Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
C’E’ CHI NON HA CAPITO ANCORA CHE FLI E’ ALTERNATIVO AL PDL… SE IL SEGRETARIO REGIONALE AVEVA I SUOI INTERESSI AD ALLEARSI CON UN INQUISITO BASTAVA ESPELLERLO UNA SETTIMANA FA, ALTRO CHE RITIRARE IL SIMBOLO… E CHI HA SULLA COSCIENZA L’ENNESIMA CAZZATA AI DANNI DEL PARTITO SI PRENDA UN PERIODO DI RIPOSO
Riportiamo da “Il Futurista”
Uno scontro tra i dirigenti locali e le indicazioni dell’ufficio di presidenza.
Dove i primi si ostinavano a sostenere il candidato del Pdl Iorio nonostante dal massimo organo del partito fosse arrivata l’indicazione diversa.
Le elezioni regionali in Molise non vedranno sulla scheda il simbolo di Futuro e Libertà , stando a quanto si apprende.
E non poteva essere diversamente, considerata l’ostinazione di qualcuno nel voler conservare lo status quo.
Fino a ieri i dirigenti locali del movimento futurista avevano deciso di appoggiare – assieme all’Udc – il governatore Iorio, esponente del Pdl di provata fede berlusconiana, nella corsa per il secondo mandato.
Ma non avevano fatto i conti con l’insofferenza della base, oltre al fatto che il candidato del centrosinistra Paolo Frattura aveva invitato i finiani a sostenerlo in opposizione all’attuale maggioranza, coerentemente con quanto accade in Parlamento. Con la decisione dell’ufficio di presidenza, al quale aveva preso parte Fini in persona, ribadendo di essere alternativi al berlusconismo.Fli: Bocchino, in Molise no simbolo, chi si candida lo fa a titolo personale
Il comunicato di Bocchino
“La volonta’ di Futuro e Liberta’ di rappresentare un’alternativa tanto al berlusconismo quanto alle sinistre, impone scelte nette anche nelle imminenti elezioni regionali in Molise.
La regione e’ caratterizzata da alcuni dati di fatto:
1) Il Terzo Polo non presentera’, con nostro rammarico, una propria candidatura alla presidenza in quanto Udc e Api hanno da tempo deciso di sostenere il primo il presidente Iorio e il secondo il consigliere del centrosinistra Frattura”.
2) In Futuro e liberta’ esiste un’analoga inconciliabile diversita’ di valutazione tra il consigliere regionale di Campobasso e coordinatore regionale Quintino Pallante, e il consigliere regionale di Isernia Tony Incollingo.
3) L’Ufficio politico nazionale di Futuro e Liberta’ ha ritenuto non sussistano le basi, visto il fallimento del suo governo, per sostenere Iorio e parimenti non siano emerse le condizioni politiche per considerare la candidatura di Frattura come espressione di una trasversale volonta’ di rinnovamento, e non solo come indicazione del centrosinistra”.
4) Anche per la particolarita’ della regione -continua- non e’ stata individuata una personalita’ che fosse credibile quale candidato del solo Futuro e liberta’ alla presidenza della regione.
Alla luce di tutto cio’ Futuro e liberta’ per l’Italia non presentera’ liste col proprio simbolo e nessun dirigente nazionale partecipera’ alla campagna elettorale. Pertanto -conclude- le scelte degli esponenti locali del partito saranno unicamente a titolo personale”.
Commento
1) Nei partiti deve esistere una leadership credibile, oppure si favorisce il caos generalizzato: da settimane il caso Molise si trascinava tra le polemiche, bastava intervenire a tempo debito con un sistema molto semplice e lineare.
Stabilire a livello romano quale fosse l’alleanza percorribile, dopo aver sentito i dirigenti locali, e prendere una decisione vincolante per tutti.
Chi si uniformava bene, chi non lo faceva fuori dal partito.
2) Qui invece prima si è dato credito a chi voleva un’alleanza con Iorio con dichiarazioni premature di Bocchino.
Poi, di fronte alla ribellione di altri dirigenti locali e della base, si è rimessa la decisione all’ufficio politico un giorno prima della scadenza per la presentazione delle liste.
A quel punto Fini e la maggioranza dei dirigenti nazionali hanno dato indicazione per il candidato Frattura (cosa peraltro già fatta venti giorni fa) , ma il coordinatore non era d’accordo lo stesso quando bastava dargli 30 secondi per decidere: o ti uniformi o sei commissariato e amen.
E Fli sarebbe stato presente alle elezioni.
3) Per Bocchino “non esistono le basi” per prendere una decisione?
E lui che ci sta a fare allora?
Se non è in grado di far eseguire una decisione del massimo organo del partito si dimetta e si riposi.
Che può pensare un elettore dopo questa sceneggiata invereconda?
Che Fli è un partito dove un coordinatore regionale (nominato da chi poi, indovinate un po’…) può impedire che vengano eseguite le direttive di Fini e arrivare a non far presentare neanche il simbolo del partito.
Una ammissione di impotenza di tal genere (se qualcuno non ciurlasse nel manico) porterebbe alle dimissioni di qualsiasi segretario, altro che le palle di “problemi locali”.
4) Bocchino non ha individuato una personalità credibile per presentarsi da soli?
Certo all’ultimo momento chi vuoi trovare?
Poteva sempre chiedere al suo amico coordinatore regionale ligure Nan: magari se emigrava un paio di mesi in Molise i militanti futuristi locali ne avrebbero tratto giovamento.
O forse si riserva la carta per le regionali in Calabria?
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA IL VERTICE CON I PRESIDENTI DELLE PROVINCE AMMINISTRATE DAL CARROCCIO…IL PROCURATORE CARNEVALI: “VICENDA POCO CHIARA”
La Procura di Monza ha aperto un’indagine sui ministeri in Villa Reale. 
«Vogliamo fare luce su un episodio poco chiaro», dice il procuratore capo Corrado Carnevali.
L’episodio «poco chiaro» risale a lunedì, quando nelle tre stanzette dei ministeri del Nord ospitati nella reggia del Piermarini, si sono ritrovati i presidenti delle province amministrate dalla Lega e i vertici del Carroccio di Veneto, Piemonte e Lombardia. Un’assise con Umberto Bossi e Roberto Calderoli, presente anche Giulio Tremonti ma solo in veste di ascoltatore, in cui i ministri padani hanno raccolto le preoccupazioni degli amministratori turbati dal disegno di legge che vuole abolire le province.
Un summit in salsa verde, in una sede dello Stato.
È in questo presunto abuso che il procuratore monzese vuole veder chiaro.
Il fascicolo, affidato al sostituto procuratore Manuela Massenz, è a modello 45. Tecnicamente si tratta di un’indagine conoscitiva che non prevede reato e nessun iscritto nel registro degli indagati.
Ma il reato potrebbe diventare quello di peculato.
Inaugurati il 23 luglio scorso, con tanto di targa, in ottone, ora finita dietro la porta d’ingresso, i 110 metri quadrati con un corridoio a fondo cieco che ospitano le sedi distaccate dei ministeri dell’Economia, delle Riforme, della Semplificazione e del Turismo, sono sedi istituzionali.
Alle pareti ci sono la foto del presidente Giorgio Napolitano e il tricolore.
Però non mancano nemmeno la foto di Bossi e la statuetta di Alberto da Giussano, e tanto per non farsi mancare nulla anche un dipinto con il giuramento di Pontida.
Gingilli che avevano subito fatto storcere il naso al centrosinistra.
Che dopo l’incontro di lunedì ha rincarato la dose: «Una riunione di partito in una sede istituzionale è un fatto sconvolgente. Con questo ci vogliono dire che i ministeri a Monza sono una sede della Lega?», chiede il consigliere regionale pd Giuseppe Civati.
«Si scambia un ufficio periferico del governo per la casa periferica della Lega», commenta Gigi Ponti, segretario provinciale dei democratici.
«Vogliamo appurare che le stanze non siano state utilizzate da e per un partito politico» si limita a spiegare il procuratore capo.
Stanze vuote, almeno per ora.
Di computer, contenitori, corrispondenza o altro che dia segno di una qualche attività non c’è nessuna notizia.
«Uffici vuoti e senza personale», aveva sentenziato all’uscita Fernando Zilio, presidente dei piccoli imprenditori di Padova, salito a Monza all’inizio del mese per protestare contro la manovra del governo.
Quella degli imprenditori veneti non è stata la sola protesta ospitata sul piazzale di villa Reale, pochi giorni dopo era andata in onda la replica portata in scena dalla Cgil. «Almeno hanno stabilito un record, due proteste in una settimana. Non male per sedi appena inaugurate», aveva detto in quell’occasione Domenico Guerriero, capogruppo provinciale del Pd.
L’apertura degli uffici a luglio era avvenuta tra le polemiche generali.
E sentirsi defraudato in particolare c’era il preside del liceo artistico di Monza, Guido Soroldoni.
Il suo istituto, a sua volta ospitato nella Villa Reale e affacciato proprio davanti ai ministeri, è rimasto senza classi sufficienti da quando una parte è stata dichiarata inagibile dal Comune.
Così gli studenti sono costretti a fare lezioni su tre turni, fino alle cinque del pomeriggio. Fino a pochi anni fa, la Cavallerizza, l’ala della Villa Reale dove Bossi e Calderoli hanno preso casa, ospitava quattro classi. Quelle che gli mancano.
E a meno di una settimana dall’inizio dell’anno, gli studenti rischiano di vedersi invalidato l’anno perchè stanno già accumulando ritardi incolmabili sul monte ore delle lezioni.
Gabriele Cereda
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
MANUELA MARRONE, MOGLIE DEL SENATUR VIENE DIPINTA COME CHI TIRA LE FILA DEL CERCHIO MAGICO… CALDEROLI PARLA DI “CAROGNATA”, BERLUSCONI SI AFFRETTA A SMENTIRE QUALSIASI PATERNITA’ DELL’OPERAZIONE, VISTO CHE PANORAMA E’ DI SUA PROPRIETA’…I MARONIANI TACCIONO
La Lega è sempre più divisa, nei fatti (vedi la manifestazione dell’Anci alla quale ha partecipato il sindaco leghista di Viggiù) e sulla carta.
Al centro delle polemiche c’è questa volta un articolo apparso sul settimanale Panorama in cui la moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, viene dipinta come una matrona che tiene le redini del partito, dopo la malattia che ha colpito il leader leghista, suscitando per questa ragione le antipatie della corrente maroniana della Lega.
I militanti del Carroccio la definiscono “l’anima nera del partito”; un sindaco della provincia di Varese, di cui non si fa il nome nell’articolo, la apostrofa come una “matrona, patrona e un po’ terrona”.
Sarebbe stata lei a mettere al fianco di Bossi, l’attuale vice-presidente del Senato Rosy Mauro, “permettendole — si legge nell’articolo — di arrivare a scrivergli l’agenda e a decidere chi poteva avvicinarlo”.
Le correnti interne al partito sono due: i “cerchisti”, il cosiddetto cerchio magico, fedeli al leader e alla moglie (che vuole creare una rete attorno al figlio Renzo per una futura successione alla guida del partito) e i “maroniani”, simpatizzanti di Roberto Maroni.
Anche se il Ministro dell’Interno ha dichiarato recentemente che “i maroniani non esistono”.
Il Ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli definisce “l’attacco alla moglie di Umberto Bossi ignobile, inqualificabile, ingiustificato e privo di senso”.
Per il capogruppo della Lega al Senato Federico Bricolo si tratta di “un articolo vergognoso”. Un richiamo dunque all’unità da parte dei più vicini al Senatur.
Calderoli prosegue: ”Tutti nel movimento dobbiamo ricordarci che senza l’impegno di queste persone nessuno di noi oggi sarebbe niente, compresi i furbetti del movimento. Grazie Umberto, grazie Manuela, noi siamo con voi!”.
In cima alla lista dei “furbetti” ci sono il sindaco di Verona Flavio Tosi e quello di Varese Attilio Fontana, che secondo l’articolo sarebbero a rischio espulsione.
E tra pochi giorni c’è un appuntamento chiave per la Lega Nord: il 18 settembre, a Venezia, i leghisti sono chiamati a raduno per la “Festa dei popoli padani”.
Il senatur deve compiere un altro sforzo per tenere unito il suo partito.
Una situazione che si trascina da mesi, cioè da quando i cerchisti avevano tentato di spodestare Giancarlo Giorgietti, segretario nazionale della Lega in Lombardia.
I maroniani hanno risposto tentando di sostituire il cerchista Marco Reguzzoni come capogruppo del carroccio alla Camera, con Giacomo Stucchi: un’operazione bloccata all’ultimo momento proprio da Bossi.
Reguzzoni ha appena annunciato di voler querelare Panorama, il suo direttore e la giornalista autrice dell’articolo.
Anche il premier Silvio Berlusconi si esprime sull’articolo incriminato: “Dissento nel modo più totale da ciò che ha scritto Panorama. Ho avuto la fortuna di conoscere la signora Manuela, la stimo e la apprezzo come una persona straordinaria”.
Dichiarazioni di facciata a parte, ormai nella Lega siamo al regolamento di conti quotidiano.
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
AMICA DI RUBY E DELLA MINETTI (“ERA VESTITA DA SUORA” CONFERMA) FU TRA LE RAGAZZE INVITATE ALLE CENE “ELEGANTI” DI ARCORE…”DEVO MOLTO AL PREMIER MA IN TRIBUNALE DIRO’ TUTTO”
A fine spettacolo si è avvicinato a Nicole e con il crocifisso in mano le ha detto: ‘Dio santo ti
benedica’.
Poi ha fatto il segno della croce sul corpo di Nicole. Lo faceva sempre, era la specialità del presidente: benediceva e toccava”.
Silvio Berlusconi era solito chiudere così gli spettacoli nella sala del bunga bunga.
“Accadeva una volta al mese”, quando venivano “organizzate serate specialidedicate a un film”.
E nel febbraio 2010 toccò a Nicole Minetti scegliere la pellicola.
“Voleva Sister Act e Nicole era bellissima vestita da suora.
Salì sul palco, quello ormai famoso con il palo da lap dance. Fece un balletto e lo spogliarello.
Un bellissimo spettacolo, davvero. Rimasta nuda il presidente le si è avvicinato, ha preso la croce di legno che tiene al collo e ha detto ‘Dio santo ti benedica’; poi le ha appoggiato il crocifisso sulla testa, tra le gambe e sui seni”.
A raccontare nuovi particolari sulle “serate di relax” del presidente del Consiglio è una delle testimoni chiave di tutta la vicenda Ruby.
Amica della marocchina, di Nicole Minetti, di Silvio Berlusconi (a cui telefonava liberamente sul cellulare privato) e di tutte le Olgettine.
“Se mi faranno domande risponderò in tribunale”
Durante diversi colloqui (tutti registrati) la ragazza ha descritto le serate fornendo dettagli e particolari prima mai rivelati.
Tanto meno ai pm, dice. Perchè “ho un grande debito con lui (Berlusconi, ndr), non potevo e non posso distruggere questa amicizia”.
Finora “l’ho difeso, ma io so tutto e lì dentro ho visto di tutto e di più, succedeva di tutto e di più”.
Ma garantisce: se in aula “mi faranno le domande io risponderò a tutto, per forza; dirò quello che so”.
Il processo comincerà a Milano il 3 ottobre e quello che pubblichiamo (dell’ampia testimonianza che abbiamo raccolto) è soltanto un piccolo frammento di quanto potrebbero raccontare in aula le ragazze che hanno partecipato ai festini del premier in questi anni. Ad Arcore , a Palazzo Grazioli, a Stresa, a villa La Certosa in Sardegna.
Decine e decine di serate, decine e decine di ragazze che finora agli inquirenti hanno raccontato solo una parte di verità .
Per proteggere Berlusconi e ottenere così la sua riconoscenza.
Ma non è la gratitudine ciò che si aspettano in cambio del silenzio. Nel mondo di regali e buste colme di banconote da 500 euro, le molte starlette delle notti a ritmo di bunga bunga negli ultimi mesi sono rimaste senza punti di riferimento e, soprattutto, senza le entrate facili cui erano abituate.
Chiusi gli appartamenti in via Olgettina, sparito l’ingegnere Giuseppe Spinelli (il “ragioniere” di Berlusconi) da usare come bancomat, inutile chiamare Nicole Minetti per essere invitate a qualche festa “per alzare due lire”.
E non c’è più neanche Lele Mora da cui andare a frignare per ottenere almeno qualche apparizione televisiva “o una marchetta”.
“Sentiamo la tv, prendiamo ciò che resta”
Il premier ha dovuto “dimenticarsi” di molte di loro e ha “tenuto con sè solo poche di noi”, continua la ragazza: le più coinvolte e le preferite.
Ma la festa non si è mai fermata. È stato ridotto il numero di partecipanti.
“A Pasqua mi ha invitato a casa sua in Sardegna”, ricorda la testimone.
“Con Barbara Guerra, Barbara Faggioli, la Polanco e Nicole Minetti. Lui prendeva in giro Nicole in modo pesante e l’ha fatta pure piangere. Lui è così, fa le battute ed è pesante”.
Berlusconi “è buono e disponibile però è anche uno stronzo. E chi ha il coraggio di andare a dire queste cose su di lui? Sono tutti lì che aspettano che lui molli, che lui dia qualcosa, cinquanta, centomila, una casa: qualcosa”. Ma quel qualcosa non è ancora arrivato e rischia di essere soltanto un miraggio.
Le ragazze ne percepiscono il timore. “Sentiamo le notizie in tv”.
L’inchiesta sulle escort chiusa a Bari e Napoli, con le intercettazioni che aggravano ulteriormente la posizione del premier; i guai nella maggioranza di governo, con l’alleato Umberto Bossi ormai senza più il polso della Lega; l’imputazione coatta per il Cavaliere per il caso Unipol, i processi Mills, Mediatrade, Mediaset che avanzano e quello a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti che comincerà poco dopo quello sul caso Ruby hanno sgretolato l’immagine di Cesare potente e intoccabile che di Berlusconi avevano le pulzelle del bunga bunga.
Così cominciano a parlare. “Alcune lo fanno sperando di ricevere qualcosa subito e salvarsi la faccia”, dice la testimone.
La rivolta contro la fidanzata: “O noi o lei”
Come la marocchina 27enne Fadil Imane, che lo scorso agosto si è presentata spontaneamente ai pubblici ministeri titolari dell’inchiesta (Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano) raccontando di essersi scandalizzata a vedere ciò che accadeva ad Arcore.
“Imane lavorava con Mora — ricorda la testimone — fidati: era come le altre, figurati. Ma lei è capitata nel periodo della fidanzata”. Che sarebbe la montenegrina Catarina.
Era nota a molte. “Io la conoscevo. L’ho vista ad Arcore, sì. Ed è vero quello che ha detto Imane, Catarina era una pazza scatenata. Lei non viveva a Milano e dormiva ad Arcore all’epoca, un anno fa circa”; ricorda.
“Si metteva nuda in mezzo al tavolo mentre mangiavamo, era insostenibile”. E incontrollabile. Per questo “Barbara, io e altre ragazze lo abbiamo preso (Berlusconi, ndr) e gli abbiamo detto che se non la mandava via, noi non saremo più andate da lui”. Lui ha ceduto.
Sempre in cerca di nuove giovani da portare nel palazzo del bunga bunga, pronto a cacciare le già conosciute “anche se lei era innamorata pazza”.
“Se parliamo Nicole va dentro”
Un’altra preferita è stata Roberta Bonasia, “portata da Nicole”, ricorda la nostra testimone.
“Lui voleva sempre ragazze nuove, per quello è arrivata anche Imane. E se Roberta o Barbara parlano, Minetti finisce dritta in galera credimi”.
Il Consigliere regionale, ex igienista dentale e ballerina Mediaset, inserita nel listino bloccato di Roberto Formigoni alle ultime elezioni era la regina delle notti di Arcore.
Secondo i riscontri era lei che gestiva gli appartamenti, selezionava le ragazze da far partecipare ai festini, intercedeva per conto loro con Spinelli così da farle avere i soldi di cui avevano bisogno, persino per le bollette della luce e per la benzina.
È Minetti che avvisa il premier del fermo di Ruby ed è lei che prende in affidamento la minorenne dopo il rilascio dalla questura.
Indagata per favoreggiamento della prostituzione, la consigliera ai pm si è avvalsa della facoltà di non rispondere.
“Lei è l’ultima a poter parlare, è tranquilla e ha un suo stipendio”, dice la ragazza. Con un però. “Ma quello da cui lavora lui (Roberto Formigoni, ndr) è cattolicissimo e questa storia della suora per lei è pesante. Quella sera c’era anche Imane è vero, eravamo dieci ragazze. Un’altra sera si travestì la Barbara quella bionda, da Marylin Monroe. Mentre la Polanco una volta fece lo spettacolo vestita da gatto, sai Cats? Quello. Una serata speciale ogni mese e ogni volta, alla fine dello spogliarello, il presidente prendeva il crocifisso e benediceva, ‘Dio Santo ti benedica’. Benediceva e toccava”.
Davide Vecchi
( da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
ECCO LE NUOVE FIGURE INTRODOTTE DALLA REGIONE LOMBARDIA: SONO QUATTRO E SI OCCUPANO DI CINEMA, EXPO, TERRITORIO E RICERCA
Sono quattro e ogni anno costano ai lombardi circa un milione e mezzo di euro.
Sono i sottosegretari di Roberto Formigoni.
In tempi di crisi, si concentra su di loro l’accusa dell’opposizione di centrosinistra che da tempo chiede di tagliare anche in Regione i costi della politica.
Previsti dal nuovo statuto, che ha copiato l’idea da Calabria ed Emilia (però ne hanno solo uno), i sottosegretari del governatore guadagnano come i presidenti di commissione. Compreso lo staff, ciascuno costa 184mila euro l’anno.
Questi “magnifici quattro” costano ogni anno alle casse del Pirellone circa un milione e mezzo di euro, hanno diritto a una segreteria composta da un responsabile e tre addetti. La maggioranza di centrodestra aveva deciso di concedere loro anche il vitalizio previsto per i consiglieri regionali solo dopo due mandati.
Ma di recente un blitz di Lega, Pd e Sel in commissione Bilancio ha fatto saltare tutto.
Al Pirellone c’è perfino un sottosegretario che si occupa di Cinema, il leghista Massimo Zanello, nonostante nella giunta di Formigoni sia già presente l’assessore regionale alla Cultura, Massimo Buscemi del Pdl.
Gli altri sottosegretari si occupano di Attuazione del programma e di Expo (Paolo Alli, braccio destro del governatore); Attrattività e promozione del territorio (Francesco Magnano, geometra di fiducia di Silvio Berlusconi). Università e ricerca (Alberto Cavalli, ex presidente della Provincia di Brescia, forzista e fedelissimo del ministro Mariastella Gelmini).
A far discutere, però, sono anche i “delegati del presidente” che sono, invece, un’esclusiva della Lombardia introdotta solo nel 2010, anche per trovare un posto a chi non era stato eletto nella parte bassa del listino di Formigoni: quello dove spiccavano i nomi dell’ex igienista dentale Nicole Minetti e del fisioterapista personale del premier, Giorgio Puricelli.
I delegati scelti da Formigoni sono ben cinque: tutti dovevano trovare un ruolo nella squadra del governatore.
Guadagnano come i consiglieri regionali, circa novemila euro al mese, pari all’81 per cento dell’indennità percepita dai parlamentari.
L’ex assessore Marco Pagnoncelli tiene i rapporti con gli Enti locali. Fabio Saldini, architetto di fiducia di Paolo Berlusconi di Moda, è a Design e tutela dei consumatori.
Monica Guarischi, sorella dell’ex consigliere regionale Massimo, si occupa di Pari opportunità . Roberto Baitieri, ex presidente della Fondazione club della Lombardia, di Promozione, sviluppo e innovazione delle aree montane. Gian Carlo Abelli, l’ex assessore ras della sanità lombarda oggi parlamentare del Pdl è, manco a dirlo, delegato a tenere i rapporti con il Parlamento.
È l’unico che non percepisce uno stipendio dalla Regione, visto che ha scelto di optare per l’indennità di deputato. In compenso ha un ufficio, una segretaria e un’auto blu sempre a disposizione.
Fra le spese del Pirellone spiccano anche quelle per i ben tre “comitati tecnicoscientifici” voluti in questi anni da Formigoni.
Quello sulla Competitività , quello sul Welfare e quello sul Territorio.
Ognuno è composto da quindici membri scelti tra imprenditori, banchieri, docenti universitari.
Percepiscono un compenso di cinquemila euro l’anno più un gettone di 350 per ogni seduta alla quale partecipano.
La loro soppressione comporterebbe un risparmio annuo di ben 225mila euro fissi, più altri 15.750 per i gettoni risparmiati per tutti e tre i comitati, supponendo che tutti i componenti siano presenti a tutte le riunioni.
Il leader della Cisl lombarda Gigi Petteni attacca il governatore: «Le parole non bastano più. Formigoni sembra stanco delle questioni lombarde, privo di slancio. Se pensa ad altro, forse è meglio che si faccia da parte».
Andrea Montanari
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
TRA LE MISURE ALLO STUDIO PER L’ENNESIMO INTERVENTO C’È DI NUOVO LA PATRIMONIALE
Il braccio di ferro è in atto da giorni ma lui, Umberto Bossi, non molla: “Non voglio far pagare le
vecchiette, abbiamo il sistema più equo d’Europa, le pensioni non si toccano”. Entro il 15 ottobre, però, si dovranno varare nuove norme fiscali, un’altra manovra, più incisiva (quella appena approvata Emma Marcegaglia l’ha definita “tutta-tasse” e “depressiva”), ma tutto ruota intorno alla possibilità di ammorbidire Bossi sul fronte della previdenza.
L’idea è di rispolverare l’ex scalone varato da Maroni (62 anni di età e 35 di contributi per arrivare nel 2015 a 65 anni di età e sempre 35 di contributi), ma il Senatùr proprio non ne vuole sentir parlare.
Anche ieri c’è stato un incontro tra il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti e Umberto Bossi alla Camera, durante il voto della manovra; per la seconda volta in pochi giorni Tremonti è tornato a chiedere al leader della Lega di ripensarci.
Niente da fare.
Tanto che, subito dopo, incontrando Roberto Maroni e il segretario Pdl Angelino Alfano, Tremonti avrebbe alzato le braccia: “Se rimane così bisogna pensare ad altro”.
Cioè patrimoniale e condono.
Poi privatizzazioni.
Insomma, anche se nel governo l’ordine è negare ogni nuovo intervento fiscale, si cercano altri 30 miliardi.
Ma potrebbero servirne una manciata in più a seconda della misura che si deciderà di adottare, anche se pare già sicuro che si toccherà nuovamente l’Iva, stavolta aumentando quella agevolata del 10 per cento e portando l’aliquota al 12 per cento; il ricavo previsto è di 4 miliardi.
Il grosso, però, ruoterà intorno alla patrimoniale e al condono.
Sul primo fronte, si parla di una tassa extra per i ricchi (in fase di studio), ma anche di un ritocco verso il basso della tassa di solidarietà del 3 per cento.
Il secondo, invece, comincia già a delinearsi come il vero “core business” dell’intera operazione; si dovrebbe agire su tre fronti, quello fiscale, quello edilizio e anche quello previdenziale.
Secondo i calcoli dei tecnici del Tesoro, questa parte della nuova manovra potrebbe far entrare nelle casse dello Stato oltre 10 miliardi, ma visto come sono andate le cose nel 2003 c’è chi, nel Pdl, non gli dà tutta questa fiducia.
Intanto, però il sottosegretario all’Economia Giorgetti ieri ha accettato ufficialmente un odg sul condono fiscale ed edilizio, presentato da Scilipoti, notoriamente bravo a fiutare l’aria.
Avanti anche con l’alienazione del patrimonio pubblico, un “salvadanaio” che — a parere della commissione Giarda — vale 904 miliardi di euro e contiene immobili, terreni, opere d’arte e aziende di Stato che, tuttavia, il ventre molle della politica nostrana (sia maggioranza che opposizione) vorrebbe proprio evitare di toccare per il loro valore clientelare: Eni, Enel, Fincantieri, Finmeccanica, Poste, Rai e Terna, solo per fare qualche esempio.
Il Tesoro — come potenziali acquirenti — ipotizza di puntare sui fondi sovrani.
A partire dalla Cina.
Comunque, ammorbidire Bossi sulle pensioni risparmierebbe tagli su tutto il resto e Berlusconi ieri ha detto chiaramente come: facendolo chiedere all’Europa.
La bozza che circola nelle stanze pidielline prevederebbe di anticipare al 2012 la soglia dei 65 anni delle lavoratrici private con traguardo nel 2021.
Risparmio previsto, 3 miliardi.
Quanto alle pensioni di anzianità , l’idea è di innalzare dal 2012 i requisiti; un anno in più per ogni anno da qui al 2015 raggiungendo quindi i 64 anni di età e 36 di contributi per i dipendenti e 65 anni di età e 36 di contributi per gli autonomi.
Questa misura lascerebbe in cassa 390 milioni nel 2013 e 1,7 miliardi l’anno a regime.
La partita pensioni pare complicata da un’altra incognita; entro il 20 novembre il Tesoro dovrà tagliare 20 miliardi di prestazioni sociali e bonus fiscali. E nessuno sa ancora come.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
LA CASTA TENTA IL BLITZ: UNA LEGGE PER ISTITUIRNE 5 NUOVI E 20 ALBI…UN GIORNO VOGLIONO TOGLIERLI, UN ALTRO VOGLIONO AUMENTARLI
Medici, architetti, commercialisti. Ingegneri, avvocati, giornalisti.
Tutti tutelati da un ordine professionale.
E allora perchè non crearne uno anche per i fisioterapisti, le ostetriche e i radiologi?
Detto fatto, ci pensa il Senato.
Perchè nonostante l’Unione europea ci chieda continuamente di liberalizzare l’accesso alle professioni, la Casta preferisce mantenere le tutele esistenti e, se possibile, crearne altre.
Ieri mattina ha rischiato di essere approvato sotto silenzio un disegno di legge che prevedeva l’istituzione di cinque ordini e venti nuovi albi professionali sulle professioni sanitarie.
Presentato da Pdl e Lega, il provvedimento aveva anche l’appoggio di alcuni parlamentari Idv e ha ottenuto l’unanimità in commissione Sanità .
Insomma, tutti d’accordo a creare ulteriori gabbie per i professionisti. In palese contrasto con la prima bozza della manovra correttiva, quella entrata in Consiglio dei ministri il 30 giugno, che vedeva l’abolizione di almeno 4 ordini, compreso quello dei medici.
Progetto naturalmente disatteso dopo le pressioni dei professionisti di cui è costellato il Parlamento .
Ma nel testo arrivato ieri in aula, oltre il danno c’è la beffa: la gestione dei nuovi ordini sarebbe provinciale.
Sì, proprio legata a quelle istituzioni che la stessa manovra prevede di abolire.
In più, in ogni capoluogo di Regione, per ciascuno degli ordini professionali, verrebbe costituita una Consulta regionale degli ordini provinciali, composta da rappresentanti degli ordini professionali.
Ovvero, in piena crisi, quando si discute su come risparmiare tagliando posti e poltrone inutili, se ne aggiungono di nuove, moltiplicandole.
La giustificazione dei sostenitori è che le professioni sanitarie hanno bisogno di “controllo e tutela” contro gli abusivi.
Ma i preesistenti “collegi”, e più controlli, sarebbero dovuti bastare.
Il provvedimento ha dell’incredibile anche dove prevede il riscatto degli anni di studio (sì, sempre una delle cose che la manovra voleva abolire), addirittura per chi alla fine non consegue il titolo di studio.
Realizzate le contraddizioni, il leader dell’Api, Francesco Rutelli, intervenendo in aula ha costretto i colleghi a una riflessione su ciò che stava accadendo: “Mi chiedo come sia compatibile una scelta del genere con l’orientamento assunto dal governo che ha detto, scritto e approvato con la manovra su cui ha posto la questione di fiducia che proprio l’accesso alle professioni deve diventare il primo tagliando per la crescita.
Ma qui non stiamo facendo il tagliando per la crescita. Piuttosto stiamo dando un altro taglio alla crescita”.
L’intervento di Rutelli ha scatenato la polemica, soprattutto dentro il Pd, tra chi aveva votato il provvedimento e chi, come alcuni membri della Commissione bilancio, lo riteneva fuori luogo, almeno per adesso. Il cammino della legge si è momentaneamente bloccato, col rinvio in Commissione.
Ma c’è davvero chi è convinto che l’Italia in questa legge sia necessaria:
“Dopo l’articolato dibattito e le dichiarazioni del senatore Rutelli — ha dichiarato la vicepresidente dei senatori Pdl, Laura Bianconi — ho ritenuto opportuno chiedere una sospensione all’esame del provvedimento, per evitare che venga archiviato come vorrebbero Rutelli e pochissimi altri colleghi. Mi sembra assurdo che non comprendano le esigenze di oltre 500 mila professionisti che chiedono di non essere confusi con i numerosi abusivi. Pertanto, sono certa che una volta chiariti alcuni punti soprattutto sulle sanzioni saremo in grado di farlo ricalendarizzare dalla Conferenza dei capigruppo e di approvarlo in tempi rapidi”.
Così anche gli audioprotesisti e gli ortottisti avranno il loro albo “d’oro”.
Caterina Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 16th, 2011 Riccardo Fucile
L’OBIETIVO E’ BATTERE L’ITALIA: DISCORSO DEL PRESDIENTE FRANCESE A MISURATA…IN DISCUSSIONE I CONTRATTI PETROLIFERI E GLI APPALTI INDUSTRIALI PER LA GESTIONE DEI PORTI E DELLE INFRASTRUTURE
Non è che a Parigi le cose da fare manchino. 
La «manovrina» appena approvata, da mettere in atto. Le banche che crollano in Borsa. Le trattative con Merkel e Barroso per impedire il default greco.
Ma ieri Sarkozy ha trovato il tempo di compiere una visita lampo in Libia, accompagnato dal premier britannico David Cameron.
Perchè, da quando il presidente francese è stato il primo e il più risoluto nel volere l’intervento militare occidentale contro Tripoli (dopo avere pure lui accettato ai tempi la farsa delle tende piantate in mezzo a Parigi in occasione di una visita “dell’amico” Gheddafi), è deciso a battere cassa.
Vuole difendere gli interessi delle sua aziende, adesso che è scoccata l’ora della ricostruzione. La Francia è stata sempre debole in quanto a business nel Paese nordafricano.
Ebbene, perchè non sfruttare quel «capitale di simpatia», come lo chiamano a Parigi, cresciuto negli ultimi tempi in Libia nei confronti dei francesi, per imporsi sugli antichi rivali?
Non viene mai nominata, ma si tratta soprattutto dell’Italia, tradizionalmente il primo partner commerciale dei libici.
Le voci di un «salto» di Sarkozy sull’altra sponda del Mediterraneo si sono rincorse durante tutta la giornata.
Poi verso Tripoli sono decollati 160 poliziotti francesi superesperti, per preparare il viaggio e assicurarne la sicurezza.
Poi il presidente francese è decollato: anche lui, direzione Tripoli. Lì ritrova Cameron. Visita un ospedale, incontra i rappresentanti del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) e poi si è spostato a Bengasi, dove il presidente francese ha pronunciare un discorso nella piazza della Libertà , in tempo per essere trasmesso ai telegiornali della sera.
E’ un’iniziativa politica, ma la valenza è chiara.
Arrivare prima degli altri (anche di un certo Berlusconi, decisamente impegnato su altri fronti). Cercare di accaparrarsi una parte dei 200 miliardi di dollari che dovrebbe valere, secondo il Cnt, la ricostruzione.
Gli altri, si sa, non restano con le mani in mano.
Neppure gli italiani, vedi la visita a Tripoli già a fine agosto di Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, per «blindare» i contratti del suo gruppo.
E non farsi fregare dai competitors.
I francesi, però, sono temibili. Si stanno muovendo alla loro maniera. Cioè organica, organizzata. Una vera macchina da guerra.
Total, il colosso petrolifero, diretto concorrente di Eni, ha già inviato i suoi rappresentanti sul posto a incontrare i ribelli fin dal mese di giugno.
Lo stesso avrebbe fatto il contractor francese Vinci, in concorrenza con la nostra Impregilo.
La scorsa settimana il Medef, la Confindustria francese, ha organizzato in pompa magna a Parigi un convegno sulle opportunità offerte dalla Libia, con la partecipazione di oltre 400 influenti imprenditori e il sottosegretario al Commercio estero Pierre Lellouche.
In questi giorni si segnala già una prima missione di rappresentanti di gruppi francesi in viaggio fra Tripoli e Bengasi.
Ma una più ampia e ufficiale, guidata dello stesso Lellouche, è in preparazione per il prossimo mese.
Tra i colossi che più scalpitano, quello di Vincent Bollorè, amicissimo di Sarkozy, che già aveva firmato a fine 2010 un contratto per la gestione del porto di Misurata.
Prima del conflitto l’Italia era il primo Paese fornitore della Libia, con esportazioni pari a 3,4 miliardi di euro.
La Francia era ferma al 6° posto, con appena un miliardo. Sul fronte del petrolio, Total produceva in loco 55mila barili al giorno, mentre Eni ben 270mila, in un Paese che in tutto fornisce 1,8 milioni di barili quotidianamente (anche se, secondo gli esperti, con i dovuti investimenti si potrebbe arrivare a quattro).
I francesi si sono lanciati in ogni direzione.
Lellouche, qualche giorno fa, lo ha detto chiaro e tondo: «Il nostro Presidente ha preso rischi politici e militari in quel Paese. Le autorità libiche lo sanno: ci devono qualcosa».
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