IL POOL ANTICAMORRA DI NAPOLI DENUNCIA: “NOI A PIEDI E SENZA SCORTA”
STRAORDINARI NON PAGATI AGLI AUTISTI E CHI E’ ESPOSTO RISCHIA DI RIMANERE SENZA PROTEZIONE
Un “unicum” nel panorama delle Procure antimafia italiane.
Mentre a Napoli si accelera nelle inchieste su corruzione (in politica) e crimine organizzato (dentro e fuori le istituzioni) i pubblici ministeri del pool anticamorra di Napoli denunciano di essere rimasti “senza tutela”. In due parole: a piedi.
Dalle 18 in poi, ormai di fatto è “vietato” restare a lavorare.
Il motivo?
Non vi sono autisti disponibili ad accompagnarli nelle auto blindate, cosiddette di tutela.
Il caso, confermato dal procuratore Giandomenico Lepore con una punta di amarezza, finisce ora nero su bianco all’attenzione del prefetto Andrea De Martino.
E a scrivere, sono proprio i pm.
Al centro della vicenda, il braccio di ferro in corso tra gli autisti addetti alla guida delle blindate assegnate alla Distrettuale antimafia ed il Ministero della giustizia.
Il quale deve a questi lavoratori un anno intero di arretrati (il 2010) più alcuni mesi del 2011.
“Non ci pagano lo straordinario, e dalle 18 basta servizio”, è stato il legittimo annuncio.
Lasciando pm e procuratori “a piedi”: paradossale visto che per almeno 15 di loro è alta la soglia di rischio.
Lepore aveva già detto: “Speriamo che il ministro Tremonti firmi presto questo provvedimento”.
Dopo l’sos di alcuni magistrati, come Antonello Ardituro, ieri è il pm Cesare Sirignano a mettere nero su bianco l’allarme.
Non è un caso.
Sirignano è autore di catture di capiclan e vari blitz, dai killer del clan Setola ai rapporti economico-mafiosi con le articolazioni mafiose di Totò Riina: ma soprattutto, insieme con il pm Alessandro Milita, è uno dei magistrati già minacciati dai clan, vedi le parole di morte del detenuto Giovanni Venosa, estorsore e nipote del boss (omonimo) dei casalesi (nonchè attore – non per caso – nel film Gomorra).
Scrive Sirignano: “Gli autisti di questo ufficio si astengono dalle prestazioni straordinarie, adducendo ragioni connesse al mancato pagamento degli emolumenti. I magistrati dell’ufficio (…) hanno fino ad oggi mostrato ampia comprensione”.
Ma la situazione comincia a diventare pesante.
Spiega il pm: “Incide sulla funzionalità , e determina di fatto una pericolosa interruzione del dispositivo di protezione previsto per i magistrati esposti a pericolo. In mancanza di risposte immediate del Ministero e in previsione del protrarsi dello stato di agitazione per la carenza di fondi – sottolinea ancora il sostituto – appare urgente procedere all’adozione dei necessari provvedimenti”.
Appare peraltro “incomprensibile” che quando i magistrati sono in ufficio al lavoro e dunque non è necessaria l’auto, “venga assicurata la funzionalità del servizio di accompagnamento; e che, viceversa, “quando il magistrato lascia l’edificio in cui presta la propria attività per l’intera giornata, sia privato sia dell’accompagnamento sia, soprattutto, della tutela”.
Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)
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