Destra di Popolo.net

LEGA RIDENS: RENZO BOSSI FA IL “BALILLA” MA SI BLOCCA IN ITALIANO, BELSITO FA RIDERE E ANCHE UN CLAMOROSO AUTOGOL

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

A GENOVA IL “TROTA” SI IMPADRONISCE DELLA FIGURA STORICA DEL “BALILLA”, GIOVANE PATRIOTA CHE NEL 1746 GUIDO’ LA RIVOLTA POPOLARE CONTRO LE TRUPPE AUSTRO-PIEMONTESI CHE OCCUPAVANO LA CITTA’… BALBETTA IN CATTIVO ITALIANO E INANELLA GAFFE… MA BELSITO LO SUPERA QUANDO INEVISCE CONTRO “IL NEPOTISMO NELL’UNIVERSITA’ E CONTRO CHI PIAZZA I FIGLI NEI POSTI IMPORTANTI, SOLO GRAZIE AL COGNOME CHE PORTA”

“Io, come giovane, sto facendo partire, dove facendo dei corsi che si insegna la storia, senza avere gli strumenti, la scuola non ce li dà “.
Così – c’è la registrazione – parlò il Trota.
Con quella giacchetta strizzata, lo sguardo del papà , sembra proprio Don Backy. E del resto fu proprio Don Backy, come braccio destro di Adriano Celentano ai tempi del Clan, a sdoganare lo scambio tra essere e avere, con una celeberrima hit del 1963, “Ancora una volta ho rimasto solo”.
Come Don Backy, più di Don Backy, avrà  anche problemi non secondari con la consecutio temporum (e anche un po’ con la storia, a voler essere sinceri) ma Renzo Bossi è capace di scaldare gli animi dei suoi “ragassi”.
Non come papà , ma la stoffa si vede.
Così, nella biblioteca della Regione Liguria, sotto le scritte “vietato far rumore” si odono boati da stadio contro la firma – da parte della Repubblica di Genova – dell’alleanza di Aranjuez (1° maggio 1745), con Francia e Spagna contro Austria e Casa Savoia e insulti alla mamma del “Marchese Antoniotto Botta Adorno che, accecato dall’odio, avanza richieste umilianti ed economicamente esosissime contro la Repubblica”.
Esosissime?
Consigliere Bossi, mica sarà  tanto contento il vostro Governatore Cota di questa santificazione leghista del Balilla in chiave antipiemontese.
“Chiedetelo al Cota – sbuffa il Trota – Noi siamo qui per festeggiare un ragazzo che diede voce alla rivolta del popolo. Cioè, la rivolta covava già  e lui fece uscire quella emozione profondissima del popolo. Capito?”. Capito.
Un po’ come i ragazzi che oggi scendono in piazza contro il governo?
“Insomma. I ragazzi hanno le loro ragioni ma la riforma universitaria ci vuole, serve una ripartenza della cultura nel nostro Paese e spesso i giovani protestano ma non sanno perchè. Capito?”.
Capito: ripartenza della cultura.
E che ne dice della dura battaglia con Fli sull’eredità  di Balilla? “Eh, Balilla mica era futurista”. Risate del popolo leghista, presente in massa.
“E poi ho letto delle polemiche, perchè noi lo festeggiamo il 3 mentre l’anniversario è il 5. Volete sapere il perchè? Noi, il 5, eravamo occupati”.
Risate e lungo applauso liberatorio, con sberleffi ai Futuristi che invece il 5 non hanno un tubo da fare.
“Che poi, al Balilla, mica mettiamo l’Alberto da Giussano, il nostro distintivo, all’occhiello”.
Boato gioioso del popolo verde.
La mattinata va via liscia, con i più giovani che prendono in giro il decano leghista Ravera (Rixi: “Diamo la parola al Ravera, che è un po’ il nostro Balilla, lui l’ha conosciuto di persona”), con l’architetto Casareto di “A Compagna” che ricorda Craxi in camicia rossa tra i mugugni dei leghisti e i leghisti che infilano una gaffe dietro l’altra, apparentemente senza accorgersene.
Come quando il sottosegretario Belsito, seduto proprio a fianco del consigliere regionale lombardo Renzo Bossi (potrebbe diventare vicesindaco di Milano, hanno scritto i giornali), si lancia con veemenza contro “il nepotismo nell’Università , questa gente che piazza i propri figli nei posti importanti, solo grazie al cognome che porta”.
Occhi bassi, magari il Trota non ha capito.
E, soprattutto, non riferirà  a papà .

Raffaele Niri
(da “la Repubblica-Genova“)
Ps. A uso fotografi, Renzo Bossi posa alla fine, nell’atto del lancio del sasso del Balilla, in una delle sue più espressive interpretazioni.

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PANNELLA IN VENDITA, SEI DEPUTATI IN CERCA DI ACQUIRENTE: DOPO TANTI DIGIUNI, ARRIVA IMPROVVISA LA FAME DI POLTRONE

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

PANNELLA POTREBBE VOTARE LA FIDUCIA AL GOVERNO: IN CAMBIO VUOLE FAR FUORI “ANNO ZERO”, CHIEDE UN’AMNISTIA (COSI’ ANCHE BERLUSCONI SE LA CAVA) E QUALCHE POLTRONCINA… A UNA CERTA ETA’ CI SI RIDUCE PROPRIO MALE…. L’ANALISI DI FLORES D’ARCAIS

I sei voti dei parlamentari radicali potrebbero essere decisivi alla Camera il 14 dicembre, per cacciare Berlusconi da Palazzo Chigi o salvargli ancora per un po’ la poltrona.
L’impunito di Arcore farebbe carte false per ottenerli, quei voti.
Ma Pannella è tutto d’un pezzo, i suoi voti non li mette in vendita (ci scusino gli altri “onorevoli” radicali, se parliamo dei loro voti come dei voti di Pannella, ma fin qui hanno sempre obbedito “perinde ac cadaver” a qualsiasi capriola del loro leader).
Pannella è un combattente senza macchia, e al Tg3 che gli chiede lumi sul voto dei suoi parlamentari, risponde con un perentorio “noi lottiamo sempre”. Tutto chiaro? Neanche per idea.
Quel tambureggiante “noi lottiamo sempre” era stato preceduto da un “vedremo” che lo smentisce, umilia, rovescia.
Perchè per votare la sfiducia a Berlusconi — ormai un elementare     dovere di dignità  civile — non c’è neppure bisogno di “lottare sempre”, basta lottare “un attimino” e a corrente alternata, come il Pd, o addirittura non lottare mai, come Casini.
E invece Pannella i suoi voti ancora non ha deciso con quale bottone farli esprimere, il sì, il no o l’astensione.
“Noi non siamo mai prevedibili” si è vantato al Tg3, come se l’ambiguità  di fronte a un regime che ha ridotto l’Italia in macerie fosse un titolo di merito anzichè il sintomo di un definitivo collasso etico-politico.
Il “Corriere della Sera” ci fa sapere, infatti, che Pannella ha un progetto politico, intorno al quale nelle scorse settimane avrebbe consultato per ben tre volte Ignazio La Russa (absit iniuria verbis).
E poichè è uno che “lotta sempre”, Pannella al centrodestra, se vogliono i suoi voti, ha posto condizioni durissime, da vero e proprio ultimatum di chi esige una svolta. Radicale, ovviamente.
Magari smentirà  (o smentirà  La Russa).
Ma il     quotidiano di via Solferino riporta tra virgolette i due “desiderata” pannelleschi.
Fate attenzione, perchè Pannella ha capito davvero quello che è improcrastinabile per la democrazia italiana: “Un segnale subito contro la dittatura di Michele Santoro”, e un’amnistia, che prenderebbe due piccioni, alleggerire le carceri e risolvere i guai giudiziari dell’amico di Putin.
È proprio vero, i voti di Pannella non sono in vendita, nè per soldi nè per altra utilità .
Infatti Pannella-che-sempre-lotta esige da Berlusconi semplicemente che sia ancora più Berlusconi, fin qui troppo tiepido evidentemente (troppo poco radicale!) contro Santoro e per l’impunità  dei criminali.
“I radicali danno il meglio nelle situazioni critiche” ha commentato tale Carlo Ciccioli, presentato dal “Corriere” come “deputato filoradicale del Pdl”.
Per Pannella politico liberale (e/o democratico) è il definitivo e meritato “de profundis”.

Paolo Flores D’Arcais
(da “il Fatto Quotidiano“)

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VERDINI “SE NE FREGA” DEL COLLE MA È INSEGUITO DA TRE PROCURE

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

IL CURRICULUM DELL’UOMO PROBO, FULGIDO ESEMPIO PIDIELLINO DA SEGUIRE, INDAGATO PER CORRUZIONE, RICICLAGGIO, MENDACIO BANCARIA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE…DA FIRENZE A ROMA, DALLA SARDEGNA ALL’AQUILA, UNA SERIE DI EPISODI CHE LO VEDONO PROTAGONISTA

“Delle prerogative del Capo dello Stato ce ne freghiamo”.
Non era mai avvenuto che il coordinatore del partito di maggioranza mandasse a quel paese il presidente della Repubblica.
Un’uscita che colpisce anche perchè a farla è quel Denis Verdini, campione di modi spicci, magari di gaffe, che però sa dove fermarsi.
Se Denis ha rotto gli indugi, ha avuto un via libera dall’alto. E poi ci sono le notizie che arrivano da Radio Carcere: Pasquale Lombardi — ex magistrato tributarista e presunto braccio operativo della loggia P3 — avrebbe deciso di
parlare.
E starebbe accusando proprio Verdini mentre riferisce i dettagli della propria visita all’avvocato generale dello Stato, ora in pensione, Oscar Fiumara. Lombardi doveva vagliare la disponibilità  al rinvio alle Sezioni Unite del ricorso fiscale in Cassazione della Mondadori.
Ora Lombardi racconta: “Non ricordo se furono Dell’Utri e Verdini o se Martino e Carboni a incaricarmi del sondaggio presso l’Avvocatura dello Stato. Posso dire che lo feci, perchè la questione interessava Verdini e Dell’Utri”.
Insomma, la posizione di Verdini è sempre più scomoda.
Difficile proseguire con una tattica attendista mentre tre procure ti stanno con il fiato sul collo.
A Firenze, la sua città , c’è la rogna del Credito Cooperativo Fiorentino, l’istituto di cui Verdini è stato re per vent’anni.
Reato ipotizzato: mendacio bancario.
Sott’accusa gli enormi affidamenti che la banca presieduta dal coordinatore del Pdl avrebbe concesso a imprenditori amici di Denis, soprattutto il gruppo Fusi.
Gli ispettori di Bankitalia contestano alla gestione Verdini un conflitto d’interessi da 60 milioni.
Come ricordano gli ispettori, Verdini “risulta indagato in diverse sedi giudiziarie in relazioni a ipotesi di corruzione e riciclaggio, in concorso con uno dei titolari del gruppo Fusi-Bartolomei , gruppo imprenditoriale principale affidato della banca, al quale il Verdini risulta legato da relazioni d’affari”.
Firenze è il meno, anche se a Denis brucia perchè l’inchiesta lo ha reso un fantasma nella sua città .
A Roma è stata trasferita l’inchiesta sulla Scuola dei Marescialli. Denis, secondo l’accusa, si sarebbe speso per influire sull’assegnazione dei lavori all’amico — e, secondo i pm, socio — Fusi e soprattutto per la designazione di Fabio De Santis (presunto membro della Cricca) come provveditore dei Lavori Pubblici della Toscana.
Di qui l’accusa di corruzione.
A febbraio, a botta calda, Verdini rispose così ai pm: “Questa vicenda di De Santis io non la posso negare, leggo che Fusi mi ha chiesto di favorirne la nomina… Io ho alzato il telefono, ho chiamato il ministro Matteoli, direttamente e ho detto: “C’è da fare questa nomina: fra i candidati c’è anche questo De Santis, vedi se lo puoi nominare”. Punto. Dopo qualche tempo, mi ha chiamato il ministro e mi ha detto: “Quella cosa che mi avevi chiesto te l’ho fatta”. Punto. Io ho preso il telefono e ho chiamato Fusi: “Sarai contento, è stato nominato, fai quello che ti pare””.
L’inchiesta sulla Scuola Marescialli ha superato lo scoglio del gip, ma la posizione di Verdini è stata stralciata. Gli avvocati confidano nell’archiviazione.
Ma il rosario delle inchieste è lungo: i pm romani stanno portando avanti un fascicolo gemello sul Credito Cooperativo Fiorentino (riciclaggio e false comunicazioni sociali).
Infine ecco la tegola P3. Si va dall’associazione a delinquere con la finalità  di violare la legge Anselmi, a corruzione e riciclaggio.
Al centro delle indagini le cene nella splendida casa romana di Verdini.
Qui si ritrovavano i sospetti membri della P3. Qui sarebbero state concepite alcune delle operazioni più spericolate della loggia: dal tentativo di condizionare la Corte Costituzionale che doveva pronunciarsi sul Lodo, passando per l’affare dell’eolico in Sardegna per cui è indagato anche il traballante governatore Ugo Cappellacci.
Adesso Verdini dovrà  rendere conto di alcuni spostamenti di denaro che da persone riferibili a Carboni sarebbe finito a soggetti vicini a Denis.
E poi ci sono le solite intercettazioni telefoniche, telefonate di Verdini dall’ufficio di Dell’Utri.
Ma c’è anche un’inchiesta sulla ricostruzione dell’Aquila.
Riguarda il Progetto “C. a. s. e.”. Verdini è indagato, ma ha deciso di non presentarsi ai magistrati.
Oggetto dell’inchiesta gli affidamenti senza appalti e, secondo i pm, pilotati.
Al centro degli affari, il Consorzio Federico II cui partecipa l’azienda toscana Btp (ancora una volta l’amico Fusi). Un consorzio nato appena 40 giorni dopo il terremoto.
Verdini ai magistrati fiorentini ha raccontato: “Ho accompagnato Fusi insieme al presidente della Cassa di Risparmio dell’Aquila e all’esponente di un consorzio a Palazzo Chigi dal dottor Letta, per raccomandargli la… diciamo la possibilità  di lavorare: questo è avvenuto. Il colloquio si è risolto in grandi gentilezze, ma nella sostanza è che i lavori dell’Aquila erano stati, come dire, orientati, verso la soluzione”.
Le intercettazioni confermano l’appuntamento a Palazzo Chigi tra Letta, Verdini e i costruttori.
Insomma, Verdini si gioca tutto.
Se condannato, rischierebbe anni di galera e addio politica.
Meglio attaccare piuttosto che attendere di essere infilzato dalle banderilla della magistratura.

Ferruccio Sansa
(da “il Fatto Quotidiano“)

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GUZZANTI: “ATTACCHI PENOSI, SANNO SOLO OBBEDIRE AL CAPO”

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

L’INTERVISTA AL DEPUTATO EX PDL: “IL VERO TRADITORE E’ BERLUSCONI, E’ LUI CHE NON HA MANTENUTO LE PROMESSE”… “NON SONO CERTO IO AMICO DELLA SINISTRA, E’ LUI CHE E’ AMICO DI PUTIN E DEI GOVERNANTI EX URSS”

“La mia foto pubblicata da Libero? Belpietro che mi dà  del traditore invitando i lettori a scrivere mail contro di me? Purtroppo capita spesso che per adorare il capo si facciano cose tremende. La verità  è che in questa crisi di governo il traditore è Berlusconi, non io”.
È pacata la prima reazione del deputato Paolo Guzzanti alla notizia che Libero ha pubblicato la sua foto insieme a quella di altri 45 onorevoli finiani e dell’Mpa che hanno firmato la sfiducia al premier.
Raggiunto al telefono in un tranquillo sabato pomeriggio, la sua reazione presto da pacata diventa però nervosa e poi indignata contro chi evoca “un altro piazzale Loreto” per i nemici del governo.
Onorevole Guzzanti, lei da eletto nelle liste del Pdl non si sente nemmeno un po’ traditore?
“La parola “traditore” è una categoria del berlusconismo. Belpietro & co. non capiscono la politica, ma solo la devozione al capo supremo. Non pensano che uno può stare o meno con Berlusconi perchè condivide la sua politica in un certo periodo e poi non l’apprezza in un secondo momento. Con i loro metodi evocano invece un altro piazzale Loreto per chi è contro il governo. Ma i veri traditori in questa storia sono altri”.
Chi è allora il traditore?
“È Berlusconi, che ha abbandonato la sua promessa di politica liberale andando verso tutto ciò che è illiberale. È lui che è amico di Putin, non certo un campione del liberalismo. È lui che guida la “mignottocrazia” imperante in questo momento nelle stanze del potere politico. Non è un caso che tantissimi colleghi del Pdl mi dicono che si stanno regalando tra loro il mio libro, “Mignottocrazia”. Vi si specchiano. E poi ricordo a tutti che sono il vicesegretario del partito Liberale e la mia è una scelta politica”.
Appunto, lei per il giornale Libero è il segretario del partito Liberale che rischia di far cadere un governo di centrodestra per far andare a Palazzo Chigi la sinistra.
“Non sono amico della sinistra ed è Berlusconi che è amico di Putin e di tutti i pseudo governanti delle repubbliche dell’ex Unione sovietica. La verità  è che quelli accusati dai fan del governo di essere dei traditori sono delle persone coraggiose, che in un momento delicato prendono scelte difficili per il bene del Paese. È ridicolo inoltre accusarmi di essere un traditore, io che mi sono avvicinato a Berlusconi nel ’99 quando lui era in grande difficoltà  e me ne sono andato in tempi non sospetti, quando lui era al massimo del suo potere”.
Libero ha pubblicato anche il suo indirizzo di posta elettronica invitando i lettori a scriverle delle mail di protesta. Ha già  ricevuto dei messaggi?
“Nemmeno uno. Mi sa che questa iniziativa di Libero si è rivelata un flop. Mi fa molta pena il mio ex direttore e amico Belpietro, costretto a fare questa piccineria per ordini del capo supremo. Che tristezza”.

Antonio Fraschilla
(da “la Repubblica“)

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LA COLLETTA DEGLI IMMIGRATI CHE VOGLIONO SALVARE LA DANTE ALIGHIERI: UNA LEZIONE PER TANTI ITALIANI IMBECILLI

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

APPELLO DI “NUOVI ITALIANI” PER SALVARE LA SOCIETA’ CHE PROMUOVE LA LINGUA E LA CULTURA ITALIANA NEL MONDO…AL MINISTRO TREMONTI CHE AVEVA SUGGERITO DI “FARSI UN PANINO CON LA DIVINA COMMEDIA” E CHE HA TOLTO IL 53% DEI FONDI A 423 COMITATI SPARSI NEL MONDO E A MIGLIAIA DI CORSI DI LINGUA ITALIANA PER RISPARMIARE 600.000 EURO, IL PRESIDENTE   CHE RACCOGLIE 41.000 STRANIERI CHE VIVONO IN ITALIA RISPONDE LANCIANDO UNA SOTTOSCRIZIONE… MA LA VERGOGNA NON ESISTE?

Dice bene Gian Antonio Stella, quella di “Nuovi italiani” e del suo presidente è proprio una lezione.
Molto bella, e anche un po’ imbarazzante, a dirla tutta.
«La lingua italiana è quel meraviglioso collante che ci unisce al di là  delle differenze delle nostre origini, fede, credo e che ci permette di appartenere a una grande nazione che abbiamo scelto come nostra nuova patria».
A parlare è Radwan Khawatmi, l’imprenditore parmigiano di origine siriana e presidente del movimento “Nuovi italiani”, che raccoglie 41mila stranieri integrati nel nostro paese.
È a loro che Khawatmi rivolge un appello accorato per salvare la Dante Alighieri, la società  che promuove la lingua e la cultura italiane nel mondo che è ora a rischio estinzione per via dei tagli del Governo.
Per risparmiare 648mila euro, l’ente avrà  il 53,5 per cento di fondi in meno rispetto al 2009, il che vuol dire che ora la Dante, presente in tutto il mondo con 423 comitati e migliaia di corsi di lingua italiana, dovrà  riuscire a sopravvivere con 600mila euro e rischierà  seriamente la chiusura dei battenti.
«Noi, nuovi italiani, che ci identifichiamo nella cultura e nella ricchezza della lingua italiana, non possiamo rimanere indifferenti di fronte a questa tragedia», esorta Khawatmi.
E al ministro Giulio Tremonti che mezzo serio e mezzo scherzoso aveva detto di farsi un bel panino con la Divina Commedia, al ministro Franco Frattini che giustifica la stangata alla Dante con la eccezionale difficoltà  della congiuntura economica, e a quegli italiani di origine e sangue che restano indifferenti di fronte al caso, lui risponde così: «Il mio appello a tutti è di partecipare con un dono anche modesto di ciascuno di noi, quale segno tangibile della nostra fedeltà  e amore verso coloro che hanno fatto e continuano a promuovere la lingua italiana nel mondo. Io stesso provvederò ad aprire la sottoscrizione…».
Non sarà  un gesto risolutivo, non si ricaverà  tanto quanto se – come suggerisce su Io donna Sergio Rizzo – si rinunciasse a qualche lussuosa auto blu di troppo, si tagliassero un po’ le spese voluttuarie di Camera e Senato, si perdesse l’abitudine di utilizzare gli aerei della presidenza del Consiglio come taxi, ma la proposta ha di certo un valore simbolico di grande rilievo.
Suona come un grido d’amore patrio pronunciato da chi l’Italia non l’ha avuta in eredità  familiare, ma per scelta.
E come l’attestato orgoglioso di un’italianità  profonda e responsabile, che magari non scorre nelle vene, ma pulsa forte nel cuore.

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LE IMPRESE DEL SETTORE INTERCETTAZIONI : “LO STATO CI DEVE 500 MILIONI DI ARRETRATI”

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

LE AZIENDE COSTRETTE A DIRE DI NO ALLE RICHIESTE DELLE PROCURE… I TAGLI AGLI STANZIAMENTI DECISI DAL GOVERNO E I PAGAMENTI IN RITARDO DI DUE ANNI COMPROMETTONO LE INDAGINI

Le imprese del settore diranno “no” alle richieste delle procure: “Gravi danni per le indagini future e per quelle in atto”. Il ministero ha tagliato gli stanziamenti e paga con due anni di ritardo
Hanno comprato una pagina del Corriere della Sera rivolgendosi al presidente della Repubblica e al premier.
E poi hanno diramato un comunicato stampa durissimo, intitolato: “Comparto intercettazioni, stop ai lavori”.
Le aziende che, per conto delle procure, si occupano di intercettazioni telefoniche e consulenze tecnologiche alle indagini (ad esempio microtelecamere) annunciano la serrata, “perchè — spiega l’Iliia, associazione che li rappresenta — il ministero della Giustizia ha un debito nei nostri confronti di 500 milioni”.
Così le procure non potranno più avviare intercettazioni su utenze telefoniche di persone indagate che ritengono meritevoli di attenzione, perchè le società  incaricate hanno deciso di non accettare nuovi incarichi.
Uno stop che, spiega il comunicato, “provocherà  un evidente pregiudizio dell’attività  investigativa futura e non potrà  assicurare anche il regolare espletamento degli incarichi in corso con grave danno per le indagini già  in atto”.
“Noi emettiamo fattura alle procure, ma le lungaggini burocratiche fanno sì che passino dei mesi prima che vengano contabilizzate”, spiega Andrea De Donno, titolare di due aziende del settore (di cui una in liquidazione) e membro del direttivo Iliia. “
Il vero problema — continua De Donno — è che poi il ministero della Giustizia stanzia fondi notevolmente inferiori rispetto alle richieste delle procure. E i tempi sono biblici: si arriva a due anni per vedersi pagare una fattura. Il paradosso è che aziende con utili e fatturati in crescita sono costrette a chiudere proprio per i mancati pagamenti”.
Solo cinque anni fa, le aziende del comparto erano 250. Ora son 98.
“A questo bisogna aggiungere che c’è stato un calo del 30 per cento della richiesta di intercettazioni. In generale sono diminuiti, negli ultimi anni, i fondi stanziati. E sono stati ritoccati al ribasso i listini”.
Questa scarsa efficienza da parte del ministero può essere letta come una volontà  di ostacolare le intercettazioni?
“E’ una lettura possibile — spiega De Donno — ma noi siamo solo imprenditori e non vogliamo schierarci politicamente”.
Le aziende fanno appello al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e al premier Silvio Berlusconi “perchè possa essere varato un emendamento urgente al ddl di stabilità  in grado di programmare, già  per il 2011, uno stanziamento idoneo a colmare il peso del debito contratto dal ministero della Giustizia”.
“I risultati ottenuti dallo Stato, dalle forze di polizia e dalla magistratura per assicurare alla giustizia importanti criminali — sottolinea Iliia — hanno prodotto negli ultimi 2 anni un recupero di valore complessivo di 15 miliardi e mezzo di euro, di cui 2,5 miliardi di contanti depositati sul Fondo Unico Giustizia: un bilancio che stimola orgoglio nazionale, senso dello Stato e della giustizia, ma che non è stato utilizzato per colmare il debito e scongiurare lo stato di crisi delle imprese che lavorano silenziosamente a fianco delle forze dell’ordine e della magistratura inquirente nelle fasi di intelligence investigative e di monitoraggio del territorio nella lotta al crimine”.
Al di là  dei disagi, non è comunque controproducente dire no allo Stato che è di fatto il datore di lavoro esclusivo di queste aziende?
“Certo bisogna reinventarsi, ma non possiamo continuare così”, spiega De Donno: “Molte aziende possono riciclarsi lavorando per paesi esteri, specialmente dell’Est europeo. Altre possono fare sicurezza per grandi aziende. Quel che è certo è che non si può lavorare senza essere pagati”.

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FINI: “SILVIO VUOLE COMANDARE MA PERDE PEZZI: NON IMPORTA CHI SARA’ PREMIER, MA COSA FARA’ IN CONCRETO”

Dicembre 5th, 2010 Riccardo Fucile

“CHI GOVERNA HA IL DOVERE DI NON PRENDERE IN GIRO LA GENTE CON PROMESSE IMPOSSIBILI DA MANTENERE… “SULLE TASSE,   SERIETA’ VORREBBE CHE SI DICESSE AGLI ITALIANI LA VERITA”…”LA MANIA DI SOSTENERE CHE LUI E’ IL PIU’ BRAVO AL MONDO PORTA A COCENTI DELUSIONI DEI CITTADINI, COME ALL’AQUILA: CI VUOLE REALISMO E UMILTA”

Silvio Berlusconi continua a fare finta di credere (se ci credesse davvero sarebbe ancora più grave) che il 14 dicembre avrà  la maggioranza. Intervenendo in collegamento telefonico ad un convegno degli amichetti di Cuffaro, il premier ha detto: “È irresponsabile aprire una crisi di governo. Siamo convinti di avere con noi la maggioranza degli italiani”.
E ha attaccato il Terzo Polo, la cui volontà  è oggi “quella di provare a fare un governo con la sinistra per accontentare le ambizioni personali dei leader delle tre piccole formazioni politiche che lo compongono”.
E’ Intervenuto, a distanza, il presidente della Camera Gianfranco Fini, che sulla sfiducia presentata da Fli-Udc-Api-Mpa e appoggiata dai Lib-dem dice: “Non è un complotto comunista. Chi ha firmato la mozione sono tutti uomini e donne che hanno collaborato con Berlusconi per gli ultimi dieci o quindici anni. Dov’è il complotto dei comunisti?”.
E ha aggiunto: “Berlusconi dovrebbe chiedersi perchè perde i pezzi. Forse – si autorisponde Fini – perchè più lo si conosce, più si capisce che per lui governare vuole dire comandare”
Per Fini “non importa chi sarà  premier, ma cosa farà “.
All’Italia serve un governo “capace di fare delle scelte e di indicare la strada. Non mi interessa chi lo presiede, ma cosa vuol fare questo governo, qual è il   programma”.
Gianfranco Fini ha parlato del futuro da una convention del Fli di Lanciano, in Abruzzo.
“Mi auguro – ha detto Fini – che chi ha responsabilità  politiche capisca finalmente che l’Italia ha bisogno di un governo che governi, che sciolga nodi e che indichi la strada. Se anche per due raffreddori, un mal di pancia o un deputato che cade dalle scale e non viene a votare la sfiducia non dovesse passare per il rotto della cuffia, il giorno dopo che succederebbe? Si può governare il paese senza una maggioranza sicura?”.
“Spero – conclude Fini – che chi ha responsabilità  politica lo capisca”.
Ma Fini non si è fermato qui.
Ha parlato anche di pressione fiscale e del terremoto in Abruzzo, sottolineando che chi governa ha il dovere di non prendere in giro la gente con promesse impossibili da mantenere.
“Se qualcuno pensa che da qui alla fine della legislatura si riesca a ridurre le tasse per le famiglie e per le imprese, quel qualcuno evidentemente crede a Babbo Natale – ha detto il leader di Fli -. È impossibile fare un taglio del genere. Serietà  vorrebbe che su questo si dicesse la verità , perchè governare significa assumere delle priorità . Non si prende in giro la gente dicendo che sta facendo tutto e poi registrare che abbiamo uno dei carichi fiscali più alti in Europa”.
E sulla ricostruzione dell’Aquila: “La voglia di strafare, il gusto di dire che lui è il più bravo del mondo, ha determinato la giusta reazione . Non bisognava promettere la ricostruzione immediata della città “.
“Serviva – è il ragionamento di Fini- un approccio umile, bastava dire la verità : per rifare l’Aquila ci vorranno 10-15 anni. Insomma, bisognava non esagerare con lo zelo, invece il governo lo ha fatto eccome, promettendo che tutto sarebbe stato fatto. La gente avrebbe capito se si fosse detto che servivano più di sei mesi. Alla fine, creare aspettative esagerate ha determinato il boomerang. Invece serviva un approccio più realistico”.
«C’è stata voglia di strafare sostenendo di aver fatto questo e quello, che tutto va bene e lui è il migliore del mondo».

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