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LEGA, ELEZIONE FARSA A VARESE: ELETTO UN SEGRETARIO VICINO A BOSSI, MA NESSUNO L’HA VOTATO

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

IL SENATUR LO NOMINA PER ACCLAMAZIONE DOPO AVER FATTO RITIRARE GLI ALTRI DUE CANDIDATI… MA NELL’ELEZIONE DEL NUOVO DIRETTIVO VINCONO I MARONIANI 6-3

Era rimasto l’unico candidato in gara dopo l’investitura pubblica ricevuta una settimana fa da Umberto Bossi, che ha spinto al ritiro in extremis gli altri due pretendenti.
E Maurilio Canton, 44 anni, sindaco di Cadrezzate, è diventato senza sorprese il nuovo segretario provinciale della Lega Nord di Varese, nel congresso celebrato a porte chiuse in un grande albergo della città .
La sua nomina, però, rischia di costare parecchio al Carroccio, che per la prima volta in anni recenti ha assistito a un acceso confronto di umori nella base davanti ai dirigenti, per una nomina risultata indigesta (sulla carta) ad almeno la metà  degli oltre 300 delegati.
Bossi – intervenendo fuori scaletta, dopo aver atteso un’ora prima di entrare in sala e uscendo subito dopo – ha applaudito l’esito dicendo di aver voluto portare “aria nuova” nella Lega di Varese e liquidando le contestazioni come qualcosa di “organizzato” e animato da “alcuni ex fascisti” seduti nelle prime file (in ogni caso iscritti e delegati leghisti).
Eppure a nessuno dei partecipanti è sfuggito che appena dopo che il Senatùr aveva parlato a favore di Canton, all’indicazione del presidente Andrea Gibelli di procedere per acclamazione, una parte consistente dei delegati ha replicato rumoreggiando in crescendo al motto di “voto, voto”, come avevano già  di prima mattina alla presentazione dell’ordine del giorno.
Passati i minuti più accesi, però Canton è stato proclamato segretario provinciale formalmente per acclamazione.
Col risultato che dopo quattro ore di congresso decine di militanti si sono allontanati di corsa, avari di sorrisi e ostentando irritazione (“è stato il giorno più brutto della Lega”, ha urlato un sindaco davanti alla stampa; “Un voto sovietico”, ha detto un altro), lasciando solo un terzo dell’assemblea a festeggiare il neoeletto.
Canton, ritenuto vicino alla famiglia Bossi e sponsorizzato dal capogruppo Marco Reguzzoni, ha garantito di lavorare “per tutta la Lega e non per dividere”.
Un compito comunque difficile, perchè l’elezione del direttivo provinciale ha portato alla scelta di sei maroniani contro i tre vicini al neosegretario, che aggiunti ai componenti di diritto mantengono la stessa proporzione.
Roberto Maroni e il segretario della Lega Lombarda, Giancarlo Giorgetti, hanno partecipato ai lavori, essendo militanti varesini, ma non hanno mai preso la parola, allontanandosi senza incrociare nemmeno i giornalisti.
Del resto con la presenza inattesa di Bossi, accompagnato dal figlio Renzo e Rosi Mauro, rimanevano pochi margini di manovra.
Il leader ha criticato la gestione uscente del maroniano Stefano Candiani, invocando “gente nuova” per “rilanciare la Lega sul territorio”.
“La Lega? E’ unita intorno a Bossi”, ha chiosato Reguzzoni, l’unico dirigente a parlare davanti alle telecamere in una sala ormai deserta.
Sembra vero…

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CONGRESSO DELLA LEGA A VARESE: I DELEGATI INSORGONO CONTRO BOSSI E LUI LI DEFINISCE “FASCISTI”

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

IMPOSTO DA BOSSI IL CANDIDATO UNICO: VIENE ELETTO PER ACCLAMAZIONE PER EVITARE LE SCHEDE BIANCHE, MA I DELEGATI CONTESTANO LA DECISIONE… LA BASE PADANA: “PER LA LEGA OGGI E’ IL GIORNO PEGGIORE”

“Quando ho parlato ho visto in seconda, terza fila, un paio che me li ricordo a Varese nel Msi, dei fascisti”.
Così il leader della Lega Umberto Bossi risponde a chi, durante il congresso provinciale a Varese, lo ha contestato. R
imostranze, secondo il capo del Carroccio, “un po’ organizzate”.
Ma i mal di pancia nel partito della Padania sono evidenti: “E’ il giorno peggiore da quando sono nella Lega”, ha detto Mario De Micheli, sindaco leghista di Caronno Varesino all’uscita dal congresso.
Una frase che sintetizza lo stato d’animo di gran parte dei miliatanti, visibilmente e apertamente delusi dal risultato del meeting.
Tanti i no comment, tante le smorfie, ma qualcuno non si trattiene e si lascia scappare un: “Sono deluso”, altri, come la sindaca nera di Viggiù, Sandy Cane, si spingono oltre: “E’ uno schifo”.
Tanta parte della Lega non ha digerito l’imposizione del nuovo segretario provinciale, Maurilio Canton, eletto per acclamazione dopo l’intervento di Umberto Bossi.
È stata una mattinata intensa quella varesina, che secondo l’opinione di tanti militanti ha segnato una pagina nera per il partito.
Trapela anche qualche indiscrezione.
Sembra infatti che Roberto Maroni non abbia voluto intervenire, neppure su richiesta della sua base.
Non c’è stato, nemmeno questa volta l’atteso strappo tra bossiani e maroniani. Uno strappo che probabilmente ai vertici non avverrà  mai, ma che alla base è già  stato consumato da tempo.
Ma ecco come è andato il congresso: tutto inizia verso le 10 del mattino, con l’arrivo dei delegati all’Ata Hotel.
Entrano alla spicciolata, tra di loro anche Roberto Maroni e altri big del partito, nessuno rilascia dichiarazioni.
Si capisce da subito che sarà  una mattinata tesa.
I giornalisti vengono allontanati, dentro alla sala i militanti si cimentano in interventi a favore della democrazia di partito, per l’elezione del nuovo segretario provinciale si chiede a gran voce il voto.
Ma qualcosa va storto.
Verso le 11 arriva a sorpresa Umberto Bossi che dopo una lunga anticamera entra in sala e, al termine di una mattinata concitata, impone l’elezione di Maurilio Canton per acclamazione.
Un gesto inconsueto per la Lega e i leghisti, che volevano votare, magari scheda bianca, anche per contarsi.
Qualcuno stenta a crederci, parte la contestazione contro questa decisione e qualcuno minaccia anche ricorsi contro il risultato del congresso.
Servirà  ancora del tempo per capire se e quali saranno le mosse dei delusi. Alle 14 si sono spalancate le porte, dentro Maurilio Canton si lascia andare a manifestazioni di giubilo, con dichiarazioni di compattezza e unione. Tutt’attorno, però, c’è la tempesta.

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IN CORSO IL CONGRESSO DELLA LEGA A VARESE: BOSSI IMPONE IL CANDIDATO UNICO MA I DELEGATI NON CI STANNO E IN SALA SALE IL CORO: “VOTO, VOTO”, CACCIATI I GIORNALISTI DAL CONGRESSO

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

BOSSI HA COSTRETTO AL RITIRO GLI ALTRI DUE CANDIDATI, UNO VICINO A MARONI (CHE AVEVA GIA’ VINTO IL CONGRESSO DI BRESCIA)…ESPLODE IL DISSENSO IN SALA, GIORNALISTI SPINTONATI

“Voto, voto, voto!”.
Dalla sala congressi dell’Ata Hotel di Varese si leva forte la richiesta dei militanti leghisti.
Vogliono votare il loro segretario provinciale.
Vogliono contare e contarsi.
Nonostante l’imposizione di un candidato unico (Maurilio Canton, incoronato da Bossi e imposto dai colonnelli), il rischio di una fitta pioggia di schede bianche sarebbe altissimo.
E per questo, visto che il candidato è uno solo, i vertici bossiani hanno pensato di evitare del tutto la votazione.
Sono circa 300 i delegati che si sono radunati nella sala, tra di loro anche il ministro Roberto Maroni.
I vertici del partito volevano e vorrebbero che dal congresso uscisse l’immagine di una realtà  coesa.
Ma tutti gli indizi dicono il contrario. Oltre alle richieste di andare al voto (e quindi alla conta delle reali forze dei del cerchio magico) dalla sala si è sentito anche il rumore di un fischietto.
Poi si sono levati gli inviti alla calma.
Hanno preso la parola in molti, qualcuno ha anche azzardato interventi coraggiosi: “Io se fossi in Canton mi sentirei una merda. Non solo ha fatto fuori gli altri candidati, ma ora vuole anche essere eletto per acclamazione. Io non ci sto. Voglio il voto”.
E che l’atmosfera sia estremamente tesa lo si è capito anche dal trattamento riservato ai giornalisti, presenti in massa al congresso di Varese.
Prima sono stati allontanati dalle porte della sala, poi sono stati cacciati dall’atrio adiacente la sala, fino ad essere espulsi a spintoni dal piano interrato dell’albergo. T
utt’attorno agli accessi hanno iniziato a girare le ronde del servizio di sicurezza: “Abbiamo ricevuto l’ordine di non far avvicinare nessuno”.
Così ai giornalisti è stata preclusa la possibilità  di carpire qualche anticipazione, qualche “fuori onda” utile per tastare il polso della situazione. Evidentemente c’è molto da nascondere.
Di tanto in tanto dal bunker del congresso esce qualche personaggio.
Il senatore Fabio Rizzi, l’eurodeputato Francesco Speroni, il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, il sindaco di Varese Attilio Fontana, poi altri borgomastri, assessori, consiglieri e semplici delegati.
Volti tesi e nervosismo.
Conciliaboli e riunioni carbonare.
Ma nessuno apre bocca. Nessuno si sbilancia sull’andamento dell’assemblea.
Prima dell’inizio del congresso è arrivato anche Umberto Bossi, ma pare che non abbia proferito verbo fino all’ultimo, rimanendo nell’anticamera, senza farsi vedere, forse nell’attesa di imporre l’acclamazione per il suo candidato, l’unico.
Fuori dalla sala un grande striscione che recita “Busto è con Bossi”.
Un altro elemento che fa pensare alle divisioni del Carroccio.
Busto infatti è la capitale dei sostenitori del cerchio magico, contrapposti ai maroniani, che ad oggi sono la vera maggioranza del partito.

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AUTO DELLA POLIZIA A SECCO, SALTATE 16 UDIENZE, ECCO IL “PACCO” SICUREZZA DEL GOVERNO: FINITI I SOLDI PER LA BENZINA, IL DISTRIBUTORE NON FA PIU’ CREDITO

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

SERBATOI IN ROSSO PER I MEZZI DESTINATI A TRASPORTARE I DETENUTI… LO STATO NON PAGA E NESSUNO FA PIU’ CREDITO…BLOCCATO PER 72 ORE IL FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA AD AREZZO E SOLLICCIANO…META’ DEI MEZZI SONO INUTILIZZABILI DA TEMPO, C’E’ IL RISCHIO CHE QUALCHE DETENUTO DEBBA ESSERE LASCIATO LIBERO NELL’IMPOSSIBILITA’ DI DAR LUOGO AI PROCESSI PER DIRETTISSIMA

Auto della polizia a secco saltate 16 udienze
Sono finiti i soldi per il carburante e la giustizia rischia il disastro. Al tribunale di Arezzo è già  assoluta emergenza e si è rischiato di dover liberare arrestati anche pericolosi per l’impossibilità  di celebrare i processi con il rito direttissimo o di tenere le udienze di convalida. Ieri la paralisi dei mezzi del Nucleo traduzioni detenuti della polizia penitenziaria di Sollicciano ha cominciato a riflettersi anche sugli uffici giudiziari di Firenze.
Per ore è stato impossibile far arrivare in corte d’appello i detenuti che dovevano essere processati davanti alla seconda sezione penale.
“Siamo letteralmente allibiti”, commenta Francesco Falchi, vicesegretario regionale del sindacato autonomo della polizia penitenziaria Sappe: «Si ha l’impressione di essere insolventi come la Grecia. Però a Roma si occupano di altro».
In luglio il Sappe aveva lanciato l’allarme: anche allora erano finiti i soldi per il carburante e la Q8, che ha una convenzione con il carcere di Sollicciano, aveva bloccato le card, le speciali carte di credito che consentono al Nucleo traduzioni di alimentare i mezzi per trasportare i detenuti.
Poi la situazione si era sbloccata, ma a distanza di tre mesi si è ripresentata più grave che mai.
Ieri il Nucleo è stato costretto ad annullare cinque servizi, in parte fuori sede, in parte a Firenze.
Il budget già  striminzito del Nucleo traduzioni di Sollicciano ha cominciato sempre più drammaticamente a scarseggiare quando ai già  gravosi impegni per il sovraffollato carcere di Sollicciano si sono aggiunti quelli per tutti gli arrestati del tribunale di   Arezzo.
Anche Prato ha gravissime difficoltà  e spesso hanno bisogno di aiuto Pistoia e Livorno.
I consumi di carburante sono aumentati ma gli stanziamenti non altrettanto.
E ora Q8 ha chiuso le pompe. Intanto anche il tribunale di Arezzo ha finito i buoni benzina, sicchè un gip ha dovuto arrivare a sue spese a Sollicciano per le udienze di convalida di quattro arrestati.
Sulla carta il Nucleo traduzioni di Sollicciano ha a disposizione 31 mezzi di trasporto, di cui però solo 15 efficienti.
Efficienti è dire molto, perchè in realtà  non più di dieci sono in grado di viaggiare tutti i giorni (se c’è il denaro per il carburante).
Tre o quattro sono euro zero, i blindati sono degli anni ’80 e ’90, alcuni regalati dai carabinieri anni e anni fa.
Quasi tutti hanno percorso centinaia di chilometri. La prima a fermarsi è stata un’auto usata per i trasporti dei collaboratori di giustizia. Ha percorso quasi 400 mila chilometri.
Di recente un furgone che trasportava quattro detenuti ad Arezzo ha dato pericolosi cenni di cedimento.
C’era il rischio che si fermasse in autostrada ed è stato necessario raggiungerlo con un altro mezzo e sostituirlo.
«Da dieci anni – scuote la testa Francesco Falchi – il dipartimento non assegna più un automezzo al carcere più importante della Toscana. E non c’è manutenzione. I mezzi hanno le gomme lisce, i freni inesistenti. Siamo lavoratori anche noi».
Il Sappe teme che, se non verrà  posto rimedio al drammatico sovraffollamento di Sollicciano e a questa situazione intollerabile che rischia di paralizzare i processi, il futuro possa riservare tensioni e disordini. «Basta che qualcuno accenda una miccia».
Il segretario generale della Uil-Pa Penitenziari Eugenio Sarno spiega che “sono saltate 16 udienze e tre visite in ospedale- Il blocco delle attività  di 72 ore è stato causato dall’impossibilità  di effettuare il pieno agli automezzi per mancanza di fondi. Quanto accaduto a Firenze è il più eloquente degli esempi di quanto può accadere su scala nazionale se non si provvede immediatamente a finanziare i capitoli di bilancio. Siamo di fronte ad un concreto rischio di paralisi dell’attività  giudiziaria”.

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IL BORDELLO “PALACIO BERLUSCONI”: A ROSARIO, IN ARGENTINA, INAUGURATO UN SEXY CLUB INTITOLATO AL PREMIER

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

INDIGNAZIONE DELLA COMUNITA’ ITALIANA PER LO SPUTTANAMENTO CUI E’ ORMAI SOTTOPOSTO IL NOSTRO PAESE: SCOPPIA UN CASO POLITICO… PER I PROPRIETARI DEL LOCALE E’ NORMALE ABBINARE IL NOME DEL PREMIER A UN LUOGO DI DUBBIA MORALITA’

Il bordello ‘Palacio Berlusconi’ In Argentina è un caso politico.
“No ma dico, lei si immagina? Apro il principale giornale della mia città , Rosario, seconda più grande dell’Argentina, e che ci trovo? Un’enorme pubblicità  di un bordello intitolato al nostro presidente del Consiglio: ‘Palacio Berlusconi’, con un richiamo evidente all’ “ambiente vip” e alla presenza di ‘ragazze molto giovani'”.
E’ furibondo Antonio Bruzzese, presidente della Cna, la Confederazione degli artigiani, e dell’Associazione Insieme Argentina.
Davvero troppo per una città  che conta quasi il 65% di abitanti di origine italiana, una vergogna per tutta al comunità .
Quindi il gesto, simbolico ma istituzionale: una lettera al sindaco della città  Roberto Lifschitz, e al Console Generale Rosario Miccichè.
“Voglio esporre la mia profonda indignazione per l’esistenza nella città  di Rosario di un luogo di dubbia moralità , che porta il nome del Primo Ministro del mio paese, Silvio Berlusconi, chiamato “ Palazzo Berlusconi”, un bordello destinato a un pubblico di alto livello economico”, le parole dell’imprenditore.
“à‰ molto offensivo che si sia permesso in questo comune l’utilizzo del nome di una delle massime cariche dello Stato italiano”.
Niente di nuovo sotto il sole, e la notte, di Rosario.
Il locale esiste da qualche mese ma ormai, complici le sempre più chiacchierate abitudini del premier,   è diventato un vero e proprio marchio di fabbrica, da esibire anche sui principali quotidiani della città .
Formalmente, un sexy club in piena regola, perchè in Argentina la prostituzione è un reato punito dalla legge.
Chi però ha avuto il ‘piacere’ di varcare la soglia di Calle Sarmiento 111 racconta un’altra storia. “A Rosario lo sanno tutti che quello è un bordello”, spiega Bruzzese. “Un postribolo per una clientela ricca che non a caso si trova nel pieno centro della città “.
Il tariffario 500 pesos a notte.
Ma quanto vale una serata a luci rosse all’insegna di questo inedito ‘made in Italy’? 150 pesos per un’ora, 250 per   due, 500 per la notte intera.
Circa novanta euro nel Vecchio Continente.
Questo il tariffario che circola informalmente a Rosario.
Bruzzese non si dà  pace: “C’è un grande malessere tra i miei connazionali. Non solo per l’episodio in sè, ma per l’immagine che diamo”.

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L’ULTIMATUM DELL’EMIGRANTE DI SUCCESSO: “SE BERLUSCONI NON SI DIMETTE MI INCATENO A PARIGI”

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

CARLO ALBERTO BRUSA, AVVOCATO ITALIANO DEI CALCIATORI ZIDANE E RIBERY, HA FATTO SUCCESSO IN FRANCIA … DOPO AVER CREDUTO IN FORZA ITALIA, ORA SBOTTA: “SE ENTRO GIOVEDI’ IL PREMIER NON FA UN   PASSO INDIETRO NELL’INTERESSE DEL PAESE, MI INCATENO PER PROTESTA AL CONSOLATO ITALIANO A PARIGI

“O Berlusconi si dimette o giovedì alle 9 mi incateno davanti al Consolato generale d’Italia a Parigi. E lì inizierò lo sciopero della fame”.
Carlo Alberto Brusa, avvocato italiano di successo immigrato in Francia, ha lanciato la provocazione dalle colonne del sito L’Italiano.
Ma non si tratta di una boutade perchè lo farà  davvero, a fronte di un paese che il governo Berlusconi ha ridotto a un “teatrino ridicolo”.
Avvocato di Zinedine Zidane, Franck Ribery e di altri personaggi dello spettacolo e spesso ospite di programmi radio e tv francesi, Brusa ha lasciato l’Italia per trasferirsi a Parigi 25 anni fa e lì, dopo avere studiato e insegnato alla Sorbona, ha intrapreso la carriera di avvocato. Simpatizzante del centrodestra, si era candidato per Forza Italia alle politiche 2006 per la Circoscrizione degli Italiani all’estero.
Ma le sue speranze nell’attuale maggioranza per il rilancio del paese sono state affossate dalla mancanza di prospettive politiche ed economiche.
Quindi ha deciso con un gesto simbolico di manifestare il suo dissenso.
“Quest’estate sono tornato in Italia. Ho incontrato persone che lavorano otto ore al giorno e a cui i soldi non bastano perchè il costo della vita non è più sostenibile”, spiega dal suo studio di Parigi.
La responsabilità  va alla decadenza della politica italiana, afflitta dall’eterno tira e molla tra Silvio Berlusconi, “un dittatore che non vuole lasciare il trono”, e una sinistra “che non spinge al cambiamento”.
Valuta inefficaci le misure economiche per combattere la crisi finora, incluso il condono “che è una forma di giustizia assurda” in un paese “governato da supertassazione ed evasione fiscale”.
In tutto questo, secondo Brusa, Palazzo Chigi e il Parlamento “non rappresentano più i bisogni degli italiani, ma sono soltanto l’espressione di un bisogno di potere individuale in una dittatura democratica”.
L’avvocato specifica però che la sua delusione e il gesto del 13 ottobre non sono strumentali a una prossima ricandidatura, visto che intende vivere la politica da semplice cittadino.
E ammette di avere creduto nel centrodestra: “Nel 2006 ritenevo fosse davvero proiettato nel futuro, che intendesse premiare il lavoro, la tenacia e la libera iniziativa degli individui”, aggiunge.
Una realtà  che ha visto funzionare all’estero e che ha determinato la sua storia: “Sono un immigrato che è arrivato in Francia con la valigia di cartone e che si è fatto strada solo con i fatti e senza raccomandazioni. Ma in Italia i centri di potere funzionano sempre più per cooptazione e l’ho constatato anche quando mi sono candidato nel 2006 per Forza Italia“.
Da allora l’immagine del Belpaese non ha fatto che peggiorare: “Ormai siamo la cultura del bunga bunga, Sarkozy si vergogna a stringere la mano a Berlusconi. Non siamo più credibili sul piano internazionale, siamo diventati una barzelletta”.
In mancanza di un progetto di futuro per l’Italia e a fronte di un’opposizione immobile, Brusa ha deciso di reagire con un gesto simbolico, ispirato da Mohamed Bouazizi, il contadino immolandosi in Tunisia contro il governo di Ben Ali, ha dato il via alle proteste del Maghreb. Spiega che si incatenerà  davanti al Consolato italiano giovedì mattina, poi tornerà  nel suo studio legale perchè “devo fare lavorare 15 famiglie e non posso permettermi di stare tutto il giorno davanti al Consolato” e inizierà  lo sciopero della fame.
“C’è bisogno di indignarsi e smettere di parlottare su Facebook per lamentarsi. Bisogna scendere in strada e liberarsi dalle catene”.
L’avvocato spera che il suo gesto contribuisca a smuovere una reazione in Italia. Ma una cosa è certa: non intende ricandidarsi.

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ITALIA NELLA BRATTA, LUI AL BUNGA BUNGA DI PUTIN

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

TRA COMPLOTTI, CRISI ECONOMICA E DIBATTITO SULLE RIFORME, BERLUSCONI PREFERISCE CORRERE A SAN PIETROBURGO PER DISTRARSI CON LE AMAZZONI DI PUTIN

In stretta coerenza con il programma della sua nuova creatura politica, il partito di “Forza Gnocca”, iBerlusconi ha pensato bene di lanciare prima un’intemerata propagandistica e quindi è volato a San Pietroburgo per partecipare alla festa di compleanno del suo amico Vladimir Putin, fresco 59enne, nell’ormai mitica dacia sul lago Valdaj.
E dove, si apprende da fonti vicine al Cavaliere, ieri lo attendeva anche una “serata sexy”, in realtà  destinata al festeggiato, ma della quale Berlusconi avrà  senz’altro beneficiato. Promotrici dell’iniziativa, a quanto si apprende, le avvenenti attiviste del gruppo “Esercito di Putin”, donne paragonabili alle temibili amazzoni di Gheddafi, che l’altro giorno hanno inscenato una sorta di concorso per eleggere la parte più sexy del corpo del loro capo.
Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ha però tenuto a precisare che “Silvio e Vladimir” hanno cenato “con la famiglia e con l’altro importante invitato, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, oggi presidente della società  North Stream, impegnato a far quadrare i conti sul gas per conto della Russia. E forse non solo.
Le ragazze di Putin
Quarto viaggio in Russia in soli 13 mesi per Berlusconi quella verso Putin può essere paragonata a una vera e propria fuga dalla realtà .
Sul campo ha lasciato un decreto Sviluppo ancora tutto da scrivere dopo aver commissariato Tremonti, la questione caldissima di Bankitalia e, soprattutto, un complottone democristiano guidato da Scajola e Pisanu che lo preoccupa non poco perchè mira a disarcionarlo in tempi brevi.
È stato per questo che, nel messaggio ai Promotori, ha voluto mettere subito in chiaro che, se fosse per lui, la guida del Paese la lascerebbe volentieri, perchè “è un fardello di cui personalmente mi libererei”, ma una crisi di governo “sarebbe l’ultima cosa di cui l’Italia in questo momento ha bisogno”.
Quindi di nuovo la litania sulle riforme, (crescita e sviluppo, architettura dello Stato, Giustizia) e l’affondo sulla “barbarie” che vivrebbe quotidianamente il Paese, non la mancanza di speranza in un futuro economico migliore, quanto “le intercettazioni” uno scandalo del quale non riusciamo neanche più a denunciare la gravità  e l’anomalia”.
L’amico Putin l’avrà  senz’altro consigliato a dovere sull’argomento, visti i trascorsi di gioventù (Kgb), ma più che il telefono, il Cavaliere deve guardarsi da Scajola e Pisanu.
Già , i complottardi democristiani.
Ufficialmente Berlusconi sostiene di non temerli, nella realtà  li tiene sotto strettissima osservazione.
Scajola contesta la gestione del segretario del Pdl Alfano, vorrebbe le dimissioni (o il reale commissariamento) di Tremonti, ma i suoi sostengono sia pronto ad accettare un qualsiasi compromesso con Berlusconi.
È l’idea che si è fatta anche la gendarmeria berlusconiana: Scajola vuole soprattutto tornare nel giro che conta.
Diverso, e più preoccupante, è il caso di Beppe Pisanu che non ha mai avanzato richieste personali e si dedica a raccogliere consensi al Senato e a tessere rapporti con Rocco Buttiglione e settori delle gerarchie vaticane.
Negli ambienti più vicini a Silvio Berlusconi si sdrammatizza, ma restano perplessità  su cosa potrebbe produrre un improvviso colpo di scena; al Senato c’è la prescrizione breve e anche se Pisanu con i suoi può poco, anche pochi numeri di scarto degli scontenti potrebbe finire col convincere i cauti e gli attendisti.
Ma per il weekend meglio non pensarci, c’era Putin da festeggiare.
E il suo “esercito” sexy.

Sara Nicoli
((da “Il Fatto Quotidiano”)

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INDAGATO A CATANIA PER ABUSO D’UFFICIO IL MARITO DI ANNA FINOCCHIARO

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

NEL MIRINO DELLA PROCURA UN APPALTO SENZA GARA DA 1,7 MILIONI DI EURO AFFIDATOA FIDELBO MELCHIORRE E INAUGURATO DALLA MOGLIE, CAPOGRUPPO DEI SENATORI PD

Un appalto da 1,7 milioni di euro affidato senza gara e inaugurato dalla moglie, Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori Pd.
La Procura ha chiuso le indagini: Fidelbo Melchiorre, così si chiama il marito, ginecologo, socio di un’azienda produttrice di software, la Solsamb Srl, è indagato per abuso d’ufficio insieme ad alcuni dirigenti della sanità  siciliana come “determinatore o comunque istigatore… predisponendo l’atto di convenzione e proponendo la stipula all’Asp di Catania”.
Si tratta della versione siculo-democratica del progetto “Case della Salute”, inventato da Livia Turco quand’era ministro, poi tradotto in progetti e appalti senza gara che incrociano passato e presente dell’assetto politico siciliano.
E non solo.
Considerato che il 15 novembre del 2010 i siciliani che avevano visto Anna Finocchiaro candidata nel 2008 contro Raffaele Lombardo, all’improvviso assistevano all’inaugurazione in pompa magna del nuovo presidio sanitario di Giarre, roccaforte dell’Mpa, il partito fondato da Lombardo.
In prima fila c’era, appunto, Fidelbo Melchiorre, poi Giuseppe Calaciura, manager dell’Asp3 coindagato, già  segretario dell’Mpa nel Comune di Biancavilla.
Seguono Teresa Sodano, sindaco Mpa di Giarre, Massimo Russo, assessore di fiducia di Lombardo, e poi Anna Finocchiaro con accanto Livia Turco.
Le coincidenze non si contano.
Nel 2007 il ministro Turco emanava le linee guida ministeriali per i nuovi progetti del Piano sanitario nazionale.
Tempo 30 giorni e il consorzio dell’impresa del marito di Anna Finocchiaro, presentava il progetto per la casa della salute da 1,2 milioni.
Poi nel passaggio da Totò Cuffaro a Raffaele Lombardo, imputato per voto di scambio, i costi lievitavano sino a raggiungere quota 1,7 milioni.
Senza gara d’appalto.
Quindi la delibera incriminata, datata luglio 2011, quando stava per andare in porto l’accordo tra Mpa e Pd che ha fatto infuriare Rosy Bindi e Leoluca Orlando.
Secondo l’accusa, la delibera sarebbe stata redatta “senza previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica e comunque in violazione del divieto di affidare incarichi di consulenza esterna”.
L’atto secondo il pm Alessandro La Rosa, “avrebbe procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Solsamb consistito nell’affidamento diretto alla società  di una prima anticipazione di 175 mila euro proveniente dalla quota del cofinanziamento stato regione previsto dalla finanziaria del 2007”.
Ma non basta, perchè il 16 novembre del 2010, giorno successivo al taglio del nastro, Anna Finocchiaro ha negato in diretta a Ballarò l’esistenza di indagini a carico di Raffaele Lombardo.
Sostegno che continua anche dopo la citazione diretta a giudizio del governatore siciliano per voto di scambio.
Quindi quest’inchiesta della procura di Catania, la stessa nella quale Anna Finocchiaro è cresciuta da magistrato.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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ALITALIA, I PICCOLI AZIONISTI CHIEDONO 25 MILIONI DI RISARCIMENTO A BERLUSCONI E TREMONTI

Ottobre 9th, 2011 Riccardo Fucile

PER RIPARAZIONE DEI DANNI SUBITI DAL PROCESSO DI PRIVATIZZAZIONE DELLA COMPAGNIA AEREA….SEGNA UN NUOVO CAPITOLO DELLA VICENDA PROCESSUALE

Quasi 25 milioni di euro. E’ la misura del risarcimento chiesto da circa 50 piccoli azionisti di Alitalia al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministero dell’Economia in riparazione ai danni subiti dal processo di privatizzazione della compagnia aerea.
Una richiesta, quella depositata presso il Centro nazionale di Mediazione e conciliazione — Aprile Group S.r.l. di Lecce, che segna un nuovo capitolo della vicenda processuale avviata nel 2009 e che, al tempo stesso, assume per il governo i contorni della beffa.
Visto che lo stesso istituto della mediazione cui hanno fatto ricorso oggi i querelanti è stato introdotto lo scorso anno da un decreto legge fortemente voluto dall’ex Guardasigilli e attuale segretario del Pdl Angelino Alfano.
“Berlusconi aveva promesso la salvezza della compagnia attraverso l’azione di una cordata italiana, cosa che come sappiamo non è avvenuta, e così facendo si è ‘obbligato’ ai sensi del codice civile” spiega l’avvocato Francesco Toto, capofila dell’iniziativa legale.
“L’ho già  denunciato in passato ma ancora attendo che mi venga fissata un’udienza dal gip”. Toto non va certo per il sottile nell’esprimere il suo giudizio sul significato dell’operazione Alitalia, definendo la privatizzazione della compagnia come “la truffa del secolo magistralmente organizzata dall’onorevole Silvio Berlusconi a danno dei cittadini”.
Accuse pesanti, insomma, rivolte a una vicenda finita ormai tristemente negli annali dei disastri nazionali.
Ma facciamo qualche passo indietro.
Dicembre 2007, governo Prodi.
Sepolta sotto una valanga di passività , Alitalia è ormai in coma.
Fortuna vuole, tuttavia, che sulla scena si sia presentata la concorrente d’Oltralpe Air France che ha messo sul piatto 1.700 milioni di euro per l’acquisizione degli assets e dei debiti della compagnia italiana.
L’esecutivo italiano è favorevole ma ha anche i giorni contati.
Berlusconi, allora leader dell’opposizione, ne approfitta per lanciare la sua crociata.
Dopo il cambio di governo (maggio 2008) l’offerta viene definitivamente rifiutata nome dell’italianità  aprendo dunque la strada a soluzioni “alternative”. La più quotata è quella della celebre operazione d’acquisto dei volenterosi imprenditori italiani, sponsorizzata niente meno che dell’ex presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, che, proprio per le sue rassicurazioni sulla presenza di una cordata che in realtà  non c’è, si beccherà  prima una multa da 400 mila euro da parte della Consob e, in seguito, addirittura un rinvio a giudizio con l’accusa di aggiotaggio.
Svanita l’ipotesi patriottica riecco quindi all’orizzonte i francesi che, alla fine dei conti, si portano a casa il 25% della compagnia con un esborso minimo: appena 300 milioni di euro.
I conti ovviamente non tornano, visto che l’acquisto di un quarto delle quote a quella cifra implica una valutazione complessiva della compagnia pari ad appena 1,2 miliardi, ovvero 500 milioni in meno rispetto alla prima offerta. Come se non bastasse, l’acquisto avviene al netto dei debiti dato che questi ultimi sono stati scaricati in una bad company ad hoc.
A gestire la bad company, lo ricordiamo, era stato chiamato nell’agosto 2008 l’esperto Augusto Fantozzi, nominato per l’occasione commissario straordinario.
Di fronte ai libri contabili, Fantozzi non aveva usato mezzi termini per sintetizzare l’origine del disastro. “Nella mia relazione sulle cause dell’insolvenza dico chiaramente che l’azienda ha sperperato” dichiarò l’amministratore straordinario più di due anni fa.
“Non è un mistero che ci siano cinque procuratori della Repubblica al lavoro nei nostri uffici e la Corte dei Conti che indaga”.
Parole durissime che di certo non piacquero a Giancarlo Cimoli, capofila degli ex amministratori e già  congedato dalla compagnia con un assegno da 5 milioni di euro a titolo di liquidazione.
Il commissario, si mormorava, avrebbe addirittura voluto trascinare l’ex management in tribunale con un’azione di responsabilità  che contestasse in sede civile la cattiva gestione dell’impresa.
Un progetto rimasto incompiuto.
A luglio, uno strategico comma (il numero 5 dell’articolo 15) inserito nell’ultima legge di stabilizzazione finanziaria, aveva affiancato a Fantozzi “due ulteriori commissari da nominarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del ministro dello Sviluppo economico”.
In ossequio a una decisione anticipata al nostro giornale da fonti bene informate dieci giorni prima, Fantozzi si è dimesso il 19 luglio di quest’anno citando, tra le motivazioni della sua scelta, la “mancanza di fiducia da parte del governo”.
Proprio alla bad company abbandonata da Fantozzi fanno riferimento i titoli in possesso degli azionisti di minoranza.
Azioni ormai carta straccia, ovviamente, che sul mercato valgono esattamente zero. Il 31 agosto scorso, il ministero dell’Economia ha fatto la sua offerta di rimborso: scambio delle azioni con obbligazioni statali a scadenza 2012 per un controvalore pari al 50% del prezzo originale dei titoli. Un concambio in piena regola accompagnato da una piccola e decisiva clausola: chi accetta deve rinunciare i futuro a qualsiasi causa legale.
“Non conosco i numeri precisi ma so che buona parte degli azionisti ha accettato” dichiara Toto.
“La proposta governativa — aggiunge — contiene clausole vessatorie sulle quali mi riservo di avviare eventuali azioni in merito prossimamente. Insomma, una truffa nella truffa”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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