Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
I LEGALI: CHIEDEREMO I DANNI PER INGIUSTA DETENZIONE.. NONOSTANTE LA TESTIMONIANZA DEL SUO DATORE DI LAVORO E A CAUSA DI UNA TRADUZIONE SBAGLIATA, IL GIOVANE E’ STATO INDICATO SUI MEDIA COME UN ASSASSINO PER GIORNI: SAREBBE SUCCESSA LA STESSA COSA PER UN ITALIANO?…. ORA LE ISTITUZIONI BUSSINO ALLA SUA PORTA E GLI CHIEDANO PERDONO…E PER CHI FOMENTA ODIO RAZZIALE SI APPLICHI LA LEGGE MANCINO
Mohamed Fikri, il marocchino accusato di aver sequestrato e ucciso Yara Gambirasio,
torna in libertà .
Lo ha deciso il gip di Bergamo, Vincenza Maccora, che ne ha disposto la scarcerazione.
L’inchiesta sulla scomparsa della 13enne promessa della ginnastica ritmica di Brembate deve quindi praticamente ripartire da zero.
A determinare la decisione del giudice, il venir meno dei ‘gravi indizi di colpevolezzà .
In particolare, cinque periti nominati dal giudice, hanno verificato la cattiva traduzione di una frase intercettata del magrebino.
Inizialmente, si era detto che Fikri aveva pronunciato le parole: «Allah mi perdoni, non l’ho uccisa io».
A una seconda, più attenta valutazione, la frase è risultata essere: «Allah mi protegga».
Secondo quanto accertato dal gip, il giovane stava parlando con un uomo al quale doveva 2mila euro.
Questa persona è stata sentita dagli inquirenti e ha confermato la circostanza, avvalorando la seconda e corretta traduzione della frase.
Il fermo è stato convalidato, pur con la disposizione della scarcerazione, perchè viene riconosciuto, nel provvedimento di cinque pagine del Gip, che, al momento della misura cautelare, esistevano i ‘gravi indizi di colpevolezza’, poi venuti meno.
Accertato inoltre che non vi era alcun pericolo di fuga, dal momento che Fikri si stava recando a Tangeri, in Marocco, per le ferie, come ha confermato anche il suo datore di lavoro.
Sono stati sette i consulenti che, in momenti diversi, hanno tradotto la frase di Mohammed Fikri, indagato in relazione alla vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio, dalla quale in un primo momento si è ritenuto che lo straniero fosse coinvolto nei fatti.
Fikri, indagato in relazione alla vicenda della scomparsa di Yara Gambirasio, nel corso dell’udienza di convalida ha categoricamente negato di conoscere la ragazza.
In particolare, secondo quanto si evince dall’ordinanza di convalida del fermo e di liberazione di Fikri, l’uomo oltre a negare «ogni suo coinvolgimento nelle ipotesi di reato contestategli», ha affermato «di non conoscere Gambirasio Yara ma di averla vista solo nella fotografia mostratagli dai carabinieri in occasione del provvedimento di fermo».
Gli avvocati di Mohammed F. stanno valutando di chiedere un risarcimento per l’ingiusta detenzione del loro assistito, scarcerato qualche ora fa dopo essere stato recluso nel carcere di Bergamo lo scorso sabato sera con l’accusa di aver rapito e ucciso la 13enne Yara Gambirasio e di averne occultato il cadavere.
Lo ha spiegato ai giornalisti Giovanni Fedeli, uno dei legali dell’operaio.
A quanto sembra, oltre alla telefonata mal tradotta, sarebbe caduto un altro elemento che aveva portato i carabinieri ad accusare l’immigrato.
Mohammed F. avrebbe infatti spiegato di essersi liberato della scheda del telefono cellulare della fidanzata perchè la giovane subiva delle molestie telefoniche su quel numero e lui, dovendo rientrare in Marocco, non voleva che la fidanzata continuasse a subire le molestie.
«Nel momento in cui Yara è scomparsa Mohammed Fikri era con me in cantiere» ha dichiarato Roberto Benozzo datore di lavoro del marocchino indagato per la scomparsa della tredicenne bergamasca.
Benozzo non ha dubbi sulle mosse del giovane extracomunitario il 26 e 27 novembre: «Eravamo in cantiere e su di lui non ho certo sospetti lo conosco da quattro anni».
In pratica, nonostante la testimonianza del suo datore di lavoro e grazie a una intercettazione mal tradotta, un uomo è stato additato all’opinione pubblica per due giorni come un feroce assassino.
Chiediamoci se sarebbe successa la stessa cosa se il sospettato fosse stato italiano.
E che ora qualche rappresentante delle istituzioni si rechi dal giovane e gli chieda scusa: è il minimo che un Paese civile dovrebbe fare.
E a quei mentecatti che, strumentalizzando il fermo del giovane, volevano istigare alla cacciata di tutti gli stranieri, sarebbe ora che qualcuno ricordasse che esiste la legge Mancino per i reati di istigazione al’odio razziale.
E che qualcun’altro rammentasse che non è stata promulgata per non applicarla.
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Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
“HO SEGNALATO AL TERZO POLO LA MIA DISPONIBILITA”… LA MORATTI PREOCCUPATA NON COMMENTA, IL PDL MILANESE SE LA FA SOTTO E PARLA DI “TRADIMENTO”…. NON HANNO ANCORA CAPITO CHE MILIONI DI ITALIANI AVEVANO VOTATO PDL PERCHE’ C’ERA FINI, TURANDOSI MONTANELLIANAMENTE IL NASO PER LA PRESENZA DI BERLUSCONI… PRESTO LO CAPIRANNO
«Ho già segnalato ai triumiviri la mia decisione. Sono disponibile alla candidatura a sindaco di Milano».
Lo ha reso noto, ai microfoni della radio CNRmedia, l’europarlamentare e già primo cittadino del capoluogo lombardo Gabriele Albertini, nel giorno di Sant’Ambrogio, festa patronale della città .
«L’ho comunicato ieri a Fini, Casini e Rutelli – ha spiegato Albertini – Aspetto che commentino e prendano una decisione. La mia scelta è sul loro tavolo. Non anticipo il contenuto della mia comunicazione, che ho spedito ieri, loro ne conoscono il contenuto. Sono quindi disponibile alla candidatura a sindaco di Milano».
Albertini più tardi ha specificato che la sua è una disponibilità , non un’avvenuta candidatura: «Voglio precisare che ho solo dichiarato che in data odierna ho spedito una comunicazione personale a Fini, Casini e Rutelli contenente la mia decisione in merito alla candidatura a sindaco di Milano. Sono in attesa di riscontro».
Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, non ha voluto commentare la decisione di Albertini: «Per me oggi è un giorno di festa – ha detto il sindaco, al termine della cerimonia degli Ambrogini -, non penso a nient’altro».
Conversando con i cronisti, il sindaco di Milano si è limitato ad aggiungere, in merito alla candidatura che ha tutti i crismi per rivelarsi insidiosa: «Aspettiamo novità e vediamo».
«È davvero una delusione. Lo dico con profondissima amarezza. Dico la verità : non me l’aspettavo», ha affermato il coordinatore regionale del Pdl Guido Podestà , presidente della Provincia di Milano.
«A questo punto diventa incompatibile con un posto di assoluto rilievo nella commissione affari esteri, la più importante del Parlamento Europeo – ha aggiunto Podestà -. Un anno e mezzo fa ha chiesto la fiducia degli elettori del Pdl, e adesso si candida contro il Pdl. Una delusione, non dico altro».
La solita menata del “tradimento”, poveretti, come se non vi fossero milioni di italiani che hanno votato Pdl perchè c’era Fini e turandosi il naso perchè c’era Berlusconi.
“Quella di Albertini è una scelta che stupisce, la sua candidatura a sindaco di Milano è una candidatura contro se stesso», è anche il commento di Giulio Gallera, capogruppo del Pdl al Comune di Milano.
«Se si candiderà – ha osservato Gallera, che è stato assessore nella seconda Giunta Albertini – Albertini correrà contro se stesso perchè questa amministrazione è pienamente in linea con quelle precedenti da lui guidate: prova ne sia che molti assessori della Giunta Moratti erano consiglieri durante il mandato di Albertini».
Anche se riconosce che un’eventuale candidatura di Gabriele Albertini potrebbe erodere un po’ di consenso al centrodestra, Gallera si è detto certo che gli elettori del Pdl non si faranno irretire dalle sirene del terzo polo.
«Sono sicuro – ha detto Gallera – che i milanesi continueranno a scegliere e premiare la concretezza del governo del fare e a non seguire chi si presta a sostenere i fautori dei giochi di palazzo e dei ribaltoni».
Pare che non sappiano dire altro, sembrano un disco rotto: sognano sempre il partito del “fare nulla”, come se gli italiani fossero imbecilli.
In realtà la candidatura di Albertini spariglia i giochi:è opinione comune che se ne vedranno delle belle.
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Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
LA RUSSA SMENTISCA “LIBERO” O NON POTRA’ PIU’ PARLARE CON I NOSTRI SOLDATI IN MISSIONE.. IL FINIANO PAGLIA HA PERSO L’USO DELLE GAMBE IN SOMALIA DURANTE LA MISSIONE DI PACE ITALIANA E ORA VIENE INSULTATO DAI MISERABILI DISERTORI DELLA DESTRA AFFARISTICA-XENOFOFA… LA RUSSA DISONORA L’ITALIA COPRENDO I PENNIVENDOLI DI REGIME
Il disperato tentativo di Berlusconi e del residuo Pdl di additare i finiani come traditori
sta raggiungendo punte di imbarazzante bassezza.
Nei giorni scorsi le grida scomposte dei pennivendoli di regime stanno creando un clima da caccia alle streghe, tanto falso nei contenuti, quanto pericoloso ed irresponsabile.
La scorsa settimana alcuni attivisti del Pdl romano hanno aggredito Beatrice Scibetta, una giovane militante di Fli di ritorno da un gazebo di Roma.
Libero, da par suo e non volendo apparire meno ardito di altri, uno dei giornali che non a caso Fini ha definito “fogli d’ordine”, si è prodotto nella pubblicazione dell’elenco, con tanto di foto e indirizzi, dei nostri parlamentari, additandoli come traditori e aizzando i lettori a tempestarli di insulti e, chissà , magari qualcuno, più realista del re, non si limiterà all’insulto.
Le liste di proscrizione le ricordiamo tristemente usate da “Lotta Continua”, quando per settimane inserì il nome del Commissario Calabresi tra i suoi nemici da abbattere, poi abbiamo visto che è stato “abbattuto” realmente.
Proprio nella lista di Libero possiamo trovare la foto del’On Gianfranco Paglia, ufficiale della Folgore, il quale in missione di pace in Somalia, nel famigerato assalto al Chec point Pasta del 1992, rimase seriamente ferito e perse l’uso delle gambe.
Con lui morirono altri giovani militi Italiani.
Da quel giorno Paglia continuò non solo la sua personale sfida contro la disabilità , riuscendo a farsi reintegrare nelle forze armate e rilanciandosi addirittura col paracadute dopo una durissima riabilitazione, ma con la sua storia, riuscì a squarciare, all’interno delle forze armate, ogni pregiudizio verso i disabili, aprendo loro la possibilità di essere utili e di servire la Patria con una divisa, qualora ne avessero la volontà .
Ecco, il fatto che Gianfranco Paglia venga definito “traditore” da certi loschi figuri ci illustra la disperazione di chi sta perdendo il potere e farebbe di tutto per mantenerlo.
Col potere si perderebbero anche le mille immunità dietro le quali si vuole sfuggire al proprio giudice naturale, per questo non ci si risparmiano i colpi bassi e le invettive più violente.
Se questi irresponsabili avessero un briciolo di senso dello Stato si fermerebbero qui, ma non lo faranno.
Se Gianfranco Paglia per loro è un traditore allora, per pudore e dignità personale, almeno non si riempissero più la bocca di retorica verso i nostri militari impegnati all’estero, retorica vuota perchè poi gli tagliano i fondi per le missioni, per il materiale ed i mezzi in dotazione.
Il ministro della Difesa, uso a incursioni coi pantaloni del pigiama nei territori dove sono presenti i nostri soldati, dica chiaramente se considera o meno Paglia un traditore.
Abbia il coraggio o di farsi complice dei mandanti della squallida operazione o ne prenda le distanze e tuteli l’immagine di chi rappresenta un coraggioso esempio di sacrificio per il nostro Paese.
Altrimenti, dopo aver lui sì tradito gli ideali di una destra non affaristico-xenofoba, sarà additato come un volgare disertore, non un ministro, nella difesa dei nostri soldati che rischiano la vita per onorare i nostri impegni internazionali di pace.
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Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
DAL 16 DICEMBRE I DETENUTI POTRANNO SCONTARE L’ULTIMO ANNO DI DETENZIONE A CASA PROPRIA, SULLA BASE DEL DECRETO ALFANO: SI TRATTA DI CIRCA 12.000 CARCERATI…. MA GIA’ SI POTEVA OTTENERE QUESTA MISURA, ESAMINADO CASO PER CASO: ERA DAVVERO NECESSARIA? … CHI PICCHIAVA LA MOGLIE POTRA’ TORNARE NELLA STESSA CASA DEL CONIUGE, CHI HA COMMESSO UN REATO ENTRO IL 2006 ORA AVRA’ 4 ANNI DI FRANCHIGIA
Zitti zitti, nel silenzio delle tv, della stampa e dell’opposizione, la maggioranza di centrodestra votata all’insegna della “certezza della pena” e della “tolleranza zero”, ha appena approvato un bell’indultino mascherato che farà uscire anzitempo dal carcere migliaia di delinquenti.
Il ddl Alfano, approvato dal Parlamento tra il lusco e il brusco, in vigore dal 16 dicembre, prevede che i detenuti che scontano condanne definitive possano trascorrere l’ultimo anno di detenzione a casa propria (“disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno” e degli analoghi “residui di maggior pena”, esclusi mafia, terrorismo e omicidio).
Ma attenzione: già oggi i detenuti possono scontare gli ultimi due anni di pena agli arresti domiciliari e gli ultimi tre in affidamento al servizio sociale, cioè liberi.
In pratica, chi deve scontare condanne fino a tre anni sa che non farà un giorno di carcere e, se ha avuto l’accortezza di delinquere entro il maggio 2006, prima dell’indulto (sconto automatico di 3 anni), non fa un giorno di galera nemmeno se condannato a 6 anni.
Per esempio, Cesare Previti: condannato a 6 anni, ne defalcò tre per l’indulto e per gli altri tre ottenne l’affidamento alla Caritas, cavandosela con due giorni a Rebibbia.
Ora, con l’ulteriore saldo natalizio targato Alfano, la franchigia sale a 4 anni (e addirittura a 7 per i reati coperti da indulto).
Insomma, per finire dentro e restarci bisogna proprio fare una strage.
Oltre al danno, c’è pure la beffa per le vittime dei reati: chi li ha commessi potrà tornare a casa senza l’obbligo di abbandonare il domicilio della persona offesa o il “locus commissi delicti”.
Quindi chi è finito dentro perchè molestava la vicina di casa o picchiava la moglie può tornare comodamente sul luogo del delitto a scontare la pena e a ripetere il delitto.
Prepariamoci dunque all’ennesima ondata di scarcerazioni (usciranno chi dice 2 mila, chi 7 mila, chi 12 mila carcerati su 70 mila) che per giunta, non essendo accompagnata da investimenti per reinserire gli ex detenuti nella società , li porterà a tornare a delinquere, con un aumento dei reati e dell’insicurezza sociale.
Il tutto a opera del centrodestra, sempre pronto ad accusare il centrosinistra di “mettere fuori i delinquenti”.
Naturalmente, come tutte le leggi di questo governo, peggio se firmate da Alfano, anche questo indulto mascherato è incostituzionale: per amnistie e indulti occorrono i due terzi del Parlamento, mentre qui han votato solo Pdl e Lega.
Quella stessa Lega che inizialmente si era opposta al ddl Alfano per bocca del ministro Maroni, che poi, alla chetichella, ha digerito tutto.
Quella stessa Lega che nell’agosto 2003, quando passò l’“indultino” (sospesi gli ultimi 2 anni di pena a chi ne avesse scontata metà , salvo reati gravissimi: 5900 scarcerati) coi voti di FI, Udc, mezza An e centrosinistra, fece fuoco e fiamme.
Calderoli chiese a Ciampi di rinviare la legge alle Camere “per manifesta incostituzionalità ” e al ministro della Giustizia Castelli di “riferire in Parlamento sui reati commessi in futuro da quanti verranno scarcerati grazie a questo squallido indulto mascherato.
Le recidive saranno molte ed è giusto che il popolo sappia quali reati verranno commessi ai suoi danni grazie a questo provvedimento e a chi lo ha promosso”.
Castelli tuonò: “Da ottobre ritroveremo in cella ospiti che avevamo appena liberato e in 12 mesi la popolazione carceraria sarà quella di prima. Ma abbiamo un programma epocale per costruire e aprire 23 nuove carceri”. Anche Mantovano (An, oggi Pdl) denunciò: “Così la certezza della pena diventa ancora più flebile: l’indultino contribuirà a rafforzare la convinzione che tutto sommato a commettere reati anche gravi non si paga poi un costo così elevato”.
Naturalmente, del mirabolante piano Castelli e Alfano per costruire nuove carceri, non s’è mai saputo nulla.
E rieccoci, nel 2010, a metter fuori qualche migliaio di criminali. Stavolta, di nascosto.
Complimenti alla maggioranza e anche, scusandoci per il termine un po’ forte, all’opposizione.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
SCOPPIA UN ALTRO SCANDALO, DOPO QUELLO DEI 64.000 EURO DI RIMBORSI SPESE DEL DIRETTORE DEL TG1: ORA ESCONO FUORI 86.680 EURO DI RISTORANTI E ASSENZE PER CONTINUE TRASFERTE ANCHE ALL’ESTERO…SU 56 TRASFERTE SOLO 11 AUTORIZZATE
Altro che i 64 mila euro di “spese di rappresentanza” con la carta di credito aziendale: in
14 mesi il direttore del Tg1 Augusto Minzolini ha speso ben 86.680 euro.
Soldi che sono stati utilizzati esclusivamente per pagare ristoranti, in Italia e all’estero.
Un conto che supera di gran lunga i 60 mila euro spesi per rappresentanza nel 2010 da tutti i direttori di primo riporto — cioè che dipendono dal Direttore generale della Rai Mauro Masi — messi insieme: Minzolini, da solo, in 14 mesi è costato all’azienda 26 mila euro in più dei suoi 31 colleghi.
Questa è solo una delle tante scoperte dell’internal audit — l’indagine interna ordinata da Masi — denunciate in una lettera da Nino Rizzo Nervo, membro del Cda Rai.
Ieri il direttorissimo è stato costretto ad abbandonare il Festival del cinema marocchino di Marrakesh per tornare precipitosamente a Roma: ha dovuto dare spiegazioni a Masi, che lo aspettava con la lettera di Rizzo Nervo in mano, ed è uscito dall’incontro scuro in volto.
Per Minzolini, che si è presentato al settimo piano di viale Mazzini abbronzato e sorridente dopo aver pranzato con il re del Marocco Mohammed VI, adesso si tratta di decidere se affrontare il giudizio disciplinare oppure dimettersi.
Rizzo Nervo non commenta la lettera, nè conferma i contenuti che Il Fatto Quotidiano ha potuto leggere.
È datata 3 dicembre (venerdì scorso) ed è indirizzata allo stesso Masi, al presidente della Rai Paolo Garimberti e a tutti i consiglieri di amministrazione.
Si parla di anomalie nei comportamenti di Minzolini e di continue violazioni della normativa aziendale, per i quali l’ex direttore del Tg3, profondo conoscitore della materia, chiede l’immediata apertura di procedure disciplinari.
Da quando è stato nominato direttore di testata, Minzolini è andato in trasferta per 129 giorni.
Considerando che i giorni lavorativi in 14 mesi sono circa 270, vuol dire che Minzolini ha lavorato quasi la metà del tempo in trasferta.
Un ritmo giudicato dall’indagine abnorme e anomalo.
In trasferta utti i weekend
Per avere un metro di paragone, basti pensare che molto raramente un inviato, pagato proprio per stare in trasferta, supera i 90 giorni annui fuorisede.
Ma non è tutto: su 56 trasferte effettuate (per 129 giorni complessivi) Minzolini ha indicato lo scopo della sua missione solamente 11 volte.
La Rai non è a conoscenza dei motivi per cui, per ben 45 volte, il direttore ha lasciato la redazione per decollare verso mete spesso esotiche.
Come testimoniano le fotografie scattate lo scorso settembre in Kenya e pubblicate dal Fatto che ritraggono Minzolini assieme alla giovane deputata Pdl Gabriella Giammanco e a un pitone di due metri.
I più maliziosi potrebbero pensare che i veri motivi abbiano a che fare con la tempistica in cui il direttore viaggia fuori sede: 40 trasferte su 56 sono infatti avvenute durante i finesettimana.
Ed essendoci in un anno 52 weekend, 40 passati in trasferta non sono pochi. Ma chi autorizza Minzolini ad andare in giro per il mondo a spese dei contribuenti?
Spesso nessuno: dall’indagine risulta che le trasferte a Istanbul, Londra, Amburgo, Cannes (due volte), Praga e Marrakesh (due volte, l’ultima lo scorso weekend per il Festival del cinema marocchino, da cui è tornato ieri) non sono state preventivamente autorizzate dalla direzione generale.
E anche quando la Rai dà il via libera rimangono dubbi, secondo l’indagine, sull’utilità dei viaggi: Minzolini ha ritenuto necessario partecipare per 9 giorni al Festival del cinema di Venezia, dal primo al 7 settembre e poi dal 10 all’11 settembre.
Che cos’abbia fatto in Laguna di indispensabile per il suo telegiornale al momento è rimasto oscuro al suo collega Rizzo Nervo, che nella lettera giudica queste pratiche incredibili per un direttore di testata, oltre che delicate dal punto di vista contabile ed etico.
C’è un altro aspetto che potrebbe risultare molto costoso per le casse della Rai.
Se Minzolini è andato in trasferta 40 fine settimana in un anno, significa che non ha goduto dei riposi settimanali che gli spettavano di diritto. E dunque la Rai  è in debito con lui di tutti i sabati e le domeniche in cui ha lavorato in trasferta, a meno che il direttore non le abbia già recuperate.
In questo caso vorrebbe dire che in redazione ci è andato abbastanza raramente.
Se invece non ha recuperato i turni di riposo, significa che potrebbe aver accumulato anche un notevole numero di ferie arretrate.
Che nella contabilità della Rai, come di ogni altra azienda, devono figurare come un debito verso il dipendente: 40 weekend fanno 80 giornate, che, misurate sullo stipendio annuo di 550 mila euro, sommano per Minzolini un credito verso la tv di Stato di oltre 100 mila euro.
La strategia del globe trotter , tra l’altro, non premia i risultati.
A furia di viaggiare per il mondo, Minzolini ha perso ascolti: il suo Tg1 a settembre ha avuto quasi un milione di spettatori in meno rispetto all’anno precedente.
Lo share si è stabilizzato sotto il 26 per cento, mentre raramente in passato scendeva sotto la soglia (anche psicologica) del 30 per cento.
E se non bastavano il crollo di share, i contestatissimi editoriali, la rivolta dei suoi giornalisti e la cacciata degli infedeli (come Maria Luisa Busi), a far traballare la poltrona di Minzolini, c’è una questione ancora più delicata: il sospetto che i servizi del Tg1 sulla Royal Caribbean puzzino di pubblicità occulta.
Per sei volte, nei mesi scorsi, il tg dell’ex squaletto ha ospitato i dirigenti della multinazionale americana per le crociere, mentre la Royal ha organizzato proprio con il Tg1 il concorso per famiglie “Reporter d’alto mare”.
Proprio su questo aspetto Rizzo Nervo chiede una nuova indagine: se venisse accertato sarebbe ancora più grave delle folli spese, perchè lapubblicità occulta non solo pone seri problemi deontologici, ma può determinare mancati ricavi nella vendita degli spot.
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
FINO AL 14 NESSUNA SUBORDINATA: O FIDUCIA O VOTO… MA UNA TERZA IPOTESI DI EMERGENZA SI AFFACCIA AD ARCORE: LA CARICA DI MINISTRO LO PROTEGGEREBBE DAI PROCESSI GRAZIE AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO… GIRA E RIGIRA, E’ L’UNICA COSA CHE INTERESSA AL PREMIER
Il Cavaliere studia l’extrema ratio “Un altro premier del Pdl e io ministro”
Un “piano B”. Una valvola di sicurezza se tutto dovesse precipitare.
Un’exit strategy se i pezzi del puzzle disegnato da Palazzo Chigi non dovessero incastrarsi. Silvio Berlusconi anche stavolta ha iniziato a mettere a punto una via d’uscita.
Da imboccare solo se il prossimo 14 dicembre il suo governo verrà sfiduciato. “Fino a quel giorno nessuno deve parlare di opzioni diverse – ha ordinato ai suoi fedelissimi – . Il nostro obiettivo è la fiducia piena e in caso contrario le elezioni anticipate. Ma dal 15 in poi valuteremo il da farsi”.
E nel “da farsi” ora compare anche la possibilità di un altro esecutivo, guidato da un altro esponente del Pdl, e che elenchi tra suoi i ministri proprio il Cavaliere.
Magari in un dicastero che ha già ricoperto ad interim, quello degli Esteri.
Si tratta solo di una extrema ratio da adottare solo se la situazione non presenterà alternative.
Una “mossa del cavallo” per sorprendere tutti e uscire dall’angolo avendo ancora lo “scudo” del legittimo impedimento.
Sta di fatto che il progetto ha iniziato a fare capolino dalle parti di Arcore. Un’eventualità che nel week end lo stesso presidente del consiglio ha soppesato. Mal volentieri, certo, ma ammettendo che dopo il 14 “tutto va preso in considerazione”.
Le “colombe” del suo partito, del resto, sono da tempo all’opera per attenuare la violenza dello scontro con Fini e Casini.
Hanno messo in guardia l’inquilino di Palazzo Chigi sulle conseguenze dello scontro all’ultimo sangue.
Ci ha provato Gianni Letta e Fedele Confalonieri.
Persino Umberto Bossi lo ha invitato a trovare un’intesa con il presidente della Camera.
Soprattutto hanno cercato di fargli capire che la bocciatura dell’esecutivo a Montecitorio potrebbe comportare lo “slittamento” di molti peones verso il sostegno ad un nuovo governo.
Una spinta che nel centrodestra potrebbe rivelarsi fatale.
Pure nel “blindatissimo” Palazzo Madama, i numeri potrebbero improvvisamente ribaltarsi dopo il 14. Basti pensare a Beppe Pisanu che ripete ad ogni piè sospinto: “Io sono contro le elezioni anticipate”.
Oppure alla pattuglia dei cosiddetti “scajoliani”.
Timori che stanno scuotendo il partito di maggioranza relativa impegnato a escogitare un “patto di fedeltà ” tra i senatori.
Che, però, non riesce a prendere corpo.
“Io – ha ripetuto ieri Berlusconi – sono sicuro che avremo i numeri anche alla Camera. Verdini e La Russa me lo hanno giurato. E comunque non voglio farmi ricattare da nessuno”.
Eppure, anche il Cavaliere sa che in caso contrario la strada delle urne potrebbe, appunto, non essere scontata.
Anche per le attenzioni che il Quirinale sta rivolgendo alla grave crisi economica, alla burrasca che sta attraversando l’euro e alle difficoltà del nostro debito pubblico. Non a caso, dicono sul Colle, è sbagliato prefigurare alcunchè fino a quando non si conoscerà la portata della verifica parlamentare.
Proprio per questo, l’inquilino di Palazzo Chigi non vuole trovarsi impreparato davanti al peggio.
E insieme alle “colombe” non esclude ora che, se la richiesta di scioglimento delle Camere non verrà accolta, l’alternativa potrebbe essere sì un altro governo guidato da un esponente del Pdl, ma con lui stesso membro del nuovo esecutivo.
In particolare come responsabile della Farnesina.
Una mossa fatta apposta per mettere in difficoltà Fli e Udc. E soprattutto un modo per blindarsi rispetto a quella che da sempre chiama la “persecuzione giudiziaria”.
Perchè se la Corte costituzionale, proprio il prossimo 14 dicembre, dovesse confermare la costituzionalità del legittimo impedimento, lui continuerebbe a usufruirne.
Quella norma, infatti, vale fino ad ottobre 2011 per il presidente del consiglio e per i ministri. Non solo. Poichè il Cavaliere considera Gianni Letta e Angelino Alfano gli unici affidabili per la realizzazione di questo quadro, conquisterebbe una serie di benefici: contare su un premier “leale”, su una presenza costante e “dominante” in consiglio dei ministri, sulla possibilità di continuare a mantenere tutti i contatti con le cancellerie straniere.
Soprattutto verrebbero lasciate inalterate le sue chance di una ricandidatura alle elezioni del 2013 e alla corsa per la successione al Quirinale.
A quel punto, raccontano le “colombe” che hanno indotto il presidente del consiglio a valutare questa possibilità , “per Fini e Casini sarà davvero difficile sottrarsi. E per Napolitano impossibile non accogliere la nuova maggioranza e il nuovo equilibrio”.
Al momento, però, si tratta solo una “extrema ratio”.
Che il premier prenderà in considerazione solo a partire dal 15 dicembre. Anche perchè non tutti, nel centrodestra, potrebbero gradire il “rilancio” berlusconiano”. Ad Arcore, in questo fine settimana, hanno infatti fatto notare che in uno scenario del genere, la Lega potrebbe puntare le sue fiches su un altro “vice-Cavaliere”: ossia su Giulio Tremonti.
Il ministro dell’Economia, da sempre vicino al Carroccio, e considerato con le competenze migliori per affrontare la crisi economica.
Per questo l’inquilino di Palazzo Chigi vuole tenere nascoste le sue carte. Tentare la prova di forza.
Per poi scartare tutti se la situazione fosse senza via d’uscita. Ma senza rompere l’asse con Umberto Bossi.
Claudio Tito
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
PER LE FESTE NATALIZIE PREVISTA UNA CONTRAZIONE DELL’1,2%, PARI A 17 EURO IN MENO A FAMIGLIA… STOP AGLI ACQUISTI DI GENERI DI ABBIGLIAMENTO, LIBRI E MUSICA… AVANZA SOLO LA SPESA ALIMENTARE E QUELLA DEI BENI TECNOLOGICI
La buona notizia è che, forse, nel 2012 andrà meglio; la cattiva è che — quanto a consumi
— siamo tornati indietro di dieci anni e che, quando si tratta di spendere, le famiglie non credono alla ripresa.
Uno studio della Confcommercio ha analizzato le previsioni d’acquisto degli italiani per il prossimo Natale e ha scoperto che anche quest’anno le feste saranno sotto tono.
O meglio, le famiglie spenderanno in realtà qualcosa in meno — l’1,2 per cento, al netto della variazione dei prezzi — rispetto al 2009 ( più 0,3 senza tenere conto dei prezzi).
Tutto compreso — regali, panettoni, ma anche bollette e benzina, servizi — il Natale costerà 1337 euro, la spesa destinata alle feste nel 2009 era di 1354 euro.
Diciassette euro in meno a famiglia che — dice la Confcommercio — «sono in linea con la situazione di difficoltà economica».
Questo nonostante il «capitale» netto assicurato dalle tredicesime sia diventato un po’ più ricco (33,4 miliardi, lo 0,7 per cento in più rispetto allo scorso).
Ma a beneficiare di tale crescita è stata soprattutto la quota riservata ai pensionati, i lavoratori dipendenti infatti — a causa della disoccupazione e delle casse integrazioni — hanno vista ridursi la fetta loro assegnata e ciò spiegherebbe la frenata sui consumi.
Senza contare il fatto che — secondo Confcommercio — la fetta si spartisce fra un numero superiore di famiglie (circa 180 mila in più rispetto allo stesso anno) frutto di nuovi ingressi o semplicemente del fatto che i nuclei si frammentano e diventano sempre più piccoli.
Sta di fatto che se — guardando ai numeri — ufficialmente la crisi sta finendo, le famiglie non vedono ancora l’uscita dal tunnel.
La ripresa collegata al mancato aumento dell’occupazione sta dando quindi i suoi frutti, anche se Confcommercio non vede tutto in negativo.
Il Natale sarà difficile, «ma la caduta dei consumi non ci sarà » dice il suo presidente Carlo Sangalli, che questa volta chiede una riforma fiscale che abbassi il carico sui redditi da lavoro, ma non la detassazione delle tredicesime.
Nè i commercianti si aspettano molto dal 2011: la ripresa dei consumi, assicurano, l’anno prossimo (al netto degli effetti inflazionistici) si fermerà allo 0,9 per cento definendo un periodo di «convalescenza» e le spese decolleranno solo nel 2012 (più 1,6).
Di sicuro è che le famiglie fanno le loro scelte e selezionano con precisione cosa e quanto comperare.
Stop agli acquisti di vestiario (meno 4 per cento rispetto al 2009), frenata anche sui libri, la musica e i dvd (meno 1,2): in quella che Confcommercio chiama la quota «tradizionale» dei consumi avanza solo la spesa alimentare, che rispetto al Natale dello scorso anno guadagna lo 0,6 per cento.
Cresce invece la spesa destinata ai settori più innovativi.
Trainata dall’iPod, destinato a diventare il regalo più desiderato di queste feste, la vendita di prodotti tecnologici aumenterà quest’anno del 2,7 per cento.
In crescita anche computer e accessori (più 1,5), stabile la spesa per la telefonia .
argomento: economia, emergenza, governo, Lavoro, Politica, povertà, radici e valori, tredicesima | Commenta »
Dicembre 7th, 2010 Riccardo Fucile
UN’ALTRA DESTRA: MODERAZIONE SALARIALE, INTESE CON I SINDACATI E STABILITA’ POLITICA, I TRE SEGRETI DEL SUCCESSO… LA BUNDESBANK RIVEDE LE STIME DI CRESCITA E SOTTOLINEA IL RUOLO DELL’EXPORT… MENTRE L’ITALIA ARRANCA
La locomotiva tedesca corre sempre più forte, e sullo sfondo della tempesta sull’euro accentua il suo distacco dalla fragile Europa mediterranea, sia per crescita del Prodotto interno lordo (Pil), sia per competitività , sia quanto al risanamento dei conti pubblici.
Secondo i dati resi pubblici ieri dalla Bundesbank, il Pil tedesco quest’anno crescerà del 3,6 per cento, cioè il massimo storico dalla riunificazione, compiuta vent’anni fa.
Cala ai minimi storici la disoccupazione, mentre il disavanzo scende, e l’anno prossimo andrà saldamente sotto il tetto del 3 per cento del Pil indicato dai Trattati di Maastricht e dal Patto di stabilità , gli accordi costitutivi dell’euro. Angela Merkel, dunque, viene indirettamente rafforzata sul piano politico dal successo della politica di stabilità tedesca, nel confronto con gli altri governi di Eurolandia su come salvare la moneta unica.
«L’export continuerà ad avere un ruolo determinante nella crescita dell’economia federale, ma i suoi successi e i miglioramenti sul fronte dell’occupazione rafforzano in modo considerevole la domanda interna e la sua parte nell’andamento della congiuntura», sottolinea il rapporto della Bundesbank.
I dati sono rivelatori: la crescita del Pil quest’anno si situerà appunto al 3,6 per cento.
Non è mai stata così alta da quando nell’ottobre del 1990 Helmut Kohl divenne cancelliere della Germania unita.
Il calo della crescita del Pil nei due prossimi anni (stime Bundesbank: più 2 per cento nel 2011 e più 1,5 per cento nel 2012) è inevitabile, visto il contesto mondiale della debolezza strutturale sia di molte economie dell’eurozona, sia della congiuntura internazionale.
Ma ciò non impedirà ai tedeschi di mantenere la promessa di un rientro rapido dei conti pubblici entro i tetti di Maastricht e del Patto di stabilità , cioè un massimo del 3 per cento del Pil per il disavanzo.
Il deficit tedesco scenderà al 3,5 per cento del Pil quest’anno, e al 2,5 per cento l’anno prossimo.
Il fardello, che infastidisce contribuenti ed elettori, è il peso delle garanzie del fondo europeo per i paesi indebitati: ammontano al 7 per cento del Pil. E’ un peso difficile da sopportare come dimostrano le dichiarazione dei politici nelle ultime settimane.
Export industriale ad alto contenuto di eccellenze tecnologiche, moderazione salariale, concertazione con i sindacati, stabilità politica sono il segreto del successo.
I grandi global player del made in Germany – da Bmw a Volkswagen, da Audi alla stessa Opel fino ai big dell’indotto, per restare nel solo comparto auto che non è tutto – tagliano le ferie natalizie e aumentano gli straordinari per far fronte alla domanda in volo.
Domanda dei mercati internazionali, visto che Cina, India, Brasile, Corea, Russia ma anche le nuove tigri del Centro-Est europeo, ovvero Polonia, Repubblica cèca, Slovacchia e Ungheria aumentano i loro ordinativi.
Ma anche domanda interna: il calo della disoccupazione (saldamente sotto i 3 milioni, in discesa verso il 6,9 per cento), gli aumenti retributivi concessi come premio per i successi, in omaggio al principio della cogestione, la sicurezza che il welfare continua a fornire ai poveri, spingono chi vive qui a spendere di più.
E con i prezzi bassi creati dalla stabilità , il potere d’acquisto dell’euro in Germania è ben superiore che non nel Sud dell’Unione.
Andrea Tarquini
(da “la Repubblica“)
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