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IL MONITO DI NAPOLITANO: “CAMBIATA LA MAGGIORANZA, SI ESPRIMINO LE CAMERE”

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

DAL QUIRINALE ARRIVA UNA DOCCIA FREDDA PER IL GOVERNO DEGLI ACCATTONI: STOP AL RIMPASTO, I   NUOVI NOVE SOTTOSEGRETARI HANNO CAMBIATO GLI ASSETTI ALLA CAMERA RISPETTO AL VOTO DEGLI ELETTORI…. NECESSARIO UN NUOVO VOTO DI FIDUCIA

Con le nuove nomine dei sottosegretari la maggioranza si è allargata, è diversa «rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche» e «spetta ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio valutare le modalità  con le quali investire il Parlamento delle novità  intervenute nella maggioranza che sostiene il Governo».
È quanto chiede, in una nota, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
La nota dà  conto del fatto che Napolitano ha ieri proceduto alla firma dei decreti di nomina di nove sottosegretari di Stato, la cui scelta rientra come è noto «nella esclusiva responsabilità  del Presidente del Consiglio dei ministri». «Il Capo dello Stato ha in pari tempo rilevato che sono entrati a far parte del Governo esponenti di Gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche – ha concluso la nota -.
Spetta ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio valutare le modalità  con le quali investire il Parlamento delle novità  intervenute nella maggioranza che sostiene il Governo.
Napolitano in sostanza chiede a Berlusconi di portare la nuova maggioranza davanti al Parlamento.
E tutto lascia pensare che il Colle gradirebbe un nuovo voto di fiducia.
Una presa di posizione del tutto inattesa e gravida di conseguenze.
Per quanto la maggioranza nelle ultime votazioni si sia dimostrata esigua ma affidabile, tornare davanti alle camere per un voto di fiducia rappresenta pur sempre un rischio che il premier avrebbe volntieri evitato.
La precisazione di Napolitano suona inoltre come una presa d’atto che Berlusconi ha dato vita a un “ribaltone”, depotenziando così uno degli argomenti più usati solitamente dalla maggioranza in polemica con l’opposizione.
Immediata la risposta del governo attraverso una nota congiunta dei presidenti dei gruppi Pdl di Senato e Camera: “Numerosi voti di fiducia — si legge — , a partire da quello della svolta del 14 dicembre, hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari. Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno ed assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del Capo dello Stato”.
Immediate le reazioni politiche all’intervento del Quirinale.
Per Carmelo Briguglio, vicepresidente vicario dei deputati di Futuro e Libertà , Napolitano “prende le distanze dal rimpasto con cui Berlusconi ha pagato il prezzo della prostituzione politica consumata dal 14 dicembre in poi. Potrà  non piacere ma il giudizio, formalmente implicito, sulla qualità  politica dei nuovi sottosegretari è fin troppo chiaro. La maggioranza ne prenda atto e desista dal varare una legge per completare con altri nuovi sottosegretari un’operazione politicamente indecente”.
Concorde Massimo Donadi dell’Italia dei Valori.
“Il presidente Napolitano ha ragione: l’attuale governo è sostenuto da un’altra maggioranza rispetto a quella uscita dalle urne e Berlusconi ha il dovere di presentarsi alle Camere e chiedere la fiducia per il nuovo esecutivo. E’ un altro governo rispetto a quello del 2008″, afferma il presidente del gruppo Idv alla Camera.
”Siamo in presenza — continua Donadi — di un evidente abuso istituzionale oltre che di una vergognosa compravendita, che ha visto i posti di governo diventare merce di scambio parlamentare. Berlusconi ha ormai da anni una maggioranza a geometria variabile, quando uno esce un altro entra. Ma il governo e la politica non sono semplici somme algebriche. Per questo chiediamo a questo governo delle geometrie variabili di venire in Aula per la fiducia”.
Di governo ribaltonista parla invece il finiano Italo Bocchino.
“Il presidente Napolitano — ha detto il capogruppo alla Camera di Fli — con il suo intervento fa emergere una realtà  formale e sostanziale di cui non si può non tener conto e che abbiamo più volte sottolineato. Berlusconi ha posto in essere un ribaltone parlamentare pur di far sopravvivere il suo governo, sostituendo la maggioranza scelta dagli elettori con una nuova maggioranza retta da una pattuglia di mercenari a cui ha dovuto pagare un alto prezzo in termini di poltrone a spese delle istituzioni e dei cittadini”.
Il Presidente della Repubblica ha anche affrontato con il presidente e il direttore generale della Rai – Paolo Garimberti e Lorenza Lei – le questioni relative «alla piena e tempestiva attuazione del regolamento approvato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai e alla necessaria informazione sulle modalità  di svolgimento della consultazione referendaria».

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SE VUOI CRESCERE, NON DISTURBARE GLI EVASORI: IL GOVERNO SANZIONA I CONTROLLORI DEL FISCO

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

PER LA MAGGIORANZA, DALLA CRISI SI ESCE LASCIANDO MANO LIBERA ALLE IMPRESE: L’AGENZIA DELLE ENTRATE INVITERA’ I FINANZIERI A NON VESSARE CON TROPPI CONTROLLI… IL GOVERNO NON ABBASSA LE TASSE? TANTO VALE EVITARE CHE LE PAGHINO

La politica economica il governo ormai la fa così: convoca una conferenza stampa per presentare un decreto il cui testo non è consultabile, perchè bisogna ancora finirlo di scrivere e serve il via libera del Quirinale.
Dentro ci sono delle misure a costo zero (cioè che non muovono soldi) e forse a impatto zero, visto che nessuno, anche al ministero del Tesoro, sa prevedere quale effetto avranno sull’economia.
Però, garantisce il ministro Giulio Tremonti, “dentro c’è di tutto, è davvero corposo”.
In attesa di leggerne il testo, alcune cose sono già  però chiare.
Il governo pensa che dalla crisi si esca lasciando mano libera alle imprese: l’Agenzia delle entrate — assicura Tremonti — sanzionerà  i finanzieri     che vessano gli imprenditori con troppi controlli, è in arrivo una circolare ufficiale dell’Agenzia.
Intanto il direttore Attilio Befera, tremontiano di ferro, scrive ai dipendenti intimando loro di non esagerare: “Se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà  nel suo rapporto con il Fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico significa venire meno a un obbligo morale di reciprocità , ed essere perciò gravemente scorretti nei suoi confronti”.
E visto che anche l’occhio vuole la sua parte, “la Guardia di finanza non farà  più ispezioni in divisa”, promette Tremonti.
E pazienza se ci sono 120 miliardi di evasione fiscale, siamo in campagna elettorale e bisogna pur dare qualche segnale agli imprenditori che si sono rassegnati a non vedere in tempi brevi una riduzione delle tasse (lo ha ribadito anche Silvio Berlusconi, due giorni fa).
Visto che di soldi pubblici non se ne possono spendere — ma Tremonti giura che la manovra finanziaria che a molti sembra inevitabile non arriverà  a giugno — il governo spera che la crescita la producano i privati.
E gli concede, come immagine e sensazione, l’incentivo dell’evasione.

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IL GOVERNO IN ARMI SUL BAGNASCIUGA: SPIAGGE IN REGALO AI PRIVATI PER 90 ANNI, L’EUROPA STUPITA CHIEDE CHIARIMENTI

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

GLI ECOLOGISTI: UN OMAGGIO AGLI SPECULATORI… CONCESSIONI PROLUNGATE E DIRITTO DI COSTRUIRE, LA LOBBIE DEI GESTORI DEI BAGNI: INCASSANO 16 MILIARDI, PAGANO SOLO 102 MILIONI DI IMPOSTE… NEL 2009 SU 573 CONTROLLI, BEN 551 IRREGOLARITA’

Se le notizie stampa sul decreto che cede le spiagge in concessione per 90 anni sono corrette e confermate, la Commissione europea sarebbe “molto sorpresa, perchè il provvedimento non sarebbe conforme con le regole del mercato unico europeo”.
Lo ha indicato stamane una portavoce della Commissione Ue, riferendo che Bruxelles ha chiesto alle autorità  italiane chiarimenti sul decreto presentato ieri dal ministro Tremonti.
Criticato per non aver smaltito la burocrazia e non aver fatto nulla per lo sviluppo economico, il Governo improvvisamente ieri si è svegliato ed ha inserito una norma nel decreto sviluppo che ha fatto saltare sulla sedia milioni di italiani.
Rispettando il principio secondo cui “vale tutto ciò che non è previsto dalla legge”, il Governo ha deciso di “regalare” le spiagge ai privati.
La ratio del provvedimento sta nel fatto che non si fanno grossi investimenti negli stabilimenti balneari in Italia, in quanto le concessioni sull’utilizzo dei tratti di spiaggia vengono assegnate di anno in anno.
E così ecco il colpo di genio: dare la concessione novantennale sulla superficie demaniale.
Durante la presentazione del decreto, il Ministro Tremonti ha tenuto a specificare che non si tratta di una vendita di spazio pubblico, in quanto la proprietà  rimane allo Stato, ma solo una concessione a fare ciò che si vuole nell’area assegnata per i prossimi 90 anni.
Gli unici paletti entro cui gli imprenditori dovranno muoversi sono i vincoli paesaggistici e ambientali già  stabiliti dalla legge.
Certo, se i vincoli ambientali rimanessero inalterati, in teoria difficilmente si potrebero operare sviluppi diversi da quelli già  attuati fino ad oggi.
Anche perchè nel decreto è specificato che il diritto di passaggio e di utilizzo dev’essere garantito.
In realtà  le nostre spiagge vengono di fatto “vendute” ai titolari degli stabilimenti balneari per quasi un secolo. Poi se ne riparlerà .
Uno stratagemma sul filo dell’incostituzionalità .
Il diritto di superficie è infatti un diritto molto simile alla proprietà  privata mentre le spiagge fanno parte del demanio necessario, ossia quella parte del territorio nazionale che non può essere venduta per restare a disposizione di tutti
E’ questo lo stratagemma previsto dal ministro Tremonti per accontentare i potenti sindacati dei balneari italiani, terrorizzati dall’applicazione della direttiva europea sulla libera concorrenza,
L’Italia è infatti sotto procedura di infrazione comunitaria perchè non applica la direttiva Bolkestein ossia l’obbligo di fare aste pubbliche per assegnare le concessioni demaniali, così come succede in tutta Europa.
Tutti possono partecipare e chi offre di più si prende la concessione che, alla scadenza, viene rimessa all’asta, permettendo allo stato di realizzare guadagni proporzionati agli incassi delle attività  oltre ad un salutare rinnovo tra i gestori.
Nella proposta di Tremonti a delimitare le aree saranno le Regioni su iniziativa dei comuni d’intesa con l’Agenzia del Demanio.
Il diritto viene rilasciato dietro il pagamento di un corrispettivo annuo e con l’accatastamento delle strutture presenti.
Le risorse provenienti dai diritti di superficie, riscosse dall’Agenzia delle entrate, sono versate all’entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un Fondo al ministero dell’Economia per poi essere annualmente ripartite tra la Regione, i comuni, i distretti turistici, e l’erario.
Inoltre sulle aree ‘vuote’ sarà  possibile edificare solo in regime di diritto di superficie mentre in quelle già  esistenti sarà  possibile ristrutturare e anche ricostruire.
Ed è proprio il nuovo cemento all’orizzonte che induce Legambiente a parlare di «un piano casa» al cui interno sarebbe annidato «un regalo senza precedenti a mafiosi, abusivi e speculatori».
Per il presidente dell’associazione, Vittorio Cogliati Dezza, siamo arrivati a «un punto così basso» in cui il «Bel Paese viene smembrato», e dato in pasto «a criminalità  e speculatori, privatizzando il patrimonio costiero».
Il Wwf Italia accende «un allarme» per «il pericolo lungo quasi un secolo».
Secondo il Codacons con, quello che chiama, il «Piano spiagge vengono create le premesse per un grande piano di cementificazione del territorio aprendo agli speculatori».
Lo Stato ha incassato “soltanto” 103 milioni di euro provenienti dalle concessioni demaniali marittime a fronte dei 16 miliardi di euro di guadagni stimati per le imprese della balneazione.
Sono questi le cifre relative alla concessioni demaniali marittime (periodo 2009) secondo un dossier dei Verdi intitolato Spiaggiopoli.
Uno stabilimento balneare di 10.000 metri quadrati paga soltanto 1.000 euro al mese, come l’affitto di un bilocale a Roma o Milano.
Nello specifico – si legge nel dossier – uno stabilimento paga in media quasi 1,4 euro per metro quadro all’anno, con punte pari a 0,93 euro per spiagge definite di bassa valenza turistica e 1,86 per quelle di alta valenza.
Il giro di affari degli stabilimenti balneari, «tra i cui privilegi c’è l’esenzione al rilascio dello scontrino fiscale», si apoggia anche sull’evasione fiscale che «per l’Agenzia del Demanio si aggira intorno al 50%».
In base agli ultimi controlli della Guardia di Finanza, afferma il dossier, «nel 2009 su 573 controlli sono state rilevate 551 irregolarità  pari a oltre il 96%».
A fronte delle stime che parlano di 16 miliardi di euro all’anno di incassi «i gestori dichiarano circa 2 miliardi l’anno, pur avendo 600.000 addetti nel settore».

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LIBIA, NESSUNA SCADENZA PER LA MISSIONE ITALIANA: IN EUROPA SE LA RIDONO DELLA MOZIONE PATACCA DI BOSSI

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

IL MINISTRO INGLESE HOPE: “L’ITALIA NON HA RICHIESTO ALCUN TERMINE PER LA FINE DELLE OPERAZIONI IN LIBIA”… E IL FRANCESE JUPPE’ PARLA DI “MESI PRIMA DEL TERMINE DELLA MISSIONE A TUTELA DEL POPOLO LIBICO”… IN PATRIA LEONI, ALL’ESTERO COGLIONI?

Un fondo speciale per i ribelli e un aumento della pressione militare sul regime di Gheddafi per avviare il prima possibile una road map che porti a libere elezioni.
Sono questi gli impegni assunti dal Gruppo di contatto sulla Libia formato da 22 Paesi, sei organizzazioni internazionali e quattro Stati osservatori che ieri si è riunito per la seconda volta a Roma.
«Il tempo sta scadendo per il regime di Gheddafi», afferma il documento conclusivo del vertice anche se, alla resa dei conti, non c`è «nessuna data» per la fine delle operazioni.
Il primo a ribadirlo è il segretario generale della Nato Anders Fogli Rasmussen.
In realtà  il vertice di ieri a Roma non ha fatto segnare alcun punto concreto all’attivo degli italiani, probabilmente l’alleato in questa fase maggiormente in difficoltà  sulle prospettive belliche in Libia.
Il ministro degli Esteri francese Juppè ha parlato di “mesi” per la fine delle operazioni militari.
Mentre quello britannico Hague ha specificato che l’Italia “non ha alcuna intenzione di stabilire una cronologia” dell’intervento.
Nonostante la mozione che la impegna a fissare una data per la fine dei bombardamenti, nei due incontri bilaterali tra il segretario di Stato statunitense Hillary Clinton e il titolare della Farnesina prima e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo, l`Italia ribadisce il suo impegno «su tutte le missioni».
Il risultato più importante del vertice è però l`istituzione di un “Meccanismo di finanziamento temporaneo” (Mft): un fondo speciale peri ribelli alimentato da donazioni e prestiti.
Verrà  amministrato da un consiglio d`amministrazione composto da cinque membri – tre libici, un rappresentante del Qatar e uno a rotazione semestrale tra Italia e Francia – e «servirà  in primo luogo a pagare i salari, acquistare i viveri e medicine e per le cure mediche», spiega il premier del Qatar Hamad Bin Jassim Al-Thani aggiungendo che il suo Paese ha già  stanziato 500 milioni di dollari e il Kuwait altri 180.
Un piano molto ambizioso, ammette lo stesso Aithani, ma che può contare come garanzia sul parziale scongelamento dei fondi del regime bloccati all`estero.
La dichiarazione finale parla inoltre di un accordo per «intensificare la pressione militare, economica e politica» contro il regime del Colonnello affinchè si arrivi al più presto a «una transizione politica che rifletta la volontà  del popolo libico».
Si tratta della “road map” illustrata dai due esponenti del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), l`organo politico dei ribelli, che prevede un` assemblea nazionale per definire una Costituzione da sottoporre a referendum per poi indire elezioni presidenziali e parlamentari.

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LO SFOGO DI BERLUSCONI SUI VOTI COMPRATI: “QUANTO MI COSTANO, RICHIESTE SU RICHIESTE”

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

PAGATA LA CAMBIALE: MA NON TUTTI I RESPONSABILI   SONO SODDISFATTI NEI LORO APPETITI… CI GUADAGNA ANCHE BARBARESCHI….ORA SI CAMBIA LA NORMA PER NOMINARNE ALTRI TREDICI, ALTRIMENTI SON DOLORI PER IL GOVERNO DEGLI ACCATTONI

Sostiene Domenico Scilipoti detto Mimmo: “Lo avevo detto da tempo che io non ero destinato all’organigramma, ma nessuno mi credeva. Io voglio continuare a mediare tra il popolo e il Parlamento”.
Messa così, l’uomo simbolo dei “Responsabili” che il 14 dicembre salvarono B. si staglia come leader morale dei “Disponibili”, secondo la definizione maligna dell’opposizione.
Un ossimoro di governo che corona il fatidico rimpasto che i Responsabili, in tutto ventinove in rappresentanza di sei sigle, aspettavano da ormai 142 giorni, scanditi da vani annunci e conseguenti rinvii.
Il Cavaliere ha onorato la cambiale della fiducia di dicembre nella travagliata notte di giovedì, dopo le mozioni libiche e il vertice della tregua con il Senatur. Ed è proprio l’incontro a Palazzo Grazioli con lo stato maggiore della Lega la prima scena dell’abbuffata di poltrone sancita ieri mattina dal Consiglio dei ministri.
Nove poltrone per la precisione, a fronte di dieci caselle vuote e tenendo conto dei due già  passati all’incasso: il neoministro dell’Agricoltura Romano (altro Responsabile) e il sottosegretario Musumeci in quota Storace.
Ecco i nuovi sottosegretari: i finiani di ritorno Bellotti, Rosso, Catone e Polidori; la libdem Melchiorre; il pidiellino Gentile; l’ex Mpa Misiti; gli ex Pd Cesario e Villari.
A loro va aggiunto il nome dell’ex veltroniano Calearo: dato per vice-ministro si è accontentato della nomina a consigliere personale del premier.
LA notte bianca di Palazzo Grazioli comincia con l’arrivo di Umberto Bossi, reduce dalla vittoria celodurista sulla guerra a Gheddafi con scadenza.
I due, il Cavaliere e il Senatur, si rivedono dopo una settimana di tira e molla. Archiviata la pratica di Tripoli, B. affronta l’argomento rimpasto con i leghisti, insofferenti al ruolo e alle richieste della “terza gamba” dei Responsabili.
Le parole del premier costituiscono uno sfogo consegnato all’amico ritrovato: “Umberto non sai quanto mi hanno fatto penare questi qui. Richieste su richieste, anche impossibili. Ti faccio un esempio: Luca Barbareschi mi è costato tre fiction”.
Una in più di quelle riferite nel febbraio scorso, dando conto del piano fiction approvato dal cda della Rai: due serie alla Casanova di Barbareschi per un totale di 14     milioni di euro.
L’ex finiano che si commosse leggendo il manifesto di Futuro e Libertà  sulle note di C’era una volta in America non è diventato sottosegretario ma giovedì è stato protagonista di una scenetta divertente a Montecitorio.
Terminato il dibattito, è stato il più lesto di tutti a correre verso il banco del governo per salutare Berlusconi. I due hanno parlato fitto per cinque minuti.
Di qui, forse, lo sfogo del Cavaliere qualche ora dopo a cena con il Senatùr. Almeno in privato l’ammissione del Cavaliere sul mercato di questi mesi c’è stata.
Il primo a parlare di una presunta compravendita dopo lo strappo finiano fu il neoconsigliere del premier Massimo Calearo, industriale veneto.
Al Riformista rivelò il prezzario della fiducia: “Da 350 mila euro a mezzo milione”. Due giorni fa, Calearo, si aggirava piuttosto nervoso a Montecitorio: “Incarichi? Chieda a chi ne avrà ”.
Invece, alla fine l’ha spuntata:da ieri è consigliere personale del presidente del Consiglio per il Commercio estero.
EGiorgio Frasca Polara, suTerra, ha già  ipotizzato quale sarà  uno dei primi consigli da far arrivare all’orecchio di Berlusconi.
Colazioni extralusso sui voli intercontinentali di Alitalia.
Il progetto — rigorosamente con prodotti di casa nostra — era nato ai tempi di Zaia, l’inventore del (fallimentare) McItaly, veneto come Calearo.
Poi accantonato da Galan perchè troppo costoso (sei milioni di euro l’anno) e ora di nuovo in auge con Saverio Romano all’Agricoltura.
Tra Responsabili ci si intende.
Per rimanere in tema aereo. L’ex finiana Catia Polidori passò coi Responsabili all’ultimo momento, alla vigilia del 14 dicembre: a convincerla, forse, fu l’ipotesi di equiparare le università  telematiche (Francesco Polidori, cugino, è il fondatore del Cepu) a quelle non statali.
Ora che la scelta di campo si è tradotta in un posto da sottosegretario allo Sviluppo economico, si viaggia più alti: al Cepu si diventa anche piloti aerei. L’Accademia del Volo ha già  aperto le iscrizioni.
Peccato non abbia ancora il via libera definitivo dell’Enac.
Il deputato Pd Meta ha presentato un’interrogazione a Matteoli, ministro dei Trasporti, per chiedergli se “non ritiene azzardato” far insegnare a guidare un aereo con il metodo Cepu.
Al termine del vertice, Bossi e i suoi vanno via da Palazzo Grazioli con una griglia che prevede solo quattro sottosegretari.
Rispetto a quello in mano ai Responsabili tre nomi sono cambiati.
Il primo è: Pionati, Belcastro,   Cesario, Polidori.
Nel secondo fuori Pionati, Belcastro e Cesario, dentro Melchiorre, Rosso e Misiti. Cesario viene recuperato nella notte.
A dirigere il traffico delle poltrone con B. è il triumviro Verdini.
È lui a chiedere a Pionati di fare un passo indietro.
Nello schema che da quattro lievita a nove c’è il suo zampino.
E i delusi, che faranno?
La finiana Angela Napoli li elenca: Pionati, l’onnipresente Siliquini, Pelino, Saltamartini, Bernini, il centrista Galati in quota Baccini.
Per tenerli buoni, B. ha annunciato il ddl per allargare il governo oltre i paletti della Bassanini.
Altre dodici poltrone, cui va aggiunta quella da ministro per le Politiche comunitarie.
La prossima volta B. farà  tredici.

Fabrizio d’Esposito e Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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BERLUSCONI PROMETTE ALLA MINETTI UN POSTO IN PARLAMENTO PER FARLE CAMBIARE AVVOCATO: “CULO FRACCIDO” E “TETTE GROSSE” FANNO PACE

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

IL LEGALE DI NICOLE, DARIA PESCE, PER NULLA AMATA DAI DIFENSORI DEL PREMIER, ERA STATA ATTACCATA DA FEDE E MORA… SI CAMBIERA’ LINEA DIFENSIVA PER NON NUOCERE AL SULTANO

L’avvocata cacciata, l’assistita in Parlamento.
Daria Pesce non ha più la difesa di Nicole Minetti, accusata di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile, nel processo Ruby. Minetti ha invece avuto la promessa da Berlusconi di un salto di carriera, da consigliera regionale a deputata, alla prossima tornata elettorale.
Si è consumata così una svolta che promette di avere conseguenze nel processo sul caso della minorenne Karima El Mahroug.
Con una telefonata piena d’imbarazzo, Minetti ha comunicato al suo difensore di doverla revocare, benchè con dispiacere.
A sostituirla arriverà  un legale di Rimini, ha spiegato Minetti al Corriere della sera: “Per motivi personali preferisco orientarmi su un avvocato amico della mia famiglia da tempo”.
In più la sua difesa sarà  assunta anche dal professor Piermaria Corso, già  legale di Silvio Scaglia nel processo Fastweb.
La scelta di Nicole è arrivata dopo la memoria difensiva consegnata dall’avvocato Pesce alla procura di Milano e dopo una sua intervista al programma di Michele Santoro, Annozero.
In tv, il 21 aprile, l’avvocato Pesce era stata chiara.
Aveva ribadito che la posizione processuale della sua assistita era più difficile (“Gli indizi ci sono”) per quanto riguarda il cosiddetto “capo a” dell’accusa, e cioè l’induzione e favoreggiamento della prostituzione ad Arcore delle ragazze maggiorenni.
Troppe intercettazioni provano, in effetti, che Nicole Minetti si dava da fare per convocare e “assistere” le ragazze.
Per questo l’avvocato aveva pronta una strategia difensiva che non negava i fatti, non sosteneva la linea ufficiale, quella secondo cui i festini del bunga-bunga erano “serate eleganti”, ma spiegava invece i comportamenti di Minetti: una ragazza di 25 anni che dava una mano a Berlusconi per organizzare le sue serate, in quanto “compagna, donna, flirt del premier”.
Daria Pesce prometteva però battaglia sul cosiddetto “capo b”, quello sulla prostituzione minorile, ovvero su Ruby: “Nicole non l’ha mai accompagnata ad Arcore, Karima non ha alcun aggancio con Minetti”.
Era convinta così di fare il bene della sua assistita: puntando all’assoluzione per l’accusa più grave (quella del “capo b”), senza impegnarsi a difendere l’indifendibile.
Pesce, infatti, spiegava ad Annozero: “Noi avvocati abbiamo fatto il giuramento di difendere la persona che assistiamo. Di non venderla, nè di fare pubblicità  mediatica, ma di difenderla. Questo è lo scopo che ho io con Nicole Minetti”.
Difenderla: anche a costo di differenziare le posizioni.
Di rompere il fronte con il capo.
Imperdonabile, per il capo.
E anche per Emilio Fede, che si era sentito “scaricato” dalla ragazza. Il direttore del Tg4, coimputato di Minetti e Lele Mora, era andato su tutte le furie quando l’avvocato Pesce aveva depositato, il 18 aprile, la memoria difensiva che puntava a smontare l’accusa per la sua assistita di aver indotto Ruby a prostituirsi con il presidente del Consiglio.
In quel documento sono citati atti d’indagine dei magistrati milanesi che coinvolgono Fede e Mora nell’ingresso di Ruby alla corte di Arcore.
Immediate le reazioni.
Per Fede “è una gara a ingraziarsi la Procura”: Minetti e Pesce “hanno bisogno di un’assistenza psichiatrica”.
Il direttore del Tg4 chiama Berlusconi e gli chiede la testa di Daria Pesce. Berlusconi tergiversa per qualche giorno, ma la sera del 21 aprile riceve una nuova, allarmatissima telefonata di Fede: fuori di sè, lo avverte che sta andando in onda l’intervista ad Annozero.
A questo punto, Berlusconi interviene: Minetti deve licenziare quell’avvocato.
Prima di arrivare alla svolta, il presidente del Consiglio aveva tentato di “commissariare” Daria Pesce.
Aveva fatto sapere a Minetti che sarebbe stato opportuno affiancarle l’avvocato Maurizio Paniz, il deputato Pdl venuto alla ribalta grazie al noto intervento alla Camera sul presidente del Consiglio davvero convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak.
Pesce, per nulla amata dai difensori di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, ha proseguito nel suo cammino, pronta però a farsi da parte se le avessero imposto un collega come codifensore.
L’idea di incaricare Paniz è stata però accantonata, perchè ritenuta troppo “sfacciata” perfino dall’entourage del presidente del Consiglio.
Ora è arrivata la revoca secca.
Pesce non commenta.
Storico avvocato della Fininvest, fa parte dei collegi difensivi al lavoro nei processi Mediaset e Mediatrade ed è sempre stata un’ammiratrice del Cavaliere.
Ammiratrice sì, dice chi la conosce bene, ma non tanto da abbracciare una linea che ritiene dannosa per un suo assistito.
Stenta a riconoscere, nel Berlusconi di oggi, l’imprenditore e il politico che ha tanto ammirato fin qui.
Oggi o lunedì la Procura chiederà  il rinvio a giudizio di Minetti, Fede e Mora. Poi si potrà  capire quale sarà  la strategia difensiva dei nuovi avvocati di Minetti, la quale comunque incassa la promessa che Berlusconi le ha fatto di un seggio alla Camera.
Silvio l’ha portata in società , lunedì scorso, alla cena con gli industriali lombardi a villa Gernetto.
Il “culo flaccido” che Nicole evocava in un’intercettazione, attribuendolo a Berlusconi, è ormai dimenticato.

Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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ORA SONO RAZZI SUOI

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

L’EX DEPUTATO IDV, PASSATO CON I “RESPONSABILI”, SI ACCONTENTA DI UN POSTO COME CONSIGLIERE DEL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA…. SI OCCUPERA’ DI CONTRAFFAZIONE ALIMENTARE: “ME NE INTENDO: AIUTO MIA MOGLIE IN CUCINA”

Vorrei spezzare una lancia, o almeno una pancia, a favore del povero Scilipoti, ingiustamente elevato da noi pennivendoli a simbolo del mercato delle vacche di piazza Montecitorio.
Nel rimpasto di ieri il capo dei Responsabili ha rimediato soltanto un esilarante inno di partito, composto da una sottomarca di Apicella, che sta facendo il giro di tutte le radio come antidepressivo.
Ben diverso il destino del compare Antonio Razzi, cresciuto anche lui alla corte di Di Pietro (l’ex magistrato non ha gran fiuto nella scelta degli uomini, gli vengono quasi meglio i congiuntivi). Razzi.
Quello che sei mesi fa diceva «io ho una faccia sola: come potrei farmi vedere ancora in giro, se passassi con Berlusconi?» e poi è passato con Berlusconi, faccia compresa.
Quello che denunciava «il Pdl ha persino proposto di pagarmi il mutuo» e da neo-alleato del Pdl ha presentato una proposta di legge per togliere l’Ici agli italiani residenti all’estero, cioè a se stesso.
Quello che, sistemata la casa, voleva arredarla con una poltrona, «un posticino, qualcosa per dire grazie».
E ieri il posticino è arrivato: consigliere personale del ministro dell’Agricoltura, il corresponsabile Romano.
Razzi dovrà  occuparsi di lotta alla contraffazione alimentare.
Cautamente sondato sulle sue esperienze in materia, il neo-consigliere ha risposto: «Sono un buongustaio e soprattutto un buon cuoco: a tempo perso, aiuto mia moglie in cucina».
Perchè il vero tratto distintivo di questa casta di macchiette non è più nemmeno l’incompetenza.
E’ la mancanza di vergogna.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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BOSS, APPALTI E FAVORI ALL’OMBRA DELLA MADUNINA: UN CANDIDATO DELLA MORATTI AL TELEFONO CON I CLAN

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

DIETRO A CHI ASPIRA A DIVENTARE SINDACO SI MUOVE UNA PICCOLA SCHIERA DI CANDIDATI IMPRESENTABILI, IN RELAZIONE CON I BOSS… SONO NUMEROSI I CANDIDATI DALLE CATTIVE FREQUENTAZIONI: ECCONE ALCUNI

Il capolista del Pdl a Milano è Silvio Berlusconi, che ha deciso di sovrapporre la sua faccia a quella di Letizia Moratti, per cercare di scongiurare una sconfitta del centrodestra che sarebbe disastrosa.
Sono note la sua storia giudiziaria, le prescrizioni, le indagini e i processi.
Meno note le storie degli altri candidati.
Giulio Gallera è capogruppo del Pdl al comune e terzo nella lista del partito. Durissimo oppositore in Consiglio della commissione comunale antimafia, fatta naufragare nel 2009 dalla maggioranza, è citato nell’ordinanza antimafia “Parco sud”, firmata dal gip Giuseppe Gennari, che porta in carcere tra il 2009 e il 2010 due personaggi con cui Gallera è in contatto: Michele Iannuzzi, consigliere comunale del Pdl a Trezzano sul Naviglio, e Alfredo Iorio, uomo d’affari e presidente della società  Kreiamo, con sede in via Montenapoleone.
La Kreiamo è considerata il braccio finanziario del clan Papalia-Barbaro, originario di Platì, in Calabria, ma operativo a Buccinasco.
L’uomo che dice “Speriamo che muoia come un cane” è Marco Clemente, candidato nella lista Pdl, molto vicino a Ignazio La Russa.
È un nuovo acquisto della politica: finora ha fatto l’imprenditore, è socio di maggioranza della discoteca milanese Lime light.
Ha contatti ravvicinati con gli uomini della ‘ndrangheta: il 17 febbraio 2008 viene intercettato all’interno della discoteca Babylon, mentre parla con Giuseppe Amato, in seguito arrestato per associazione mafiosa con l’accusa di essere il luogotenente del boss Pepè Flachi per la riscossione del pizzo nei locali notturni. Amato era il terrore degli “after hour”: taglieggiava sistematicamente gli organizzatori, minacciando chi si rifiutava di pagare.
“Due settimane e non fanno più after, la prossima volta che si permettono, che fanno, gli spacco tutto”, dice a Clemente, che poi, riferendosi a Bartolo Quattrocchi della discoteca Pulp, pesantemente minacciato dal clan, sbotta: “Speriamo che muoia come un cane”.
Due informative di polizia del 2008 aggiungono che Clemente avrebbe attivato contatti con il giovane boss di Buccinasco Salvatore Barbaro.
“Il deputato Ignazio La Russa”, si legge nella prima informativa, “attraverso un suo diretto familiare e tale Clemente, socio di una nota discoteca, avrebbe fatto contattare Salvatore Barbaro al quale i due avrebbero chiesto un intervento della sua famiglia su tutta la comunità  calabrese presente in provincia di Milano, al fine di far votare alle prossime consultazioni elettorali la lista del Pdl (…). Salvatore Barbaro si sarebbe impegnato attivamente (…) garantendo che i voti sarebbero andati sicuramente alla lista”.
Dopo le elezioni dell’aprile 2008, vinte dal Pdl, i boss si presentano a riscuotere il compenso per il loro sostegno.
Lo afferma la seconda informativa, che racconta un incontro in un ristorante milanese tra Marco Clemente e Salvatore Barbaro, il quale si presenta in compagnia di Domenico Papalia (figlio del superboss all’ergastolo Antonio Papalia), considerato il nuovo referente della ‘Ndrangheta in Lombardia.
I due giovani delfini delle cosche chiedono a Marco Clemente “informazioni sugli appalti promessi prima delle elezioni in cambio di un sostegno elettorale”.
Il nome di Clemente è presente anche nelle carte dell’inchiesta “Infinito” che nel luglio 2010 ha portato in carcere 169 presunti mafiosi impiantati in Lombardia.
I carabinieri di Monza intercettano il padrone del Lime light mentre parla al telefono con Loris Grancini, capo ultrà  dei Viking della Juventus e campione di poker, considerato vicino a Cosa Nostra.
Grancini nel novembre 2008 era all’opera “per tentare di far ottenere dei benefici carcerari a Giovanni Lamarmore”, il padre del capo della “locale” di ‘ndrangheta di Limbiate.
Nelle telefonate, annotano gli investigatori, i due dicono che “sfruttando conoscenze di personaggi politici che gravitano nell’area di An hanno fatto recapitare una lettera al direttore del carcere di San Gimignano… Lamarmore è rimasto contento per questo intervento e vuole sdebitarsi scrivendo una lettera a Clemente”.
In coppia con Clemente si muove Marco Osnato, candidato Pdl.
È il “famigliare di La Russa” citato nell’informativa del 2008: ha infatti sposato la figlia di Romano La Russa, fratello di Ignazio.
Osnato avrebbe avuto, con Clemente, contatti con Salvatore Barbaro, a cui avrebbe chiesto i voti della comunità  calabrese.
“In cambio”, si legge nell’informativa, “il familiare di La Russa avrebbe garantito a Barbaro che dal 2009 in poi ci saranno numerosi appalti da assegnare e se le elezioni dovessero essere vinte dal Pdl i lavori più consistenti li commissionerebbero a una società  pulita e di copertura che a sua volta li subappalterebbe a lui e ad altri calabresi”.
Osnato è ben conosciuto anche da Iannuzzi e Iorio, i due della Kreiamo poi finiti in galera.
In un’intercettazione dopo le elezioni del 2008, il primo dice al secondo, riferendosi proprio a Osnato: “Quando lo vado a trovare, prepariamo un elenco di tutti i vari comuni dove noi abbiamo portato dei voti, così li vanno a verificare. E poi andiamo da lui con la lista della spesa”.
Osnato è anche consigliere dell’Aler, l’ente che gestisce le case popolari di Milano.
In questa veste è indagato per turbativa d’asta e corruzione. In un’intercettazione, Iannuzzi dice a Iorio, sempre riferendosi a Osnato: “Mi ha chiamato ieri Marco e mi ha detto: Michele, guardi che l’hanno chiamata dei miei collaboratori perchè ci sono dei lavori all’Aler”.
Un vecchio lupo della politica è Armando Vagliati, consigliere comunale di Forza Italia dal 1997, membro della segreteria cittadina del partito e ora di nuovo in corsa con il Pdl.
Vagliati ha un rapporto stretto con i fratelli Lampada, imprenditori calabresi considerati il braccio finanziario a Milano della cosca Condello.
Francesco Lampada finisce in cella il 1 luglio 2010, coinvolto nel blitz che porta in carcere l’intero clan Valle. Giulio Lampada, il fratello delegato a tenere i rapporti con la politica, è un grande amico di Vagliati.
I due vanno spesso a cena con le rispettive mogli e più volte Lampada cita “l’Armando” nelle sue telefonate (intercettate). “Eravamo alla festa insieme ad Armando! Tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali. C’era pure il presidente del Parlamento europeo Mario Mauro. Eravamo nel tavolo io, lui”.
E ancora: “Siamo accreditati, c’è la fiducia, capisci cosa voglio dire. Perchè lui sa che sputazza non ne ho fatto mai e si butta a capofitto. Dice: vuoi questo, facciamo quello che cazzo ti interessa”.
“Lui” è Vagliati. “L’attività  investigativa”, si legge nei rapporti dei carabinieri, “permetteva di accertare che Armando Vagliati costituiva l’elemento di riferimento dei Lampada con il comune, per la risoluzione delle diverse problematiche di ordine amministrativo”.
Dal canto suo Vagliati, secondo i carabinieri, “era a conoscenza della loro appartenenza al gruppo criminale”.
“L’Armando” nel febbraio 2010 firma un emendamento al nuovo Pgt, il Piano di governo del territorio, che propone di rendere edificabile un’area industriale in zona Ripamonti.
Una nota della polizia giudiziaria segnala poi che Giulio Lampada “starebbe acquistando in zona Ripamonti un terreno agricolo che dovrebbe ottenere il cambio di destinazione d’uso grazie all’intervento del consigliere comunale Armando Vagliati”.
L’assessore uscente Giovanni Terzi, della lista “Milano al centro” (pro-Moratti), partecipa al bar Magenta a un aperitivo con Francesco Piccolo, il luogotenente del boss della ‘ndrangheta Pepè Flachi.
Spiega Piccolo: “Deve parlare per le votazioni… Sta aiutando a tutti, poi ti spiego… È utile anche per noi!”.
Roberto Lassini è sotto inchiesta per i manifesti “Via le Br dalle Procure”.
Passi indietro, nessuno: “Se sarò eletto, resterò al mio posto”.
Poi ha confermato che l’ispirazione gli è arrivata dalle parole di Berlusconi.
Meno noto Rosario Scuteri, detto Saro, candidato in Comune nella lista “Io amo Milano” di Magdi Cristiano Allam.
Il nome di Scuteri, imparentato con la famiglia mafiosa dei Mammoliti di Oppido Mamertina, compare più volte nell’inchiesta “Parco sud”.
Compra un terreno da Iorio (quello della Kreiamo), ma si mette di mezzo la cosca dei Muià  di Baggio.
A comporre i conflitti interviene allora Andrea Madaffari (vicepresidente della Kreiamo).
A questo punto, “il ringraziamento di Scuteri a Madaffari”, scrive il gip Gennari, “non è un grazie qualsiasi, ma il riconoscimento di una gratitudine che andrà  sdebitata”. Da consigliere comunale?

Gianni Barbacetto e Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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A NAPOLI LISTE INQUINATE DA ESTORSORI E CAMORRISTI

Maggio 6th, 2011 Riccardo Fucile

IL CANDIDATO DEL CENTRO DESTRA LETTIERI: “SONO AUTONOMO”, MA COSENTINO GLI RIBATTE “NO, TU RISPONDI A ME”….LA SINISTRA SI DIVIDE TRA DUE CANDIDATI, IL TERZO POLO PUNTA SU PASQUINO

Destinazione Palazzo San Giacomo o Poggioreale?
Il prefetto Andrea De Martino e il procuratore della Repubblica Giandomenico Lepore non azzardano previsioni, ma, poveretti, sono lì assatanati nei loro uffici a spulciare le liste dei 1.453 candidati al Comune di Napoli, che salgono a 10 mila con quelli alle municipalità  e ai centri della provincia, per tentare una stima di quanti rischiano di prendere la via della Casa circondariale, invece di quella della Sala dei Baroni.
L`operazione “liste sporche”, o “liste munnezza”, partita di fatto solo dopo gli arresti per camorra di due candidati a Quarto, è una missione impossibile a dieci giorni dalle elezioni.
Tanto che Luigi De Magistris, l`ex magistrato candidato sindaco per l`Idv, additato da quasi tutti nel Pd come un pericoloso giustizialista, propone, tra   il serio e il faceto, di applicare un metodo lom-brosiano: «Basta osservare le facce su alcuni manifesti per decidere se mandarli a Palazzo San Giacomo o a Poggioreale».
Quando non sono le facce, bastano i nomi.
I manifesti di Gianni Lettieri, l`ex presidente dell`Unione industriali, candidato del Pdl, esibiscono quello di Nick`oAmericano, al secolo Nicola Cosentino, capo assoluto del partito berlusconiano in Campania, accusato in trecento terribili pagine d`inchiesta di connivenza con il clan camorristico dei Casalesi. Lettieri che, sciagurato, si è scelto come spin doctor Claudio Velardi, l`antico alter ego di Massimo D`Alema quando il professor Guido Rossi definiva la presidenza del Consiglio l`unica banca d`affari in cui non si parla inglese, per mondarsi dell`imbarazzante ala protettrice, che puzza di camorra, ha tentato un`operazione pseudo-trasversale.
Ha arruolato con i buoni uffici dell`ex Lothar di Palazzo Chigi, diventato uomo d`affari in proprio, 18 personaggi del Pd, come Antonio Napoli, ex assessore di Bassolino, Felice Laudadio, ex assessore della lervolino, Alessandro Pulcrano, ex consigliere comunale dei diesse, e altri quindici disponibili più che responsabili.
«Cosentino? Io sono autonomo», proclama Lettieri.
Ma Nick`o americano non aspetta neanche un minuto e scrive al Mattino più o meno: “altro che autonomo, i voti te li porto io e a me devi rispondere”.
Tutti i principali candidati hanno, più o meno, un santo di riferimento, ma nessuno così imbarazzante.
Ciriaco De Mita veglia su Raimondo Pasquino, rettore dell`Università  di Salerno, candidato sindaco del Nuovo Polo di Casini, Fini e Rutelli.
«Non me ne vergogno -dice-. DeMita ha fatto tanto per il paese e io non lo rinnego».
Anche il prefetto Mario Morcone, il responsabile dell`Agenzia del Viminale per i beni sequestrati alla mafia, scelto in extremis da Pd, Sel, Verdi e socialisti dopo la contestazione delle primarie che avevano incoronato Andrea Cozzolino, volente o nolente accetta l`assist di Bassolino.
Il quale con il candidato mancato ha organizzato un oceanico raduno al Palapartenope, nel quale il sindaco dell`ormai antico rinascimento napoletano è stato paragonato a Enrico Berlinguer: «Antonio? Un rivoluzionario e conservatore come Berlinguer».
Sarà  che cacicchi e capibastone, come alquanto ingenerosamente li aveva definiti D`Alema, sotto il Vesuvio non passano mai di moda e, in fondo, rispetto all`incedere senza più pudore della camorra alla diretta conquista delle istituzioni in nome e per conto della destra berlusconiana, suscitano quasi sentimenti meno sconfortanti.
«Bassolino e Cozzolino non credo abbiano malattie infettive» dice il prefetto Morcone.
Per aggiungere, sottovoce: «Bella la manifestazione del Palapartenope, ma sia chiaro che fa comodo anche a loro».
Dicono che l`ondata di liste sporche abbia fatto incazzare persino San Gennaro che quest`anno ha ritardato `o miracolo del sangue, mentre il cardinale Crescenzio Sepe ha fatto incazzare Rosetta lervolino, aspirante senatore a vita, addebitandole la vergogna della munnezza.
Coinvolto nelle gesta della Cricca di Balducci e Bertolaso sotto l`ala del gentiluomo di Sua Santità  Gianni Letta, il porporato si barcamena tra la chiesa di base stanca della criminalità  e la dissimulata simpatia per il candidato Lettieri, le cui liste sono una miniera di buchi neri criminali.
I due del clan Polverino arrestati per traffico di droga e estorsione sono candidati del Pdl a Quarto, ma allungano la loro influenza fino al Vomero.
E comunque le liste a sostegno del candidato Pdl a sindaco partenopeo non si fanno mancare nulla: Achille De Simone, a giudizio per contiguità  con il clan Sarno, apre la lista di Pionati, quell`ex cronista avellinese del Tgl che rivendica per sè un posticino nel governo Berlusconi; Maurizio Matacena, indagato per riciclaggio, è in quella del Pdl, come Marco Nonno, imputato di concorso in devastazione per aver guidato la guerriglia camorrista contro la riapertura della discarica di Pianura.
«Liste che fanno venire i brividi», chiosa De Magistris e che fa dire ad AndreaOrlando, commissario del Pd, che è evidente anche ai ciechi che “il Pdl in Campania ha un legame più che organico con la camorra».
Lettieri stesso è sotto processo a Salerno per truffa e falso.
Ciriaco De Mita ne ha tracciato un fulminante ritrattino: «Lettieri novità  e progresso? Figuriamioci, noi qui in Irpinia lo conosciamo come uno che è venuto, si è preso quattro finanziamenti e se ne è andato».
Ma la vera spina nel fianco del candidato Pdl è Antonio D`Amato, ex presidente della Confindustria, uno dei più di destra che la storia centenaria dell`organizzazione imprenditoriale ricordi fin dai tempi del fondatore Louis Bonefonne Craponne.
A Parma benedì senza riserve il salvifico governo del “collega Berlusconi”.
Adesso sta cospargendo di mine antiuomo il percorso elettorale del suo collega imprenditore berlusconiano. Altro che la bombetta-carta esplosa vicino alla sede di Lettieri.
Tardo pomeriggio, settecentesco palazzo Partanna, in piazza dei Martiri, salaD`Amato (intitolata al padre): l`expresidente confindustriale partecipa alla presentazione di un rapporto della Luiss sul deficit di classe dirigente in Italia e nel Mezzogiorno.
Un`occasione che sembra fatta apposta per demolire il candidato berlusconiano.
Non viene persa: «Altro che discontinuità  con il degrado morale di questa città . Lettieri è un uomo di Cosentino e Berlusconi. Napoli ha bisogno di chi serva le istituzioni e non di chi delle istituzioni si serve per fare i propri affari». Per di più, al contrario di Berlusconi, Lettieri è un pessimo imprenditore: «Per affrontare le complesse questioni di una città  come Napoli – scandisce sadico D`Amato- occorre un curriculum di esperienze provate e di successi che non ci sono nella storia imprenditoriale di Lettieri».
Più o meno la stessa opinione che ha il successore di D`Amato a viale dell`Astronomia Luca Cordero di Montezemolo, che con la sua Fondazione ha partecipato discretamente alle tormentate vicende elettorali partenopee. La nascita di una liaison in vista della scesa in campo montezemoliana, quando nel dopo-Berlusconi sarà  in palio la guida del governo?
D`Amato per ora non si sbilancia.
Sommerge di elogi il prefetto Morcone, uomo delle istituzioni di elevate qualità  etiche che combatte la criminalità  organizzata, il professor Pasquino, che ha creato un polo universitario di livello internazionale, e persino il giustizialista De Magistris, un elemento di discontinuità .
A questo punto del thrilling napoletano, nutrito di trafficanti di droga, estorsori, strozzini, lenoni, camorristi contro aspiranti sceriffi che promettono di combatterli, impossibile dire come finirà  la partita, dopo l`inevitabile ballottaggio.
Tra Lettieri e Morcone, come sembra probabile, o tra Lettieri e De Magistris?

Alberto Statera
( da “La Repubblica“)

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