’iniziativa è partita troppo tardi per cavalcare a fine anni Novanta l’onda del boom della cosiddetta New Economy. In compenso è stata investita in pieno dalla crisi.
Una delle operazioni meno fortunate (eufemismo) è però molto lontana dal mondo delle nuove tecnologie.
Carte alle mano si scopre che la società controllata da Letizia Moratti è riuscita a perdere svariate decine di milioni con la Cargoitalia, una compagnia aerea per il trasporto merci.
Nel 2008 Syntek ha messo in vendita l’azienda, passata al gruppo Leali con il supporto di Banca Intesa.
Il conto finale è stato pesantissimo: 76 milioni di perdite.
Un mezzo crac che ha lasciato il segno nel bilancio della holding.
Speranze di recupero? Pochine, al momento.
E pensare che nel 2000, per lanciare la neonata Syntek, i Moratti chiamarono a raccolta una schiera di consulenti d’eccezione.
Un vero parterre di grandi nomi della finanza internazionale.
Scorrendo l’advisory board si incontrano personaggi come Antoine Bernheim, a lungo presidente delle assicurazioni Generali, l’avvocato Sergio Erede, titolare di uno degli studi legali più noti nella city milanese, Eckhard Pfeiffer, già numero uno di Compaq computer e molti altri ancora.
Nell’elenco spunta anche il nome di Sonja Kohn, banchiera con base in Austria che dopo la sua esperienza in Syntek è stata travolta dal crac di Bernard Madoff. Era lei, questa l’accusa, a vendere in Europa i prodotti finanziari del bancarottiere americano, protagonista di uno dei crac più clamorosi della storia di Wall Street.
La Kohn, così come gran parte degli altri consulenti, ha da tempo rotto i rapporti con Syntek.
Motivi d’immagine: meglio tenere le distanze da una società che perde soldi a rotta di collo.
Così, alla fine, il cerino acceso è rimasto a Letizia Moratti.
E il marito paga.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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