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L’EX DIRETTORE DELL’AGENZIA CONSERVATORIA DELLE COSTE DELLA SARDEGNA, GIOVANNI PIERO SANNA (NOMINA LEGHISTA) È STATO ARRESTATO INSIEME AD ALTRE DUE PERSONE CON L’ACCUSA DI AVERE SOTTRATTO CIRCA 2 MILIONI DI EURO, DAL 2020 AL 2024, DESTINATI ALLA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO COSTIERO DELL’ISOLA, SEQUESTRATI ANCHE TRE MILIONI DI EURO A TITOLO PREVENTIVO

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

L’INCHIESTA DELLA PROCURA È PARTITA DA UN ESPOSTO PRESENTATO DALL’ATTUALE DIRETTRICE DELL’AGENZIA, MARIA ELENA DESSÌ, NOMINATA DALLA GIUNTA TODDE E CHE HA SOSTITUITO SANNA, INDICATO AI TEMPI DELL’EX GOVERNATORE SOLINAS

L’ex direttore dell’Agenzia Conservatoria delle Coste della Sardegna, Giovanni Piero Sanna, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Cagliari, insieme ad altre due persone con l’accusa di avere sottratto circa 2 milioni di euro, dal 2020 al 2024, destinati alla valorizzazione ed alla conservazione del patrimonio costiero dell’Isola.
I tre si trovano ai domiciliari ma sono cinque in tutto gli indagati accusati a vario titolo di associazione per delinquere, peculato,
sostituzione di persona, falsità materiale e autoriciclaggio. Sequestrati anche tre milioni di euro a titolo preventivo.
L’inchiesta della procura è partita, secondo quanto appreso, da un esposto presentato dall’attuale direttrice dell’Agenzia, Maria Elena Dessì, nominata dall’attuale Giunta Todde e che ha sostituito Sanna, indicato dall’esecutivo Solinas e dall’agosto 2024 direttore dell’Ufficio dirigenziale non generale RU I – Benessere organizzativo del personale – Affari generali della Direzione generale delle risorse umane (RU) del dipartimento della sovranità alimentare e dell’ippica del ministero dell’Agricoltura (incarico triennale).
Secondo i baschi verdi, che hanno dato esecuzione, nelle province di Cagliari, Roma, Firenze, a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal Gip del Tribunale di Cagliari, su richiesta della procura cagliaritana, i tre arrestati, con l’aiuto degli altri due indagati e avvalendosi di parenti e conoscenti, attraverso 13 fittizie associazioni culturali no profit rappresentate da diversi prestanome – “persone totalmente ignare”, fa sapere la Gdf in una nota – nonché una società di capitali (“riconducibile allo stesso direttore”), avrebbe drenato soldi pubblici per viaggi e trasferte private, la locazione di una villa sull’isola di Capri, l’acquisto di beni mobili, abbigliamento ed altri oggetti personali, nonché di 4 immobili tra i quali due ville con giardino in provincia di Cagliari.
“Le attività investigative hanno consentito di ricostruire le articolate dissimulazioni messe in atto per giustificare la
fuoriuscita di denaro pubblico avvenuta sotto forma di contributi alle associazioni per la realizzazione di progetti e conferenze, di fatto mai realizzati – spiegano dalla Guardia di Finanza – per la promozione della cultura, della storia e del territorio della Sardegna”, come volumi, produzioni video e collane fotografiche, mai pubblicate.
(da agenzie)

 

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I DATI DEL FALLIMENTO DEL PROTOCOLLO ITALIA-ALBANIA SUI CENTRI IN ALBANIA: 20 MIGRANTI IN MEDIA DETENUTI SUI 3.000 PREVISTI

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

COME SPUTTANARE UN MILIARDO DI EURO PER ANDARE DIETRO ALLA FECCIA RAZZISTA

Il fallimento dei centri in Albania, per i richiedenti asilo e per i rimpatri, è nei numeri, nelle fotografie di strutture semivuote, dove funzionari dello Stato pagati con soldi pubblici si girano i pollici in attesa di voli che di tanto in tanto portano qualcuno dall’Italia.
Sì, perché dal mare non arriva più nessuno e l’hotspot di Shëngjin, quello che in teoria era stato predisposto per la prima identificazione, è sbarrato. Resta Gjadër, dove si trovano un centro per il trattenimento di chi ha fatto richiesta di asilo, un carcere e un Cpr, centro di permanenza per il rimpatrio.
Oggi la questione di come riavviare un progetto che è costato 670 milioni di euro, più i 70 milioni spuntati dalla manovra finanziaria per il 2026, sarà ovviamente uno dei capitoli centrali
dell’incontro a Villa Pamphilj tra Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama, nell’ambito del primo vertice intergovernativo Italia-Albania.
«Fun-zio-ne-ran-no!» gridò Meloni lo scorso dicembre dal palco della festa di FdI. È passato quasi un anno e la promessa non si è realizzata.
Qualche giorno fa una delegazione di parlamentari dell’opposizione è volata in Albania. Tra loro c’era Riccardo Magi, segretario di Più Europa. «È palese la completa inutilità dei centri. Dove gli agenti di polizia, carabinieri, Guardia di Finanza, sono un multiplo importante dei migranti».
Magi rivela anche un dettaglio inquietante: «Molti sono imbottiti con psicofarmaci e ansiolitici, come il Rivotril, solitamente somministrati per patologie incompatibili con lo stato di detenzione».
Secondo una verifica sui dati ufficiali circa il 70% dei trattenimenti, sui poco più di 200 arrivi in due anni, non è stato convalidato. Inoltre, i numeri in discesa degli sbarchi non giustificherebbero un Cpr extraterritoriale in aggiunta a quelli presenti in Italia. Cifre che confermerebbero il venir meno dell’efficacia, anche in termini di costi, dell’operazione.

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SANITA’, L’ITALIA E GLI ALTRI: POCHI INFERMIERI E LETTI IN OSPEDALE

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

SOLO IL 44% DEGLI ITALIANI E’ SODDISFATTO DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA SANITARIA RICEVUTA, CONTRO UNA MEDIA EUROPEA EUROPEA DEL 64%

Gli indicatori sulla salute restano buoni con gli italiani che hanno una aspettativa di vita di 83,5 anni, 2,4 anni in più rispetto alla media dei Paesi più sviluppati al mondo che fanno parte dell’Ocse anche se la crescita è rallentata e infatti siamo stati superati dalla Spagna.
Anche l’indicatore sulla mortalità evitabile ci vede in una posizione invidiabile con soli 93 decessi per 100mila abitanti contro i 145 della media Ocse grazie questo soprattutto ai nostri stili di vita che infatti vedono una incidenza di obesi del 12%
rispetto al 19% della media.
Ma le notizie positive nel confronto tra i 38 Paesi più sviluppati al mondo contenuti nell’ultimo rapporto “Health at glance 2025” appena pubblicato finiscono qui visto che il confronto su diversi indicatori della Sanità ci vedono ancora molto indietro e non fanno ben sperare per il futuro, soprattutto sul lato della spesa
In Italia infatti secondo l’ultimo rapporto Ocse si spendono 5164 dollari a testa per le cure contro una media di 5967 dollari (a parità di potere d’acquisto) e in rapporto al Pil – tra gli indicatori al centro delle polemiche in Italia – siamo complessivamente all’8,4% contro la media Ocse del 9,3% e con la spesa pubblica sanitaria che vale il 6,3% del Pil lontanissimi dal 9,7% della Francia e dal 10,6% della Germania e superati anche dalla Spagna che si attesta al 6,7 per cento. Abbiamo infine pochi infermieri – 6,9 per mille abitanti contro la media di 9,2v (con alcuni Paesi che ne hanno fino a 19 infermieri per mille abitanti) – e pochi posti letto: ne contiamo soltanto 3 per mille italiani contro i 4,2 dell’Ocse. Nonostante si parli spesso di carenza di medici in Italia nel confronto con gli altri Paesi non siamo messi così male, anzi: abbiamo 5,4 camici bianchi a fronte dei 3,9 medici di media nei Paesi Ocse (anche se molti medici italiani sono già over 55). Possiamo contare anche su un discreto numero di farmacisti: ne abbiamo 140 per 100mila abitanti, mentre la media è di 86 farmacisti. Un altro neo che contraddistingue l’Italia è lo scarso ricorso ai farmaci generici che sono meno costosi – sia per il Servizio sanitario nazionale
che per i cittadini – e infatti nel nostro Paese rappresentano solo il 28% del mercato a fonte del 56% della media Ocse. Secondo il report infine solo il 44% degli italiani è soddisfatto della qualità dell’assistenza sanitaria ricevuta contro una media degli altri Paesi del 64 per cento.
(da agenzie)

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L’ALTRA ITALIA. AMICALRE, STUDENTE PENDOLARE: “SVEGLIA ALLE 3 DI NOTTE, RIENTRO IN SERATA, 400 KM IN BUS OGNI GIORNO PER ASSISTERE ALLE LEZIONI ALL’UNIVERSITA’ DI BARI”

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

HA 24 ANNI E OGNI GIORNO PARTE DA PRESICCE PER SEGUIRE I CORSI DI CHIMICA: “VOGLIO FARCELA A OGNI COSTO, NE VA DEL MIO FUTURO”… “UN POSTO LETTO A BARI? NON POSSO PERMETTERMELO”…  E’ QUESTA L’ITALIA CHE VOGLIAMO?

Dal lunedì al giovedì è sempre la stessa storia. Il suono della sveglia rompe il silenzio. Amilcare Erroi, 24 anni, di Presicce, non ha bisogno di guardare lo schermo del telefonino. Sono le 3 di notte e anche se volesse restare un altro po’ sotto le coperte, perché è convinto di essersi addormentato da poco, si alza. La madre è già in piedi. Lui si lava, si veste, sorseggia un caffè ed entra in auto. I sei chilometri che separano Presicce, la città dell’olio nel Basso Salento, da Alessano si divorano in una decina di minuti. Il tempo di un abbraccio e il pullman 599 è già pronto ad accoglierlo. Alle 4,25 le porte si chiudono. Chi c’è, c’è. Qui non si aspetta nessuno. La destinazione? Bari.
Passando da Lucugnano, Montesano Salentino, Nociglia, Botrugno, Cursi, Melpignano, Castrignano Dei Greci, Martano, Calimera, Castri di Lecce, Lizzanello, Cavallino. Sono i grani del rosario laico quotidiano. Ogni paese, una fermata. Ogni fermata, un nuovo passeggero. La strada tira dritto fino a Lecce, poi tutto d’un fiato da Brindisi a Bari. L’arrivo è alle 7,10. Il tempo di un altro caffè ed eccoci al Campus universitario, facoltà
di Chimica, dove lo studente universitario Amilcare si trasforma in un fuorisede. All’Università di Bari ci sono 19 pendolari ogni 100 iscritti.
Ma mentre per gli altri lo spostamento medio è di 21 minuti, per lui servono tre ore all’andata per percorrere i 211 chilometri che lo separano dal capoluogo e tre ore al ritorno. «Se tutto va bene — spiega — c’è il pullman delle 16,55, con arrivo alle 19,30, senza soste. Altrimenti riparti alle 17,55 e sei a casa alle 22,50 con un cambio a Lecce degno del pit stop di una Ferrari, per non perdere altro tempo».
Amilcare non si può concedere distrazioni. Si siede al primo banco, perché deve capitalizzare il tempo delle lezioni. Apprendere il più possibile, non sciupare il livello di attenzione. Gli altri dopo possono fare domande e approfondire gli argomenti, se vogliono. Lui no. Deve riprendere il pullman per Alessano, dove la madre lo aspetta per tornare a Presicce. Pendolarista dell’estremo?Sorride. E racconta la sua ricetta antistress: «Concentrazione, ordine e disciplina sono il mio mantra, se voglio raggiungere l’obiettivo. Se salgo sul 599 delle 16,55 riesco a studiare un po’ durante il viaggio, altrimenti sfoglio i libri prima di cenare». Non sarebbe meglio trovare un alloggio a Bari? «I prezzi sono alti, almeno 300 euro per posto letto, ai quali aggiungere le bollette. Non posso permettermelo. Al primo anno di Università ho cercato di partecipare a una borsa di studio, ma ho dato un solo esame e non ho raccolto i crediti necessari per partecipare all’altro bando».
E la didattica a distanza? «La tecnologia aiuta molto a mantenere i rapporti. In questo caso, però, ci sono pro e contro. In aula si interagisce direttamente con il professore, si segue meglio una lezione, ti resta qualcosa di più di quanto detto.Con il computer è più facile distrarsi. Bisogna considerare i cali di tensione della rete, i collegamenti non stabili. Insomma, tutto diventa più complicato». C’è un corso di Chimica anche a Lecce. Potrebbe frequentarlo. Avrebbe meno disagi. «Quando mi sono iscritto all’Ateneo barese non era ancora stato istituito il dipartimento salentino. Ormai mi sono affezionato alla città, ai docenti e ai colleghi di corso. L’Università è diventata la mia seconda casa. Reggo questi ritmi quotidiani e tutto sommato ho ottenuto risultati migliori di quanto mi aspettassi». Ma proprio questi ritmi non finiscono per condizionare la svita sociale di Amilcare? «Inevitabilmente sì. In settimana è difficile vedere parenti o frequento amici. Le energie sono poche e le devo preservare. Nei weekend potrebbe essere più facile, ma cerco di lavorare. Mi rendo disponibile durante le festività, magari quando l’Università è chiusa. Tutto questo influisce sullo studio, sottrae il tempo da dedicare alla preparazione degli esami. Riesco soltanto a svolgere un pizzico di attività fisica per evitare i deterioramenti delle articolazioni costrette all’immobilismo: tra i viaggi di trasferimenti e le lezioni sono quasi sempre seduto».Capitolo professori. «Sono comprensivi», assicura Amilcare. «Quando possono mi tendono la mano, capiscono le mie difficoltà e il mio impegno. Io però non mollo. Andrò sino
in fondo. Non è soltanto una questione di principio. Credo in questo percorso di studi, rappresenta la mia certezza per il futuro”
(da Fanpage)

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ECCOLO IL PAESE DELLE MERAVIGLIE RACCONTATO DALLA MELONI: L’ISTAT CERTIFICA CHE IN ITALIA IL RISCHIO DI POVERTÀ È AL 18,9%, SOPRA LA MEDIA DELL’UE DEL 16,2%, E LA DISUGUAGLIANZA DEL REDDITO NETTO È AL 5,5%, CONTRO IL 4,7% DEI 27 PAESI DELL’UNIONE

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

I DATI PEGGIORI SI REGISTRANO NELLE REGIONI DEL SUD, IN PARTICOLARE IN CAMPANIA E PUGLIA – L’ITALIA MOSTRA RISULTATI PIÙ POSITIVI RISPETTO ALLA MEDIA UE PER LA “MORTALITÀ EVITABILE” E PER LA SPERANZA DI VITA

In Italia si osservano condizioni di benessere economico peggiori rispetto alla media Ue: nel 2024 il rischio di povertà è al 18,9%, contro il 16,2% dell’Ue27. La disuguaglianza del reddito netto è anche più alta (5,5% Italia contro 4,7% Ue27). E’ quanto emerge dal Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) 2024 diffuso dall’Istat.
Tuttavia, il sovraccarico del costo dell’abitazione colloca l’Italia in vantaggio, 3,1 punti percentuali al di sotto della media europea (8,2%); ciò avviene anche per gli indicatori relativi alla deprivazione materiale e sociale e alla difficoltà ad arrivare a fine mese.
Inoltre, per Salute e Sicurezza, l’Italia mostra risultati positivi rispetto alla media Ue27 per la mortalità evitabile (17,6 rispetto a
25,8 per 10mila abitanti della media europea). La speranza di vita è di 84,1 anni, superiore alla media Ue27 di 81,7 anni, e il tasso di omicidi è tra i più bassi d’Europa (0,6 rispetto a 0,9 per 100mila abitanti in Ue27).
Il confronto con l’Europa (media Ue27), possibile per 39 indicatori, 22 dei quali disponibili anche distinti per genere, mostra una situazione peggiore per l’Italia per 18 indicatori, migliore per 11 indicatori, evidenzia il rapporto.
In generale, poco più di un terzo (34,3%, 47 indicatori) dei 137 indicatori Bes per i quali è possibile il confronto con l’anno precedente migliora in modo significativo; il 26,3% degli indicatori è su livelli peggiori (36) e il 39,4%, la quota più consistente, risulta stabile (54 indicatori)
Migliorano 7 indicatori su 13 del dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, ma allo stesso tempo 5 peggiorano; il dominio Qualità dei servizi si divide tra 6 indicatori in miglioramento e 6 in peggioramento sui 16 totali; migliorano circa la metà degli indicatori di Istruzione e formazione. In Sicurezza e Politica e istituzioni si osserva la maggiore quota di indicatori in peggioramento nell’ultimo anno. Nel lungo periodo il quadro è più positivo: oltre la metà degli indicatori migliora (70 su 128), solo 16 peggiorano, mentre per un terzo di essi non è possibile individuare una tendenza univoca. Tutti gli indicatori di Sicurezza migliorano, come anche oltre i tre quarti degli indicatori di Innovazione, ricerca e creatività, Politica e istituzioni e Benessere soggettivo. Nel dominio Relazioni sociali si rileva la maggiore quota di indicatori in peggioramento (4 su 9).
Per tutte le regioni del Nord e del Centro, escluso il Lazio, nell’ultimo anno disponibile, il 60% o più dei 134 indicatori regionali analizzati mostra livelli di benessere migliori della media Italia, con punte del 70% e oltre per le due Province autonome di Trento e Bolzano/Bozen, il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia.
Al contrario, in tutte le regioni del Mezzogiorno, a eccezione dell’Abruzzo, la maggioranza degli indicatori registra valori peggiori di quelli nazionali; in Campania e in Puglia ciò accade per più di sette indicatori su 10.
(da agenzie)

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GIANCARLO TULLIANI, SEQUESTRATI VILLA E OLTRE DUE MILIONI DI EURO AL COGNATO DI GIANFRANCO FINI ANCORA LATITANTE

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

L’UOMO E’ STATO CONDANNATO A SEI ANNI DI RECLUSIONE MA VIVE INDISTURBATO A DUBAI

Oltre 2 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza a Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini residente a Dubai e attualmente latitante, su disposizione del tribunale di Roma e su proposta della procura distrettuale antimafia. L’operazione riguarda beni mobili, immobili e finanziari accumulati con proventi illeciti.
L’indagine trae origine da un’inchiesta del 2017, che aveva portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei membri di un’associazione a delinquere transnazionale sospettata di peculato, riciclaggio e evasione fraudolenta delle tasse. Giancarlo Tulliani, secondo la ricostruzione degli inquirenti, riceveva ingenti somme di denaro di provenienza illecita, trasferendole all’estero tramite società offshore e reimpiegandole in immobili e beni di lusso.
Il sequestro dei beni
A conclusione del processo di primo grado, Tulliani è stato condannato a sei anni di reclusione per riciclaggio e la sentenza del tribunale ordinario di Roma del 30 aprile 2024 ha disposto la confisca dei beni corrispondenti ai proventi illecitamente accumulati. Tuttora, però, Tulliani è latitante. Le indagini economico-patrimoniali hanno evidenziato una sperequazione significativa tra i redditi dichiarati e il valore dei beni effettivamente detenuti nel periodo 2008-2015. Per questo i giudici di Roma hanno disposto il sequestro dei beni, che comprende una villa a Roma, conti correnti in Italia e all’estero e due macchine, di cui una di lusso, per un valore complessivo stimato di circa 2,2 milioni di euro.
(da agenzie)

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L’ITALIA SOVRANISTA: IL POSTINO ASSUNTO A TEMPO INDETERMINATO COSTRETTO A DORMIRE IN AUTO: “L’AFFITTO E’ TROPPO CARO”

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

LA CARITAS: “ORMAI I POVERI NON SONO PIU’ COLORO CHE VIVONO AI MARGINI O CON PROBLEMA DI DIPENDENZE”

«Ho un contratto a tempo indeterminato, ma non posso permettermi un tetto sopra la testa». È la testimonianza di un postino che lavora in Alto Adige, raccolta da Danilo Tucconi, responsabile dell’area senzatetto di Caritas. L’uomo, dopo aver vinto un concorso alle poste, aveva cominciato a lavorare con entusiasmo, ma il costo degli alloggi lo ha costretto a dormire in macchina e a rivolgersi ai servizi di accoglienza.
«I poveri non sono più chi vive ai margini»
Il responsabile della Caritas sottolinea che il suo caso non è isolato e riflette un’emergenza che travolge una fascia sempre più ampia della popolazione. «Oggi il nostro interlocutore non è più soltanto chi vive ai margini, con problemi di dipendenze o gravi fragilità», afferma. In Alto Adige, come riporta Il Gazzettino, il costo degli affitti è ormai insostenibile persino per chi ha uno stipendio fisso e un contratto stabile, al punto da
cambiare la natura stessa dell’assistenza: «I servizi nati per chi è in estrema difficoltà stanno diventando essenziali anche per chi non rientra in una fascia di reddito bassa».
Il rischio fuga dei lavoratori
L’allarme, sottolinea il responsabile Caritas, riguarda anche il futuro economico del territorio. Il rischio è che l’impossibilità di trovare casa spinga molti lavoratori a lasciare la regione, aggravando la già critica carenza di personale in settori chiave. «Nell’ultimo anno, l’area senzatetto della Caritas ha accolto circa mille persone tra Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico». Un dato che fotografa un disagio in crescita e una platea in allargamento. «L’offerta abitativa è carente», conclude Tucconi. Il cortocircuito, spiega, nasce dal divario sempre più ampio tra stipendi e affitti: un sistema che, in una delle province più ricche d’Italia, sta mettendo in ginocchio anche chi un lavoro ce l’ha.
,,,
(da agenzie)

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LAVROV SI LAMENTA PER LA “CENSURA” DEL CORRIERE DELLA SERA, IN REALTA’ E’ LUI CHE HA RIFIUTATO IL CONTRADDITTORIO

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

FA RIDERE SENTIRE PARLARE DI CENSURA UN MINISTRO DI UN PAESE DOVE NON ESISTE LA LIBERTA’ DI STAMPA

Il Corriere della Sera “si è rifiutato” di pubblicare un’intervista con il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov: lo afferma il ministero in una nota citata dalla Tass.
“Negli ultimi mesi – si legge – abbiamo assistito a un numero crescente di fake news sulla Russia. Per porre fine in qualche modo a questo flusso di bugie, abbiamo offerto a uno dei principali quotidiani italiani, il Corriere della Sera, un’intervista esclusiva con il ministro”. La redazione, prosegue la nota, “ha accettato con entusiasmo” e ha inviato numerose domande. “Il testo è stato preparato molto rapidamente ed era pronto per la
pubblicazione. Tuttavia, il quotidiano ha rifiutato di pubblicare le risposte di Lavrov alle proprie domande”, sottolinea il ministero.
Il Corriere della Sera “ha spiegato che le parole di Lavrov contengono troppe affermazioni discutibili che devono essere verificate o chiarite e che la loro pubblicazione andrebbe oltre i limiti del ragionevole”, sottolinea il ministero: “Consideriamo questa una manifestazione di palese censura. I cittadini italiani hanno il diritto di accesso all’informazione, garantito dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.
“Il ministero degli Esteri russo ha risposto alle domande inviate preliminarmente dal Corriere della Sera con un testo sterminato pieno di accuse e tesi propagandistiche. Alla nostra richiesta di poter svolgere una vera intervista con un contraddittorio e con la contestazione dei punti che ritenevano andassero approfonditi il ministero ha opposto un rifiuto categorico”: lo afferma la direzione del Corriere della Sera replicando alle accuse di censura da parte del ministero degli esteri russo.
“Evidentemente pensava di applicare ad un giornale italiano gli stessi criteri di un Paese come la Russia dove la libertà d’informazione è stata cancellata”, conclude la direzione del quotidiano: “Quando il ministro Lavrov vorrà fare un’intervista secondo i canoni di un giornalismo libero e indipendente saremo sempre disponibili”.
(da agenzie)

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NIENTE FONDI DAL MINISTERO DI GIULI PER CELEBRARE BARTOLO LONGO: “SCARSO RILIEVO DEL PERSONAGGIO”

Novembre 13th, 2025 Riccardo Fucile

NEANCHE SANNO CHE 12 GIORNI PRIMA PAPA LEONE L’HA FATTO SANTO

Bocciata la domanda per il centenario dalla morte del fondatore del santuario della Beata Vergine del rosario di Pompei, fatto beato da Giovanni Paolo II e poi canonizzato da papa Francesco e dal successore. Si rischia l’incidente con il Vaticano. Anche perché i fondi sono stati concessi per celebrare le ricorrenze della Dc e di Eleonora Duse, che però cadevano due anni prima
Il no è stato perentorio, e qualche sorpresa ha suscitato perfino in Vaticano. «Scarso rilievo del personaggio celebrato»: è con questo lapidario giudizio che il ministro della Cultura, Alessandro Giuli (o meglio per lui l’apposita consulta ministeriale) ha archiviato la richiesta di finanziamento del “Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Bartolo Longo”. Il “Bartolo Longo chi?” è spuntato fra le carte del decreto di istituzione e di rifinanziamento dei Comitati nazionali e delle Edizioni nazionali che Giuli ha inviato a palazzo Madama, accompagnandolo da una lettera rivolta al «Carissimo Ignazio» il 31 ottobre scorso; quindi, appena 12 giorni dopo che in piazza San Pietro papa Leone XIV lo aveva fatto santo, fornendo la risposta che gli esperti del ministero della Cultura non riuscivano a trovare.
Ignoto al Mic, ma nel cuore di tre papi: Giovanni Paolo II, Francesco e Leone XIV
La bocciatura del Santo sconosciuto alla consulta ministeriale rischia di trasformarsi in un incidente con il Vaticano, anche perché Bartolo Longo era ben noto e nel cuore di ben tre papi. Ben noto e ammirato da Giovanni Paolo II, che l’ha fatto beato il 28 ottobre 1980. Nel cuore anche di papa Francesco che il 25 febbraio scorso, dal letto all’ospedale Gemelli dove era
ricoverato, ha firmato la scelta di canonizzarlo. E ovviamente anche di papa Leone XIV, che il 19 ottobre ha proclamato santo Bartolo Longo definendolo «benefattore dell’umanità». Ma al ministero della Cultura non avevano seguito le scelte della Chiesa.
Bartolo Longo fu nell’Ottocento fondatore e finanziatore di uno dei santuari mariani più noti d’Italia, quello della Beata Vergine del Rosario di Pompei, dopo che ebbe in dono da una suora di Napoli quella che oggi tutti conoscono come l’icona della Madonna di Pompei. Nato da una famiglia borghese benestante, laureatosi in giurisprudenza dopo la conversione da adulto, Longo fu consacrato nel Terz’ordine domenicano, votandosi anche alla castità. A Napoli conobbe la contessa Marianna Farnararo, appena restata vedova del conte Albenzio de Fusco, con cinque figli da allevare. La contessa chiese a Bartolo di amministrarle i beni ereditati dal marito, fra cui molti possedimenti nella valle di Pompei. Per fare il suo lavoro si trasferì con un ufficio nella residenza De Fusco, e promosse con la contessa molte opere caritatevoli, aiutando in ogni modo i mille abitanti della valle di Pompei e rimettendo in piedi la vecchia parrocchia in rovina.
Il lavoro sotto lo stesso tetto della contessa vedova scatenò però le maldicenze. I due furono convocati per questo da papa Leone XIII, che chiese loro di sposarsi per mettere fine alle voci. Fu matrimonio celebrato in forma religiosa e mai trascritto negli atti civili. Non consumato secondo l’accordo originario con il
pontefice, senza quindi tradire il voto di castità. Serviva solo per la forma. Fu Longo a mettere i fondi per la costruzione del santuario e per la sistemazione delle case dei contadini lì vicino. Intuendo che grazie agli scavi di Pompei la cittadina sarebbe stata attrazione turistica, concesse il terreno e alcuni fondi per la costruzione della stazione ferroviaria, di un ufficio postale, di strade, di farmacie, di taverne per ristorare i turisti.
Niente soldi a Bartolo, ma finanziate ricorrenze fuori tempo. Dalla Dc alla Duse
Se “Bartolo Longo chi?” è stato escluso dalle celebrazioni ministeriali 40 mila euro sono invece stati assegnati al «Comitato nazionale per le celebrazioni dei duecento anni dalla nascita del Conservatorio di Napoli a San Pietro a Majella», che in realtà fu fondato a Napoli nel 1808, riunendo quattro orfanotrofi cinquecenteschi che nei secoli successivi si erano trasformati in scuole di musica. Il centenario si riferisce semplicemente al trasferimento del Conservatorio nella sua attuale sede in via San Pietro a Majella: è una celebrazione quindi più che culturale o storica, semplicemente toponomastica. Al ministero poi le risorse sono sembrate abbondare, tanto è che hanno rifinanziato vecchi comitati per celebrazioni da tempo passate. Come quello per ricordare con 42 mila euro nel 2026 gli 80 anni dalla fondazione della Democrazia cristiana, che però cadevano nel 2024. O i 25 mila euro per festeggiare il centenario della morte di Eleonora Duse due anni dopo: la grande attrice è infatti scomparsa il 21 aprile 1924
(da agenzie)

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