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SECOLO XIX: “SEDE FLI REGALO DI UN AFFARISTA INDAGATO. FUGA DI ISCRITTI, SOTTO ACCUSA I RAPPORTI TRA IL SEGRETARIO NAN E L’IMPRENDITORE NUCERA”

Luglio 30th, 2011 Riccardo Fucile

IL MAGGIORE QUOTIDIANO DELLA LIGURIA SVELA CHE LA SEDE DELLA FIUMARA E’ STATA DATA IN COMODATO D’USO GRATUITO A NAN DA UN ATTENZIONATO DALLA DIA, PLURI-INDAGATO E CON ISTANZE DI BANCAROTTA IN ATTO….NAN E’ IL LEGALE DI NUCERA ED E’ STATO ANCHE SUO SOCIO

Perchè la sede ligure di “Futuro e Libertà ” è ospitata, di fatto gratuitamente, nelle proprietà  di un imprenditore pluri-indagato, sulle cui società  incombe pure lo spettro della bancarotta?
E perchè il segretario regionale del partito di Fini è stato socio dello stesso impresario, oltre a esserne il legale storico, prima di sfilarsi, un annetto fa circa, cedendo le sue quote?
Sono parecchio agitate le acque all’interno di Fli in Liguria.
Un mese fa un gruppo di frondisti ha lasciato il movimento in disaccordo con la conduzione di Enrico Nan, nominato di fresco plenipotenziario.
E non è un mistero che all’origine degli ultimi polveroni, oltre a svariati dati giudiziari, ci sia un’ormai insanabile frattura tra due anime politiche lontane anni luce.
Però se all’inizio di luglio la bufera s’era sollevata dopo la rivelazione di un incontro tra Nan e Gino Mamone, il re delle bonifiche processato a Genova per corruzione e sotto inchiesta per vari reati, e per il ruolo di presidente di sezione affidato a un ex tassista, coinvolto in passato in oscuri affari petroliferi con lo stesso Mamone in Libia, oggi il casus belli è un po’ diverso.
E, lo confermano qualificate fonti al Secolo XIX, è da qualche settimana sul tavolo del presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Per ripercorrere la vicenda bisogna ricollegarsi alla figura di Andrea Nucera.
Costruttore tra i più noti del savonese, fama da duro, Nucera è formalmente indagato dalla Procura di Savona per abuso edilizio e lottizzazione abusiva (il pm Filippo Ceccarelli aveva posto sotto sequestro il cantiere T1 di Ceriale, teatro di una operazione edilizia in grande stile, inviando avvisi di garanzia pure ad amministratori, tecnici comunali e a un commissario della Municipale), mentre in passato era finito nei guai per la realizzione di una villa in un terreno agricolo.
Non solo.
E’ notizia degli ultimi giorni l’istanza di fallimento, presentata sempre dalla magistratura savonese,   nei confronti di due delle sue tante aziende.
Nucera è oggi al vertice della Geo Holding srl dal capitale di 10 milioni di euro e amministratore unico della Ager.
Ma in passato, e le visure camerali parlano chiaro, insieme all’attuale segretario regionale di Fli, Enrico Nan, era stato socio della Thea srl: Nan tramite la società  “Famiglia srl” di cui possedeva quote, Nucera attraverso la Geo, un’altra delle sue creature, molte delle quali risultano in cessata attività .
Fatto sta che, secondo gli accertamenti condotti in modo più o meno riservato dai vertici di Futuro e Libertà , la Geo Servizi immobiliari, al tempo riconducibile a Nucera, ha ceduto in comodato d’uso la sede di via Antica Fiumara, ponente cittadino non lontano dal centro divertimenti, dove effettivamente Fli ha la sua base regionale.
E la domanda che rimbalza tra molti iscritti – compresi i 25 ex dirigenti che hanno presentato dimissioni a raffica nelle scorse settimane – è secca: quanto è opportuno che la guida del partito sia così tanto legata a un uomo d’affari da tempo sotto la lente dei pm, e con un paio di avvisi di garanzia sul groppone per fatti non proprio irrilevanti?
E soprattutto: non c’era altra strada per ottenere un locale a prezzi ragionevoli, se non quella di farsela regalare da quel costruttore?
Il   Secolo XIX lo ha chiesto direttamente a Enrico Nan: “Io nella mia vita mi sono sempre mosso nel solco della legalità , tutto ciò che ho fatto è lecito e ogni azione è stata compiuta nell’interesse delle persone che rappresento e che ho rappresentato”.
Nan definisce poi “un fatto privato” l’accordo con Nucera per l’affidamento degli spazi alla Fiumara, non smentendo che si tratti di comodato d’uso a costo zero.
“Credo che solllevare questioni del genere sia strumentale, insufflare polemiche non credo faccia bene a nessuno” conclude Nan.
Difficile, molto difficile che gli animi si rasserenino.
E lo dicono prima di tutto i numeri: 420 gli iscritti a Genova, dei quali 300 pronti a lasciare Nan per la questione etica.
In attesa che Roma prenda una posizione più netta.

Matteo Indice
(da “il Secolo XIX“)

argomento: Costume, criminalità, denuncia, emergenza, Fini, Futuro e Libertà, Genova, Politica, radici e valori | Commenta »

PROCESSO LUNGO, IL SALVAGENTE DEL PREMIER PER I CASI MILLS, MEDIASET E MEDIATRADE

Luglio 30th, 2011 Riccardo Fucile

L’ENNESIMA LEGGE AD PERSONAM PER TOGLIERSI DAI GUAI GIUDIZIARI…CAMBIA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA MA LA MUSICA RESTA LA STESSA

Per il processo Mills si potrebbe già  suonare la marcia funebre.
Per quello Mediaset, significherebbe probabilmente dilatare talmente i tempi da non essere certi di raggiungere nemmeno il verdetto di primo grado.
Per i presunti fondi neri Mediatrade, le possibilità  di evitare la prescrizione del 2014 potrebbe invece essere meno evidente.
Nessuna conseguenza apparente, infine, per il Rubygate.
Ecco come il ciclone «processo lungo», approdato ieri al Senato, potrebbe abbattersi sui quattro processi milanesi in cui è imputato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
Per il caso Mills, in cui il premier è accusato di corruzione giudiziaria, la speranza di arrivare alla sentenza di primo grado, è bene dirlo, già  adesso appare davvero ardua.
A gennaio scadono i tempi della prescrizione.
Allo stato mancano otto testimoni della difesa, prima di dare la parola al pm Fabio De Pasquale per la sua requisitoria e la richiesta di pena.
Alla ripresa del processo dopo la pausa estiva, il 19 settembre, se il processo lungo fosse legge, gli avvocati-onorevoli del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, potranno chiedere alla Corte di riaprire la loro lista dei testimoni.
Prima della riforma, ne avevano chiesti 82 (15 quelli ammessi dai giudici).
In un processo normale, in meno di dieci udienze, con la riforma, potrebbero essere ascoltati tutti.
Ma gli impegni istituzionali consentono all’imputato di presenziare solo il lunedì a tutti e quattro i dibattimenti.
La prescrizione sarebbe, in pratica, cosa certa
Simile il percorso che sarebbe costretto a subire il caso Mediaset, in cui il premier è accusato insieme a un gruppo di suoi manager di frode fiscale.
L’asticella della prescrizione, in questo caso, si alza al 2014, ma se il pool difensivo si avvarrà  della nuova riforma un’altra quarantina di testimoni sarebbe costretta a fare capolino in tribunale.
Il problema è che molti dovrebbero arrivare da paesi come il Giappone, gli Stati Uniti, o da quelle nazioni storicamente sede di società  offshore del Centro America.
E l’ingolfamento sarebbe inevitabile
Per Mediatrade, ancora in fase di udienza preliminare, il discorso è a parte.
La prescrizione, come per Mediaset, arriverà  nel 2014.
In caso di rinvio a giudizio, bisognerà  vedere quale lista testi presenterà  in un ipotetico dibattimento, la difesa Berlusconi
Con la riforma del processo lungo, infine, non ci dovrebbero essere effetti immediati sul cosiddetto Rubygate, in cui il presidente del Consiglio è imputato di prostituzione minorile e concussione.
La prescrizione arriverà  solo nel 2025.
Ghedini e Longo, in questo caso, hanno già  chiesto al collegio di convocare come testimoni 78 persone, tra cui molti ministri in carica.
Un numero elevato, ma che oltre a dilatare di alcune settimane il processo di primo grado, di sicuro non impedirà  al collegio presieduto da Giulia Turri di arrivare comunque alla sentenza di primo grado.

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IL POOL ANTICAMORRA DI NAPOLI DENUNCIA: “NOI A PIEDI E SENZA SCORTA”

Luglio 30th, 2011 Riccardo Fucile

STRAORDINARI NON PAGATI AGLI AUTISTI E CHI E’ ESPOSTO RISCHIA DI RIMANERE SENZA PROTEZIONE

Un “unicum” nel panorama delle Procure antimafia italiane.
Mentre a Napoli si accelera nelle inchieste su corruzione (in politica) e crimine organizzato (dentro e fuori le istituzioni) i pubblici ministeri del pool anticamorra di Napoli denunciano di essere rimasti “senza tutela”. In due parole: a piedi.
Dalle 18 in poi, ormai di fatto è “vietato” restare a lavorare.
Il motivo?
Non vi sono autisti disponibili ad accompagnarli nelle auto blindate, cosiddette di tutela.
Il caso, confermato dal procuratore Giandomenico Lepore con una punta di amarezza, finisce ora nero su bianco all’attenzione del prefetto Andrea De Martino.
E a scrivere, sono proprio i pm.
Al centro della vicenda, il braccio di ferro in corso tra gli autisti addetti alla guida delle blindate assegnate alla Distrettuale antimafia ed il Ministero della giustizia.
Il quale deve a questi lavoratori un anno intero di arretrati (il 2010) più alcuni mesi del 2011.
“Non ci pagano lo straordinario, e dalle 18 basta servizio”, è stato il legittimo annuncio.
Lasciando pm e procuratori “a piedi”: paradossale visto che per almeno 15 di loro è alta la soglia di rischio.
Lepore aveva già  detto: “Speriamo che il ministro Tremonti firmi presto questo provvedimento”.
Dopo l’sos di alcuni magistrati, come Antonello Ardituro, ieri è il pm Cesare Sirignano a mettere nero su bianco l’allarme.
Non è un caso.
Sirignano è autore di catture di capiclan e vari blitz, dai killer del clan Setola ai rapporti economico-mafiosi con le articolazioni mafiose di Totò Riina: ma soprattutto, insieme con il pm Alessandro Milita, è uno dei magistrati già  minacciati dai clan, vedi le parole di morte del detenuto Giovanni Venosa, estorsore e nipote del boss (omonimo) dei casalesi (nonchè attore – non per caso – nel film Gomorra).
Scrive Sirignano: “Gli autisti di questo ufficio si astengono dalle prestazioni straordinarie, adducendo ragioni connesse al mancato pagamento degli emolumenti. I magistrati dell’ufficio (…) hanno fino ad oggi mostrato ampia comprensione”.
Ma la situazione comincia a diventare pesante.
Spiega il pm: “Incide sulla funzionalità , e determina di fatto una pericolosa interruzione del dispositivo di protezione previsto per i magistrati esposti a pericolo. In mancanza di risposte immediate del Ministero e in previsione del protrarsi dello stato di agitazione per la carenza di fondi – sottolinea ancora il sostituto – appare urgente procedere all’adozione dei necessari provvedimenti”.
Appare peraltro “incomprensibile” che quando i magistrati sono in ufficio al lavoro e dunque non è necessaria l’auto, “venga assicurata la funzionalità  del servizio di accompagnamento; e che, viceversa, “quando il magistrato lascia l’edificio in cui presta la propria attività  per l’intera giornata, sia privato sia dell’accompagnamento sia, soprattutto, della tutela”.

Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)

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QUEI PUNTI DEBOLI NELLA DIFESA DI BERSANI

Luglio 30th, 2011 Riccardo Fucile

IL LEADER DEL PD NON DOVREBBE CONFONDERSI CON I POLITICI CHE RISPONDONO SDEGNATI AI SOSPETTI

I politici inglesi di un certo peso tengono con accuratezza un’agenda dei loro incontri e contatti, corredata di date e motivi del colloquio.
Spesso la citano per scagionarsi da accuse.
Non deve essere questo lo stile di lavoro di Pier Luigi Bersani, il quale, per giustificarsi di aver introdotto nel 2004 l’imprenditore Gavio al compagno di partito Penati, allora presidente della Provincia di Milano, ha detto: «Il ministro delle attività  produttive conosce tutti i principali imprenditori italiani. Li conosce, non li sceglie».
La risposta sarebbe corretta se l’avesse data Antonio Marzano.
Perchè – come è noto – era lui il ministro delle attività  produttive nel 2004, quando il centrodestra stava al governo e Bersani all’europarlamento.
Non per essere pignoli.
Ma siccome da quel contatto scaturì poi una lunga storia finita con Penati che pagò 238 milioni di euro le azioni di Gavio dell’autostrada Serravalle, e con Gavio che contribuì alla cordata Unipol, Bersani capirà  che ogni imprecisione danneggia gravemente la sua linea di difesa.
La verità  è che con Gavio ci parlò da esponente dei Ds che si faceva intermediario presso un altro esponente dei Ds.
Un affare di partito, insomma. E Bersani non deve, per la sua storia e per la sua responsabilità , confondersi con tutti quei politici che rispondono sdegnati ai sospetti lasciando cadere qua e là  qualche data o qualche cifra inesatta, sperando che nessuno se ne accorga.
D’altronde c’è un’aggravante.
Perchè se Bersani avesse ammesso, come sul Corriere gli abbiamo chiesto, che l’affare Serravalle fu politicamente improprio e sbagliato, allora gli si potrebbe perdonare il lapsus.
Ma siccome non l’ha fatto, viene il dubbio che non sia un lapsus.
C’è una seconda questione di date che mi turba.
Fonti vicine al segretario del Pd hanno detto ieri ai giornali che Tedesco fu candidato al Senato quando il leader era Veltroni: dunque altra gestione. Vero.
Ma Tedesco non fu eletto.
Fu poi nel 2009 che gli si regalò il laticlavio con un’operazione politica di cui sapeva benissimo Bersani, non foss’altro perchè i giornali la raccontarono nei dettagli.
A sorpresa il Pd decise di non candidare più al Parlamento europeo Umberto Ranieri, che vi era talmente predestinato da essere stato nominato da tempo responsabile del partito per il programma elettorale, e candidò invece De Castro, all’epoca felicemente senatore.
Fece così posto a Palazzo Madama per Tedesco, dimessosi da assessore della Sanità  pugliese proprio perchè indagato, che era il primo dei non eletti.
Anche qui un’aggravante.
Il Pd lo fece non solo per proteggere Tedesco, ma anche per sfruttarne il consistente pacchetto di voti: perchè l’uomo aveva minacciato di ritirare il suo appoggio ad Emiliano, candidato sindaco a Bari nelle contemporanee elezioni comunali, se non fosse stato promosso al Senato.
Ma i pm, che sanno essere più furbi del Pd e che finchè era assessore e dunque senza scudi non lo arrestarono, ne chiesero l’arresto una volta eletto.
A riprova che l’ipocrisia in politica prima o poi si paga.
Sarebbe preferibile un Bersani che a testa alta avesse difeso il diritto di qualche suo senatore di negare un arresto ormai inutile, a un Bersani che finge di dimenticare come e perchè Tedesco fu mandato in parlamento.
In altre parole: è nel 2004 e nel 2009 che Bersani fece o avallò scelte politiche sbagliate.
Se vuole essere credibile nel 2011 sulla questione morale deve cominciare con il riconoscerlo.

Antonio Polito
(da “Il Corriere della Sera“)

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