Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
LA PROVINCIA DI MILANO HA LA PIU’ ALTA CONCENTRAZIONE DI RICOVERI PER ANZIANI, NECESSITANO OTTOMILA NUOVI INFERMIERI…PER STUPIDA MIOPIA POLITICA, LA LEGA SI OPPONE A UN PROGETTO DI ASSOLOMBARDA E DELLA PROVINCIA DI MILANO PER ATTIRARE PERSONALE STRANIERO…COSI, IN MANCANZA DI INFERMIERI ITALIANI, I LORO VECCHI SARANNO ABBANDONATI
Ma la Lega non era il partito del territorio, degli interessi del nord, dell’appartenenza
lombarda ai valori qualitativi dei cittadini lombardi?
Forse un tempo o, volendo essere maliziosi, forse solo per alcune grandi problematiche, come le aziende municipalizzate o le cooperative.
Perchè, quando si scende nel quotidiano, ecco affiorare le prime crepe di un movimento anacronistico, che sacrifica gli interessi degli elettori sull’altare del fanatismo.
Quando si parla di miopia della politica, di derive controproducenti e sterili, di provvedimenti figli dell’ideologia e non della ragione.
O quando si alza un dito e si riflette sul fatto che troppo spesso i reali bisogni della gente sono sacrificati a causa delle non-idee, non si fa un mero esercizio mentale, o non lo si teorizza per pruriti intellettuali, ma per oggettivi dati di fatto.
Il riferimento è alle assurdità amministrative della Lega proprio nella roccaforte storica del suo potere: un comportamento che semplicemente fa danni a quello stesso territorio del quale si vanta di essere la paladina.
Altro che interessi localistici.
Si prenda la provincia di Milano, con la più alta concentrazione di nosocomi e ricoveri per anziani, con una richiesta di personale elevatissima.
Dunque, in tutta la regione c’è un fabbisogno di infermieri pari a ottomila unità . E la Lega che fa ?
Anzichè favorire un interessante progetto di Assolombarda, Aler e Provincia, che attira stranieri nel milanese (dal momento che gli italiani certi mestieri non vogliono più farli), con convenzioni per vitto e alloggio e con un piano lungimirante che coniughi esigenze di tutti gli attori, urla il suo “niet”.
E non per rilievi nel merito dell’iniziativa, o per apportare miglioramenti al risultato finale, ma per fanatismo.
Perchè “noi quelli lì, non li vogliamo”, perchè “stiano a casa loro”.
E poi non c’è da meravigliarsi se la gente, quella per bene, quella che lavora e che paga le tasse, dipinge un lenzuolo con scritte xenofobe, con ingiurie professate prima ancora di conoscere reati e pene.
Ecco il paese che non ci piace, la politica che non ci piace, i sentimenti che non ci piacciono.
Perchè fanno male, sono controproducenti, lontani dalla realtà dei fatti, concentrati esclusivamente su guerre di pelle e moti di rivalsa verso chi, invece, contribuisce al Pil italiano, pagando più tasse di quante poi ne vede tornare nelle sue tasche.
Verso chi sostiene i nuclei familiari italiani, perchè senza le badanti, o i manovali, o gli infermieri, o i braccianti, o gli operai, molte aziende di casa nostra sarebbero in grosse difficoltà nel produrre ciò che producono.
Si tratta di persone che, nei fatti e nei dati, come si legge negli annuali rapporti Caritas- Migrantes, è ormai parte integrante del tessuto socio-culturale del nostro paese.
Piaccia o meno alla Lega.
Ciò che appare assurdo, oltre alla grettezza di certi amministratori (locali e non), è la manifesta ignoranza di alcuni elementari principi non solo economici e politici, ma anche umani, che declinano il valore della dignità degli individui.
Pur essendo consapevoli che “quelli lì” sono ormai indispensabili, allora, si boccia un provvedimento per un puro riscontro elettorale, per indossare ancora la maschera dei poliziotti cattivi, dei guardiani di un castello che non c’è più.
Perchè al posto del ponte levatoio, delle mille barriere di cartapesta, c’è un mondo nuovo, in cui ci si scambiano le competenze, le professionalità .
Un mondo con occasioni di crescita per tutti, per chi arriva e per chi qui c’è da molto più tempo, ma che per proseguire con gli attuali standard di vita ha necessità di nuove figure.
Chissà se in futuro la politica italiana riuscirà a comprendere e gestire il vero significato di un fenomeno millenario che ha interessato tutti i continenti: quell’immigrazione che rappresenta un plus, non una zavorra.
Ma solo per chi la riesca ad amministrare senza paraocchi.
Francesco De Palo
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
AL GOVERNATORE SI DEVE LA NOMINA A COMMISSARIO DEL CONSORZIO “VALLE DEL BIFERNO” DI ANTONIO DEL TORTO, CAPO DI UNA ORGANIZZAZIONE CHE LUCRAVA SULLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI… IL TUTTO AVVENIVA FALSIFICANDO DOCUMENTI E SPARGENDO FANGHI CHIMICI NEI TERRENI O IN MARE
Blitz del Noe all’alba di oggi a Termoli, per seguire dieci misure cautelari, delle quali quattro in carcere, emesse in Molise dalla Procura di Larino (Campobasso), nell’ambito di un’inchiesta sullo smaltimento di rifiuti nel depuratore dell’ente consortile.
Per i fanghi non trattati sparsi sui terreni, i mancati controlli e i documenti falsi è stato arrestato e trasferito in carcere, tra gli altri, Antonio Del Torto, presidente del Cosib, il consorzio industriale Valle del Biferno.
Tra gli indagati – diciotto – c’è anche il presidente della Regione Molise, Michele Iorio, per la nomina di Del Torto.
Un’altra dipendente del Consorzio, che pare legata da parentela a Del Torto, è stata fermata e confinata in casa, mentre l’ingegnere dell’ente avrebbe il divieto di dimora in città .
Gli uomini del Noe hanno anche posto sotto sequestro tre stabilimenti del nucleo industriale.
Le indagini del Noe erano iniziate nel 2007 e proseguite per due anni.
Per gli inquirenti, il vero protagonista della vicenda è proprio Antonio Del Torto, titolare della società Inside Srl di Termoli oltre che presidente del Cosib.
Nell’azione criminale, Del Torto si sarebbe circondato di collaboratori, come il responsabile tecnico dell’impianto di depurazione di acque reflue Coniv Spa di Montenero di Bisaccia (Campobasso) e dirigenti e funzionari pubblici, con il concorso di chimici liberi professionisti compiacenti.
Un capitolo investigativo riguarda la nomina di Del Torto a commissario straordinario dello stesso Cosib da parte del presidente della Regione Michele Iorio.
Nomina – sostiene la Procura – che “avrebbe estromesso dal governo del Consorzio gli organi ordinari, concentrando tutti i poteri nel presidente/commissario”.
E Del Torto, “senza alcuna forma di controllo interno”, avrebbe operato indisturbato in azioni delittuose come lo scarico dei rifiuti “direttamente a mare”.
Questa – sempre secondo la Procura – la dinamica della gestione illecita dei rifiuti prodotti dall’impianto Coniv.
I residui derivanti dal trattamento chimico fisico, venivano qualificati in maniera fraudolenta come fanghi prodotti dal trattamento di acque reflue urbane e quindi smaltiti con operazioni di spandimento su oltre 200 ettari di terreno gestiti da aziende agricole del Basso Molise.
In violazione, quindi, della normativa che vieta di spandere su terreni agricoli fanghi provenienti da impianti che accettano, oltre ad acque reflue, anche rifiuti liquidi speciali contenenti sostanze pericolose.
Inoltre, alcune particelle fondiarie in cui era autorizzato lo smaltimento dei fanghi sono soggette a rischio di inondazione naturale dal fiume Biferno.
Secondo gli inquirenti, con atti falsi e la corruzione di un funzionario della Provincia di Campobasso, sarebbe stata trasformata l’originaria autorizzazione allo scarico dell’impianto di depurazione consortile in scarico “direttamente a mare”: in realtà lo scarico, a quattro chilometri dal mare, avviene all’interno di un canale che si immette in un altro canale.
Si tratta di condotte contraddistinte da “classico habitat fluviale”, con fauna e flora fluviale.
Il risultato era che le persone coinvolte potevano lucrare sul risparmio nelle operazioni di trattamento dei reflui e sull’aumento di quantità e qualità dei rifiuti da trattare.
Potevano così ottenere nuove autorizzazioni regionali con cui aumentare ulteriormente quantità e qualità dei rifiuti da trattare presso l’impianto di depurazione del Cosib, rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi allo stato liquido conferiti anche da società esterne al Molise.
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
“NON CI SARANNO RIBALTONI, SE QUALCUNO AMMETTESSE CHE ALCUNI IMPEGNI NON SONO STATI MANTENUTI. LE COSE SAREBBERO STATE MIGLIORI”….”LA POLITICA E’ ONESTA’ INTELLETTUALE: MI GUARDO ALLO SPECCHIO E MI DICO CHE C’E’ UN LIMITE OLTRE IL QUALE NON SI PUO’ ANDARE, PENA LA PROPRIA DIGNITA'”
Ribaltoni non ce ne saranno, ma, certo, «se qualcuno fosse più umile e pensasse di aver
torto lui, invece di invocare sempre il complotto, se qualcuno dicesse che alcuni impegni non sono stati mantenuti, le cose sarebbero state migliori».
Gianfranco Fini non lo cita esplicitamente, ma alla platea di ragazzi che lo ascolta al liceo romano Orazio è chiaro che sta parlando di Silvio Berlusconi. A una consigliera municipale che gli chiede cosa ne pensi dei ribaltoni politici, Fini spiega che il «ribaltone è un sovvertimento della volontà popolare. Non credo che ci saranno ribaltoni», assicura il numero uno di Fli che poi rivolge una domanda alla sua interlocutrice: «Cosa ne pensa lei di tante promesse non mantenute e di impegni disattesi da chi aveva promesso che la legge sarebbe stata uguale per tutti e poi si è occupato solo degli affari suoi?». Quindi l’affondo sul presidente del Consiglio: «Se qualcuno fosse più umile e pensasse di aver torto lui, invece di invocare sempre il complotto, se qualcuno dicesse che alcuni impegni non sono stati mantenuti, le cose sarebbero state migliori» spiega il presidente della Camera.
«La politica – prosegue – è innanzitutto onestà intellettuale».
Botta e risposta polemico tra il presidente della Camera poi e un consigliere del Pdl che ha preso la parola durante l’incontro con gli studenti all’Orazio. «C’è un momento in cui mi guardo allo specchio la mattina e mi dico che c’è un limite oltre il quale non si può andare, pena la dignità . Forse lei non ce l’ha ma è un problema suo», ha detto Fini in merito alle cosiddette “leggi ad personam”.
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
ABBIAMO LEADER POLITICI LA CUI ETA’ MEDIA E’ INFERIORE SOLO A QUELLA DELLA COREA DEL NORD… SIAMO UN PAESE, SEMPRE PIU’ DOMINATO DAI VECCHI, CHE HA PERSO SLANCIO, FIDUCIA E VITALITA’…UN SISTEMA A CORTO DI IDEE E DI CORAGGIO, INCAPACE DI RISCHIARE…L’ANALISI DI ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Il giovanilismo è di nuovo alla ribalta della scena italiana, chiamato a recitare la parte che da trent’anni è sempre la sua: i «giovani» (o per meglio dire poche decine di migliaia di questi che manifestano con parole d’ordine di sinistra) sarebbero gli araldi del «cambiamento», della «svolta», del «risveglio», l’avanguardia della protesta di tutta la società contro il potere cattivo di turno, preludio alla sua sospirata mandata in soffitta.
Naturalmente, si scopre in breve che «i giovani» (sempre e solo studenti: sembra che in Italia, chissà perchè, per avere la titolarità anagrafica della gioventù si debba evitare accuratamente qualunque rapporto con il lavoro manuale) non annunciano in realtà nulla di quanto sperato, la protesta si spegne, e tutto torna come prima, mentre il Paese resta in attesa della prossima immancabile «rivolta», con le stesse immancabili foto di cortei, gli stessi immancabili articoli entusiasti dei giornali, le stesse penose interviste ai presunti ribelli.
Ma l’apparenza inganna.
La fortuna politico-mediatica del giovanilismo è solo un modo per nascondere la realtà : e cioè che l’Italia della Seconda Repubblica è un Paese sempre più dominato dai vecchi.
Lo è innanzi tutto per un puro fatto biologico-anagrafico: perchè la combinazione della scarsa natalità e della diminuita mortalità ha reso gli ultrasessantacinquenni sempre più numerosi.
Ma più in generale perchè negli ultimi vent’anni, in coincidenza con una fase ormai lunghissima di ristagno economico, il Paese ha perso slancio, fiducia e vitalità , è andato ripiegandosi su se stesso.
La società italiana si è progressivamente rinchiusa dietro le antiche difese che la sua storia ha costruito.
Dietro la famiglia, ma ancor di più dietro la corporazione e l’oligarchia, quasi sempre saldate insieme in un blocco ferreo.
In nessun altro Paese dell’Europa occidentale come in Italia, i vertici degli ambiti lavorativi sia pubblici che privati con un minimo di qualificazione sono protetti da regole di accesso, formali o informali, le quali di fatto sbarrano il passo a chiunque non si trovi già inserito nel personale da decenni o non goda di appoggi potentissimi.
La generale, feroce ostilità al merito, unita al culto del principio della «carriera» e al legalismo spietato custodito dal Tar – tre pilastri della burocrazia statale – si rivela un’arma efficacissima per impedire ai funzionari più giovani e intraprendenti di scalare rapidamente gli alti gradi.
Dell’università neppure a parlarne.
Ma, ripeto, non è solo lo Stato: il sistema bancario, ad esempio, è ormai da decenni nelle mani degli stessi mentre i nuovi ingressi avvengono con il contagocce.
In complesso, poi, tutti i consigli d’amministrazione del settore privato vedono la presenza strabordante di persone intorno ai settant’anni.
La politica non dà certo il buon esempio: non solo ritirarsi da essa a una certa età per dedicarsi a qualche altra attività è cosa da noi sconosciuta, non solo perlopiù l’età media dei leader italiani è seconda solo a quella della Corea del Nord, ma ogni volta che essa è chiamata a nominare i vertici di qualcuno dei mille enti alle sue dipendenze, si può essere sicuri che nel novanta per cento dei casi sceglierà un vecchio politico o un vecchio burocrate con una lunga carriera alle spalle nei più svariati incarichi (ognuno dei quali in genere non c’entra nulla con l’altro), messo lì soprattutto come ricompensa o per tutelare chi di dovere.
Una persona giovane, un quarantenne dinamico, mai: si può essere sicuri.
Oltre a essere un potere ancora oggi massicciamente maschile, il potere italiano è un potere vecchio e di vecchi: privo di gusto per il nuovo, a corto di idee e di iniziative coraggiose, incapace di rischiare davvero.
Ampolloso e ripetitivo, è abituato a muoversi con circospezione pari al suo stanco scetticismo.
Un potere rappresentato da volti che abbiamo sotto gli occhi da così tanto tempo che ormai ci sembrano eterni, la sua durata media essendo a un dipresso il mezzo secolo.
In questo modo sulla scena italiana i giovani diventano sempre meno visibili. Tanto è vero che capita ormai frequentemente di trovarsi in situazioni o immersi in pubblici in cui tutti hanno un’età come minimo matura.
Mentre, quasi in risposta all’ostilità ambientale e anche in ragione delle differenze di reddito, i giovani – e non necessariamente i soli adolescenti (penso ad esempio alle giovani coppie) – tendono a creare e frequentare circuiti loro propri. All’insegna di valori separati.
Adulati e additati alla pubblica ammirazione come gli araldi del nuovo, gli italiani giovani di fatto sono gli ostaggi segregati (e le vittime) di tutto ciò che è vecchio.
Ernesto Galli Della Loggia
(da “Il Corriere della Sera“)
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
BERLUSCONI PROMETTE L’ENNESIMA FINE DELL’EMERGENZA, MA LA SOLUZIONE TEMPORANEA DERIVA SOLO DALLA SOLIDARIETA’ DELLE ALTRE REGIONE, PUGLIA IN TESTA…VENDOLA SI E’ OFFERTO SI PRENDERSI IN CARICO 400 TONN AL GIORNO PER UN TOTALE DI 50.000 TONN… MA TRA QUALCHE MESE RITORNERA’ TUTTO COME PRIMA: I PROBLEMI NON SI RISOLVONO CON GLI SPOT
La novità è la prudenza: non ha fissato una data precisa, ha rinunciato a farsi vedere a
Napoli rischiando le proteste e le domande dei giornalisti, ma per il resto ha promesso il solito miracolo: “Ho la certezza che nel giro di qualche giorno la città tornerà a essere pulita”, ha detto Silvio Berlusconi, dopo aver incontrato, a Palazzo Chigi, il prefetto di Napoli, Andrea de Martino, e il generale Mario Morelli, comandante Logistico Sud dell’Esercito.
Il premier aveva annunciato una visita a Napoli ma, per fare il punto sull’emergenza rifiuti, ha preferito invitare Morelli e de Martino a Roma.
L’unica, vera strategia portata avanti dal governo per risolvere la situazione, consiste nel sollecitare la “solidarietà ” di altre regioni italiane per spingerle ad accogliere i rifiuti della provincia di Napoli.
La Puglia ha già accettato. E sono in corso trattative con Lazio, Marche, Calabria, Toscana ed Emilia Romagna.
E proprio l’aiuto della Puglia consentirà a Napoli di tornare a una situazione di “normalità ”nei prossimi giorni: tra martedì e mercoledì, secondo alcuni tecnici, e soltanto per qualche mese.
Dal giorno dell’ultima visita di Berlusconi a Napoli, venerdì scorso, la situazione è solo leggermente migliorata.
L’accordo con le provincie di Benevento, Avellino e Caserta, per utilizzare le loro discariche, sta lentamente alleviando il peso dell’emergenza.
Ma è l’accordo con la Puglia, 400 tonnellate al giorno per un massimo di 50mila, che ha riaperto il flusso dei conferimenti che, intorno a martedì, può riportare Napoli a normali condizioni di vivibilità .
Ma non si può parlare di “soluzione” del problema.
Dati alla mano infatti, e considerati gli attuali ritmi di trasporto, le due discariche che coprono Napoli e provincia, ovvero Chiaiano e Terzigno, chiuderanno il proprio ciclo entro maggio.
Il che significa che l’emergenza viene soltanto spostata di qualche mese.
Il trasporto dei rifiuti nelle altre regioni, in teoria, può rimettere in moto il ciclo dei rifiuti, liberando spazio per raccogliere il “tal quale” e indirizzare le frazioni secche, cioè il combustibile, all’inceneritore di Acerra.
L’impianto, però, può utilizzarne al massimo 1400.
Ben 600 tonnellate al giorno, quindi, se non si troveranno altre soluzioni, andranno quotidianamente a rimettere in moto il meccanismo dell’accumulo. E della prossima emergenza.
Antonio Massari
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
L’INTERVISTA A “REPUBBLICA”: “PIU’ DEGLI INSULTI DI BERLUSCONI, PREOCCUPA IL CLIMA DI ODIO CREATO DA CERTI GIORNALI A LUI VICINI”…”E’ IN PIENA TEMPESTA EMOTIVA, PUNTA SUL “TRADIMENTO” E NOI AUMENTIAMO CONSENSI”
Onorevole Bocchino, Berlusconi vi ha definiti “traditori, maneggioni, ammucchiata di reduci “. Vi preoccupa l’ira del premier su Fli e Udc?
“Il premier è in piena tempesta emotiva. Del resto Berlusconi è abituato a comandare, come ogni imprenditore, e si accorge di essere finito in minoranza, da qui la reazione. Il resto è propaganda. Sperando di andare al voto vuole fare la campagna elettorale sul tradimento, senza rendersi conto che i nostri sondaggi, come del resto i suoi, dimostrano in modo evidente che questa operazione porta voti proprio a noi, poichè tutti sanno che è stato lui a cacciare Fini. Più delle parole di Berlusconi ci preoccupa il clima che il Pdl e le sue propaggini giornalistiche vogliono creare. Un clima di odio, di contrapposizione che, come è accaduto in altro periodi della storia, rischia di armare le mani di estremisti o di pazzi”.
La campagna di “Libero” contro di voi quali conseguenze ha?
“Il “metodo Belpietro” è quello terroristico di sbattere nome e indirizzo (ora quello mail) in prima pagina, per additarlo agli elettori, si dice, ma l’obiettivo è intimorire e minacciare. Dovevamo fare la rivoluzione liberale e siamo riusciti a fare quella sudamericana, con Verdini per il quale “chissenfrega” delle istituzioni e gli avversari politici additati così che qualcuno possa colpirli”.
Lei è stato minacciato?
“Essendo il primo della lista, ho ricevuto 500-600 mail: due terzi di insulti e minacce, il resto di persone indignate per questa operazione. Numeri esigui, in definitiva”.
Cosa si aspetta in questa settimana di passione che manca alla sfiducia?
“Il posizionamento è finito: da una parte ci sono 317 deputati per la sfiducia e 308-309 dall’altra. Non ci saranno sorprese. Sarà una settimana politicamente tesa, ma di scontri verbali. Berlusconi non ha più la maggioranza. Il consiglio è che vada a dimettersi e poi si sieda attorno a un tavolo con Fini e Casini”.
Ritenete ancora possibili le dimissioni di Berlusconi?
“È probabile che si dimetta. Non c’è ragione per farsi sfiduciare. Può continuare a mostrare i muscoli per rabbia o perchè qualche consigliere “scienziato” gli fa credere di avere i voti in tasca. Ma il 14 mattina immagino si dimetterà , avendo così la possibilità , per prassi costituzionale, di riassumere l’incarico. Da quel momento si apre un’altra fase politica”.
Quindi Fli non chiude a un Berlusconi-bis?
“Se Berlusconi viene sfiduciato, non ci sono più margini. In un nuovo governo per noi è importante in primo luogo il programma”.
E quali sarebbero i vostri punti-cardine?
“Sarebbero due. Una nuova agenda economico-sociale partendo dall’accordo che Confindustria e parti sociali hanno recentemente firmato; la riforma della legge elettorale non punitiva nei confronti di nessuno, ma che cambi il meccanismo del premio di maggioranza e che preveda almeno la metà dei deputati scelti attraverso i collegi uninominali. Poi è importante la coalizione: vogliamo si torni a quella del 1994. La foto è Berlusconi, Fini, Casini e Bossi: il premier ha espulso l’anima moderata e valorizzato quelli con la bava alla bocca. Chi guiderà questo governo, si vedrà “.
La partita vera è quella del 15 dicembre, del “dopo”?
“È Berlusconi stesso che può precludersi il bis se si fa sfiduciare. Noi non vogliamo elezioni perchè la crisi economica è grave. E non vogliamo ribaltoni: no a un governo di responsabilità che mandi all’opposizione chi ha vinto le elezioni; sì, se è con Pdl e Lega. Se Berlusconi indica un suo nome – Letta, Tremonti o Alfano – va benissimo”.
E un governo Schifani per cambiare la legge elettorale?
“Non me vedo le condizioni politiche, ma da parte nostra nessuna preclusione”.
Giovanna Casadio
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
LA MOGLIE DI UN SOTTOSEGRETARIO, I FIGLI DI GIUDICI, GENERALI E BOIARDI AMICI, LA NIPOTE DI UN CARDINALE: TUTTI ASSUNTI A TEMPO INDETERMINATO UN MINUTO PRIMA DEL CAMBIO DELLA GUARDIA…CON SOLDI SOTTRATTI AI TERREMOTATI…IN NOVE ANNI DI GESTIONE BERTOLASO IL PERSONALE E’ PASSATO DA 320 A 900 SENZA CONCORSO
Questo si chiama “mettere in sicurezza”, solo che più dell’Italia sommersa dalle alluvioni
la Protezione civile sembra esperta nel rendere sicure le poltrone del suo personale.
E così mentre tutto frana, Guido Bertolaso stabilizza i suoi fedelissimi: 150 precari, spesso d’alto rango, vengono assunti nel botto finale della gestione che ha alternato successi a scandali fino a diventare nel bene e nel male simbolo del modello berlusconiano di governo.
Tutto grazie a una nuova legge che prevede “l’assunzione di personale a tempo indeterminato, mediante valorizzazione delle esperienze acquisite presso il Dipartimento dal personale titolare di contratto di collaborazione coordinata e continuativa”.
Mentre la pubblica amministrazione falcia i ranghi e il precariato diventa condizione di vita, negli uffici che dipendono da Palazzo Chigi c’è un’ondata di piena di assunzioni che garantisce lo stipendio per figli di magistrati e di prefetti, per mogli di sottosegretari e nipoti di cardinali.
Tutti benedetti da una selezione su misura, alla quale ha potuto partecipare solo chi aveva già un contratto precario con il Dipartimento.
Un esame affidato a una commissione interna, con poche domande rituali e procedure concluse entro l’estate: così gli ex cococo sono ormai a tutti gli effetti in pianta organica.
E rilette oggi, dopo i crolli di Pompei, le motivazioni che sostengono questa falange di assunzioni hanno un po’ il sapore della farsa di fine impero: il testo della deroga al blocco imposto da Tremonti sostiene la necessità di quel personale “anche con riferimento alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale”.
Ma è solo il botto finale: quando Bertolaso nel 2001 mise piede sulla tolda di comando l’organico si basava su 320 unità , passate a 590 nel 2006 e schizzate a quasi 900 alla fine del suo mandato.
Cinquecento persone in più in nove anni, con uffici lievitati emergenza dopo emergenza, sempre a colpi di ordinanza e mai in forza di un concorso.
Un vero e proprio esercito in cui spiccano gli oltre 60 autisti, distaccati dalle forze dell’ordine, per i dirigenti.
L’apoteosi di un sistema di potere nato con il Giubileo del 2000, spalancando le porte degli uffici a figli, nipoti, familiari e amici dell’establishment istituzionale.
E poi, sono arrivati i fedelissimi coltivati a Napoli nelle molteplici crisi dei rifiuti. Un posto per tutti grazie alle parentele giuste nell’esercito o nei servizi segreti, a Palazzo Chigi o in Vaticano, al Viminale o in magistratura, fino a creare una ragnatela di relazioni che sembra plasmata ad hoc per creare consenso verso le attività del Dipartimento e per non disturbare il suo manovratore.
Le parentele scomode iniziano ovviamente da Francesco Piermarini, l’ingegnere-cognato del sottosegretario Bertolaso, mandato tra i cantieri della Maddalena.
Ma scorrendo la lista dei beneficiati si svela una rete di favori senza soluzione di continuità .
Tra i primi ad essere stabilizzati, a metà di questo decennio, sono stati gli uomini della scorta di Francesco Rutelli in Campidoglio.
Dieci “pizzardoni” passati senza semafori dalla polizia municipale di Roma al dipartimento di Palazzo Chigi.
Dal fil rouge che lega il Giubileo alla Protezione civile spuntano anche tre supermanager del calibro di Agostino Miozzo, Marcello Fiori e Bernardo De Bernardinis.
Facevano parte dell’unità di staff del Giubileo e, grazie al decreto rifiuti del 2008, entrano nel Gotha dei dirigenti generali della presidenza del Consiglio con norma ad personam, e un contratto da 180 mila euro l’anno.
Ma sono stati ingaggiati anche ottuagenari che arrotondano la pensione grazie ai munifici gettoni delle emergenze: è il caso dell’83enne Domenico Rivelli, chiamato come “collaboratore per le problematiche amministrativo-contabili per i rifiuti a Napoli”.
Storie vecchie, mentre con la stabilizzazione di fine mandato arriva Barbara Altomonte, moglie del sottosegretario Francesco Giro, docente di scuola superiore ed ora dirigente del Dipartimento.
E non è certo un caso che in questa ondata la parte del leone la facciano uomini e donne legati a doppio filo con la Corte dei conti, ossia la
magistratura che deve vigilare anche sulle spese della Protezione civile.
Proprio nella “sezione di controllo” della Corte un magistrato e due funzionari possono vantare le assunzioni dei propri figli al Dipartimento: si tratta del giudice Rocco Colicchio, di Carmen Iannacone, addetta al controllo degli atti della presidenza del Consiglio, e della segretaria generale Gabriella Palmieri. Spazio anche a Marco Conti, figlio di un altro giudice contabile.
Invece Giovanna Andreozzi è stata chiamata dopo il sisma dell’Aquila con l’incarico di direttore generale per vigilare sugli appalti: proviene dalla sezione campana della Corte, presieduta da Mario Sancetta, magistrato sfiorato da più di un sospetto nell’inchiesta sulla Cricca per le relazioni con Angelo Balducci, l’ex numero uno delle opere pubbliche.
Tra l’altro, per la Andreozzi è stato attivato un servizio di navetta ad personam tra Roma Termini e gli uffici del Dipartimento.
Quanto alla magistratura, tra gli assunti c’è anche Giovanni De Siervo, figlio del vicepresidente della Consulta Ugo: era entrato come precario con l’ordinanza per l’esondazione del Sarno ora è fisso al reparto “relazioni con gli organismi internazionali”.
Con l’ultima chiamata per i fedelissimi di Bertolaso, arriva il posto definitivo per Carola Angioni, figlia del pluridecorato generale Franco, capo della missione italiana in Libano ed ex parlamentare Pd. Carola Angioni è entrata come collaboratrice per l’emergenza traffico di Napoli e, dopo essersi occupata di smog, è passata ordinanza dopo ordinanza ai temporali del Veneto, dedicandosi, nel frattempo a qualche puntata in Croazia come ambasciatrice del dipartimento.
La legge offre certezza occupazionale anche a Marta Sica, figlia del vicesegretario generale di palazzo Chigi; alla nipote del cardinale Achille Silvestrini; alla figlia del prefetto Anna Maria D’Ascenzo, (ex capo del dipartimento dei vigili del fuoco) e a quella del colonnello Roberto Babusci (una volta responsabile del centro operativo aereo della Protezione civile).
A loro, infine vanno aggiunti altri parenti illustri, legati all’ex presidente Rai Ettore Bernabei, al sindacalista della presidenza del Consiglio Mario Ferrazzano e a Giuseppina Perozzi, capo del personale di palazzo Chigi.
Una manifestazione di potere assoluto cui si oppongono i sindacati, con un ricorso contro i metodi selettivi di quest’ultima raffica di assunzioni che verrà discusso a febbraio prossimo di fronte al Tar del Lazio.
Anche perchè l’ultima ondata dei Bertolaso boys costerà ben otto milioni di euro, in gran parte sottratti ai fondi per l’Abruzzo terremotato.
Marco Guzzetta
(da “L’Espresso“)
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Dicembre 6th, 2010 Riccardo Fucile
ATTRAVERSO UN PARLAMENTARE DEL PDL, PINO GALATI, SI SPERAVA DI INTRODURRE QUALCHE AMICO NELLE PICCOLE AMMINISTRAZONI DEL’HINTERLAND MILANESE….L’OPERAZIONE GRAVITAVA SULLA MOGLIE DEL GALATI, LA DEPUTATA LEGHISTA CAROLINA LUSSANA
Le cosche calabresi in Lombardia alternano manovre per entrare nei cantieri dell’Expo 2015 a progetti per inserire gli ‘amici’ nei municipi dell’interland meneghino, in particolare nelle liste della Lega.
Come dimostra una conversazione intercettata e acquisita dai pm di Milano
(18 novembre 2010)
La domanda è semplice: “A Milano ci sono le elezioni provinciali. Abbiamo la possibilità di candidare qualcuno noi?”
E la risposta intercettata dai carabinieri del Ros è altrettanto elementare: “Io posso sentire qualche amico, là a Milano, qualche calabrese…”.
Sono brani da uno dei rapporti antimafia più inquietanti degli ultimi anni, acquisito adesso dai pm di Milano, in cui si alternano manovre per entrare nei cantieri dell’Expo 2015 a progetti per inserire “gli amici” nei municipi dell’hinterland meneghino.
E quelle di cui parlano nel marzo 2009 sono proprio le liste della Lega.
Nulla di penalmente rilevante, perchè finora i giudici non vi hanno riscontrato ipotesi di reato.
Ma il documento è sorprendente, anche per i soggetti a cui si fa riferimento.
A parlare è un imprenditore, considerato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro un prestanome al servizio del clan Arena di Isola Capo Rizzuto. Che discute con un maresciallo delle Fiamme Gialle, collaboratore del procuratore aggiunto Nicola Gratteri, ossia di uno dei magistrati più attivi nella lotta alle cosche.
È proprio il maresciallo che propone: “Ieri sera mi sono visto con Pino Galati… rimangono dei candidati in alcuni paesi… abbiamo la possibilità di candidare qualcuno noi?”.
Pino Galati è un parlamentare calabrese del Pdl.
Ma l’operazione gravita “sulla moglie del Galati”, che come scrivono gli investigatori, “si identifica nell’onorevole Carolina Lussana, nata a Bergamo, eletta nelle liste della Lega Nord”.
La bionda leghista che si impose alle cronache proprio per la storia d’amore sbocciata a Montecitorio con il deputato del profondo Sud.
Attraverso loro, i due soggetti intercettati studiavano il modo di inserire persone di fiducia nei municipi della provincia di Milano, paesi dove vive una folta comunità calabrese.
Incredibile?
Il sottufficiale legge “un elenco di collegi”, comuni dove si dovevano rinnovare le giunte: Magenta, Cerro Maggiore, Cassano d’Adda, Pioltello, Sesto San Giovanni, Calabiago, Cassano Primo.
Il presunto uomo della ‘ndrangheta si mostra entusiasta: “Belli… belli… Bei collegi…”.
E il dialogo prosegue: “Non hai qualcuno là che…”. “Che si interessa di politica sì… qualcuno che ha fatto il consigliere comunale pure a Cologno… Provo a sentirli…”.
“Vedi un po’ se riusciamo… noi… questa gente ci serve”.
Serve a cosa? Per ottenere appalti.
L’imprenditore agisce nel movimento terra, il grande business della ‘ndrangheta lombarda.
Si lamenta di avere “le macchine ferme”.
E commenta: “Adesso cominciano i lavori di Expo, sai quanta merda porterà là sopra… Si torna come l’alta velocità … Se la mangiano subito… chi tiene cinque camion, chi resiste, chi arriva all’Expo”.
Lui ritiene di avere trovato l’aggancio giusto: “Devo incontrare un costruttore grosso a Milano… Questo ha fatto la fiera di Milano… una parte dell’Expo ce l’ha lui… Devo andare a parlarci ma deve venire uno dalla Calabria apposta, un pezzo grosso…”.
Lirio Abbate
da “Il Fatto Quotidiano“
argomento: criminalità, denuncia, economia, emergenza, federalismo, Giustizia, LegaNord, mafia, Politica, Sicurezza | Commenta »