Destra di Popolo.net

BERLUSCONI VUOLE ACQUISIRE 20 DEPUTATI, MA NON RIESCE NEANCHE A FAR DIMETTERE I SUOI 30 CHE SONO ANCHE MINISTRI E SOTTOSEGRETARI

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

LO SCONCIO DEL PDL SI DIMOSTRA DAL FATTO CHE CI SONO MINISTRI E SOTTOSEGRETARI CHE CONTINUANO A ESSERE ANCHE DEPUTATI E NON MOLLANO LA DOPPIA POLTRONA E RELATIVI GUADAGNI… E’ QUESTA LA MORALITA’ CUI SI RIFERIVA IL PREMIER ? LA INSEGNI A CASA SUA ALLORA, PRIMA DI PARLARE

Nessuno potrà  accusarci di fare polemiche solo ora, perchè siamo stati tra i pochi in assoluto e quasi unici nell’area di centrodestra, ad aver sollevato il problema per ben tre volte da due anni a questa parte.
Vi sono una trentina tra ministri e sottosegretari che sono stati anche eletti parlamentari, non vengono cioè dall’esterno per capirci.
Costoro assommano così la doppia carica di deputati ed esponenti del governo, con relativa maggiorazione economica.
E dato che spesso sono in giro in missione o per impegni istituzionali (almeno cosi dicono), quando si tratta di votare alla Camera si vedono raramente.
E’ uno dei motivi per cui il governo, nonostante i 70 voti originari di margine e i 3 attuali, è andato spesso in minoranza durante una trentina di votazioni.
La soluzione sarebbe semplice: i ministri e i sottosegretari dovrebbero dimettersi dal parlamento e far subentrare i primi dei non eletti.
Ma la cosa è stata fatta solo da Frattini il quale però, dopo che si era accorto che nessun altro lo aveva seguito, in 24 ore   cambiò idea e si tenne il doppio stipendio anche lui.
C’è infatti un aspetto economico alla base della scelta (qualche migliaio di euro in più) , ma anche una ragione politica.
Il posto da parlamentare non te lo toglie nessuno, quello da ministro può venire meno in qualsiasi momento, essendo una nomina fiduciaria del Presidente del consiglio.
Berlusconi ha timidamente chiesto un paio di volte, preso dal’ira per qualche votazione andata male, che i ministri rinunciassero a Montecitorio, ma in pratica non se l’è filato nessuno.
Ora che il margine è ridotto a tre soli voti, che fa il premier “moralizzatore” della politica?
Cerca di “acquisire”, ovvero comprare, “una ventina di deputati”, quando il margine, pur risicato, per resistere alla Camera l’avrebbe.
Basterebbe che, da buoni “idealisti”, i suoi cortigiani facessero un semplice atto: dimettersi.
Ma nè l’utilizzatore finale della moralità , nè le fameliche truppe forzaleghiste mollano la doppia poltrona.
Che bella coerenza pidiellin-padana, che bella immagine di acchiappapoltrone e stipendi che stanno dando.

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L’EQUIVOCO DELLA DEMOCRAZIA

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

PENSIERI RIVOLTI A QUEI PARLAMENTARI CHE CONSIDERANO I PROPRI PRINCIPI COME DENTI CARIATI DA CURARE RICOPRENDOLI D’ORO

Durante la Seconda Repubblica si è aperto un abisso tra onestà  e Parlamento.
Si è riuscito a normalizzare l’osceno in faccia agli italiani, senza alcun argomento politico, si è cominciato a offrire poltrone, appalti e fette di potere in cambio di sostegno al Governo.
In questi giorni, Silvio Berlusconi ha iniziato a colmare il vuoto lasciato dai parlamentari del FLI e di tutti quelli che lo hanno abbandonato durante questa legislatura.
Al momento ha appena tre voti di vantaggio, ma appena finite le votazioni del 14 dicembre ha candidamente ammesso che non vede difficoltà  insormontabili per ampliare i risicati numeri su cui può contare oggi il proprio esecutivo.
Parole dette serenamente, per confermare che ogni onorevole è considerato dal Presidente del Consiglio non come un essere vivente, bensì come un elemento strumentale, rimpiazzabile ad oltranza.
Nessuno si scomodi a informare di quest’evidenza la maggioranza dei parlamentari che hanno votato la fiducia a questo Governo.
La sanno e non perdono un’occasione per dimostrare che se ne fregano.
Non si curano della propria dignità  e del proprio amor proprio, figurarsi di quello degli italiani.
Il risultato è che non esiste nessun piano governativo su cui si basa la neonata maggioranza se non quello del mantenimento del potere.
Tutto il resto è funzionale, è la disumanizzazione totale di tutti i rapporti politici, ormai ridotti ad essere come quelli tra una cosa e colui che se ne serve.
Tristemente, è necessario aggiungere che la cosa in questione è il Parlamento, la democrazia e colui che se ne serve è Silvio Berlusconi.
Martedì 14 dicembre 2010, intanto che nelle due Camere c’era una compravendita in corso, per proteggerle dal popolo che le ha elette era stata tracciata una zona rossa.
L’Italia con le sue urgenze e i suoi bisogni reali non poteva entrare tanto meno avvicinarsi ai due rami del Parlamento.
Nelle solite ore il debito pubblico nazionale toccava un nuovo record e questa non è una notizia eccezionale perchè succede ogni giorno: l’attuale politica economica italiana si basa su un debito pubblico che vale più di ieri e meno di domani.
Quest’aspetto, insieme all’aumento della pressione fiscale sta portando allo stringere della base sociale del benessere.
Per valore economico e per libertà  politica l’Italia sta uscendo dall’Occidente, si sta tramutando in una palude e Silvio Berlusconi di questo pantano ne è il sultano oppure il rospo, come preferite.
La democrazia in Italia c’è ancora, ma vive sommersa nella marea del materialismo.
Nel disincanto nazionale, garriscono i leccaculo in Parlamento come in televisione, spacciano narcolessia, formaggini, camicie aperte e gambe nude, interpretano l’informazione come liturgia del potere, senza alcun talento se non quello di vivere senz’anima.
Da sette anni vivo fuori dal mio Paese e posso dire che di quell’aspetto serissimo che è la crisi internazionale l’unica cosa buffa rimasta sembrano essere gli italiani, ma per quanto?
Chi scrive queste parole è un semplice italiano all’estero, uno dei tanti laureati trilingue in giro per il mondo che nella città  dove ha scelto di vivere lavora il doppio per dimostrare di valere la metà  e lo fa ogni giorno e volentieri.
Chi scrive è un apolide suo malgrado che non ha dimenticato la fierezza delle proprie origini, che Silvio Berlusconi è solo una squallida meteora, seppur lunghissima della storia gloriosa di cui può fregiarsi il proprio Paese.
Chi scrive è qualcuno in esilio preventivo che per le ultime signore e signori che hanno vilmente aspettato le ore precedenti alla votazione della fiducia per smascherare le proprie intenzioni e per offrire il proprio sostegno all’attuale governo sarebbe pieno di domande, ma che invece ne farà  solo una, anzi due:
Una vita senza dignità  che vita è?
Una vita senza orgoglio e senza valori, a cosa serve?

Alessandro Berni da Parigi

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BONDI RITORNA COMUNISTA, SCRIVE AL PD E RISPOLVERA IL VECCHIO “CARI COMPAGNI”

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

PATETICA LETTERA AI DEPUTATI PD: “NON SFIDUCIATEMI”… IL MINISTRO ATTACCATO ALLA POLTRONA PIETISCE L’AIUTO DEI SUOI EX COMPAGNI DI UN TEMPO… LA FOTO DEL VOLTAGABBANA   QUANDO MANIFESTAVA CON LA BANDIERA ROSSA COME SINDACO PCI DI FIVIZZANO

«Cari compagni…». Avrà  sicuramente esordito in questo modo un sacco di volte, Sandro Bondi, iniziando i suoi interventi negli anni in cui aderiva al Pci ed era sindaco del comune di Fivizzano.
Difficile immaginare che quella locuzione sarebbe stata rispolverata ancora, adesso che è coordinatore del Pdl e ministro del governo Berlusconi.
Lo ha fatto, invece, in una lettera aperta al Pd in vista del voto di sfiducia individuale nei suoi confronti, nato dalla mozione presentata dopo i crolli di Pompei.
«Cari compagni vi spiego perchè non dovreste sfiduciarmi» scrive Bondi. «Per un residuo di concezione seria della politica e di rispetto nei confronti degli avversari politici vi chiedo di fermarvi, di riflettere prima di presentare contro di me un atto parlamentare così spropositato, pretestuoso e dirompente sul piano umano, che rappresenterebbe un’onta non per me che lo subisco ma per voi che lo promuovete».
Il ministro parla tra l’altro di un «clima pregiudizialmente ostile alla mia persona».
E ricorda anche i motivi che lo portarono a suo tempo a passare dal fronte comunista al centrodestra, ovvero «la consapevolezza dell’impossibilità  di una evoluzione socialdemocratica del Pci», spiegando con questa sua scelta un sovrappiù di acredine della sinistra nei suoi confronti.
Per questo Bondi ritiene la mozione del tutto ingiustificata e immotivata.
«I crolli avvenuti a Pompei? Non posso crederci. Sapete bene che altri crolli sono avvenuti nel passato, e probabilmente avverranno anche nel futuro, senza che a nessuno passi per la testa di chiedere le dimissioni del ministro pro tempore alla cultura».
Insomma diposto a tutto pur di non crollare lui.
Un tipico sottoprodotto della cultura berlusconiana.
Uno che ora vorrebbe insegnare a noi cosa vuol dire “destra” .

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BOCCHINO: “NULLA DA RIMPROVERARMI, IL PREMIER ORA GALLEGGERA’, FUTURO E LIBERTA’ UNITO”

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

“COLLABORAZIONE SULLE LEGGI PER TUTTI, NON SU QUELLE AD PERSONAM”…”NON ESISTONO FALCHI DA NOI, PIUTTOSTO C’ERA CHI VOLEVA RESTARE A TUTTI I COSTI NELL’ALLEANZA GUIDATA DAL PREMIER”

“Se Berlusconi pensa di poter risolvere i problemi del Paese passando da un vantaggio di tre a uno di sei o dieci deputati, auguri, prosegua pure con la campagna acquisti. Lui, i ministri e i sottosegretari dovranno trascorrere le loro giornate in Parlamento per garantire la maggioranza. Noi siamo tranquillissimi. Se avrà  a cuore gli interessi invece gli interessi dell’Italia, allora accetterà  di confrontarsi e dialogare con noi”.
Italo Bocchino esce dalla riunione all’hotel Minerva che segna il battesimo del “Polo della Nazione” o come si chiamerà  da qui a gennaio.
Lui, Fini e tutto Fli portano ancora addosso le ferite della battaglia del giorno prima a Montecitorio.
Convinti tuttavia di segnare il primo punto della rivincita con la nuova operazione politica unitaria.
Torniamo indietro di qualche ora. Il suo intervento contro il premier in aula è stato durissimo. Moffa e altri transfughi lo additano come causa del loro esodo. Ritiene di aver sbagliato nei toni o nei contenuti?
Nulla da rimproverarmi. Il mio intervento prendeva spunto dalla comunicazione che avevamo ricevuto dalla Siliquini, già  seduta ai banchi del Pdl, e dalla Polidori. Moffa nel momento in cui chiede le mie dimissioni sa di aver posto una condizione inaccettabile. Non tanto per me, quanto per Fini. Era un evidente pretesto. Lui come le altre aveva già  fatto le sue scelte.
Accusano lei e gli altri “falchi” di aver snaturato il progetto iniziale di Fli
Non esistono falchi in Fli. È esistita invece una minoranza che desiderava restare a tutti i costi nella coalizione guidata da Berlusconi. Alla fine, cento parlamentari hanno intrapreso una strada ambiziosa e importante, che apre una nuova stagione. In tre ci hanno lasciato. Spiace solo che siano stati determinanti per tenere in vita il governo.
E voi, adesso? Sarete forza d’opposizione o pronta al dialogo?
Siamo all’opposizione perchè abbiamo votato la sfiducia. Ma saremo costruttivi, nè pregiudizialmente a favore nè contro.
Può spiegare meglio?
Diremo a Berlusconi: guidi un governo di minoranza? Bene, vai avanti, se porterai in aula provvedimenti di interesse generale, noi li integreremo coi nostri emendamenti e li voteremo. Diversamente, farà  i conti con la nostra opposizione e tutto il governo dovrà  accorrere in aula, magari riporteranno perfino il presidente della Consob Vegas. Sul decreto rifiuti o sulla sicurezza daremo il nostro contributo, per esempio.
E sulla riforma della giustizia? Su eventuali leggi ad personam?
È evidente che non sosterremo leggi che non rientrano tra le vere emergenze del Paese, che sono quelle economico sociali. Sulla giustizia, tutto dipenderà  da cosa conterrà .
Berlusconi è convinto di allargare la maggioranza. Temete la nuova campagna acquisti?
Siamo sereni. Chi doveva lasciare lo ha fatto, chi ha votato la sfiducia non lo farà . Ora siamo davvero uniti. Se anche il premier conquistasse altri cinque o sei o dieci, sarebbe costretto sempre a galleggiare. O a ricorrere alle urne. Ha un’unica alternativa: darci ascolto e dialogare. Eviterà  pure le elezioni.
Forse punta proprio a quelle.
Non so fino a che punto gli convengano. Noi in ogni caso siamo pronti”.
Intanto Bondi scrive al Colle e rimette in discussione il ruolo di garanzia del presidente della Camera. Fini pensa alle dimissioni, invocate da tutto il Pdl?
La sua terzietà  nella conduzione dei lavori è indubbia. E questo esclude qualsiasi passo indietro. So io quante volte ha bocciato nostre proposte in nome della sua terzietà . Tutti i leader che rappresentano le istituzioni esercitano un ruolo politico. La discriminante è la gestione dei lavori. Ecco perchè non si dimetterà .
Voterete invece la sfiducia al ministro Bondi a gennaio?
Il coordinamento del nuovo polo deciderà  a suo tempo.

Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)

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LA BASTIGLIA DEL CAVALIERE: COL PARTITO DELLA NAZIONE DI FINI E CASINI NASCE L’OPPOSIZIONE DI CENTRODESTRA

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

CAMBIA IL PANORAMA POLITICO, FINISCE IL BIPOLARISMO: L’EFFETTO DELLA VITTORIA DI PIRRO DEL PREMIER E’ LA NASCITA DI UNA ALTERNATIVA AL GOVERNO DEL PARTITO DELL’AMORE A PAGAMENTO…CON TRE VOTI COMPRATI LA COALIZIONE AFFARISTICO-RAZZISTA ORA NON VA DA NESSUNA PARTE…E IN CASO DI ELEZIONI IL GOVERNO DEL CEPU E’ FINITO

Sono bastate appena ventiquattrore, per capire quanto sia posticcio lo “straordinario trionfo” ottenuto l’altroieri da Silvio Berlusconi ai danni del suo nemico Gianfranco Fini.
Appena ventiquattrore, per toccare con mano quanto sia fragile la Bastiglia forzaleghista nella quale il premier si trincera, fingendo di voler governare il Paese “fino alla fine della legislatura”.
Nel dolceamaro “day after” dell’ordalia del 14 dicembre, il presidente del Consiglio deve prendere atto che quella prova di forza (che pure c’è stata e che pure ha superato di strettissima misura) non solo non serve ad annientare l’opposizione disarticolata del centrosinistra, ma produce come reazione immediata la nascita di un’opposizione strutturata di centrodestra.
Il battesimo ufficiale del Terzo Polo tra Fli, Udc, Api e Mpa cambia profondamente il panorama politico di metà  legislatura.
È una risposta politica dell’area moderata anti-berlusconiana alla vittoria aritmetica della destra radicale berlusconiana.
Ed è significativo che quella risposta arrivi immediatamente dopo che il Cavaliere ha riaperto il borsino della compravendita dei parlamentari, rivelando una transumanza collettiva di numerosi esponenti di Fli e annunciando un “porta a porta” individuale con singoli esponenti dell’Udc.
Lo slogan sul quale poggia la pubblicità  ingannevole del premier, che per questa via si spaccia agli italiani come un “leader rafforzato”, è “allargare la maggioranza”.
Obiettivo facile, a suo dire, per chi ha appena sconfitto i traditori e per questo diventa una calamita che attrae i pentiti, invece di respingere i transfughi.
La verità  è esattamente l’opposto.
L’allargamento della maggioranza, per il premier, non è il test della sua ritrovata forza, ma la prova della sua moltiplicata debolezza.
Non è un atto di generosità , ma di necessità .
Con tre voti di scarto, il governo Berlusconi-Scilipoti non va da nessuna parte. Per questo, e con la sola stampella della Lega, getta un ponte verso il centro.
Ma la novità  è che il centro ha già  mollato gli ormeggi.
La nascita del Polo della Nazione è un altro effetto della vittoria di Pirro berlusconiana.
Piuttosto che terremotare il campo di Futuro e Libertà , raccogliendo le macerie a suo vantaggio, Berlusconi ha spinto definitivamente Fini nella faglia in movimento del Nuovo Centro.
Ha gettato cioè l’ex co-fondatore del Pdl nelle braccia di Casini, che insieme a Rutelli e Lombardo possono annunciare oggi la nascita di un coordinamento tra i parlamentari, domani il varo di un unico gruppo parlamentare, e magari dopodomani la formazione di una lista unitaria e più in là , chissà , di un vero e proprio partito.
Il PdN si configura dunque non come “costola”, ma come alternativa assoluta al Pdl.
E con questa prospettiva, non più teorica ma pratica, il Terzo Polo si blinda: la sua costituency parlamentare appare oggettivamente meno permeabile alle lusinghe del Cavaliere.
In qualunque forma si materializzino: mutui o poltrone.
Così muta la geo-politica del Paese, che assume un assetto tendenzialmente tripolare.
Anche questo è un esito della battaglia di martedì scorso, oltre che della più generale deriva populista e tecnicamente eversiva del berlusconismo. Pessimo risultato, anche dal punto di vista del Cavaliere: da alfiere irriducibile del bipolarismo, diventa il maieuta involontario del tripolarismo.
Vuole allargare la maggioranza.
Per ora è riuscito ad allargare l’opposizione.
Dopo il 13 aprile 2008, alla Camera aveva “contro” 276 parlamentari. Ora ne ha contro 311.
Questa è la dura realtà  di una maggioranza che si pretende tuttora autosufficiente. Il PdN potrà  anche sembrare l’ultimo “fortino degli sconfitti”. Potrà  anche apparire velleitario in un’Italia in cui, dalla virata maggioritaria indotta dai referendum dei primi anni ’90, le terze forze non hanno mai goduto di particolari fortune.
Potrà  persino risultare nefasto, per chi ricorda la sciagurata politica andreottiana dei due forni all’epoca della Prima Repubblica.
Ma resta il fatto che dietro ai sacchi di sabbia della trincea appena costruita, l’artiglieria terzopolista può fare danni incalcolabili, nei confronti di Berlusconi e di quel che resta della sua coalizione.
Li può fare a legislatura vigente.
Molto più di quanto non dimostri la rigida ed eccezionale aritmetica del voto di fiducia dell’altroieri.
Quel 314 a 311 a favore della maggioranza è infatti una situazione unica e irripetibile.
Un esempio: nell’attuale perimetro Pdl-Lega ci sono almeno 30 parlamentari che sono anche ministri e sottosegretari, e che dunque sono spesso assenti dall’aula per impegni istituzionali e internazionali.
Nella fisiologia dei lavori parlamentari, la maggioranza non sarà  materialmente in grado di schierare stabilmente i suoi 314 effettivi alla Camera, e i suoi 162 al Senato.
Per questo la neonata opposizione di centrodestra, insieme all’opposizione di centrosinistra, ha sulla carta i numeri sufficienti per mandare sotto il governo sulla mozione di sfiducia a Bondi o su quella per il pluralismo radiotelevisivo, sul disegno di legge Gelmini per l’università  o sul decreto legge s per i rifiuti.
Ma il PdN può fare danni irreparabili anche nella prospettiva delle elezioni anticipate.
Con l’attuale legge elettorale il Terzo Polo sarebbe ininfluente alla Camera, dove non potrebbe arrivare comunque primo rispetto al Pdl e al Pd, e dunque non potrebbe in alcun modo incassare il colossale premio di maggioranza garantito dal Porcellum.
Ma sarebbe decisivo al Senato, dove il premio di maggioranza è su base regionale, dove non gioca il fattore “voto utile” e dove la soglia di sbarramento per i partiti coalizzati è solo del 3%.
Dunque in questo caso, almeno a Palazzo Madama, il Terzo Polo sarebbe decisivo. Una lista unitaria Fini-Casini-Rutelli-Lombardo raggiungerebbe un risultato sicuro: farebbe perdere Berlusconi, che con la sola maggioranza alla Camera non potrebbe tornare al governo del Paese.
Non sappiamo quanto filo da tessere avrà  la Cosa Bianca, che è forse ancora informe, ma che certo è già  conforme all’idea di un “altro centrodestra”.
Una formazione davvero moderata e finalmente costituzionale, ormai avversaria conclamata della destra estremista di Berlusconi e Bossi, che può avere a cuore l’interesse nazionale, e non più quello di un singolo.
E con la quale persino il Pd può dialogare senza pregiudizi, per provare almeno a riscrivere un modello di legge elettorale e un programma di messa in sicurezza dell’economia del Paese.
Una cosa è certa: questo Cavaliere, con il suo “governo del Cepu”, non può farcela.

Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)

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CE N’EST PAS FINI: L’ANALISI DI MARCO TRAVAGLIO

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

“FUTURO E LIBERTA’ NON E’ UN’OPERAZIONE DI PALAZZO,MA UN APPRODO CONDIVISO”…”SENZA I FINIANI SAREBBERO STATE APPROVATE LEGGI OSCENE”…”FINI HA COMPIUTO IL GESTO PIU’ CORAGGIOSO DEGLI ULTIMI 16 ANNI”…”NON DEVE DIMETTERSI DA PRESIDENTE DELLA CAMERA: RAPPRESENTA UNA SENTINELLA NELLE ISTITUZIONI”

Per come viene descritto da chi lo conosce bene, è prevedibile che la legnata subìta l’altroieri sprofonderà  per qualche tempo Gianfranco Fini nella più cupa depressione.
Un po’ come dopo la sconfitta del Polo delle libertà  nel ’96 e vieppiù dopo il fallimento dell’operazione gollista dell’Elefantino, in tandem con Mariotto Segni, alle elezioni europee del ’99.
Ora è immaginabile che la tentazione di abbattersi sia ancora più forte, visto che in questi mesi Fini s’è giocato tutto: la faccia, la reputazione, la carriera politica, persino la famiglia.
La scena del presidente della Camera che esce da Montecitorio sotto le forche caudine degli insulti e dei lazzi dei berluscones va in quella direzione. Ma oggi non è tempo di depressione.
Futuro e Libertà  — lo dimostrano i sondaggi e i bagni di folla a Mirabello e Bastia Umbra — non è un’operazione di palazzo, una scissione a freddo, ma un approdo condiviso e sostenuto da qualche milione di italiani di centrodestra sfiniti e disgustati da 16 anni di berlusconismo, ma anche da molti moderati costretti a votare a sinistra turandosi il naso.
Non sarà  certo la vittoria di Pirro del piccolo corruttore, passato in pochi mesi dalla maggioranza più oceanica della storia repubblicana a un misero +3 (per giunta grazie a mostri di coerenza come Razzi, Scilipoti, Cesario, Calearo, Moffa, Siliquini e Polidori), a spegnere quelle speranze.
Anzi il martedì nero potrebbe trasformarsi, col tempo, in una bella giornata. La conta del 14 dicembre ha ripulito le truppe finiane, scremando gli uomini dai quaquaraquà : chi aveva un prezzo, l’ha capitalizzato passando alla cassa. Chi non s’è lasciato tentare dai martinpescatori berlusconiani nel momento del suo massimo valore monetario, è prevedibile che non tradirà  più quando le offerte saranno inevitabilmente più basse.
Il tempo, anche per ragioni anagrafiche, lavora per Fini. Il quale, dopo molti traccheggiamenti ed errori, ha comunque compiuto il gesto politico più coraggioso che si ricordi nella politica italiana dal 1994, paragonabile solo a quello di Bossi & C. quando rovesciarono il primo governo B. (altri tempi, altra Lega).
E sappiamo bene quanto costa uscire dal recinto del regime e quanto conviene restarci dentro.
Senza i finiani, sarebbero passate leggi oscene come il “processo breve” e il bavaglio sulle intercettazioni.
Ora qualcuno — non solo i berluscones doc e gli avventizi tipo Moffa, ma anche Repubblica — invoca le sue dimissioni da presidente della Camera.
Si dice che dovrebbe andarsene perchè ha perso la partita con B. (ma che c’entra?), o perchè non è più super partes (ma quando mai la sua presidenza ha dato motivo di ritenerlo?), o perchè ora è passato ufficialmente all’opposizione (ma quante volte il presidente della Camera è stato un esponente della minoranza?), o semplicemente (come scrive Ezio Mauro) “per fare liberamente la sua battaglia politica decisiva… dal centro”.
Tutte opinioni legittime, ci mancherebbe.
Noi però pensiamo che è meglio se Fini resta al suo posto.
Con l’immonda compravendita dei deputati e le strane infiltrazioni di black-bloc fra i manifestanti, il regime ha gettato l’ultima maschera, rivelandosi più che mai pericoloso ed eversivo.
Mai come ora c’è bisogno di una qualche sentinella nelle istituzioni, tanto più vista l’afasia che, per scrupoli istituzionali forse eccessivi, sembra aver colto il capo dello Stato nei giorni di vergogna.
Il presidente del Senato sappiamo chi è. Rai e Mediaset sappiamo in che mani sono: le stesse che controllano le forze dell’ordine e i servizi segreti.
La Corte costituzionale s’è messa in ferie in attesa di tempi migliori.
Il neopresidente della Consob, l’ex viceministro Giuseppe Vegas, appena nominato dal governo, fa onore all’“indipendenza” delle authority restando deputato per votare la fiducia al governo che l’ha nominato.
E in questo ammasso di macerie dovrebbe dimettersi Fini?
Che cos’è, uno scherzo?

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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SALE LA PRESSIONE FISCALE: E’ ARRIVATA AL 43,5% DEL PIL, SIAMO PASSATI DAL QUARTO AL TERZO POSTO TRA I PIU’ TASSATI

Dicembre 16th, 2010 Riccardo Fucile

DATI OCSE: NEL 2008 ERA AL 43,3%, SIAMO IN CONTROTENDENZA RISPETTO ALLA MEDIA….SMENTITO IL “GOVERNO DEL FARE”, LA SITUAZIONE PEGGIORA IN ITALIA…. LA DISOCCUPAZIONE ALL’8,6% NELLA MEDIA, MA IN QUELLA GIOVANILE SIANO PENULTIMI

Aumenta la pressione del fisco in Italia: nel 2009 è salita al 43,5% del prodotto interno lordo, dal 43,3% del 2008.
E’ quanto riferisce l’Ocse nelle stime preliminari relative all’anno scorso contenute in “Revenue Statistics”.
L’Italia così supera il Belgio (che nel 2009 ha visto il peso del fisco diminuire al 43,2% dal 44,2% del 2008) e sale dal quarto al terzo posto nella classifica dei Paesi dove maggiore è il peso delle entrate rispetto al prodotto interno lordo.
Prima dell’Italia nel 2009 si collocano solo la Danimarca (48,2%) e la Svezia (46,4%).
L’Ocse rileva che   la crisi economica e le conseguenti azioni di stimolo fiscale messe in campo da molti governi hanno inciso sulla pressione fiscale che nell’area Ocse nel 2009 “ha toccato il livello più basso dagli inizi degli anni ’90”.
La pressione si colloca, nella media dei Paesi, al 33,7%, rispetto al 34,8% del 2008 e al 35,4% del 2007.
Oltre a Danimarca, Svezia e Italia, i paesi Ocse che nel 2009 hanno registrato una pressione fiscale sopra il 40% sono l’Australia, il Belgio, la Finlandia, la Francia e la Norvegia.
Il Messico con il 17,4% e il Cile con il 18,2% hanno registrato nel 2009 la più bassa pressione fiscale dell’area, seguiti da Stati Uniti (24%) e Turchia (24,6%).
Gli incrementi più consistenti si sono registrati in Lussemburgo (dal 35,5% del 2008 al 37,5% del 2009) e in Svizzera (dal 29,1% al 30,3%).
L’Organizzazione di Parigi ha diffuso anche i dati relativi alla disoccupazione, che nel mese di ottobre nell’area Ocse è stata dell’8,6%, lo 0,1% in più rispetto a settembre.
In un comunicato si precisa tuttavia che il numero di disoccupati resta vicino ai massimi del dopoguerra, a 45,7 milioni.
Si conferma un quadro divergente nell’andamento del mercato dei lavoro tra i Paesi dell’area.
Negli Stati Uniti si viaggia al 9,8% (+0,2% su base mensile), in Canada si scende al 7,6% (-0,3%).
A livello di eurozona, il tasso di disoccupazione risulta stabile in Germania (6,7%), in calo in Francia al 9,8% (-0,1%), in aumento in Italia all’8,6% (+0,3%).
Il nostro Paese resta comunque al di sotto della media dell’area euro (10,1%) e di quella dell’Unione europea (9,6%), ma al di sopra di quella del G7 (8,2%).
I Paesi che presentano i maggiori tassi di disoccupazione sono Spagna al 20,7%, Slovacchia al 14,7% e   Irlanda al 14,1%.
Se però si considera solo la fascia di età  compresa tra i 15 e i 24, l’Italia diventa penultima tra i Paesi Ocse.
Con il 21,7% infatti fa meglio solo dell’Ungheria, ferma al 18,1%, ed è ben al di sotto della media dei Paesi membri, 40,2%.
Tra gli occupati inoltre, riporta ancora lo studio, il 44,4% ha un impiego precario, e il 18,8% lavora solo part time.
Per quanto riguarda i disoccupati, oltre il 40% sono senza lavoro da lungo tempo, e il 15,9% appartiene al cosiddetto gruppo ‘neet’, che non studiano nè lavorano.

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