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“RESTA ALL’ESTERO, VI SCAGIONERO’ TUTTI”: LA TELEFONATA INTEGRALE TRA BERLUSCONI E LAVITOLA

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

NUOVI ATTI SUL RICATTO AL PREMIER…LA SEGRETARIA: “MI FECE CONSEGNARE 10.000 EURO”…IL PREMIER ORA PENSA A UN DECRETO CONTRO LE INTERCETTAZIONI…TARANTINI IN ANDROMEDA, COOP GESTITA DAL COGNATO DI UN BOSS. GHEDINI NEGA DI AVERLA FATTO ASSUMERE

“Sono tutte cose che non esistono e su cui io scagionerò naturalmente tutti”. Con questa frase Silvio Berlusconi rassicurava Valter Lavitola al telefono lo scorso 24 agosto.
E’ quanto emerge dai nuovi atti sul caso Tarantini depositati dai pm napoletani che indagano sulla presunta estorsione al premier.
Ma non è tutto.
Sentita dai pm di Napoli, la storica segretaria del premier Marinella Brambilla afferma che il direttore de L’Avanti, parlando di “foto”, faceva in realtà  riferimento a una richiesta di denaro.
E ancora: l’ex avvocato di Gianpi Tarantini, Giorgio Perroni, interrogato il 2 settembre, conferma che a fargli assumere la difesa dell’imprenditore diventato noto con il caso D’Addario, è stato proprio Berlusconi, presunta vittima di estorsione proprio da parte di Tarantini.
La documentazione (che farà  parte del materiale a disposizione delle parti in occasione dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame chiesta dai legali di Tarantini per la revoca della misura cautelare), contiene l’intercettazione di una telefonata del 24 agosto scorso tra il presidente del Consiglio e Lavitola, tuttora latitante, anticipata da un servizio la scorsa settimana da L’Espresso. L’avvocato Ghedini, a stretto giro, smentì l’esistenza stessa della telefonata. Confermata invece da Berlusconi già  venerdì scorso. In quell’occasione il premier affermò di non essere ricattabile.
A chiamare, intorno alle 21, è il direttore dell’Avanti, che valuta con il premier l’ipotesi di non rientrare in Italia: ”Senta dottore, vabbe’io mo sono fuori…a sto punto…”. Berlusconi risponde: “E resta lì e vediamo un po’…uhm…”. La conversazione avviene dopo che, appunto, erano trapelate notizie sull’inchiesta a carico di Gianpaolo Tarantini e dello stesso Lavitola sulla presunta estorsione al premier, e prima che venissero eseguite le misure cautelari. Ora la trascrizione di quella telefonata è stata depositata dai pubblici ministeri.
Ecco la trascrizione integrale:
Berlusconi: “Sì pronto?”
Lavitola: “Dottore senta sto in Bulgaria sto a Sofia con telefono di qua se intercettano pure questi che c… ne so”
Berlusconi: “Hai visto che avevo ragione io, dimmi”
Lavitola: “Sì, purtroppo sì, non lo so…dico io ho visto la sua dichiarazione che lei ha aiutato questo ragazzo e così come”.
Berlusconi: “Non non non facevo riferimento tuttavia alle cose che ho successivamente letto che non esistono quindi sono”
Lavitola: “E…”
B: “Sono tutte cose che non esistono e su cui io scagionerò naturalmente tutti”
L: “E’ per questo voglio di’… quello tutto. Cioè voglio dì… questo è un parto di pura fantasia perchè oltretutto”.
B: “Sì io non so quali sono le vostre affermazioni tra di voi che non conosco”.
L: “Ma nean…”
B: “Ecco be”.
L: “Ma non credo che ci sia nessun tipo di affermazione”.
B: “Ecco comunque insomma io non non quando posso aiuto quando non posso non aiuto e quando aiuto sono contento di poter aiutare… tutto qui”.
L: “Senza ombra di dubbio senta vabbè io sono fuori a sto punto”.
B: “E resta li e vediamo un po’”.
L: “Dopodiche proviamo a trovare il modo per contattarci”.
B: “Va bene”.
L: “Cerchiamo di non abbandona a questo qua”.
B: “Certamente certamente e d’accordo”.
L: “Un bacione dottore”.
B: “Bene buone vacanze”.
L: “Pure a lei”.

Lavitola le parlò di foto “in modo sibillino”, lei riferì la circostanza al presidente del Consiglio che “capì subito” e le disse di prelevare 10mila euro dalla sua cassaforte privata.
Lo ha spiegato la segretaria del premier Marinella Brambilla interrogata in qualità  di testimone dai pm di Napoli che indagano sul presunto ricatto a Berlusconi.
Secondo la storica segretaria, il premier Berlusconi si mostrò “infastidito e piccato” dalle richieste di denaro avanzate da Valter Lavitola. I magistrati le chiedono se, quando fu autorizzata da Berlusconi a prelevare i soldi dalla cassa destinati ai coniugi Tarantini tramite Lavitola, il Cavaliere fosse “piccato, indifferente, soddisfatto o infastidito”.
La Brambilla risponde: “Ricordo che era sicuramente infastidito e piccato. Disse qualcosa tipo: ‘ma è un rompiscatole..o qualcosa del genere”.
Per ciò che riguarda l’incarico ricevuto da Tarantini, preciso che nel settembre 2010 mi chiamò il presidente Berlusconi che mi chiese di assumere la difesa di Tarantini”.
Lo afferma l’avvocato Giorgio Perroni, ex difensore dell’imprenditore pugliese, interrogato il 2 settembre scorso dai pm di Napoli Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock e dal pm di Lecce Antonio De Donno, che indaga sui presunti ritardi nelle indagini sulle escort da parte della procura di Bari.
Subito dopo — aggiunge — io chiamai l’avvocato Ghedini, difensore di Berlusconi, al quale comunicai tale circostanza; Ghedini si limitò a dirmi che Tarantini non si era trovato bene con il suo precedente difensore D’Ascola. Successivamente fissai un appuntamento con Tarantini che fu accompagnato al mio studio dall’avvocato Quaranta e da Lavitola, che io non avevo mai visto. Dopo la riunione dissi a Tarantini di non presentarsi più con Lavitola al mio studio e ciò dal momento che non è mia abitudine intermediare, con un terzo che non conosco, il rapporto con il cliente. Tra l’altro Lavitola non mi fece una buona impressione, circostanza questa che non comunicai a Tarantini”

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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TANTO PER CAMBIARE: LA GIUNTA PER LE AUTORIZZAZIONI DICE NO ALL’ARRESTO PER MARCO MILANESE

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

RESPINTA LA RICHIESTA DELLA PROCURA NEI CONFRONTI DELL’EX BRACCIO DESTRO DI TREMONTI PER 11 VOTI A 10… ORA IL 22 SI ESPRIMERA’ L’AULA: LEGA E UDC LASCERANNO LIBERTA’ DI COSCIENZA, MA BOSSI NON VUOLE NESSUNO IN   GALERA, QUINDI NEMMENO I DELINQUENTI

La giunta per le autorizzazioni di Montecitorio ha detto no all’arresto dell’ex braccio destro di Giulio Tremonti, Marco Milanese.
E’ stata infatti approvata per 11 voti a 10 la proposta del relatore Fabio Gava (Pdl) contraria alla richiesta della Procura di Napoli nei confronti del deputato del Pdl.
Si sono invece espressi per il sì il Pd, l’Udc, Fli e l’Idv.
Il parere sarà  ora sottoposto al voto dell’Aula di Montecitorio giovedì 22 settembre a mezzogiorno.
La Lega, che in giunta ha votato contro l’arresto, lascerà  libertà  di coscienza in Aula, dove l’esito della votazione è più incerto.
“Non credo ci saranno sbandamenti”, ha detto Rodolfo Luca Paolini, commissario del Carroccio in giunta.
E il leader Umberto Bossi è tornato ad esprimersi contro la detenzione: “Devo ancora sentire il gruppo, ma i miei mi dicono che è un po’ una forzatura”, ha detto al suo arrivo alla Camera.
Anche l’Udc lascerà  i suoi liberi di decidere in Aula: “Su una scelta così delicata è giusto che i componenti del nostro gruppo si esprimano secondo coscienza. I primi due, che sono componenti anche della Giunta per le autorizzazioni, hanno detto che secondo coscienza voteranno a favore dell’arresto”, ha affermato il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, intervenendo a “La Telefonata” di Maurizio Belpietro,Intanto, l’opposizione chiede il voto palese.
“Siamo contrari al voto segreto perchè il voto deve essere palese rispetto agli italiani e tutte le forze politiche devono assumersi la responsabilità  di ciò che fanno”, dice Pierluigi Mantini dell’Udc.
Dal Pd Marilena Samperi osserva che “se ci sarà  il voto segreto ognuno deciderà  secondo quello che ritiene giusto e meglio fare”.
Se verrà  chiesto, aggiunge, essendo previsto da regolamento, “sarà  indispensabile darlo.
Anche se noi speriamo nel voto palese perchè la politica deve riprendersi in mano le redini di questa deriva rischiosa. E’ un problema di responsabilità “.
Ieri l’ex collaboratore vicino a Tremonti si è difeso a lungo nella sua audizione davanti alla giunta.
“Sono disposto ad accettare il processo anche subito, ma non l’arresto perchè non ci sono i presupposti per la custodia cautelare”, ha detto il deputato del Pdl, prima di lamentare contro di lui un “massacro mediatico”.
Milanese ha respinto più volte le accuse mossegli dall’imprenditore “Paolo Viscione: “Ha agito per rancore personale perchè non avevo voluto appoggiare la candidatura di suo figlio a sindaco di Cervinara”.

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NEGLI USA I POVERI HANNO RAGGIUNTO LA QUOTA RECORD DI 46 MILIONI

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

MAI COSI’ TANTI DA OLTRE 50 ANNI: LA MIDDLE CLASS PERDE POTERE D’ACQUISTO….NEL 1973 UN AMERICANO GUADAGNAVA 49.000 DOLLARI, ORA E’ SCESO A 47.000…IN CRESCITA I CITTADINI SENZA ASSISTENZA SANITARIA.

La recessione, anzi la Grande Contrazione, presenta il conto all’America.
E’ un conto drammatico: la fine dell’American Dream, l’impoverimento della middle class, l’arretramento del tenore di vita e del potere d’acquisto, le aspettative di intere generazioni ridimensionate di colpo.
Oggi 46,2 milioni di americani vivono sotto la soglia della povertà , fissata al livello di 22.113 dollari di reddito annuo per un nucleo familiare di quattro persone.
E’ un livello record, mai raggiunto negli ultimi 52 anni e cioè da quando esistono questi dati raccolti dal Census Bureau, l’agenzia federale responsabile per il censimento demografico.
L’impatto della lunga recessione iniziata nel 2008 si prolunga e non se ne vede la fine: nel solo anno 2010, infatti, ben 2,6 milioni di americani sono andati ad aggiungersi all’esercito dei nuovi poveri.
Ormai il 15,1% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà .
Ma non sono soltanto loro a subire l’impatto sociale di questa crisi.
L’arretramento viene percepito da una vasta maggioranza di americani: il reddito “mediano”, cioè quello rappresentativo della maggiore percentuale di cittadini, è sceso del 2,3% in termini reali nel corso del 2010.
«Questi dati sono importanti – ha sottolineato ieri il direttore del Census Bureau, Robert Groves – perchè ci dicono qual è l’impatto concreto della situazione economica sulla vita degli americani e delle loro famiglie».
Non tutto l’impoverimento va attribuito all’effetto della recessione, però.
Un altro dato significativo è questo: il reddito annuo mediano per un maschio adulto che lavora a tempo pieno nel 2010 si è attestato a 47.715 dollari; se misurato in potere d’acquisto reale, questo reddito è regredito rispetto ai livelli del 1973.
Per la precisione, 38 anni fa un maschio adulto con un lavoro a tempo pieno guadagnava l’equivalente di 49.065 dollari all’anno, ai prezzi di oggi. Si stenta a crederlo, ma tutto ciò che è accaduto negli ultimi 38 anni, nel bene e nel male, dagli shock energetici degli anni 70 alla stagflazione, dalla “economia dell’offerta” reaganiana alla New Economy di Internet nell’èra Clinton, dalla “vita a credito” e gli sgravi fiscali di George Bush fino alla deflagrazione sistemica del 2008: tutto questo riporta l’americano medio al livello di partenza, anzi un po’ più indietro.
E’ la conferma del processo di retrocessione della middle class, o l’avvento della “società  a clessidra” divisa tra un vertice di privilegiati e una base sempre più larga di cittadini il cui potere d’acquisto perde terreno.
Altri dati confermano quanto l’American Dream sia ormai una rappresentazione superata, un miraggio che riflette visioni d’altri tempi.
La condizione dei giovani ha subito un degrado notevole: la caduta di reddito mediano più pesante nel 2010 è quella che ha colpito la generazione tra i 16 e i 24 anni: meno 9%.
Si accentua il fenomeno dei “bamboccioni” d’America, costretti dalla situazione economica a rimanere in casa dei genitori o a farvi ritorno: un comportamento in netto contrasto con le consuetudini che erano consolidate da molte generazioni.
Ora che il 45,3% della fascia compresa tra i 25 e i 34 anni si trova sotto la soglia della povertà , è aumentato del 25% il numero di coloro che devono abitare sotto lo stesso tetto dei genitori.
Fra le conseguenze collaterali dell’aumento dei poveri, c’è il fatto che il numero di persone senza assistenza sanitaria è salito da 49 milioni nel 2009 a 50 milioni l’anno successivo (la riforma sanitaria di Barack Obama non è entrata ancora pienamente a regime e quindi non se ne misurano tutti gli effetti).
Un altro aspetto conferma quanto la recessione iniziata nel 2008 sia diversa per la sua gravità  da tutte quelle che l’anno preceduta, con l’unica eccezione della Grande Depressione degli anni Trenta: nelle più gravi recessioni del dopoguerra, come quella conclusa nel 1961 e quella che finì nel 1975, la percentuale degli americani sotto la soglia della povertà  era già  diminuita nel primo anno dopo la fine della recessione. In tutti i sensi quella attuale merita l’appellativo di Grande Contrazione coniato dall’economista Kenneth Rogoff.
«Non si tratta solo dei disoccupati e dei poveri – ha dichiarato Sheldon Danziger dell’università  del Michigan – ma dell’americano medio che non fa più alcun progresso».

Federico Rampini
(da “La Repubblica“)

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IL NEW YORK TIMES ATTACCA BERLUSCONI: “BACCANALI MENTRE L’ITALIA DESTABILIZZA L’EUROPA”

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

DURO EDITORIALE DEL QUOTIDIANO: “L’ITALIA MINACCIA LA STABILITA’ FINANZIARIA DEL VECCHIO CONTINENTE”

Un articolo nelle pagine dei commenti firmato da Frank Bruni, che anni fa fu corrispondente da Roma.
Il New York Times pubblica un pezzo durissimo contro il premier italiano, dal titolo “L’agonia e il bunga a bunga”.
Parla di “baccanali di Berlusconi”, di uno spettacolo da “petit guignol” che va in scena mentre l’Italia è in crisi e addirittura minaccia la stabilità  finanziaria di tutta Europa. Bruni ricorda il settembre nero italiano: in cui non si sa se il Parlamento riuscirà  ad approvare la manovra finanziaria, se questa sarà  sufficiente e come sarà  giudicata dall’Europa.
Ma in questo momento drammatico – secondo il columnist del quotidiano americano – ci si domanda come il “lussurioso imperatore” del Paese vorrà  festeggiare i suoi 75 anni.
Nell’articolo si ricordano il processo che il presidente del Consiglio dovrà  affrontare perchè accusato di aver fatto sesso con una minorenne, i bunga a bunga in cui riunisce veri e propri harem di donne, spesso travestite da infermiere.
Bruni ammette: “Noi americani abbiamo trovato anche divertente tutto questo, perchè è terrificante, ma anche rassicurante”.
“Però – ammonisce i suoi connazionali – non dovremmo restare a bocca aperta e ridere. Perchè ora l’Italia minaccia la stabilità  finanziaria di tutta l’Europa”.
“Il cammino dell’Italia dalla gloria al ridicolo – continua Bruni – spianato dalle distrazioni legali e carnali del premier, non dà  benefici a nessuno. L’Italia ha una storia che dovrebbe rappresentare un monito per molte democrazie occidentali che si sono fatte cullare dal comfort nella compiacenza di sè. Aver tollerato troppe buffonerie ha provocato troppi danni”.

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IL COATTO: ULTIMATUM AL CAIMANO

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

MENTRE IL FUGGIASCO BERLUSCONI IMBARAZZA L’EUROPA, LA PROCURA DI NAPOLI LO INVITA A PRESENTARSI ENTRO DOMENICA…LA FRASE DEL PREMIER A LAVITOLA: “FATTI UNA VACANZA”

Per il deputato del Pdl Osvaldo Napoli è un atto con “velleità  golpiste”.
Per la Procura di Napoli è la semplice applicazione del principio che vuole la “legge uguale per tutti”.
Silvio Berlusconi entro le 14 di oggi dovrà  comunicare alla Procura di Napoli quando si presenterà  davanti ai magistrati per rispondere alle loro domande. Ieri, mentre il premier era accolto a Bruxelles e Strasburgo dai politici europei, usati come paravento, gli agenti della Digos bussavano al portone di Arcore. In mano gli investigatori avevano una citazione destinata al presidente del Consiglio per sentirlo come testimone nel procedimento che lo vede parte lesa di due presunti ricattatori, ValterLavitola e Giampaolo Tarantini.
Il foglio notificato ieri per il Cavaliere e i suoi avvocati è la concretizzazione dei peggiori incubi: Berlusconi come persona offesa è infatti obbligato a presentarsi davanti ai pubblici ministeri, da solo, senza il suo stuolo di avvocati.
E senza nemmeno poter mentire, pena il rischio di essere incriminato seduta stante per falsa testimonianza. “Molto meglio se fosse indagato”, si fanno scappare negli ambienti berlusconiani: già , potrebbe non presentarsi, potrebbe addirittura mentire impunemente.
E accanto a lui ci sarebbero i suoi fidi avvocati a proteggerlo.
Stavolta non sarà  così.
Il cavaliere ha cercato fino all’ultimo di schivare il faccia a faccia con i pm. Prima gli incontri istituzionali europei richiesti dallo stesso governo.
Poi, ieri, il memoriale che Berlusconi ha fatto pervenire alla Procura tramite il suo avvocato, Michele Carabona. “Interessante, ma per noi è comunque essenziale sentire il dottor Berlusconi, in quanto persona offesa dal reato. E abbiamo anche urgenza perchè ci sono persone in prigione e non vorremmo che le indagini fossero danneggiate”, commentano a Palazzo di Giustizia.
Dopo aver provato a lungo con le buone a concordare un appuntamento per vie informali con il premier, il Procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore, ha perso la pazienza: si è trovato costretto a un atto che avrebbe evitato volentieri e che rischia di aprire un conflitto inedito e durissimo tra il potere politico e il potere giudiziario.
Il presidente del Consiglio, dopo avere saltato il primo appuntamento previsto per ieri, aveva fatto sapere sabato scorso tramite Ghedini che avrebbe richiamato lui i pm per comunicare una nuova data.
Dopo tre giornate di attesa, la Procura di Napoli ha deciso di non aspettare. Ascoltare Berlusconi non è uno sfizio ma un atto necessario nell’interesse della giustizia ma anche degli indagati.
Nell’atto i magistrati spiegano al premier che in caso di mancata presentazione da parte sua potrebbe essere disposto l’accompagnamento coattivo, salve ovviamente le prerogative previste dalla Costituzione. In sostanza la Procura, nel caso molto probabile che il premier non risponda, è intenzionata a chiedere l’autorizzazione al Parlamento per costringerlo a testimoniare con la forza pubblica.
Non si tratta di una misura cautelare, ma di una forma di coazione per chi non adempie spontaneamente all’obbligo previsto per tutti i cittadini di testimoniare. Vero, sarebbe una decisione forte vedere il primo ministro “scortato” a Palazzo di Giustizia. Ma non si poteva fare diversamente, se la legge è ancora “uguale per tutti”.
Questa “minaccia” è però temperata dall’ampia scelta di tempo che il premier ha a sua disposizione.
I pm Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli, Francesco Curcio e Francesco Greco saranno a sua disposizione per ascoltarlo ovunque lui vorrà  dalle 8 di mattina alle 20 di sera da giovedì a domenica.
Il Cavaliere deve solo scegliere luogo e l’ora, purchè accetti di testimoniare. Se entro domani Berlusconi non rispondesse, si aprirebbe la strada per l’accompagnamento coattivo.
Che ovviamente dovrebbe essere preceduta da una richiesta alla Camera, perchè il premier è deputato.
Berlusconi ha già  spiegato ai suoi che non ha alcuna intenzione di farsi sentire perchè confida nello spostamento del procedimento a Roma.
E ha una fifa blu delle domande che potrebbero porgli i magistrati.
Ieri sono state depositate le nuove carte dell’accusa davanti al tribunale del riesame, che dovrà  decidere sull’istanza di scarcerazione di Tarantini, presentata dagli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli, e su quella di Lavitola, difeso da Gaetano Balice.
Nel plico è contenuta – oltre agli interrogatori come persone informate sui fatti della segretaria di B. Marinella Brambilla e dell’avvocato che difendeva Tarantini su indicazione di Ghedini, Giorgio Perroni – anche la celebre telefonata da Sofia di Valter Lavitola con Berlusconi.
L’intercettazione, che ora è divenuta pubblica mentre quando è stata rivelata in sintesi dall’Espresso era segreta, dovrebbe contenere oltre alla frase “resta lì” rivolta dal premier, anche un rafforzativo ironico in stile Berlusconi che di fronte ai dubbi di Lavitola che pensava di tornare in Italia avrebbe detto al suo amico indagato: “Valter fatti una vacanza”.
La sensazione è che la vacanza sia lunga.

Marco Lillo e Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PER TOSI ARRIVA LA MINACCIA DI ESPULSIONE: LA LEGA FRENA I SINDACI RIBELLI

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

SCATTA IL DIVIETO DI PARTECIPARE A CORTEI CONTRO LA MANOVRA… L’ESIGENZA DI DARE UNA IMMAGINE DI COMPATTEZZA SI SCONTRA COI MALUMORI ORMAI DIFFUSI NELLA BASE

La voce è girata per tutto il giorno: il consiglio federale della Lega (riunito in via Bellerio, dopo una convocazione improvvisa alla mezzanotte di domenica) esaminerà  la proposta di espulsione di Flavio Tosi.
Al sindaco di Verona, diceva il tam tam insistente, vengono contestate le forti prese di posizione contro la manovra del governo e, soprattutto, di aver mandato un avviso di sfratto a Berlusconi (l’ultimo domenica, in un’intervista).
Tosi, che è un fedelissimo di Bobo Maroni, non è nuovo a queste uscite, il passo indietro del premier aveva cominciato a invocarlo dopo la sconfitta subita dal centrodestra alle ultime amministrative.
Da quel momento è stata un’escalation di veleni contro il sindaco di Verona, che insieme a quello di Varese Attilio Fontana, anche lui maroniano, guida la protesta dei primi cittadini leghisti contro la manovra.
Roberto Calderoli li aveva già  avvertiti: i nostri sindaci non devono parlare di politica nazionale.
E la Lega “di famiglia”, a cominciare dalla moglie di Bossi, Manuela Marrone, era intervenuta per chiedere una decisa messa in riga dei “dissidenti”.
Magari con l’espulsione.
Ma così non è stato, anche se il capogruppo al Senato Federico Bricolo è tornato a prendersela con Tosi e soci, leghisti «fuori linea».
E in serata è lo stesso Maroni a derubricare a «voci certo messe in giro da qualcuno, ma prive di qualsiasi fondamento» la cacciata di Tosi.
E così il “federale”, per dirla con un altro sindaco ipercritico con la manovra (e con il premier) si è riunito per un’ora e mezza «per non decidere nulla».
In realtà  qualcosa hanno concordato: una grande tregua in vista dell’appuntamento di domenica, giorno clou della tradizionale discesa del Po con tanto di cerimonia dell’ampolla, quando Umberto Bossi e i principali big leghisti parleranno da un palco a Venezia.
Eccola qui la tregua: bisogna dare un fortissimo segnale di unità  in un momento difficile, e possibilmente attribuire alla Lega il merito di aver migliorato la manovra, «perchè le pensioni non sono state toccate – spiega un dirigente di primissima fascia – e perchè ai Comuni abbiamo evitato due miliardi di tagli rispetto all’impostazione precedente»
Per rafforzare questa posizione, ma anche per venire incontro in qualche modo alle richieste dei più inferociti nei confronti dei borgomastri pasdarà n, il “federale” ha approvato un delibera che vieta ai sindaci leghisti di partecipare alle manifestazioni dell’Anci contro la manovra.
Delibera votata anche da Maroni.
La ratio del provvedimento la spiegano così, in via Bellerio: il Carroccio è l’unico partito che si è battuto per migliorare la manovra, non c’è motivo perchè i suoi sindaci si uniscano alle proteste promosse da loro colleghi di altri partiti.
Sarà , ma c’è un problema di non poco conto.
Il varesino Fontana è il presidente dell’Anci in Lombardia, e se prendesse alla lettera il diktat lanciato ieri dovrebbe quanto meno dimettersi dall’incarico.
O, forse, dalla Lega.
Al momento si sa solo che il sindaco di Varese è parecchio abbacchiato. Ma questo è il prezzo da pagare in nome di un’unità , molto di facciata, da sbandierare domenica sulla Riva degli Schiavoni.
Con un’idea da far balenare ai moltissimi che non hanno preso affatto bene la scelta di abolire le Province per sostituirle con non meglio precisati «enti intermedi»: se non ci saranno più le Province, ecco l’osso da lanciare al popolo del Carroccio, sarà  più facile far sparire anche le Prefetture.
Sì, dell’appuntamento di Venezia al “federale” si è parlato molto.
E con toni preoccupati.
Fanno impensierire i leghisti gli annunci via web che arrivano da antagonisti e centri sociali, intenzionati a rovinare la festa a suo di contestazioni.
Qualcuno ha proposto di utilizzare per il servizio d’ordine la Guardia Padana, ma è stato accolto da risatine molto esplicite.
Poi Maroni ha tagliato corto: «Dell’ordine pubblico mi occupo io, da ministro. Comunque non c’è nessun allarme particolare, i segnali che abbiamo sono gli stessi degli altri anni, e non davvero è il caso di drammatizzare».

Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)

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I POLIZIOTTI SI SCOPRONO GUERRIGLIERI: “LACRIMOGENI CONTRO LA CASTA”

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

IL SINDACATO DI POLIZIA COISP: COSI’ SI OTTERREBBE LO SGOMBERO DI CERTI RISTORANTI”….UNA PROVOCAZIONE PER FAR RIFLETTERE ANCHE SULL’USO DEI LACRIMOGENI IN DOTAZIONE ALLE FORZE DELL’ORDINE

L’annuncio è di quelli da far venire i brividi a qualsiasi democrazia: “Viene voglia di venire sotto Palazzo Madama e Montecitorio e spararvici all’interno i nuovi lacrimogeni in dotazione”.
A pronunciare queste frasi, non certo pacifiche, non sono stati estremisti violenti o black bloc anti casta.
È stato il sindacato di polizia Coisp, “Coordinamento per l’indipendenza sindacale delle forze di polizia”, un’organizzazione che conta circa settemila aderenti in tutta Italia (e quindi non estremamente rappresentativo).
n un comunicato apparso sul sito internet alla vigilia di Ferragosto, la segreteria nazionale scrive al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al ministro dell’Interno, Roberto Maroni, a proposito dei ristoranti di Montecitorio e Palazzo Madama, dove “con poco più di tre euro” si possono consumare un primo e un secondo.
Sono i giorni, infatti, in cui tutti i cittadini vengono a scoprire, attraverso i giornali, che i parlamentari possono mangiare a prezzi stracciati lamelle di spigola con radicchio e mandorle (tre euro e 34 centesimi) o risotto con rombo e fiori di zucca (stessa cifra).
L’ennesimo affronto anche per una categoria, quella dei poliziotti, vessata da anni dai tagli indiscriminati.
“I poliziotti guadagnano mediamente 1500 euro al mese, che raggiungono faticosamente includendovi l’indennità  di servizio esterno, i turni festivi e notturni e qualche ora di lavoro straordinario, quando viene pagata”, scrive il Coisp. Recriminazioni condivise da tutti i sindacati, che da qualche anno scendono in piazza contro il governo.
Eppure la missiva non si ferma alla consueta protesta, va parecchio oltre: “Viene voglia di venire sotto Palazzo Madama e Montecitorio e spararvici all’interno i nuovi lacrimogeni in dotazione, così si coglierebbero due piccioni con una fava, ovvero si otterrebbe lo sgombero immediato di certi ristoranti da politici mediocri e si testerebbero su quest’ultimi gli effetti dei nuovi artifici lacrimogeni in dotazione alle forze di Polizia, la cui lesività  nonostante le numerose interpellanze parlamentari, è sempre stata tenuta nascosta da Lor Signori”.
Chi è dell’ambiente sa che il Coisp — i cui iscritti non sono certo di sinistra — non è nuovo a un certo tipo di provocazione: sia l’anno scorso che quest’anno ha portato sul red carpet della Mostra del Cinema di Venezia le sagome dei poliziotti pugnalati alle spalle.
“Non sono parole peggiori di quelle pronunciate tante altre volte — si difende infatti il segretario nazionale, Franco Maccari — e sono comunque meno gravi rispetto a quelle usate da esponenti del governo, come La Russa, Brunetta o lo stesso Maroni, che non sono stati certo delicati nei nostri confronti. Io li censuro spesso, perchè dovrebbero dare l’esempio e non lo fanno. Ma più delle parole pesano i fatti, feroci e dannosi per la società , non soltanto per noi”.
Maccari, segretario generale da cinque anni, è un uomo del Veneto, abituato ad essere pragmatico: “Quattro anni fa ho subito un provvedimento di destituzione perchè, secondo loro, avevo offeso l’amministrazione dicendo che è meglio girarsi dall’altra parte che lavorare così. I classici metodi sovietici che si usavano una volta. Ho fatto ricorso e l’ho vinto. Ci chiamano i “Nocs” del sindacalismo”
Il sindacato, al di là  della battaglia (reale o virtuale) anti-casta, pone in realtà  anche una questione seria: “Da un anno chiediamo che i nuovi lacrimogeni in dotazione alle forze di polizia vengano testati e che ci venga detto se mettiamo in pericolo la salute dei cittadini. Ci sono state anche alcune interrogazioni parlamentari al riguardo, ma nessuno si è mai degnato di rispondere. C’è qualcosa da nascondere? Ed è più criminoso usare una parola forte per destare le coscienze o mettere a repentaglio la salute dei manifestanti?”.
I lacrimogeni contengono una sostanza definita “Cs”, cioè Orto-cloro-benzal malonitrile, che secondo alcuni studi produrrebbe effetti nocivi sull’organismo.
Tutti i sindacati di polizia, non soltanto il Coisp di Maccari, vorrebbero saperne di più: “È dal G8 di Genova che chiediamo che ne venga sospeso l’utilizzo — spiega Claudio Giardullo, segretario nazionale del Silp Cgil —, anche solo di fronte all’eventualità  che faccia male. Bisogna investire sulla ricerca per individuare sostanze diverse”.
Enzo Marco Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, invece ridimensiona un po’ il gesto: “È servito ad attirare l’attenzione, a sottolineare i problemi di un comparto che stridono con i privilegi della casta. Non c’è nessun pericolo per la democrazia, non è una minaccia, ma una provocazione”.

Silvia D’Onghia
(da “Il Fatto Quotidiano” – foto dal blog Diksa53a )

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VILLA REALE DI MONZA: DA SEDE DISTACCATA DEI MINISTERI A UFFICIO PRIVATO DELLA LEGA

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

IN BRIANZA CALDEROLI INCONTRA I PRESIDENTI DELLE PROVINCE GOVERNATE DAL CARROCCIO PER DISCUTERE SULLA PROPOSTA DI ABOLIZIONE DELL’ENTE… GLI UFFICI NON FUNZIONANO COME MINISTERI, MA HANNO AGGIUNTO DUE VASI: MANCA UN GIACIGLIO E PUO’ ESSERE SCAMBIATO PER UN ALLOGGIO DI FORTUNA DEI FUGGITI DI CASA PADAGNI

I ministeri del nord assomigliano sempre di più a un ufficio politico della Lega Nord.
Nel pomeriggio di lunedì 12 settembre, alla Villa Reale di Monza, è andata in scena una riunione tra il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli e i presidenti di alcune province del nord, tutti rigorosamente leghisti.
Oggetto dell’incontro i chiarimenti sul provvedimento di abolizione delle province, che ha messo sul chi va là  tanti presidenti, preoccupati “non per la poltrona”, come ha puntualizzato la presidente della provincia di Venezia Francesca Zaccariotto, ma piuttosto “per il gap di rappresentanza che si verrebbe a creare per alcuni territori, dove i piccoli comuni sarebbero schiacciati dalle Regioni, troppo grandi e lontane per ascoltare le loro istanze”, senza contare che le provincie “sono previste dalla Costituzione”.
Così uno alla volta sono arrivati tredici presidenti, al capo di altrettante provincie e si sono accomodati all’interno della sede ministeriale.
Tra gli altri anche Leonardo Muraro, presidente della provincia di Treviso, tra i più critici sull’ipotesi di abolizione.
I convenuti si sono chiusi nell’ufficio di Calderoli, dove era stato allestito un tavolo per accogliere tutti gli amministratori.
Al gruppo, dopo qualche ora, si sono uniti anche i ministri Giulio Tremonti e Umberto Bossi.
I due non hanno rilasciato alcuna dichiarazione nè all’entrata nè all’uscita.
Il Senatur ha solo rivolto un cenno di saluto ai giornalisti che gli chiedevano un intervento, limitandosi ad un laconico ruggito d’intesa.
Tremonti è stato ancora più schivo ed è letteralmente scappato, preoccupandosi di non farsi inquadrare dalle telecamere.
Il super ministro, per mezzo di una nota ufficiale, si è anche affrettato a dichiarare di non aver incontrato nessuno e di essersi presentato a Monza solo ed unicamente per organizzare un convegno sul fisco (o giù di lì).
Difficile dire se si sia trattato di una bugia o meno, l’incontro si è svolto a porte (e persiane) chiuse, i curiosi sono stati tenuti a debita distanza.
All’uscita i partecipanti non hanno rilasciato dichiarazioni trincerandosi dietro la consegna del silenzio.
L’unico a parlare, per stemperare i toni accesi dei giorni scorsi è proprio Muraro, che si è detto sollevato affermando che dopo le puntualizzazioni ottenute nel corso della riunione con i tre ministri: “il federalismo è meno a rischio”.
Intanto, ai ministeri del Nord il clima sembra quello di qualche giorno fa, o quasi. All’anonimo ingresso è stato aggiunto un campanello e per ornare la porta sono comparsi due vasi con delle piante ornamentali.
Le finestre aperte, in mattinata hanno permesso di intravedere l’interno degli uffici. Qualche persone effettivamente c’era, probabilmente per mettere a punto i dettagli della riunione del pomeriggio.
Ma guai a provare a introdurre una telecamera, si viene subito redarguiti e invitati ad allontanarsi.

argomento: Bossi, Costume, denuncia, governo, la casta, LegaNord | Commenta »

POLIZIA, TROPPI SPRECHI PER I TRASFERIMENTI

Settembre 14th, 2011 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DEL SINDACATO CONSAP: CHI FA REGOLARE DOMANDA, FACENDO RISPARMIARE L’ERARIO, NON VIENE PRESO IN CONSIDERAZIONE… “SI ASSISTE A UN GIRO DI VALZER DECISO DAL VERTICE DELL’AMMINISTRAZIONE CHE HA EMANATO PROVVEDIMENTI DA CASTA DELLA P.S”

Trasferimenti d’ufficio di dirigenti della Polizia di Stato che costano migliaia di euro ai contribuenti.
Chi invece ha fatto regolare domanda e farebbe risparmiare l’erario non è preso in considerazione.
Denaro speso per favorire gli “amici degli amici” e garantire interessanti emolumenti ai prescelti, mentre il ministero dell’Interno non fornisce spiegazioni e il Palazzo studia una manovra che richiederà  sacrifici ai cittadini per milioni di euro.
La denuncia arriva dalla Confederazione sindacale autonoma di polizia (Consap) del Piemonte che, come spiega Gian Mario Morello, segretario nazionale per il Nord Italia, ha assistito al “valzer di trasferimenti decisi dall’amministrazione della pubblica sicurezza” che ha emanato provvedimenti di “vera e propria natura di ‘Casta’ della sicurezza pubblica”.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il trasferimento d’ufficio di Cinzia Ricciardi, dirigente della polizia stradale di Torino, dal capoluogo piemontese alla stradale di Roma.
Al suo posto è arrivata direttamente da Catanzaro Dolores Maria Rucci, anche lei dirigente della Polizia di Stato.
Entrambi i trasferimenti richiedono “una spesa per le casse dello stato di circa 9mila euro in 24 mesi, come compenso per il trasferimento d’autorità ” oltre a un emolumento mensile di 490 euro per due anni, il pagamento nell’alloggio di servizio e il trasloco alla nuova sede di lavoro. Tutto pagato dal ministero dell’Interno.
Soldi che potevano essere risparmiati visto che un altro dirigente di Torino aveva inoltrato formale domanda di poter essere assegnato alla stradale locale.
Ma non è neppure stato preso in considerazione.
Perchè? Da Roma tutto tace.
“Dinanzi alle nostre richieste — spiega Morello — al Dipartimento centrale del ministero hanno spiegato che la motivazione era l’esperienza. Tuttavia si tratta solo di una scusa fragile visto che esistono i corsi di aggiornamento per assumere le competenze e, soprattutto, ci sono numerosi precedenti. Ad esempio, in passato ex capi della Criminalpol sono stati trasferiti alla stradale, o altri che provenivano da incarichi precedenti diversi. Insomma, a parità  di competenze e giurisprudenza dal Dipartimento centrale preferiscono favorire ‘alcuni’ dirigenti”.
Inoltre la spesa sulle spalle dello Stato è gravosa: “Proprio in questo momento in cui nel paese prevalgono le difficoltà  economiche e finanziarie, il ministero non prende in considerazione chi ha fatto domanda d’ufficio ed è residente nei pressi del nuovo incarico. Uno spreco che grida vendetta”.
Infatti si tratta di decine di migliaia di euro che solo in questo caso potrebbero essere impiegate “per mandare alcune vetture di servizio in riparazione o pagare gli straordinari spesso percepiti con mesi di ritardo.
Alcune caserme poi — puntualizza Morello — hanno l’erba alta un metro nei cortili e altri uffici sono in condizioni di degrado”.
Eppure lo spreco per i trasferimenti della “casta della polizia” è ormai prassi sul territorio nazionale.
“Siamo davanti a una cricca che a parità  di competenze preferisce trasferimenti d’ufficio a danno di chi ne ha fatto richiesta, senza scrupoli nei confronti dei contribuenti”.
Un allarme condiviso anche da Giorgio Innocenzi, segretario generale del Consap: “Purtroppo si tratta di una pessima abitudine che c’è al Ministero. Alcuni funzionari usufruiscono di queste agevolazioni mentre altri, se vogliono essere trasferiti, devono presentare la domanda. Non solo: l’aspetto più grave — puntualizza Innocenzi — è che per spostare gli ‘amici degli amici’ segnalati e raccomandati si usano i soldi dei cittadini, oltre a ignorare le graduatorie”.
E all’ingiustizia del metodo si somma la complessità  della burocrazia che ostacola il percorso di attribuzione delle responsabilità  perchè, chi ha deciso “si limita a spiegare che si tratta di una scelta del Ministero”.
Ma il Consap intende fare chiarezza sui trasferimenti.

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